LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sorveglianza particolare: quando è legittima? Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il regime di sorveglianza particolare. La misura era stata disposta a seguito di una grave aggressione in carcere. La Corte ha ritenuto il ricorso generico e non autosufficiente, confermando la legittimità della misura per garantire la sicurezza interna dell’istituto penitenziario.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Particolare: Legittima se la Condotta del Detenuto è Grave

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27126 del 2024, è tornata a pronunciarsi sui presupposti di applicazione del regime di sorveglianza particolare, uno strumento previsto dall’ordinamento penitenziario per gestire i detenuti la cui condotta mette a repentaglio la sicurezza interna degli istituti. La decisione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità e i requisiti di specificità che un ricorso deve possedere per essere accolto.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal reclamo di un detenuto avverso il provvedimento del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) che gli aveva applicato il regime di sorveglianza particolare per tre mesi. La misura era seguita a una sanzione disciplinare di 15 giorni di esclusione dalle attività comuni, inflittagli per aver aggredito un altro detenuto, scatenando una colluttazione che aveva richiesto l’intervento di diversi agenti di Polizia Penitenziaria.

Il Tribunale di Sorveglianza, pur confermando la gravità della condotta e la pericolosità del soggetto, aveva parzialmente accolto il reclamo, consentendo al detenuto l’uso di fornellino, televisione e specchio, precedentemente negati.

Contro questa decisione, il detenuto proponeva ricorso per cassazione, lamentando l’illegittimità del regime applicato e la mancanza di motivazione su specifiche restrizioni, come il divieto di attività sportiva e la limitazione delle ore d’aria.

La Sorveglianza Particolare e i Motivi del Ricorso

Il regime di sorveglianza particolare, disciplinato dall’art. 14-bis dell’Ordinamento Penitenziario, è finalizzato a prevenire comportamenti che turbino l’ordine e la sicurezza. Si applica quando un detenuto, con minacce o violenza, impedisce le attività degli altri o si avvale dello stato di soggezione di altri compagni di detenzione.

Il ricorrente basava il suo ricorso su due motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: sosteneva che non sussistessero i presupposti per applicare un regime così restrittivo e che il Tribunale avesse ignorato le sue argomentazioni difensive e le richieste di approfondimento istruttorio sulla dinamica dell’aggressione.
2. Mancanza di motivazione sulle singole restrizioni: contestava che il Tribunale non avesse spiegato le ragioni del divieto di svolgere attività sportiva, del limite di due ore d’aria giornaliere e del divieto di ascoltare la radio, in violazione delle norme nazionali ed europee.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Pur riconoscendo l’interesse del condannato a una decisione nel merito anche dopo la scadenza del periodo di sorveglianza, ha ritenuto le doglianze manifestamente infondate e generiche.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti chiave. In primo luogo, ha ribadito che il presupposto della sorveglianza particolare è uno specifico comportamento del detenuto che comprometta la sicurezza, e nel caso di specie la condotta violenta e aggressiva del ricorrente era stata correttamente valutata come grave e idonea a giustificare la misura.

In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato generico e non autosufficiente. La difesa si era lamentata di divieti (uso di fornellino e tv) che in realtà il Tribunale di Sorveglianza aveva rimosso. Inoltre, il ricorrente non aveva allegato il provvedimento originale del DAP, impedendo alla Corte di verificare quali restrizioni fossero state effettivamente imposte e se fossero sproporzionate.

La Corte ha sottolineato che il Tribunale di Sorveglianza aveva fornito una motivazione congrua, collegando la necessità del regime di rigore alla gravità dei comportamenti del detenuto e alla finalità di mantenere l’ordine e la sicurezza. Le censure del ricorrente si sono limitate a sollecitare una nuova e non consentita valutazione dei fatti, insindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Per contestare efficacemente un provvedimento come la sorveglianza particolare, è necessario formulare censure specifiche, precise e autosufficienti, dimostrando una chiara violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione del giudice. Un ricorso generico, che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte o a contestare genericamente la valutazione dei fatti, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando è legittima l’applicazione del regime di sorveglianza particolare a un detenuto?
Il regime di sorveglianza particolare è legittimo quando un detenuto pone in essere uno specifico comportamento che compromette la sicurezza, turba l’ordine nell’istituto, o impedisce con minaccia o violenza l’attività degli altri detenuti.

Un ricorso contro la sorveglianza particolare può essere esaminato anche se il periodo di applicazione è terminato?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che sussiste l’interesse del condannato a una decisione nel merito anche dopo la fine del periodo di sorveglianza, per garantire un controllo giurisdizionale pieno ed effettivo sulla legalità di misure che incidono sulla libertà personale.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato, generico e non autosufficiente. Le censure mosse erano contraddittorie (lamentavano divieti già rimossi dal giudice precedente) e non erano supportate dalla documentazione necessaria, configurandosi come un tentativo di rivalutare i fatti, cosa non permessa in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati