Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25798 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25798 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1416/2025
CC – 23/04/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 27/03/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Milano
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Il Tribunale di Milano, provvedendo ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. sull’appello proposto dal Pubblico ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città in data 26 settembre 2023, in parziale riforma della stessa, ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei riguardi di NOME COGNOME per il reato di partecipazione a una associazione per delinquere (capo 1 dell’incolpazione provvisoria) costituita da appartenenti alle tre organizzazioni di stampo mafioso denominate cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, avete struttura confederativa orizzontale, nell’ambito della quale i vertici di ciascuna delle tre componenti mafiose operano allo stesso livello, contribuendo alla realizzazione del così chiamato sistema mafioso lombardo .
Ha inoltre confermato la già ritenuta gravità indiziaria del reato di cui al capo 2) dell’imputazione provvisoria, riguardante la detenzione e il porto illegale di un fucile, arma resa clandestina attraverso il taglio delle canne.
1.1. Per quanto qui d’interesse, il Giudice per le indagini preliminari, relativamente alla condotta associativa, aveva ritenuto gli elementi posti dall’Accusa a fondamento della richiesta cautelare inidonei a supportare la tesi dell’esistenza di un’associazione per delinquere di carattere unitario di stampo mafioso, siccome priva dello specifico connotato dell’utilizzo della forza intimidatrice, mai estrinsecatosi nØ nel settore economico, nØ nella vita politica e istituzionale; nØ tantomeno erano emersi atti d’intimidazione ovvero la commissione di reati coerenti con l’impostazione accusatoria secondo cui il sodalizio avrebbe inglobato al suo interno i tre gruppi criminali storicamente piø importanti, con conseguente egemonia nel territorio occupato.
Secondo l’impostazione del Giudice per le indagini preliminari la sussistenza di detto elemento era necessaria in quanto, seguendo la stessa prospettazione d’accusa, il sistema mafioso lombardo , lungi dal rappresentare una mera articolazione territoriale di mafie storiche, costituiva un’autonoma e originale compagine criminale, sicchØ non poteva darsi
per presunta una condizione di generalizzata omertà in un contesto territoriale diverso da quello di matrice delle associazioni mafiose e a fronte di un organismo dichiaratamente nuovo e autonomo rispetto alle associazioni preesistenti.
Sotto altro profilo, il Giudice per le indagini preliminari rilevava la mancanza di concreti elementi probatori a supporto dell’esistenza di una struttura organizzativa e dell’ affectio societatis .
Quanto al primo elemento, in estrema sintesi, osservava che: i) era indimostrata l’esistenza della cassa comune, salvo il sostentamento di alcuni detenuti che poteva essere motivato dalle cointeressenze economiche emerse nel corso delle indagini; ii) la gestione eventualmente in concerto di attività economiche non era di per sØ significativa dell’esistenza di una associazione mafiosa, reputando inconcludenti le vicende del capo 16 (estorsione ai danni di Sanfilippo) e della gestione dei parcheggi o le altre vicende, lato sensu imprenditoriali, che avevano coinvolto in prima persona NOME COGNOME non essendo emerso in termini inequivoci che tali attività imprenditoriali fossero acquisite o gestite avvalendosi di alcun metodo mafioso; iii) i rapporti con soggetti istituzionali e politici non risultavano il portato del vincolo associativo, quanto, con riguardo ad COGNOME, la mera fisiologica conseguenza dell’ essere un imprenditore operante sul territorio; iv) neppure si ritenevano significativi i summit , atteso che a essi non avevano preso parte solo soggetti affiliati e che, rispetto a molti degli odierni indagati, non era emersa la prova dell’affiliazione ad alcun sodalizio, nØ a quello di tipo confederativo ipotizzato dall’organo requirente, nØ a quello piø ristretto di originaria appartenenza; v) la pur accertata disponibilità di mezzi (immobili, società, automobili, telefoni cellulare criptati), la loro condivisione non poteva essere indice univoco della sussistenza del sodalizio, atteso che i soggetti indagati erano ampiamente inseriti nell’economia locale, sicchØ le rispettive cointeressenze in ambiti leciti o illeciti potevano giustificare l’utilizzo dell’apparato organizzativo a prescindere dall’esistenza del sodalizio indicato, in ogni caso rilevando che non vi era stata alcuna esternazione di metodo mafioso che potesse suggerire, invece, un utilizzo di tali mezzi in funzione delle attività tipiche dell’associazione.
Quanto all’elemento dell ‘affectio societatis , rilevava che deponevano in senso contrario all’assunto dell’Accusa, le seguenti circostanze: i) non erano stati rilevati rituali d’ingresso per gli associati; ii) i contatti tra gli esponenti delle articolazioni mafiose erano funzionali alla trattazione di singoli affari concernenti ad esempio il traffico di stupefacenti e in tali casi si registravano tentativi di concludere affari con taluni indagati all’insaputa di altri; iii) le dispute insorte in relazione a vicende economiche non indicavano l’esistenza di alcun gruppo nel cui superiore interesse i predetti indagati si confrontassero e, anzi, emergevano rivalità del tutto incompatibili con una visione unitaria della associazione
Osservava, infine, come fosse un’anomalia che gli altri clan , cosche e ‘ndrine parimenti presenti nella provincia di Milano si fossero limitati a osservare passivamente la nascita ed espansione di un organismo così vasto e potenzialmente in grado di fagocitare tutti i settori economici e di interesse per le associazioni potenzialmente antagoniste; così come appariva difficile che le associazioni madre, di cui le compagini consorziate rappresentavano un’espressione, avessero accettato di veder nascere un organismo complesso di tipo federativo nella provincia di Milano a differenza di quanto accadeva nel resto d’Italia, senza mai interessarsi di quanto concretamente accadeva nel milanese.
Rimarcava che atti intimidatori si erano registrati principalmente all’interno della medesima consorteria, ma mai verso terzi e che i reati fine dell’ipotizzata associazione erano commessi tendenzialmente da componenti dello stesso gruppo e non era dimostrato che
fossero oggetto di condivisione dall’intero sistema mafioso, nØ che i capitali e le società acquisite fossero di comune appannaggio: risultava per contro piø verosimile che gli indagati si fossero talvolta raccordati per svolgere un determinato affare, lecito o illecito.
Riteneva, in conclusione, che quanto emergeva dagli atti fosse del tutto diverso dall’organismo ipotizzato dal Pubblico Ministero, al punto che non fosse neppure utile ricostruire singolarmente le tre compagini richiamate, venendo in tale modo “snaturato” l’intero impianto accusatorio.
Per ciò che riguarda il capo 2), il Giudice per le indagini preliminari reputava raggiunta la gravità indiziaria sulla contestata condotta di concorso nella detenzione e porto dell’arma (esclusa l’aggravante di cui all’art. 416-bis 1. cod. pen.) e, tuttavia, osservava che non vi erano esigenze cautelari attuali.
1.2. A diversa conclusione, su entrambi i reati, Ł giunto il Tribunale del riesame, che ha ritenuto fondata l’affermazione del Pubblico ministero secondo cui l’operatività del sodalizio – sebbene i singoli indagati avessero come riferimento un gruppo di omogena appartenenza (così intesa la descrizione del sodalizio in incolpazione ove fa riferimento ai “gruppi”, i trapanesi, i palermitani, i gelesi, i romani, i calabresi e così via) e godessero, come singoli e come gruppi, di margini di autonomia – si Ł caratterizzata per la sua trasversalità in moltissimi settori rivelatisi d’interesse per l’associazione, come emergenti dalla disamina degli aspetti strutturali dell’associazione stessa e delle sue attività.
La natura unitaria del sodalizio Ł stata esaminata nelle p. da 63 e seguenti, di cui si sono descritte le basi logistiche, le prassi operative, la disponibilità delle armi, la condivisione delle risorse finanziaria, le attività dallo stesso svolte e i summit (ora di carattere programmatico, ora di carattere operativo) a conforto dell’esistenza del vincolo associativo.
Si Ł, poi, diffusamente argomentata la natura mafiosa dell’associazione , con indicazione degli elementi ritenuti a conforto della capacità di esternazione della forza intimidatrice.
1.3. Quanto alla posizione del ricorrente nell’ambito del descritto sodalizio, NOME COGNOME – già inserito nel piø ristretto sodalizio di n’drangheta della cosca COGNOME, facente parte della locale di Desio, designato dal padre, NOME COGNOME, quale referente al nord Italia, avrebbe impegnato le proprie energie criminali svolgendo funzioni operative e, segnatamente:i) impartendo direttive per la risoluzione di controversie tra gli appartenenti al sistema mafioso lombardo e per la commissione di delitti in materia di armi e munizionamento, riciclaggio, intestazioni fittizie; ii) partecipando al versamento di somme di denaro nella cassa comune (cd. “bacinella”), destinate al sostentamento dei detenuti e alle esigenze degli associati di tutte le componenti mafiose e pretese quale corrispettivo per l’assegnazione e/o agevolazione nell’assegnazione di affari leciti o illeciti, in virtø della forza di intimidazione dell’associazione; iii) coordinando l’attività finanziaria dell’associazione mafiosa, dirigendo le società e le relative operazioni e gestendone i proventi; iv)acquisendo direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di numerose attività economiche, operanti in vari settori; v) mettendo a disposizione del sodalizio gli uffici siti alla INDIRIZZO a lui riconducibili, per i summit durante i quali si pianificavano le attività illecite dell’associazione e partecipando egli stesso all’incontro del 31.03.2021, in Cinisello Balsamo (insieme a COGNOME, ai COGNOME, ad COGNOME, COGNOME e COGNOME), in occasione del quale era affrontato il tema della RAGIONE_SOCIALE e a quello del 30.11.2021, presso il ristorante “INDIRIZZO“, in Milano (unitamente a COGNOME, ai COGNOME Bernardo, COGNOME NOME e COGNOME).
Il Tribunale ha indicato le risultanze investigative, costituite principalmente dall’attività
tecnica, sulle quali ha fondato il proprio diverso ragionamento.
Ha in primo luogo chiarito (p. 195 e s.) che l’appartenenza di Crea alla cosca COGNOME era solo il punto di partenza della rete delle relazioni associative connotanti la sua posizione, laddove il ruolo svolto nel sistema mafioso lombardo era reso evidente dalla sua partecipazione a momenti di rilievo per la vita del sodalizio e, tra questi, la definizione del contrasto Amico-RAGIONE_SOCIALE e la commissione di reati in materia di armi (p. 202 e s.).
Quindi, ha passato in analitica rassegna la pletora di captazioni che hanno riscontrato le ulteriori condotte nelle quali – secondo l’incolpazione provvisoria – si Ł estrinsecata la sua condotta partecipativa, non mancando di evidenziare (p. 217 e s.) come il sostegno di Crea a sostegno della carcerazione di COGNOME fosse dato per scontato dai vertici e dai sodali e ciò a prescindere dalla loro “provenienza” criminale.
Si Ł evidenziata, ancora, la sua partecipazione a numerose riunioni di natura programmatica e operativa del sodalizio, e il compimento di reati-fine, quali il reato in materia di armi di cui al capo 2) .
1.4. Ritenuti sussistenti i gravi indizi, riguardo alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva concrete e attuali sia l’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., sia quella d’inquinamento probatorio e pericolo di fuga (p. 242 e s.)
Ricorre per cassazione l’indagato e, tramite i difensori di fiducia avv. COGNOME e avv. COGNOME, con due distinti atti, svolge le censure di seguito riassunte nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il ricorso a firma dell’avv. COGNOME dopo la riproduzione della nota per l’udienza dinanzi al Tribunale del riesame, si lamenta una motivazione apparentemente e, comunque, erronea rispetto alle censure ivi indicate.
2.1.1. Segnatamente, con il primo motivo, denuncia il vizio di motivazione in punto di gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo, evidenziando che «appare illegittimo affermare la sussistenza di gravi indizi, se desunti da comportamenti altrui, in difetto della prova specifica della condivisione dell’altrui agire».
2.1.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza di un autonomo sodalizio denominato sistema lombardo mafioso differente dalla struttura organizzativa di asserita appartenenza dell’indagato.
Il giudice del riesame avrebbe omesso di esaminare la struttura organizzativa, la genesi nel territorio milanese e l’individuazione dei ruoli apicali, tema che – secondo il ricorrente – riverbererebbe i suoi effetti anche sulla corretta competenza territoriale che indica nell’Autorità giudiziaria di Reggio Calabria, in luogo di quella di Milano.
2.1.3. Con il terzo motivo censura la «circolarità ermeneutica» della motivazione dell’ordinanza, in punto di partecipazione dell’indagato al sodalizio, affermata attraverso l’uso di mere «petizioni di principio e l’adozione del metodo assiomatico».
2.1.4. Si denuncia, con il quarto motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di mancata correlazione della motivazione rispetto all’addebito provvisorio contestato dal Pubblico ministero.
Osserva il ricorrente come sia lo stesso Tribunale del riesame a negare l’esistenza di un’associazione così come delineata dalla Pubblica accusa, affermando piuttosto sussistere una struttura orizzontale e unitaria, di cui però non descrive la struttura e i ruoli dei singoli partecipi.
2.1.5. Con l’ultimo motivo, Ł censurata l’inesistenza della motivazione della partecipazione dell’indagato al sodalizio, desunta erroneamente esclusivamente da reati fine non sussistenti.
Sul punto, segnala che il Tribunale del riesame ha escluso la configurabilità del fatti di riciclaggio, sicchØ – considerato che Crea risponde del solo reato in materia di armi e di contestazioni fiscali e di riciclaggio – ciò avrebbe dovuto indurre a non ritenere sussistente la sua partecipazione al ritenuto sodalizio di cui al capi 1).
2.2. Il ricorso a forma dell’avv. Curatolo denuncia quattro motivi di ricorso.
2.2.1. Con il primo motivo censura la violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza di un’associazione autonoma denominata sistema mafioso lombardo e, comunque, di partecipazione dell’indaga a detto sodalizio.
Dopo aver ripercorso la motivazione del Tribunale del riesame sul punto, quanto al primo profilo, evidenzia l’assenza di una motivazione sull’ineludibile requisito dell’esteriorizzazione della capacità d’intimidazione del ritenuto sodalizio, lamentando come la motivazione dell’ordinanza impugnata si sarebbe posta in stridente contrasto con la giurisprudenza di legittimità ampiamente riportata nel ricorso; quanto al secondo profilo, censura l’automatismo con il quale l’indagato, sol perchØ referente al nord Italia della cosca COGNOME, sarebbe stato ritenuto partecipe della nuova struttura. Ripercorrendo, in chiave critica, la motivazione del Tribunale del riesame, lamenta l’assenza di elementi probatori utili a collaborare la tesi secondo cui l’indagato che lo stesso abbia in qualche modo promosso la creazione dell’associazione, che abbia fornito alcuna struttura operativa al sodalizio, agendo con autonomo potere decisionale.
2.2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza dell’aggravante mafiosa in relazione alla condotta contestata al capo 2).
Si censura l’illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata che inferisce la sussistenza dell’aggravante dai risultati delle captazioni, senza tuttavia considerare come, proprio dal tenore di tali captazioni, non si traggano elementi per far ritenere la detenzione dell’arma fosse nell’interesse dell’associazione o che avrebbe agevolato l’associazione invece del singolo detentore.
2.2.3. Il terzo motivo denuncia la violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale avrebbe omesso d’indicare elementi concreti dai quali trarre la sussistenza e l’attualità delle esigenze che non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato o da condanne riportate per fatti non legati a vicende di criminalità organizzata. Si denuncia la totale insussistenza del pericolo di fuga, non essendosi l’indagato mai sottratto all’ordine di esecuzione.
2.2.4. Con l’ultimo motivo, denuncia la violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta competenza territoriale nell’autorità giudiziaria di Milano.
¨ stato negletto il consolidato principio, espresso in sede di legittimità, secondo cui, in temi di reati associativi, la competenza per territorio Ł quella del luogo in cui ha sede la base programmatica, ideativa e direttiva delle attività criminose facenti capo al sodalizio. SicchØ, avuto riguardo al fatto che NOME COGNOME, padre del ricorrente, Ł esponente della cosca COGNOME operante in Calabria, Ł certamente in questo luogo che ha avuto presumibilmente inizio la consumazione del reato, con evidente incompetenza dell’autorità giudiziaria milanese.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato per le ragioni che s’indicano di seguito.
Preliminarmente va respinto il motivo con il quale il ricorrente pone in dubbio la
competenza territoriale dell’Autorità giudiziaria milanese.
Questa Corte ha in piø occasioni espresso il principio – che qui si condivide e riafferma – secondo cui «Non può costituire motivo di ricorso per cassazione la violazione delle regole di competenza territoriale da parte del giudice che ha emesso l’ordinanza cautelare, se detta violazione non sia stata dedotta nel giudizio di riesame, essendo precluso al giudice di legittimità di decidere su violazioni di legge non rilevabili d’ufficio, i cui presupposti di fatto non siano già stati esaminati dai giudici di merito (Sez. 6, Sentenza n. 28455 del 11/06/2024, P., Rv. 286758 – 01, ma vedi anche Sez. 3, n. 32904 del 08/02/2018, COGNOME, Rv. 273672 – 01). Si Ł, in particolare, precisato nel primo dei menzionati arresti che detto principio trae conferma dall’introduzione – con l’art. 4 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 15- del meccanismo di rinvio pregiudiziale di cui all’art. 24bis cod. proc. pen., con cui Ł possibile sollecitare una pronuncia di legittimità anticipata e vincolante sulla competenza territoriale, così da scongiurare il rischio della inutile celebrazione di piø gradi di giudizio per l’erronea determinazione di tale competenza.
I restanti motivi di ricorso, che si sostanziano in censure attenenti ai criteri di valutazione degli elementi indiziari, di cui si chiede una rivisitazione, sono infondati.
2.1. Non Ł superfluo ricordare che, in Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828, si Ł statuito che «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie».
L’arresto costituisce, ormai, patrimonio comune della giurisprudenza di legittimità che l’ha ribadito, fra le molte, con Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 e Sez. 1, n. 30416 del 25/09/2020, in motivazione. Occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Rv. 264213, tra le molte conformi).
Inoltre questa Corte, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che avversano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
Corollario di tale pacifico approccio Ł il principio, ribadito anche dal massimo consenso di questa Corte – che viene in rilievo nel procedimento in esame, in cui le prove sono costituite in larga parte da captazioni di conversazioni – secondo cui, in tema d’intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 01). A ciò va aggiunto che il contenuto d’intercettazioni, telefoniche o ambientali, dalle quali emergono elementi di accusa nei confronti dell’indagato, anche quando sono captate fra terzi, può costituire fonte diretta di prova della sua colpevolezza senza necessità di riscontri, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (tra tante, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv. 268414).
Sempre in via preliminare, va tenuto presente che «Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale Ł necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da essere capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale e abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17).
2.2. Quanto poi all’ulteriore tema che viene in rilievo nello scrutinio del presente ricorso, ovverosia quello dello standard motivazionale richiesto in caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello de libertate , della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, la giurisprudenza di questa Corte non Ł uniforme. In alcune pronunce, anche recenti, si Ł affermato che «In caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello de libertate , della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, non Ł richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso standard cognitivo che governa il procedimento incidentale, ma Ł necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale» (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, COGNOME Rv. 284982 – 04; Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, M., Rv. 279593 – 01). Vi Ł poi un altro indirizzo, che il Collegio ritiene preferibile, secondo cui «In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata» (Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, COGNOME, Rv. 283784. In motivazione, la Corte ha precisato che, pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, dell’insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale).
In ogni caso, sia pure con diversità di accenti, entrambi gli orientamenti richiedono, per il caso in cui il tribunale della libertà accolga la domanda cautelare, riformando in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen. la decisione di rigetto del Giudice per le indagini preliminari,un percorso motivazionale articolato, che tenga conto degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazione adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione.
Scrutinata alla luce dei principi sin qui sintetizzati, l’ordinanza resiste alle censure del ricorrente.
3.1. Muovendo dalle considerazione appena svolte in punto di obbligo di rendere una motivazione dotata di maggiore persuasività, ritiene il Collegio che detto obbligo di riconsiderazione sia stato adeguatamente soddisfatto dal Tribunale e che l’ordinanza in punto di gravità indiziaria, risulti assolutamente congrua, esaustiva e immune da profili di manifesta illogicità, oltre che puntualmente ancorata alle emergenze acquisite di cui ha dato conto in termini del tutto adeguati.
3.2. La cognizione del Tribunale ha, invero, compreso tutte le risultanze fattuali, non limitandosi a una lettura atomistica degli indizi, ma valorizzandoli attraverso una lettura unitaria, evidenziando, in primo luogo, le plurime criticità presenti nell’apparato giustificativo con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva escluso la sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, ponendo in risalto gli errori di metodo, oltre che di natura logica e giuridica.
Al riguardo il Tribunale ha rilevato che, ponendosi ripetutamente in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, quel Giudice aveva: i) operato una valutazione frazionata degli indizi, parcellizzando e isolando gli elementi offerti dall’accusa; ii) negletto le precedenti condanne irrevocabili di molti indagati per violazione dell’art. 416bis cod. pen., ritenendo decisiva l’epoca risalente di consumazione dei reati associativi pur in assenza di elementi dimostrativi dell’intervenuto recesso, quanto mai indispensabile, secondo le massime di esperienza, per un effettivo allontanamento dal contesto criminale mafioso; iii) considerato ostative ai fini della configurabilità dell’ affectio societatis le contrapposizioni e i contrasti intervenuti tra gli indagati del reato associativo, pur trattandosi, secondo l’esperienza giudiziaria, di eventi fisiologici nella vita di ogni gruppo delinquenziale, specie se di natura mafiosa; iv) svalutato la circostanza, pur data per accertata, del pagamento delle spese a favoredei sodali detenuti; v) ritenuto irrilevanti i numerosi summit tra i medesimi esponenti di vertice, nonostante il contenuto delle conversazioni intercettate nel corso delle riunioni dia conto, in modo chiaro, delle dinamiche e delle singole appartenenze ad un complesso organismo associativo dedito anche ad attività illecite; vi) sottovalutato i pur dimostrati legamidegli indagati con le mafie storiche; vii) enfatizzato l’assenza di rituali di iniziazione, trascurando che per entrare in questa originale e ulteriore realtà criminale i contatti fra gli esponenti erano funzionali alla trattazione di singoli affari.
3.3. Ha poi, con motivazione scevra da fratture razionali, chiarito le ragioni sulla scorta delle quali ha ritenuto che il materiale investigativo raccolto consentiva di affermare la sussistenza di gravi indizi del delitto contestato al capo 1), inteso come costituzione di un’associazione aventi le seguenti caratteristiche: i) essere legata a uno specifico territorio; ii) essere costituita tra soggetti già appartenenti o comunque collegati alle mafie storiche, denominate cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra ; iii) essere autonoma rispetto ai clan di provenienza degli associati coi quali, tuttavia, questi ultimi i continuano a mantenere rapporti; iv) essere dotata di struttura orizzontale e di una cassa comune; v) essere finalizzata alla commissione sia dei reati tipici dei sodalizi mafiosi (estorsione, traffico di sostanze
stupefacenti), sia alla costituzione di società dedite a attività lecite, in particolare nel settore dell’edilizia, ma la cui illiceità riguardava la provenienza del denaro investito ovvero la gestione e il raggiungimento dello scopo di profitto, posto a servizio del sodalizio stesso.
