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Sorveglianza speciale: 11 minuti bastano per la prova

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di assoluzione per violazione della sorveglianza speciale. La Corte ha stabilito che un controllo di 11 minuti, con ripetute suonate al citofono e un cane che abbaia, è un lasso di tempo sufficiente a provare l’assenza ingiustificata della persona dalla propria abitazione, ritenendo illogica la motivazione del giudice di primo grado che lo aveva considerato troppo breve.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Se non Rispondi al Campanello per 11 Minuti, è Reato?

La misura della sorveglianza speciale impone obblighi stringenti, tra cui quello di non allontanarsi dalla propria abitazione in determinate fasce orarie. Ma cosa succede se, durante un controllo, la persona sottoposta a tale misura non risponde al citofono? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26428/2025) ha chiarito che un lasso di tempo di soli 11 minuti di tentativi insistenti può essere sufficiente a dimostrare la violazione. Analizziamo questo caso emblematico.

I Fatti del Caso

Un soggetto, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di non uscire di casa tra le 22:00 e le 06:00, veniva sottoposto a un controllo da parte delle forze dell’ordine. Gli agenti si recavano presso la sua abitazione e, dalle 22:17 alle 22:28, citofonavano ripetutamente senza ricevere alcuna risposta.

Durante questi 11 minuti, gli operanti udivano chiaramente il suono del campanello provenire dall’interno dell’abitazione e notavano la presenza del cane dell’uomo, un pitbull, che abbaiava incessantemente verso di loro. Nonostante questi evidenti segnali, nessuno apriva la porta o rispondeva.

La Decisione Controversa del Primo Giudice

In prima istanza, il Giudice dell’udienza preliminare (G.u.p.) del Tribunale di Bari aveva assolto l’imputato. La motivazione si basava sulla “brevità del lasso di tempo” del controllo. Secondo il giudice, 11 minuti non erano sufficienti a provare con certezza che l’uomo fosse assente o che si fosse volontariamente sottratto al controllo. Si ipotizzava che potesse essere impegnato in attività domestiche tali da impedirgli di udire il campanello, una valutazione che appariva fin da subito debole.

L’Appello e la Logica della Sorveglianza Speciale

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la sentenza di assoluzione, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. Il motivo del ricorso era chiaro: la motivazione del G.u.p. era insufficiente e manifestamente illogica. Come era possibile, sosteneva l’accusa, che una persona all’interno della propria casa non si accorgesse di un citofono che suona ripetutamente per 11 minuti e del proprio cane che abbaia senza sosta? Il Procuratore ha evidenziato la palese contraddizione del giudice di primo grado, che da un lato riteneva “valido” l’operato della polizia, ma dall’altro lo giudicava “non sufficiente” a provare il reato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni del Procuratore, annullando la sentenza di assoluzione e rinviando il caso a un nuovo giudizio. La Corte ha smontato la tesi della “brevità” del controllo, definendola un errore di valutazione. Un periodo di 11 minuti non è istantaneo; al contrario, è un tempo adeguato in cui si possono ripetere più e più volte dei tentativi di contatto (come suonare il citofono). È irragionevole e congetturale, secondo la Cassazione, ipotizzare che una persona possa essere impegnata in attività così assorbenti da non percepire segnali acustici insistenti e prolungati come un campanello e l’abbaiare del proprio cane. La Corte ha sottolineato l’intrinseca contraddittorietà della prima sentenza: non si può riconoscere la validità della procedura di controllo e, allo stesso tempo, negarne l’efficacia probatoria senza fornire una spiegazione logica e concreta.

Conclusioni

Questa sentenza stabilisce un principio importante in materia di controlli per la sorveglianza speciale. La prova dell’allontanamento ingiustificato non richiede necessariamente la flagranza o tempi di osservazione lunghissimi. Un’azione di controllo insistente e prolungata per un lasso di tempo ragionevole, come 11 minuti, in presenza di ulteriori elementi (come un cane che abbaia), può costituire una prova sufficiente dell’assenza, superando la soglia di “ogni ragionevole dubbio”. La decisione riafferma che le motivazioni dei giudici devono essere basate su logica e fatti concreti, non su mere ipotesi o congetture.

Quanto tempo deve durare un controllo per provare la violazione della sorveglianza speciale?
La sentenza chiarisce che non esiste un tempo minimo predefinito, ma un periodo di 11 minuti di tentativi di contatto ripetuti e insistenti è stato ritenuto un lasso di tempo adeguato e non “breve”, sufficiente a dimostrare l’assenza della persona.

La mancata risposta al citofono è sufficiente a provare l’assenza da casa?
Sì, secondo la Corte, la mancata risposta a un citofono suonato ripetutamente per un tempo significativo (in questo caso 11 minuti), specialmente se corroborata da altri elementi come un cane che abbaia, è un elemento sufficiente per desumere legittimamente l’assenza della persona dall’abitazione.

Cosa succede se la sentenza di primo grado viene considerata illogica dalla Cassazione?
La Corte di Cassazione, se rileva vizi di logica o contraddizioni palesi nella motivazione della sentenza impugnata, la annulla e dispone un nuovo giudizio (rinvio) davanti a un diverso giudice, il quale dovrà riesaminare i fatti e motivare la sua decisione in modo coerente e logico, tenendo conto dei principi affermati dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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