Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 16971 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 16971 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 18/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di PAVIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 27/11/2024 il Tribunale di Pavia, adito in sede di ch, appello cautelare, ha confermato il rigetto dell’istanza, avanzatdPizzala COGNOME quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, di restituzione dei rapporti bancari intestati alla società e sottoposti a sequestro preventivo con decreto emesso dal GIP del Tribunale di Pavia in data 5/11/2024.
Con l’appello era stato dedotto che:
il decreto prevedeva il sequestro diretto del profitto del reato di cui all’art. ter d.lgs. n. 74/2000 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e, per equivalente, a carico degli amministratori della società, Corso Bruno e COGNOME;
in sede di esecuzione, erano stati sequestrati due rapporti bancari intestati alla RAGIONE_SOCIALE sull’assunto che si trattava di valori e beni nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale, nel respingere l’impugnazione, ha ritenuto che “la RAGIONE_SOCIALE sia priva di autonomia e rappresenti uno schermo attraverso il quale RAGIONE_SOCIALE agisce come effettivo titolare dei rapporti che formalmente fanno capo alla società”.
2. Avverso il suddetto provvedimento COGNOME nella qualità di legale rapp.te della RAGIONE_SOCIALE, ha proposto, per il tramite del difensore, cui ha conferito procura speciale, ricorso per Cassazione articolando un unico motivo con il quale lamenta che il sequestro aveva illegittimamente colpito rapporti bancari intestati a una società che non era menzionata nel verbale di sequestro e che non poteva essere ritenuta “beneficiaria del profitto di reato di omesso versamento IVA”, avendo la sola RAGIONE_SOCIALE tratto vantaggio dal risparmio economico derivato dall’evasione dell’imposta. Si sottolinea, ancora, che il trasferimento del complesso aziendale della RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE per effetto del contratto di affitto di azienda 28/7/2022 avrebbe potuto giustificare, “astrattamente”, il vincolo apposto sui rapporti bancari della RAGIONE_SOCIALE “se fosse stata contestata anche la differente ipotesi del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte”. Poiché il decreto di sequestro non faceva menzione all’art. 11 d.lgs. n. 74/2000, conseguentemente, la RAGIONE_SOCIALE non poteva essere ritenuta “beneficiaria del profitto del reato”. L’ordinanza impugnata aveva, quindi, ad avviso del ricorrente illegittimamente, esteso “il sequestro per equivalente …anche a beni appartenenti a persone giuridiche differenti per la sola circostanza che tali persone giuridiche, pur non avendo ricavato il profitto dal reato previsto dalla specifica norma incriminatrice, siano amministrate e/o e le quote siano di proprietà dell’amministratore di una ulteriore (e terza società) che non ha versato le imposte”. CONSIDERATO IN DIRITTO Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso è inammissibile in quanto le doglianze in cui si articola sono prive del necessario elemento di critica “specifica” al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali, si palesano peraltro immuni da viz logici o giuridici.
Preliminarmente va ricordato che il ricorso per Cassazione proposto contro provvedimenti adottati in sede di impugnazione in materia di sequestri è consentito – a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. – soltanto per violazione di legge e, quanto alla giustificazione della decisione, costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per Cassazione soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicità
manifesta, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lettera e) , cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129).
Per altro verso, la motivazione può essere definita soltanto apparente, ciò che integra gli estremi della violazione di legge di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. deducibile anche nel ricorso per cassazione avverso provvedimenti cautelari reali, quando sia fondata su argomentazioni che non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto (Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, COGNOME, Rv. 260314) o quando si tratti di un vizio tanto radicale da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza che consentano di rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e a., Rv. 269656; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893).
Venendo al caso in esame, il provvedimento impugnato fornisce adeguata motivazione in relazione alle ragioni per le quali ha ritenuto legittimo il vinco apposto dei rapporti bancari intestati alla RAGIONE_SOCIALE ritenendo che RAGIONE_SOCIALE utilizzasse le società di cui era amministratore legale o gestore di fatto quali schermi fittizi attraverso cui esercitava la propria attività d’impresa, tant’è ch una volta avuta contezza delle verifiche e delle indagini in corso, per fatti che avrebbero potuto comportare l’insorgenza di ingenti debiti nei confronti dell’Erario a carico della RAGIONE_SOCIALE, aveva trasferito alla GPS, di cui era socio unico e amministratore, “clienti, fornitori, macchinari e personale in forza di contratto d affitto d’azienda sottoscritto tra le due società in data 28/7/2022”, restando Engardo gravata dei debiti esistenti.
Con tale motivazione, il ricorso non si confronta continuando a rappresentare la RAGIONE_SOCIALE come un soggetto dotato di autonomia giuridico patrimoniale distinto dalla persona fisica di Pizzala e dimostrando di non cogliere la differenza tra gli istituti del sequestro finalizzato alla confisca diretta e quello invece p equivalente, corrispondente quest’ultimo alla misura disposta nella fattispecie in esame in ragione della natura di schermo attribuita alla società ricorrente. Non è superfluo ricordare che, nel primo caso, la misura è diretta a colpire il bene che rappresenta il beneficio derivato al suo autore dal compimento dell’illecito, ovverosia il prezzo o il profitto, che, come osservato nel provvedimento, corrisponderla al risparmio di spesa conseguente al mancato versamento delle somme dovute all’Erario da parte di RAGIONE_SOCIALE, nel caso, invece, della confisca per equivalente, operante solo allorquando non sia possibile disporre quella diretta
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nei confronti della persona giuridica che ha tratto profitto dal reato, attesa l finalità sanzionatoria sottesa all’istituto, a più riprese affermata da questa Corte, non entra in gioco il nesso di strumentalità tra il bene ed il reato. La confisca per equivalente, infatti, non ha fra i suoi presupposti la diretta derivazione del bene dalla condotta illecita, come nella confisca diretta, essendo solo richiesto che i beni siano nella disponibilità del responsabile del reato e che abbiano un valore equivalente al profitto conseguito al reato (Sez. 1, n. 50823 del 27/06/2017 – dep. 08/11/2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 274640; Sez. 3, n. 50151 del 13/07/2018 – dep. 07/11/2018, M, Rv. 274090).
Nella motivazione del Tribunale, quindi, coerentemente, l’apprensione dei rapporti bancari intestati alla GPS è legata alla configurazione di tale s.r.I., co come della Engardo, come schermi attraverso cui Pizzala agisce e svolge l’attività kVA’ imprenditoriale, con la conseguenza vdiretta riferibilità alla persona fisica delle risorse depositate sui conti corrente della ricorrente. In altri termini, ne motivazione contestata, le persone giuridiche amministrate da Pizzala costituiscono soltanto entità fittizie, prive di reale autonomia e mero strumento di copertura attraverso il quale la persona fisica svolge attività economica, e il sequestro la misura con cui l’autore del reato viene privato di beni di cui dispone a proprio piacimento e nel proprio interesse personale, senza che venga in rilievo alcuna pertinenzialità con il delitto in con , Leazione.
Tale impostazione non trova ostacoloa operatività della GPS che, sia pure ad altri fini, emerge dal ricorso. In tema di confisca per equivalente operata per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, infatti, la natura di società-schermo ben può essere compatibile con l’operatività della stessa, atteso che detta caratteristica non comporta necessariamente l’autonomia dell’ente rispetto a chi lo gestisce ed amministra (Sez. 3, n. 12920 del 11/02/2022, COGNOME‘, Rv. 282986 – 01).
In conclusione, quindi, nessuna rilevanza assume la circostanza che le somme presenti sui conti correnti bancari della RAGIONE_SOCIALE siano o meno connesse al beneficio derivante dall’omesso versamento dell’IVA da parte di RAGIONE_SOCIALE, questione che costituisce l’unico argomento fondante le censure difensive, posto che quel che conta, ai fini dell’apprensione dei rapporti bancari, nella motivazione del provvedimento impugnato, è la effettiva disponibilità giuridica dei beni in capo a Pizzala.
Il ricorso proposto nell’interesse della ricorrente deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la medesima, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13
giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, esercitando la
facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di
inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 2/4/2025