Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26428 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI BARI nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a ACQUAVIVA DELLE FONTI il 28/07/1990
avverso la sentenza del 09/10/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria con la quale il Pubblico Ministero, in persona del Sostitut Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari assolveva NOME COGNOME dal reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, contestatogli poiché, sebbene sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di due anni in forza di decreto emesso in data 15 dicembre 2021 dal Tribunale di Bari – Sezione misure di prevenzione, non aveva ottemperato alle prescrizioni contenute al punto 5 (non rincasare la sera più tardi delle ore 22.00 e non uscire di casa al mattino prima delle ore 6.00 senza comprovata necessità e, comunque, senza averne dato tempestiva notizia all’autorità locale di P.S.).
Il reato, in concreto, gli era stato addebitato per avere gli operanti preposti al controllo sull’osservanza delle prescrizioni connesse alla misura di prevenzione constatato la sua assenza dall’abitazione dopo avere, ripetutamente, citofonato dalle ore 22.17 alle ore 22.28 del 16 settembre 2023 (fatto accaduto in Cassano delle Murge).
Ad avviso del giudicante, che, in ogni caso, reputava “valido l’iter di operatività della P.G. al fine di attirare l’attenzione del COGNOME“, non poteva ritenersi rilevante il lasso di tempo intercorso tra l’inizio e la fine controllo, consistente in “soli 11 minuti”, al fine di comprovare con certezza che l’imputato non si fosse trovato nel proprio appartamento o che egli non si fosse consapevolmente palesato ai militari che volevano accertare il rispetto, da parte sua, delle prescrizioni inerenti alla misura in corso di esecuzione.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, deducendo, con un unico motivo, “insufficienza e manifesta illogicità della motivazione”.
La manifesta illogicità della pronuncia impugnata risiederebbe, secondo il Procuratore ricorrente, nel ritenere plausibile e conforme ad ogni regola di comune esperienza che l’azione posta in essere dai preposti al controllo, protrattasi per ben undici minuti attraverso l’utilizzo di un campanello funzionante (tanto da essere stato udito dagli operanti che si trovavano all’esterno dell’abitazione del COGNOME) e svolta con modalità tali da richiamare l’attenzione dell’imputato, nonché avvenuta alla costante presenza del cane di costui, che continuava ad abbaiare senza sosta all’indirizzo dei militari, non potesse essere percepita dal controllato nel caso in cui si fosse trovato all’interno della sua abitazione.
Inoltre, censura il ricorrente un aspetto di contraddittorietà della motivazione nell’aver reputato “valido l’iter di operatività della PG al fine attirare l’attenzione del COGNOME“.
Ancora, si rimprovera al giudice di merito di non aver tenuto conto dell’ulteriore significativa circostanza, emergente dall’annotazione di P.G. del 16 settembre 2023, per cui, a distanza di un solo quarto d’ora dal precedente controllo, gli operanti erano tornati presso l’abitazione dell’imputato, suonando, ancora una volta senza esito, il campanello dalle ore 22.43 alle ore 22.55.
Si segnala, infine, che neppure il COGNOME aveva addotto una qualche giustificazione del suo comportamento.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, in sintonia con le ragioni del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Occorre, brevemente, premettere che, in tema di impugnazioni, le sentenze di proscioglimento relative a reati – come quello di specie – per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio a seguito della novellazione dell’art. 593, comma 2, primo periodo, cod. proc. pen., ad opera dell’art. 2, comma 1, lett. p), legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024, non sono appellabili dal pubblico ministero neanche nel caso in cui risultino emesse in esito a giudizio abbreviato, posto che la citata disposizione non limita l’inappellabilità alle sole sentenze di proscioglimento pronunciate in dibattimento (Sez. 2, n. 20143 del 23/04/2025, Manca, Rv. 288070 – 01).
Alla luce dell’enunciato principio, deve ritenersi correttamente proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento, emessa dal G.u.p. del Tribunale di Bari, nelle forme del rito abbreviato, in data 9 ottobre 2024 quindi successivamente all’entrata in vigore della citata legge n. 114 del 2024 nei confronti di NOME COGNOME
Tanto premesso, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere accolto in quanto pienamente fondato.
L’impugnata sentenza dà conto che, in occasione del controllo effettuato a partire dalle ore 22.17 del 16 settembre 2023, i Carabinieri operanti, raggiunta l’abitazione dell’imputato, citofonarono ripetutamente per contattarlo, percependo distintamente dall’esterno il suono del citofono; nonostante svariati tentativi, non si ottenne alcuna risposta né dal controllato né dai familiari che risultavano con lui conviventi; inoltre, in quei frangenti, il cane di razza pitbull di proprietà COGNOME, dalla sua area recintata, continuativamente abbaiava all’indirizzo dei militari.
