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Sistema mafioso lombardo: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato, confermando la sussistenza di gravi indizi per il reato di partecipazione a un’associazione di stampo mafioso, denominata ‘sistema mafioso lombardo’. Questa entità è stata descritta come una nuova e autonoma compagine criminale, con struttura orizzontale, formata da esponenti di ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra, che opera in Lombardia. La Corte ha validato la decisione del Tribunale del Riesame, che aveva ribaltato la precedente ordinanza del GIP, sottolineando la necessità di una valutazione unitaria degli indizi e riconoscendo la capacità di intimidazione e l’esistenza del vincolo associativo del nuovo gruppo.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sistema mafioso lombardo: La Cassazione definisce la nuova mafia confederata

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato il delicato tema delle nuove forme di criminalità organizzata, riconoscendo la configurabilità del cosiddetto sistema mafioso lombardo. Questa decisione consolida l’orientamento investigativo che vede la nascita di un’entità criminale autonoma e confederata, nata dalla fusione operativa di esponenti delle mafie tradizionali sul territorio del nord Italia. Analizziamo insieme i punti salienti di questa importante pronuncia.

Il caso: un’inedita alleanza criminale in Lombardia

Il caso nasce dal ricorso di un indagato contro un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano. Quest’ultimo, in riforma di una precedente decisione del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), aveva ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza per il reato di associazione di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.).

L’accusa ipotizzava l’esistenza di un’organizzazione criminale unitaria, denominata “sistema mafioso lombardo”, costituita da membri di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. Questa nuova entità, pur collegata alle mafie storiche, agiva come un soggetto autonomo con una struttura orizzontale, dove i vertici delle diverse componenti operavano allo stesso livello per realizzare un comune programma criminale.

Il GIP aveva inizialmente respinto questa tesi, ritenendo non provata l’esistenza di un sodalizio unitario dotato di una propria e autonoma forza intimidatrice. Al contrario, il Tribunale del Riesame, e successivamente la Cassazione, hanno sposato la tesi accusatoria, valorizzando una serie di elementi probatori.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’indagato, confermando la validità dell’ordinanza del Tribunale del Riesame. Ha ritenuto la motivazione del riesame logica, coerente e sufficientemente “rafforzata” per superare le conclusioni del primo giudice. La Cassazione ha così avallato la configurabilità di questa nuova forma di mafia, definendola “nuova”, “atipica” o “a soggettività differente”, in grado di evolversi e adattarsi ai contesti territoriali ed economici in cui si infiltra.

Le motivazioni: i criteri per il riconoscimento del sistema mafioso lombardo

La Corte ha delineato i criteri fondamentali che hanno portato al riconoscimento del sistema mafioso lombardo come un’associazione mafiosa autonoma.

L’autonomia del nuovo sodalizio

Il Tribunale prima e la Cassazione poi hanno evidenziato come il gruppo criminale, pur composto da soggetti legati alle mafie storiche, agisse con una propria autonomia. La sua peculiarità risiedeva proprio nella diversa estrazione dei componenti, i quali davano vita a un “nuovo sistema” distinto dalle organizzazioni di provenienza. Questo sistema era dotato di una propria struttura organizzativa, una cassa comune per sostenere i detenuti e le loro famiglie, e prassi operative condivise.

La forza intimidatrice e l’affectio societatis

Un punto cruciale della decisione riguarda la capacità di intimidazione del gruppo. La Corte ha stabilito che questa forza non derivava solo dalla fama criminale dei singoli o delle mafie di origine, ma era una caratteristica “immanente” dell’associazione stessa, che si manifestava sul territorio lombardo. L’omertà delle vittime di estorsione e la facilità con cui il gruppo si infiltrava nel tessuto economico e amministrativo locale ne erano la prova.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui i conflitti interni tra i membri minassero l’esistenza del vincolo associativo (affectio societatis). Al contrario, ha sottolineato come i contrasti siano fisiologici in ogni gruppo criminale e come, nel caso di specie, fossero stati compiuti evidenti sforzi per risolvere le dispute nell’interesse superiore dell’associazione e del profitto comune.

Il ruolo del singolo associato

Per quanto riguarda la posizione del ricorrente, la Corte ha chiarito che la sua partecipazione non andava valutata solo in base alla sua affiliazione alla cosca di origine, ma per il contributo concreto fornito al nuovo sodalizio unitario. Elementi come la partecipazione a summit, la gestione di attività finanziarie, il coordinamento di operazioni illecite e la commissione di reati-fine (come la detenzione di armi) sono stati considerati prove sufficienti del suo inserimento organico nel sistema mafioso lombardo.

Le conclusioni: implicazioni della sentenza

Questa sentenza rappresenta un passaggio fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata. Riconoscendo la natura mutevole e adattiva dei fenomeni mafiosi, la giurisprudenza legittima un approccio investigativo capace di cogliere le nuove configurazioni che le mafie assumono, specialmente nei territori economicamente più sviluppati.

La figura del sistema mafioso lombardo non è più solo un’ipotesi accusatoria, ma un modello criminale riconosciuto, caratterizzato da una confederazione orizzontale che, pur mantenendo legami con le “case madri”, sviluppa una propria identità e una specifica e temibile capacità di intimidazione e infiltrazione nel tessuto sociale ed economico.

Cosa caratterizza il ‘sistema mafioso lombardo’ secondo la Corte?
È un’associazione criminale autonoma, con una struttura orizzontale, composta da membri di diverse mafie storiche (cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra). Non è una semplice filiale, ma un’entità nuova e distinta che opera sul territorio lombardo, dotata di una propria forza intimidatrice e di un programma criminale condiviso.

I conflitti interni tra gli affiliati possono escludere l’esistenza di un’associazione mafiosa?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che dispute e rivalità interne sono eventi fisiologici nella vita di un gruppo criminale e non negano l’esistenza del vincolo associativo (affectio societatis), soprattutto quando emergono sforzi per comporre i dissidi nell’interesse superiore e per il perseguimento del profitto comune.

Perché la decisione del Tribunale del Riesame è stata considerata valida nel ribaltare quella del GIP?
Perché ha fornito una ‘motivazione rafforzata’. Invece di analizzare gli indizi in modo frammentario, il Tribunale li ha valutati in modo unitario e complessivo, evidenziando gli errori di metodo del primo giudice e dimostrando in modo più persuasivo e logicamente coerente la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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