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Soggiorno irregolare: quando la domanda non basta

Un cittadino straniero, condannato per il reato di soggiorno irregolare, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la sua successiva richiesta di permesso di soggiorno avrebbe dovuto bloccare il procedimento penale. La Corte ha rigettato il ricorso, specificando che solo la domanda di “protezione internazionale” ha l’effetto di sospendere il procedimento, non altre tipologie di richieste come quella per “protezione speciale”. Inoltre, ha confermato la legittimità della revoca dell’esame dell’imputato a causa della sua assenza ingiustificata al processo.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Soggiorno irregolare: la domanda di protezione non sempre blocca il reato

La gestione dei flussi migratori e la disciplina della permanenza degli stranieri sul territorio nazionale sono temi di costante attualità giuridica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sul reato di soggiorno irregolare e sulle condizioni che possono portare alla sospensione del relativo procedimento penale. La Corte ha stabilito che non tutte le domande volte a regolarizzare la propria posizione sono idonee a fermare l’azione penale, tracciando una distinzione netta tra i diversi tipi di protezione richiedibili.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna inflitta dal Giudice di Pace a un cittadino straniero per il reato previsto dall’art. 10-bis del Testo Unico sull’Immigrazione, ovvero per essersi trattenuto illegalmente nel territorio italiano. L’accertamento della sua condizione di soggiorno irregolare risaliva al 12 febbraio 2023. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali. In primo luogo, sosteneva che il procedimento a suo carico avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile, poiché il giorno successivo all’accertamento aveva presentato una domanda di protezione speciale. In secondo luogo, lamentava la violazione del suo diritto di difesa, in quanto il giudice di primo grado non aveva accolto la sua richiesta di essere sottoposto a esame, data la sua assenza durante l’udienza.

La Questione Giuridica sul Soggiorno Irregolare

La questione centrale sottoposta alla Corte riguardava l’interpretazione dell’art. 10-bis, comma 6, del d.lgs. n. 286/1998. Questa norma prevede la sospensione del procedimento penale per il reato di soggiorno irregolare nel caso in cui lo straniero presenti una domanda di protezione internazionale. Il ricorrente riteneva che la sua richiesta di “protezione speciale” dovesse rientrare in questa casistica, paralizzando così l’azione penale. Il secondo punto di diritto verteva sulla corretta applicazione delle norme processuali relative al diritto dell’imputato di essere esaminato e alle conseguenze della sua assenza in giudizio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito in modo inequivocabile la portata della causa di sospensione del procedimento.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la norma che prevede la sospensione del procedimento (art. 10-bis, comma 6) fa esplicito riferimento alla “domanda di protezione internazionale” ai sensi del d.lgs. n. 251/2007. Dagli atti processuali, invece, emergeva che il ricorrente non aveva formulato tale specifica domanda, ma si era limitato a richiedere una “protezione speciale” e a presentare documenti per un futuro matrimonio. Secondo la Corte, queste istanze non sono equiparabili alla domanda di protezione internazionale, l’unica in grado di attivare la causa di improcedibilità. Pertanto, la richiesta presentata il giorno dopo l’accertamento del soggiorno irregolare non poteva sanare la pregressa condizione di illegalità né impedire al processo di fare il suo corso.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione del diritto di difesa, la Cassazione ha ritenuto che il Giudice di Pace avesse agito correttamente. Il processo si era svolto in assenza dell’imputato secondo le norme vigenti (art. 420-bis c.p.p.). La Corte ha ribadito un principio consolidato: è legittima la revoca dell’ordinanza di ammissione dell’esame dell’imputato se quest’ultimo non compare all’udienza fissata senza addurre un legittimo impedimento. Inoltre, il fatto che la difesa non avesse sollevato alcuna obiezione al momento della chiusura dell’istruttoria è stato interpretato come un’acquiescenza implicita alla decisione del giudice, sanando ogni potenziale irregolarità.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza un importante principio: ai fini della sospensione del procedimento per il reato di soggiorno irregolare, è necessaria la presentazione di una formale e specifica domanda di protezione internazionale. Altre richieste, pur volte a ottenere una forma di regolarizzazione, non producono lo stesso effetto estintivo o sospensivo sull’azione penale. La decisione sottolinea inoltre la responsabilità dell’imputato e della sua difesa nel partecipare attivamente al processo; l’assenza ingiustificata può comportare la perdita di importanti facoltà processuali, come quella di essere esaminato, senza che ciò costituisca una violazione del diritto di difesa.

Una domanda di permesso di soggiorno sospende sempre il procedimento per soggiorno irregolare?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che solo la presentazione di una formale “domanda di protezione internazionale”, ai sensi della normativa specifica (d.lgs. 251/2007), può sospendere il procedimento. Altre tipologie di richieste, come quella per “protezione speciale”, non sono sufficienti a bloccare l’azione penale per il reato di soggiorno irregolare.

L’imputato che non si presenta al processo perde il diritto di essere esaminato?
Sì, può perderlo. Se l’imputato, pur avendo richiesto di essere esaminato, non si presenta all’udienza stabilita senza un legittimo impedimento, il giudice può legittimamente revocare l’ammissione di tale prova. Secondo la Corte, questa decisione non costituisce una violazione del diritto di difesa.

Cosa accade se la difesa non si oppone alla chiusura della fase di raccolta delle prove (istruttoria)?
Se la difesa non solleva obiezioni quando il giudice dichiara chiusa l’istruttoria e invita le parti a concludere, si ritiene che abbia implicitamente accettato tale decisione. Questo comportamento, definito “acquiescenza”, sana eventuali irregolarità, come la mancata assunzione di una prova precedentemente ammessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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