La sentenza dà, inoltre, atto che, nella sera del controllo, che si protrasse fino alle ore 22.28, nessuna segnalazione risultava pervenuta alla Cptrale
Operativa “112” circa un eventuale allontanamento dell’imputato dalla sua abitazione per necessità o cause di forza maggiore.
In presenza della descritta situazione di fatto, il G.u.p. del Tribunale ha assolto il COGNOME sottolineando “la brevità del lasso di tempo rispetto al quale è contestata la condotta de qua” e ritenendo “verosimile…che in soli 11 minuti il COGNOME potesse essere impegnato, all’interno della propria abitazione, in attività che non gli abbiano permesso di udire il campanello”, sicché non poteva reputarsi “sufficiente, al fine di superare la soglia dell’oltre ogn ragionevole dubbio, l’attività eseguita dagli operanti come quivi descritta”.
A tale conclusione, il giudice di merito è pervenuto pur considerando “valido l’iter di operatività della P.G.” e aderendo al principio giurisprudenziale, affermato in tema di evasione dagli arresti domiciliari – applicabile per identità di ratio caso di specie – secondo cui «in tema di evasione, l’allontanamento dell’imputato dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione può essere legittimamente desunto dalla sua mancata risposta al suono del citofono, attivato dalla P.G. nel corso di un controllo notturno per un rilevante lasso temporale – venti minuti nonché con modalità insistenti e tali da richiamare l’attenzione» (Sez. 6, n. 1071 del 08/01/2016, COGNOME, Rv. 267726 – 01).
L’iter argomentativo appena sintetizzato è inficiato da palesi contraddizioni e incongruenze.
Il G.u.p. del Tribunale di Bari, pur avendo stimato “valido l’iter di operatività della RG.”, lo ha, al contempo, giudicato “non sufficiente” a dimostrare la responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio.
Tale valutazione, frutto di intrinseca contraddittorietà tra due proposizioni antinomiche, poggerebbe, a sua volta, sulla considerazione della “brevità” del lasso temporale di 11 minuti, in cui i Carabinieri si dedicarono al controllo suonando ripetutamente il citofono corrispondente all’abitazione dell’imputato.
Non spiega il G.u.p. in base a quale criterio, data l’istantaneità della singola operazione (suonare il citofono) e la conseguente possibilità di ripeterla, in 11 minuti, più e più volte, quel lasso di tempo occupato dal controllo avrebbe dovuto essere considerato “breve” anziché adeguato alla possibilità di percezione di suoni reiterati.
Non spiega, inoltre, il giudice di merito da quali elementi – se non congetturali – avrebbe ricavato che COGNOME, nonostante il ripetuto suonare del citofono e il continuo abbaiare del suo cane, potesse essere impegnato in attività implicanti una concentrazione così profonda da impedirgli di accorgersi di suoni e rumori di varia natura che lo circondavano.
Non spiega, infine, il decidente perché, pur mostrando di aderire al pacifico orientamento di legittimità, secondo cui è ragionevole desumere l’assenza
dell’imputato dalla sua abitazione in base alla sua mancata risposta al suono del citofono, attivato dalla P.G. e protrattosi per un tempo significativo – come,
all’evidenza, possono essere considerati gli 11 minuti del caso di specie – nonché
con modalità insistenti, tali da richiamare l’attenzione, è, in conclusione, pervenuto a decisione nettamente contrastante con il citato orientamento.
Va, sul punto, tra l’altro, ricordato che il detenuto agli arresti domiciliari posizione cui va equiparata quella del soggetto obbligato a restare in casa nelle
ore notturne in virtù di decreto applicativo di misura di prevenzione – deve porre in essere tutte le cautele necessarie affinché gli strumenti che consentono di
effettuare i controlli della polizia giudiziaria, come il campanello il citofono dell’abitazione in cui è ristretto, siano sempre efficienti, essendo la sua
posizione equiparata a quella di chi si trova in carcere, con la conseguenza che è
ragionevole desumere la prova della trasgressione della misura da parte di chi non si rende contattabile mediante l’uso di tali apparecchi
(Sez. 6, n. 19259 del 27/03/2014, Dolce, Rv. 260938 – 01).
Anche quest’ultimo indirizzo interpretativo risulta disatteso dal giudice di
Bari.
Per la serie di incongruenze logiche rilevate in motivazione e per la mancata applicazione di pacifici orientamenti ermeneutici da parte del giudicante, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al G.u.p. del Tribunale di Bari, in diversa persona fisica ai sensi dell’art. 623, lett. d), cod. proc. pen., che procederà a nuova valutazione del fatto emendando la motivazione dai vizi evidenziati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari. Così deciso in Roma, il 29 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente