Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35842 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35842 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nata a Cerignola (Fg) il DATA_NASCITA; RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante;
avverso la ordinanza n. 109/24 Misure Reali del Tribunale di Foggia del 5 dicembre 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e i ricorsi introduttivi;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
sentito il PM, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentito, altresì, per i ricorrenti l’AVV_NOTAIO, del foro di Foggia, il quale h insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, agendo sia in proprio sia nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione avverso la ordinanza del 5 dicembre 2024 con la quale il Tribunale di Foggia, agendo come giudice del riesame dei provvedimenti cautelari reali, aveva rigettato l’istanza di riesame presentata, secondo quanto emerge dalla intestazione del provvedimento impugnato, nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante, avverso il decreto del 25 settembre 2024 con il quale era stato disposto dal Gip del Tribunale dauno il sequestro preventivo – finalizzato alla successiva confisca, da eseguirsi nella forma diretta o per equivalente, ai sensi dell’art. 12-bis del dlgs n. 74 del 2000 – di beni, mobili od immobili nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE e, in caso di incapienza, nella disponibilità di tale COGNOME NOME, sino alla concorrenza della somma di euri 16.442.214,89, trattandosi del profitto illecito conseguito dalla RAGIONE_SOCIALE per effetto del reato di cui all’art. 3 del dlgs n. 74 del 2000 in provvisoria contestazione a carico del COGNOME.
Va, peraltro, precisato che con successivo provvedimento del 28 settembre 2024, il Pm aveva disposto che al citato provvedimento di sequestro preventivo fosse data esecuzione anche apprendendo il saldo attivo del conto recate il n. 5211443657762803461 registrato presso la società PayPal RAGIONE_SOCIALE a nome della SRLSdigitaltech©gmailEMAIL .
Nel rigettare la richiesta di riesame il Tribunale di Foggia, ampiamente ricostruita la vicenda che ha portato alla adozione della misura cautelare reale di cui si dibatte, ha osservato, che, essendo la RAGIONE_SOCIALE una delle società della quali il RAGIONE_SOCIALE si sarebbe avvalso onde realizzare il reato a lui attribuito, essendo, in particolare, detta società uno dei soggetti che – interponendosi come venditori di beni effettivamente oggetto di cessione da parte della RAGIONE_SOCIALE onde apparire essi, e non la RAGIONE_SOCIALE, società rappresentata dal COGNOME, il debitore di imposte per i redditi conseguiti attraverso le dette cessioni – consentivano a RAGIONE_SOCIALE di realizzare un indebito risparmio di imposta, la stessa non poteva definirsi terza rispetto alla articolata frode fiscale ordita dal COGNOME.
Pertanto, correttamente il sequestro era stato eseguito anche ai suoi danni.
Aggiungeva il Tribunale sia che le operazioni commerciali erano realmente avvenute sia che esse erano state t e- rano state( realmente fatturate e si erano concluse tra i soggetti realmente operanti; ma, precisava, l’apparente venditore non era il soggetto effettivo del rapporto.
RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata utilizzata dal COGNOME solo per imputarle i costi tributari dell’operazione attraverso la simulazione della sua veste di venditore.
Ha, ulteriormente, puntualizzato il Tribunale che si è trattato di una interposizione reale e non fittizia.
Quanto alla consapevolezza in capo alla legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE della frode, essa sarebbe desumibile dal fatto che costei, cioè la COGNOME, ha sottoscritto i moduli per l’attivazione del conto corrente a nome della RAGIONE_SOCIALE, assistito dai servizi di home banking, ma ne ha poi consentito l’uso esclusivo al COGNOME.
Quanto alla esistenza del pericolo nel ritardo il Tribunale ha rilevato che ì fondi presenti sul conto corrente intestato alla RAGIONE_SOCIALE erano nella disponibilità del COGNOME, il quale poteva liberamente operare su di esso, in tale senso determinando il pericolo della dispersione del saldo positivo.
Come detto, ha interposto ricorso per cassazione avverso detta ordinanza la COGNOME, nella ricordata duplice qualità.
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente, rivendicando la piena operatività della RAGIONE_SOCIALE, ha contestato il fatto che le somme oggetto di sequestro potessero costituire il profitto del reato ipotizzato, atteso che la posizione della RAGIONE_SOCIALE non era quella di un soggetto solo fittiziamente percettore dei redditi effettivamente imputabili a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma era il reale attore delle operazioni economiche da essa formalmente poste in essere; ciò tanto è vero che lo stesso Tribunale ha più volte fatto riferimento ad una interposizione reale e non fittizia, circostanza questa che, di per sé, escluderebbe la riconducibilità della fattispecie in esame alla ipotesi di cui all’art. 3 del dPR n. 74 del 2000, atteso che la definizione di operazioni soggettivamente simulate in esso contenuta richiama le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti e non a soggetti realmente interposti come, invece, si verificherebbe nella fattispecie.
Aggiunge la ricorrente che la ordinanza sarebbe viziata anche in relazione alla mancanza di motivazione in relazione al coinvolgimento del COGNOME non in quanto persona fisica, o come amministratore di fatto della
RAGIONE_SOCIALE, ma come amministratore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sebbene non sia mai emerso il coinvolgimento di questa nella specifica vicenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, presentati da RAGIONE_SOCIALE e da COGNOME NOME sono, pur per diverse ragioni, entambi inammissibili.
Ritiene il Collegio di dover esaminare prioritariamente la posizione personale della ricorrente COGNOME, la cui definizione non comporta la necessità di entrare nel merito della impugnazione da costei promossa.
Deve, preliminarmente rilevarsi che indubbiamente il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato presentato dalla COGNOME sia in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE sia in proprio; depone inequivocabilmente in tale senso vuoi l’utilizzo della congiunzione “anche” nella parte della intestazione del ricorso nella quale il professionista che lo ha redatto declina i suoi poteri (“quale difensore di COGNOME NOME NOME anche nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE srl”) vuoi, a fortiori, la formula utilizzata nell’atto di nomina e conferimento dei poteri al predetto professionista, sottoscritto dalla COGNOME, nel quale la stessa dichiara di agire “in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE“.
Tanto considerato si osserva che, per come emerge dalla non contestata intestazione dell’ordinanza impugnata, il ricorso a suo tempo presentato di fronte al Tribunale del riesame era stato, invece, proposto dalla COGNOME esclusivamente quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e non anche in proprio, peraltro in diretta coerenza con il fatto che il sequestro preventivo di cui si tratta era stato eseguito su beni (il saldo di un conto corrente intrattenuto presso PayPal Holding RAGIONE_SOCIALE) direttamente riferibili alla RAGIONE_SOCIALE e non anche personalmente alla COGNOME.
Da quanto sopra deriva la evidente inammissibilità della presente impugnazione per la parte in cui essa è stata proposta dalla COGNOME in proprio, non essendo stata essa, in tale veste, parte del giudizio svolto di fronte al Tribunale di Foggia, né, d’altra parte, avendo la stessa – altrimenti che nella qualità di legale rappresentante della citata RAGIONE_SOCIALE, soggetto attinto dal sequestro contestato – alcun interesse a coltivare il presente giudizio non essendo ella il soggetto inciso dalla misura cautelare o che comunque rivendichi il proprio diritto alla restituzione del bene (nel senso esposto si veda, infatti: Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 ottobre
2019, n. 42527, rv 277985; Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 marzo 2015, n. 9796, rv 262752).
Passando a questo punto all’esame del ricorso proposto – sia pure tramite la COGNOME ma quale proprio legale rappresentante – dalla RAGIONE_SOCIALE, si rileva che (sebbene l’ordinanza impugnata appaia a volte caratterizzata da un uso non costantemente perspicuo dei concetti di interposizione fittizia – in relazione al quale il soggetto è simulatamente interposto in un’operazione commerciale, posta in essere da altre persone le quali sono consapevoli, essendo esse stesse parti dell’accordo trilatero, che l’interposto di fatto è estraneo agli effetti dell’accordo – e di interposizione reale – in relazione al quale il terzo è, invece, parte effettiva della operazione eseguita, avendo egli concluso con una di esse un accordo sottostante a quello posto in essere dalle restanti parti contrattuali, tale da realizzare l’interesse da quella perseguito, essendo comunque previsto che gli effetti tipici del contratto apparente, sia pure per esigenze che esulano rispetto a quelle che, ordinariamente, costituiscono la causa contractus, si realizzino anche relativamente alla posizione del soggetto interposto) il dato dirimente e decisivo ai fini della presente sentenza, quanto meno nella attuale fase cautelare, e con il quale non pare che la difesa della RAGIONE_SOCIALE si sia confrontata, risiede nel fatto che non è prospettabile che la posizione della odierna ricorrente sia riconducibile a quella di un soggetto terzo estraneo ai fatti per cui vi è procedimento.
Si osserva, infatti, che l’art. 12-bis, comma 1, del dlgs n. 74 del 2000, nel disciplinare la confisca dei beni costituenti il profitto o il prezzo dei reati tributari, prevede che essi siano sottoposti alla misura ablatoria – alla cui preservazione della futura efficacia il sequestro preventivo è in questo caso preordinato – in termini di doverosità a meno che tali beni “appartengano a persona estranea al reato”.
Considerato che siffatta qualifica appare attribuibile solamente a coloro i quali non abbiano ricavato vantaggi e utilità dal reato e che siano in buona fede, non potendo conoscere, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, l’utilizzo del bene per fini illeciti o la sua analoga illecita derivazione (Corte di cassazione, Sezione III penale, 8 agosto 2023, n. 34548, rv 285207; Corte di cassazione, Sezione III penale, 1 dicembre 2022, n. 45558, rv 284054), rileva il Collegio che nell’occasione – tanto più data la attuale fase cautelare del procedimento, caratterizzata da una conoscenza non ancora definitiva dei fatti avvenuti essendo sufficiente, ai fini della adozione della misura cautelare reale il semplice plausibile – in quanto
sostenuto dalle concrete risultanze processuali e dall’esame delle contestazioni formulate dalla difesa dell’indagato – prospettarsi di una fattispecie di reato, senza che sia necessario un effettivo sindacato sulla fondatezza dell’accusa (sulla sufficienza di tali elementi ai fini della adozione del provvedimento cautelare reale, cfr.: Corte di cassazione, Sezione III penale, 26 aprile 2024, n. 8152, rv 285966), la qualifica di “soggetto estraneo al reato” non è predicabile rispetto alla posizione della RAGIONE_SOCIALE.
Essa è, infatti, indubbiamente coinvolta, tramite la sua rappresentante, nella complessiva ed opaca attività ascrivibile al COGNOME (basti, a tale riguardo, considerare – come fatto dal Tribunale di Foggia – il fatto che il COGNOME avesse la materiale possibilità di autonomamente movimentare il conto corrente che RAGIONE_SOCIALE intratteneva – essendo stato questo aperto personalmente dalla COGNOME, sebbene la stessa ne avesse consentito l’uso esclusivo al COGNOME presso la piattaforma digitale di pagamento PayPal utilizzando la relativa “applicazione” telematica caricata sul suo telefono cellulare), al quale essa ha, nei modi dianzi indicati, pertanto offerto – salva la approfondita verifica della sua rilevanza penale che sarà condotta nel prosieguo del procedimento – un supporto operativo per lo svolgimento della propria attività.
Risulta, a questo punto, priva di rilevanza l’argomentazione svolta dalla ricorrente con il primo motivo di impugnazione, in ordine alla legittimità penale della eventuale mera interposizione reale che sarebbe addebitabile alla RAGIONE_SOCIALE, posto che, quale che sia la qualificazione sub specie poenalis dell’apporto offerto dalla predetta società al COGNOME, in ogni caso la sua posizione non è assimilabile a quella di un soggetto rimasto estraneo alla vicenda su cui si indaga, di tal che sarebbe comunque legittima la confisca (e pertanto lo strumentale sequestro) del profitto conseguito con il reato commesso.
Anche il secondo motivo del ricorso presentato dalla RAGIONE_SOCIALE è inammissibile; con esso, infatti la ricorrente difesa, rivendicando la effettività dell’attività commerciale ed imprenditoriale della propria assistita, ha censurato gli argomenti sulla base dei quali il Tribunale dauno ha rappresentato la esistenza di un coinvolgimento anche della RAGIONE_SOCIALE nella trama criminosa intessuta dal COGNOME . ; osserva il Collegio che, però, in tal modo è stata di fatto censurata la motivazione della ordinanza impugnata, o meglio la sua idoneità a dimostrare il fatto che RAGIONE_SOCIALE altro non fosse che uno degli strumenti utilizzati dal COGNOME per la commissione dei fatti a lui ascritti.
Una tale doglianza, va detto, esula dal campo degli argomenti che possono formare oggetto di ricorso per cassazione avverso i provvedimenti resi in materia cautelare reale, stante il chiaro disposto dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. a tenore del quale “contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324 (…le parti…) possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge”, dovendosi da ciò desumere che sia ìnsuscettibile di costituire oggetto di doglianza nella presente sede la diversa allegazione del vizio di motivazione.
I due ricorsi, per le distinte ragioni dianzi illustrate debbono essere entrambi dichiarati inammissibili e le ricorrente vanno condannate, visto l’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025
Il AVV_NOTAIO estensore