Smaltimento illecito di rifiuti: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
L’ordinanza n. 6441/2024 della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione in materia di smaltimento illecito di rifiuti, delineando con precisione i confini del ricorso per cassazione e le condizioni per accedere ai benefici della Riforma Cartabia. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna e fornendo chiarimenti su aspetti procedurali e sostanziali di grande rilevanza pratica.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un soggetto condannato in primo grado dal Tribunale e in appello dalla Corte d’Appello per il reato di cui all’art. 256 del D.Lgs. 152/2006. Nello specifico, gli era stata contestata un’attività continuativa e non autorizzata di trasporto e smaltimento di rifiuti per conto di terzi, tipicamente derivanti da operazioni di svuotamento di cantine. L’imputato, utilizzando un veicolo intestato a un suo familiare, abbandonava i rifiuti in aree e strade del territorio comunale. Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.
I Motivi del Ricorso e lo smaltimento illecito di rifiuti
Il ricorrente basava la sua impugnazione su due principali motivi:
1. Una critica all’accertamento della sua responsabilità penale.
2. Una contestazione del trattamento sanzionatorio ricevuto, ritenuto eccessivo.
Inoltre, veniva sollevata una specifica doglianza relativa alla confisca del veicolo utilizzato per commettere il reato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato punto per punto i motivi del ricorso, dichiarandolo integralmente inammissibile sulla base di un’articolata motivazione.
Inammissibilità delle Censure sulla Responsabilità
Il primo motivo, relativo alla colpevolezza, è stato giudicato di natura puramente fattuale. La Corte ha ricordato che il giudizio di legittimità non consente un riesame del merito della vicenda o una nuova valutazione delle prove. I giudici delle precedenti istanze avevano accertato, sulla base delle indagini di polizia giudiziaria, l’attività illecita dell’imputato, e il ricorso non si confrontava adeguatamente con le motivazioni della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre una diversa lettura dei fatti.
Congruità della Pena e Mancata Applicazione di Benefici
Anche il secondo motivo è stato respinto. La pena di quattro mesi di arresto è stata considerata congruamente motivata. La Corte ha confermato la correttezza del diniego di un’attenuante specifica (art. 62, n. 6 c.p.) per mancanza del relativo presupposto. Allo stesso modo, il diniego dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stato ritenuto giustificato dalla reiterazione della condotta criminosa e dalla non trascurabile lesione degli interessi ambientali tutelati dalla norma.
La Questione delle Pene Sostitutive della Riforma Cartabia
Un passaggio cruciale dell’ordinanza riguarda le pene sostitutive. La Corte ha rilevato che, nonostante la possibilità offerta dalla disciplina transitoria della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), né nell’atto di appello né nelle conclusioni scritte il difensore aveva chiesto l’applicazione di tali pene. Citando un precedente consolidato, la Cassazione ha ribadito che, affinché il giudice d’appello possa pronunciarsi sull’applicabilità delle nuove sanzioni, è necessaria una richiesta esplicita dell’imputato, da formulare al più tardi durante l’udienza di discussione. In assenza di tale richiesta, il giudice non è tenuto a valutare d’ufficio tale possibilità.
Rigetto della Doglianza sulla Confisca
Infine, la Corte ha liquidato la lamentela sulla confisca del veicolo come priva di consistenza. Il ricorrente, non essendo il proprietario del mezzo, non aveva alcun diritto alla sua restituzione, e quindi mancava di legittimazione a sollevare la questione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida alcuni principi fondamentali in tema di processo penale e reati ambientali. In primo luogo, riafferma la natura del giudizio di cassazione come controllo di legittimità e non come terzo grado di merito. In secondo luogo, sottolinea la necessità di un ruolo attivo della difesa per poter beneficiare delle innovazioni normative, come le pene sostitutive della Riforma Cartabia, che richiedono un’istanza di parte. Infine, chiarisce che le doglianze relative a beni confiscati possono essere sollevate solo da chi vanta un titolo di proprietà su di essi. Per l’imputato, la declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende.
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No, la sentenza ribadisce che il ricorso per cassazione non può basarsi su censure meramente fattuali, in quanto la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.
Per ottenere le pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia è sufficiente che sussistano i presupposti di legge?
No, la Corte chiarisce che è indispensabile una richiesta esplicita da parte dell’imputato o del suo difensore, da formulare al più tardi durante l’udienza di discussione in appello. In assenza di tale istanza, il giudice non è tenuto a valutarne l’applicazione.
Può l’utilizzatore di un veicolo chiederne la restituzione dopo una confisca se non ne è il proprietario?
No, la Corte ha stabilito che il ricorrente non ha diritto alla restituzione del veicolo confiscato e utilizzato per il reato, poiché non ne risulta essere il legittimo proprietario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6441 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6441 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVEZZANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/05/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che con sentenza in data 11 maggio 2023 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza in data 22 settembre 2021 del Tribunale di Avezzano che aveva condannato COGNOME NOME alle pene di legge per il reato dell’art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006;
Rilevato che il ricorrente ha censurato sia l’accertamento di responsabilità con il primo motivo, sia il trattamento sanzionatorio con il secondo motivo;
Considerato, con riferimento al primo profilo, che la censura è fattuale e non si confronta con la sentenza impugnata: i Giudici di merito hanno accertato, sulla base delle operazioni di polizia giudiziaria, che l’imputato aveva effettuato, grazie al veicolo intestato alla madre, un’atti continuativa di trasporto e smaltimento di rifiuti per conto terzi (tipicamente di svuotamento d cantine), senza alcuna autorizzazione, abbandonandoli in aree e stradine del territorio comunale;
Considerato, con riferimento al secondo profilo, che la pena di mesi 4 di arresto è stata congruamente motivata; che il diniego dell’attenuante del n. 6 dell’art. 62 cod. pen. è stat correttamente statuito in assenza del relativo presupposto e, d’altra parte, l’atteggiamento collaborativo dell’imputato in sede di indagini è stato valorizzato ai fini delle generiche; ch diniego dell’art. 131-bis cod. pen. è stato adeguatamente giustificato con la reiterazione della condotta criminosa e la non trascurabile lesione degli interessi tutelati dalla norma incriminatric
Rilevato che né nell’atto di appello né nelle conclusioni scritte il difensore ha chiesto l’applicazi delle pene sostitutive brevi, sebbene, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenut pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, NOME, Rv. 285090 – 01);
Rilevato che la specifica doglianza sulla confisca del veicolo non ha consistenza perché il ricorrente non ha diritto alla relativa restituzione non essendone il proprietario;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere dell spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023 Il Consigliere estensore Il Presi nte