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Sorveglianza particolare: TV e fornellino in cella?

Un detenuto, sottoposto al regime di sorveglianza particolare per aver gravemente aggredito un agente, ottiene dal Tribunale di Sorveglianza il permesso di usare TV e fornellino. L’amministrazione penitenziaria ricorre in Cassazione. La Suprema Corte annulla la decisione, affermando che, data la comprovata aggressività del soggetto, il divieto di possedere oggetti facilmente trasformabili in armi è legittimo e necessario per la sicurezza interna dell’istituto. La Corte chiarisce inoltre che il regime di sorveglianza particolare non è un mero provvedimento disciplinare e può essere sindacato nel merito dal giudice.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza particolare: quando TV e fornellino diventano un rischio per la sicurezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23448/2024, si è pronunciata su un tema delicato all’interno del diritto penitenziario: i limiti delle restrizioni applicabili ai detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare. Il caso analizzato riguarda la legittimità del divieto di possedere in cella oggetti di uso comune come un televisore e un fornellino, quando il detenuto ha dimostrato una spiccata pericolosità. La decisione offre importanti chiarimenti sulla natura di questo regime e sul bilanciamento tra esigenze di sicurezza e diritti del detenuto.

I fatti del caso: l’aggressione e la decisione del Tribunale

La vicenda ha origine dal reclamo di un detenuto sottoposto per sei mesi al regime di sorveglianza speciale ai sensi dell’art. 14-bis dell’Ordinamento Penitenziario. Il provvedimento era stato disposto a seguito di un gravissimo episodio di violenza: il detenuto aveva aggredito un agente penitenziario, procurandogli lesioni gravi e venendo accusato di tentato omicidio.
Nonostante la riconosciuta gravità della condotta, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari aveva parzialmente accolto il reclamo del detenuto. Pur confermando la legittimità del regime speciale, aveva ordinato all’amministrazione carceraria di consentirgli l’uso del televisore e di un fornellino. Secondo il Tribunale, il divieto di tali oggetti non era stato specificamente motivato come funzionale al mantenimento della sicurezza.

Il ricorso dell’Amministrazione Penitenziaria

L’Amministrazione Penitenziaria e il Ministero della Giustizia hanno impugnato tale ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Violazione delle norme sul controllo giurisdizionale: Si sosteneva che il Tribunale avesse ecceduto i suoi poteri, entrando nel merito di una decisione che, secondo i ricorrenti, era di natura disciplinare e quindi soggetta a un controllo di mera legittimità.
2. Violazione delle norme sulla sorveglianza particolare: Si argomentava che il divieto di detenere TV e fornellino era pienamente giustificato da ragioni di sicurezza. Tali oggetti, infatti, possono essere facilmente utilizzati come corpi contundenti, o parti di essi possono essere smontate per creare armi improvvisate. Il fornellino, inoltre, potrebbe essere usato per scaldare liquidi da lanciare contro il personale o altri detenuti.

La distinzione tra regime disciplinare e sorveglianza particolare

La Corte di Cassazione ha innanzitutto respinto il primo motivo di ricorso, offrendo un chiarimento fondamentale. Il regime di sorveglianza particolare previsto dall’art. 14-bis Ord. Pen. non è assimilabile a un provvedimento disciplinare. Mentre per questi ultimi il controllo del giudice è limitato alla correttezza procedurale (come previsto dall’art. 69 Ord. Pen.), nel caso della sorveglianza speciale il Tribunale ha piena competenza per valutare nel merito la congruità e la necessità delle singole restrizioni imposte. Questa misura, infatti, non ha una finalità punitiva, ma preventiva, mirando a contenere la pericolosità del detenuto per la sicurezza interna.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha invece accolto il secondo motivo di ricorso, giudicando la motivazione del Tribunale di Sorveglianza come “illogica e contraddittoria”. Se da un lato il Tribunale riconosceva l’elevata aggressività e pericolosità del detenuto, dall’altro non ne traeva le dovute conseguenze in termini di sicurezza. Per la Cassazione, le restrizioni ritenute ingiustificate dal giudice di merito erano invece “legittime e doverose”.

L’articolo 14-quater dell’Ordinamento Penitenziario stabilisce che le restrizioni devono essere “strettamente necessarie per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza”. Secondo gli Ermellini, di fronte a un detenuto che ha già manifestato una notevole violenza, la possibilità che oggetti di uso comune possano essere trasformati in armi non è una mera ipotesi, ma un rischio concreto. Il televisore può diventare un corpo contundente e le sue componenti possono essere usate per offendere. Il fornellino permette di riscaldare liquidi, trasformandoli in un mezzo di aggressione.
L’evidente pericolosità di tali oggetti, rapportata alla specifica aggressività del soggetto, rende superflua una motivazione dettagliata e specifica per ogni singolo divieto. La necessità della restrizione deriva direttamente dalla valutazione complessiva della pericolosità del detenuto. Il Tribunale di Sorveglianza, pertanto, avrebbe dovuto valutare la legittimità dei divieti proprio alla luce di tale accertata pericolosità.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, rinviando il caso per un nuovo giudizio. La sentenza stabilisce un principio importante: nel bilanciare i diritti del detenuto con le esigenze di sicurezza, la comprovata aggressività e pericolosità del soggetto deve essere l’elemento guida. Le restrizioni imposte nel regime di sorveglianza particolare, anche se riguardano oggetti di uso quotidiano, sono legittime se finalizzate a prevenire concreti rischi per l’incolumità di personale e altri detenuti. La valutazione non può essere astratta, ma deve tenere conto della specifica storia e condotta del singolo individuo.

Un giudice può entrare nel merito delle restrizioni imposte a un detenuto in regime di sorveglianza particolare?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il regime di sorveglianza particolare non è un provvedimento di natura disciplinare, per il quale il controllo è limitato. Pertanto, il Tribunale di Sorveglianza ha la piena competenza per decidere nel merito della necessità e proporzionalità delle singole restrizioni applicate.

È legittimo vietare a un detenuto pericoloso l’uso di TV e fornellino in cella?
Sì, è legittimo. Secondo la sentenza, se un detenuto ha dimostrato una spiccata aggressività, il divieto di possedere oggetti che possono essere facilmente utilizzati come armi (corpi contundenti, parti taglienti, mezzi per riscaldare liquidi da lanciare) è una misura necessaria e doverosa per garantire la sicurezza all’interno del carcere.

L’amministrazione penitenziaria deve motivare specificamente il divieto per ogni singolo oggetto in regime di sorveglianza particolare?
No, non sempre. La Corte ha stabilito che, di fronte a un’accertata e rilevante aggressività del detenuto, la pericolosità intrinseca di certi oggetti è talmente evidente che non richiede una motivazione approfondita e specifica per giustificarne il divieto. La ragione di sicurezza è implicita nella natura dell’oggetto e nella condotta del detenuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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