Nel valutare i gravi indizi, il Tribunale si Ł occupato esaustivamente delle questioni concernenti la sussistenza di un vincolo associativo, l’esercizio e l’esteriorizzazione del metodo mafioso, temi che hanno costituito oggetto delle censure, a contenuto meramente confutativo, del ricorrente.
3.4. La stabilità del vincolo tra gli associati e la sua tendenziale permanenza Ł stato desunto dalla continuità e frequenza degli incontri, dall’apporto comune di capitali e mezzi al fine di un comune fine di profitto, dall’esistenza di una cassa comune, dalla consapevolezza delle condotte criminose, anche gravi, commesse da altri sodali, e dal frequente richiamo degli indagati stessi all’esistenza di un’associazione costituita in quel territorio, e di cui sarebbero partecipi. Si sono valorizzati elementi quali la creazione della società RAGIONE_SOCIALE, le affermazioni di singoli indagati sull’attività di COGNOME, descritto quale «epicentro di molti equilibri», quelle in cui si parlava della costituzione di «un’associazione che non finisce mai», della necessità di «trovare una quadra per guadagnare tutti», quelle nelle quali si chiariva che non si trattava dell’operatività delle singole locali «Sicilia, Roma e Napoli» perchØ «Qua Ł Milano … le cose giuste qua si fanno», le affermazioni di NOME COGNOME che dice ad COGNOME «qua siamo tutti e tre, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa», così evidenziando la rarefazione dell’appartenenza di ciascuno alle tre mafie storiche di provenienza,.
Da questi elementi, il Tribunale ha dedotto – con motivazione puntuale e logicamente coerente – la sussistenza della necessaria affectio societatis , negando in senso contrario la rilevanza dei contrasti interni, sulla base dei quali invece il Giudice per le indagini preliminari aveva escluso la sussistenza di un’associazione, ed ha evidenziato gli evidenti sforzi dei vari associati per risolvere ogni contesa, in vista del perseguimento della comune finalità di profitto.
Proprio quest’ultimo aspetto – che l’ordinanza impugnata esamina a proposito della controversia tra i COGNOME e NOME COGNOME sottolineando il coinvolgimento di esponenti dei diversi gruppi criminali al fine di comporre la diatriba nell’interesse di tutti – Ł stato correttamente valorizzato dal Tribunale del Riesame che si Ł così posto nell’alveo della granitica giurisprudenza di legittimità secondo la quale «In tema di associazione per delinquere, l’esistenza di scopi personali diversi e contrapposti tra i singoli associati, operanti nell’ambito di strutture imprenditoriali autonome e concorrenti, non Ł ostativa al riconoscimento del vincolo associativo, ove tali divergenze trovino composizione in un progetto generale, da realizzare mediante le attività delittuose, finalizzato a perseguire un utile da ripartire tra le diverse imprese» (Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, Rv. 281589-01; si veda anche Sez. 3, n. 25994 del 22/07/2020, Rv. 279825-01).
Del tutto corretto Ł, poi, il rilievo attribuito all’esistenza di una cassa comune, destinata soprattutto ad assicurare l’assistenza giudiziaria ed economica ai detenuti e alle loro famiglie, e la circostanza che ad essa contribuiscono tutti i gruppi, chiaro indice di un vincolo di mutua solidarietà, in base al quale tutti provvedono a fornire tale assistenza indipendentemente dalla compagine di provenienza del singolo (ad esempio concorrendo i Pace, i Crea e i Fidanzati a far fronte al sostentamento di NOME COGNOME e dei suoi familiari).
La motivazione dell’ordinanza impugnata, pertanto, su questo punto Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare.
3.5. L’impiego del metodo mafioso da parte del gruppo e la sua necessaria esteriorizzazione Ł oggetto di ampia valutazione dall’ordinanza impugnata e sono valorizzate le modalità esecutive dei numerosi episodi estorsivi, il piø delle volte consumati senza ricorrere a minacce espresse, ma semplicemente evocando la loro appartenenza non ad un singolo gruppo (o mafioso o camorristico o di ‘ndrangheta ), ma, trasversalmente e indifferentemente, a tutti quelli coinvolti nella nuova organizzativa, la cui forza di intimidazione Ł evidentemente conosciuta dalla comunità sociale di riferimento, anche dalle persone che non si sono mai direttamente confrontate con quel mondo criminale.
E’ dimostrato il costante impiego, in numerose vicende analiticamente ricostruite dall’ordinanza, di minacce, violenze, soprusi e prepotenze finalizzate a rinnovare la fama criminale già connessa al nome delle varie consorterie di riferimento dei singoli sodali, ma liberamente utilizzabile da tutti gli appartenenti in forza del patto associativo trasversale tra gli esponenti di diversa estrazione mafiosa. Sistematica proiezione esterna del metodo mafioso si Ł ritenuta riscontrabile anche nei settori del narcotraffico, nell’infiltrazione del sistema economico, nelle condotte di riciclaggio e di commissione di reati fiscali.
Secondo la corretta prospettiva del Tribunale, la peculiarità del sodalizio riposa nella diversa estrazione dei suoi componenti, autorizzati dalle rispettive organizzazioni mafiose di appartenenza, cui rimangono funzionalmente collegati, a dare vita e rendere operativa un nuovo ‘sistema’, distinto dalla confederazione perchØ caratterizzato da una struttura organizzativa autonoma delle sue articolazioni o sottogruppi i cui componenti non sono accumunati dalla comune provenienza dalla medesima associazione mafiosa.
In ragione di tale peculiare connotazione, il gruppo Ł stato in grado di esternare una sua capacità intimidatrice, effettiva e autonoma, sia pure derivante dal collegamento con le singole associazioni di appartenenza dei suoi sodali e dalla fama criminale acquista da queste ultime e dai singoli componenti nel territorio di interesse. ¨ rilevante il fatto che la spendita della fama criminale delle mafie storiche di appartenenza avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, a una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati, perchØ dimostrazione della particolarità e autonomia dell’associazione qui contestata.
Piø in dettaglio, l’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, da vicende come quella che coinvolge COGNOME (in una delle conversazioni Vestiti, si compiace del fatto di raggiungere «senza spari» lo scopo che l’associazione si Ł prefissata), quella che coinvolge la segretaria generale del Comune di Abbiategrasso (che, pur non assoggettandosi ad essa, comprende facilmente la natura mafiosa della richiesta avanzatale da COGNOME, e la qualità mafiosa del soggetto o dei soggetti di cui questi avrebbe fatto il nome), quella relativa alla gestione del bar e dei parcheggi dell’ospedale di Desio da parte della RAGIONE_SOCIALE per azioni (le cui modalità avrebbero allarmato i dipendenti, tra i quali correva la voce che tali attività fossero in mano a ‘mafiosi’) e, piø in generale, dall’atteggiamento omertoso di molte vittime di estorsioni, che avrebbero omesso di denunciare i fatti commessi in loro danno, o li avrebbero esposti in termini riduttivi rispetto a quanto emerge dalle intercettazioni.
L’incapacità, per gli abitanti del territorio, di individuare con precisione l’associazione criminale che sta esercitando tale forza intimidatrice non Ł stata ritenuta rilevante; anzi essa Ł stata interpretata come un’indiretta conferma della diversità e autonomia dell’associazione contestata, rispetto ai gruppi storici di riferimento dei vari associati. L’ordinanza afferma specificamente, con motivazione logica e consequenziale alle vicende esaminate, che la forza intimidatrice promana dall’associazione stessa ed Ł a essa «immanente», in virtø delle
azioni che essa compie e dell’assoggettamento che ha realizzato nel territorio, e non deriva dai singoli associati o dalle mafie storiche a cui questi ultimi fanno riferimento.
Il Tribunale del riesame Ł dunque pervenuto alla conclusione che l’associazione sia dotata una ‘mafiosità’ propria, derivante anche dalla partecipazione a essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma che manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi dell’assoggettamento già realizzato in passato nel territorio lombardo dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia. Il Tribunale si Ł altresì espresso sulla qualificazione di detta associazione come una mafia ‘nuova’, o ‘atipica’, o ‘a soggettività differente’, o addirittura come un tertium genus , dichiarando anzi esplicitamente di sottrarsi all’ «afflato definitoriopresente nell’ordinanza genetica e nell’appello del pubblico ministero», sottolineando che il fenomeno mafioso Ł in continua evoluzione e che la peculiarità della struttura associativa così come descritta non ne esclude la mafiosità, in quanto la ritiene accertata, in via indiziaria, con le medesime caratteristiche richieste dalla giurisprudenza di legittimità.
Anche questa parte della motivazione Ł logica, approfondita e non contraddittoria, e pertanto sufficiente, anche sotto il profilo dell’immanenza ed esteriorizzazione del metodo mafioso, per ritenere presenti indizi gravi circa la sussistenza del delitto di cui all’art. 416bis cod. pen., quanto meno allo stato, e con riferimento agli elementi sufficienti per il giudizio cautelare.
3.6. Quanto ai gravi indizi d’intraneità del ricorrente al reato associativo, il ricorrente, il Tribunale – diversamente da quanto lamentato dal ricorrente – ha esaminato funditus tutte le critiche mosse nella memoria difensiva e, pur convenendo sul dato obiettivo che NOME COGNOME e suo padre non siano trafficanti in stupefacenti e non siano dediti alle estorsioni, ha fatto risaltare come sia ben altro il contributo che l’indagato apporta al sodalizio, non a caso svolto di concerto con alcuni sodali e, tra questi, i COGNOME, gli COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, ossia quello sul fronte imprenditoriale e finanziario, non mancando di porre in rilievo come, comunque, egli non solo sia dotato di armi, ma sia perfettamente in grado di alterarle: Ł proprio l’indagato, infatti, a tagliare le canne del fucile per consentirne un piø agevole occultamento e porto e che si procura il relativo munizionamento; Ł sempre Crea che mostra di essere in grado di procurarsene altre (tramite i COGNOME) e che esprime sovente l’intenzione di ammazzare i propri rivali (ad esempio NOMECOGNOME ancorchØ componente del medesimo sodalizio), infine ricorrere alla violenza e alle armi per la definizione di ogni questione di rilevanza associativa (episodio relativo all’estorsione di cui al capo 13).
¨, pertanto, scevra da fratture razionali la conclusione cui Ł giunto il Giudice della cautela laddove ha chiarito che, nella trattazione della posizione del ricorrente, il tema non Ł quello dell’esistenza della prova di affiliazione rituale al sodalizio, nØ quello del ruolo rivestito all’interno della cosca COGNOME, poichØ il legame con tale consorteria (evocato ampiamente nelle intercettazioni che il Tribunale non manca di ripercorre) offre solo il senso della sua collocazione criminale e dà conto di uno degli apporti che l’indagato ha conferito al sodalizio unitario, all’interno del quale Ł conosciuto quale figlio del “professore”, in termini relazioni fiduciarie e dalla consapevolezza di una collaborazione in una dimensione piø ampia di quella legata al singolo affare. Si Ł correttamente valorizzata: i) la partecipazione di Crea a colloqui riguardanti i rapporti forza; ii) il circuito di società riconducibili ai Pace e ai Crea, ricostruito mediante il rinvio all’annotazione riepilogativa, non senza porre in rilievo la condivisione quotidiana di spazi e risorse e la definizione da parte dello stesso ricorrente di «un bell’impero»; iii) la collaborazione instaurata con i fratelli COGNOME in attività imprenditoriali
realizzate anche con modalità estorsive.
Si Ł, per tale via, ritenuta la sussistenza di gravi indizi sui fitti rapporti illeciti dei Pace con il ricorrente e con COGNOME, attraverso un gruppo di società riferibili a prestanome, in parte operative, in parte stabilmente impiegate quali cartiere per l’emissione di fatture non supportate da alcuna causa, a valle delle quali, come emerso dalle attività di captazione tramite videoriprese, si registravano restituzioni in contanti di ingenti importi.
L’ordinanza, dunque, ha offerto una motivazione rafforzata tanto riguardo alla sussistenza dei gravi indizi per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., quanto per quello di cui al capo 2.
3.7. Quanto alla doglianza in punto di ritenuta sussistenza dell’aggravante mafiosa per il capo 2) dell’incolpazione provvisoria, va qui ricordato che il Giudice per le indagini preliminari – pur ritenendo i gravi indizi per detto reato – aveva escluso l’aggravante sotto entrambi i profili del metodo e dell’agevolazione: il primo era escluso perchØ la condotta non si era rivolta nei riguardi di terzi, la seconda era stata esclusa perchØ non si era ritenuto esistente il sodalizio del cd. sistema mafioso lombardo .
Anche con riferimento a tale questione il Collegio ritiene che il Tribunale (p. da 235 a 241) abbia reso una motivazione rafforzata, chiarendo le ragioni per le quali la detenzione dell’arma può essere reputata una condotta estemporanea, ma s’inserisce nel pericoloso contesto associativo – che Ł stato ritenuto sussistente per ragioni già dette – che certamente ricorre alle armi.
3.8. Il motivo sulle esigenze cautelari Ł talmente generico da non confrontarsi con il principale e decisivo argomento utilizzato dal provvedimento impugnato a sostegno dell’applicazione della misura sotto questo peculiare profilo, ovvero l’operatività della presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. nel caso di gravi indizi di colpevolezza per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa.
Per le ragioni sin qui evidenziate, il ricorso dev’essere rigettato e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrentecondannato al pagamento delle spese processuali.
La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 23/04/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
EVA TOSCANI