Sindacato di Legittimità: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma il suo ruolo è spesso frainteso. Non è un terzo processo dove si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione del diritto. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio dei limiti invalicabili del sindacato di legittimità, spiegando perché un ricorso che mira a una nuova valutazione delle prove sia destinato a essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Processo: Dal Giudizio di Merito al Ricorso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna della Corte d’Appello. La difesa basava l’impugnazione su tre motivi principali. I primi due contestavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione di responsabilità, mettendo in discussione l’attendibilità della persona offesa e dei testimoni. Il terzo motivo, invece, lamentava un’errata qualificazione giuridica del reato contestato, sostenendo una violazione del diritto di difesa.
In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e di giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di primo e secondo grado, i quali avevano invece ritenuto provata la sua colpevolezza.
L’Analisi della Corte e i limiti del sindacato di legittimità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta separazione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità.
La Distinzione tra Questione di Fatto e Questione di Diritto
I giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) hanno il compito di ricostruire i fatti (“questione di fatto”) attraverso l’analisi delle prove: testimonianze, documenti, perizie. La Corte di Cassazione, invece, esercita il sindacato di legittimità, ovvero controlla che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio (“questione di diritto”).
Come ribadito nell’ordinanza, alla Cassazione è preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito. Non può, in altre parole, sostituire il proprio giudizio sull’attendibilità di un testimone o sulla rilevanza di una prova.
Il Vizio di Violazione di Legge
Anche quando il ricorrente denuncia una “violazione di legge”, come nel secondo motivo, deve farlo correttamente. Un vizio di legge sussiste quando il giudice ha interpretato o applicato erroneamente una norma. Tuttavia, non si può mascherare una contestazione sui fatti come una violazione di legge. Nel caso specifico, la difesa non contestava la riconducibilità del fatto (come ricostruito dai giudici) alla norma incriminatrice, ma metteva in dubbio proprio la ricostruzione dei fatti. Questo tipo di doglianza, secondo la Corte, è estranea al sindacato di legittimità.
La Decisione: Inammissibilità e Condanna alle Spese
Poiché i motivi del ricorso sollecitavano una rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità, la Corte li ha rigettati. Anche il terzo motivo è stato ritenuto infondato, poiché il capo d’imputazione descriveva chiaramente la condotta contestata, senza alcuna lesione del diritto di difesa.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per aver intrapreso un’impugnazione priva dei presupposti di legge.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il punto centrale è che il sindacato di legittimità non permette di censurare la persuasività, l’adeguatezza o la puntualità della valutazione probatoria del giudice di merito. Nemmeno un’illogicità della motivazione può essere fatta valere, a meno che non sia manifesta, ovvero talmente evidente da risultare palese a una prima lettura. Il ricorso, invece, proponeva una lettura alternativa delle prove, un’operazione che la Cassazione non può compiere. Si sottolinea come i primi due motivi, pur trattando di profili di responsabilità, fossero articolati in termini non consentiti perché miravano a ottenere una nuova valutazione di elementi fattuali, come la credibilità della persona offesa e dei testi. La Corte ha chiarito che contestare il risultato probatorio raggiunto dai giudici di merito non equivale a denunciare un vizio di legittimità, ma si traduce in una richiesta di riesame del merito, inammissibile in questa sede.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito fondamentale sull’importanza di strutturare correttamente un ricorso per cassazione. Impugnare una sentenza di condanna lamentando genericamente che i giudici hanno sbagliato a credere a un testimone o a valutare una prova è un errore strategico che porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità e a ulteriori sanzioni economiche. Il ricorso deve concentrarsi esclusivamente su vizi giuridici: l’errata applicazione di una norma di legge o un’incongruenza logica macroscopica e decisiva nella motivazione della sentenza impugnata. Qualsiasi tentativo di trascinare la Corte Suprema sul terreno del fatto è destinato a fallire.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare la credibilità di un testimone?
No, la valutazione dell’attendibilità dei testimoni e delle fonti di prova è un compito esclusivo dei giudici di merito (primo e secondo grado). La Cassazione non può riesaminare queste valutazioni, ma solo controllare che la motivazione del giudice sia logica e non contraddittoria.
Cosa significa che un motivo di ricorso si risolve in una richiesta di valutazione di merito non consentita?
Significa che, anche se formalmente si lamenta una violazione di legge, in realtà si sta chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti, di leggere diversamente le prove o di giungere a una ricostruzione della vicenda diversa da quella dei giudici precedenti. Questo esula dal sindacato di legittimità.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34920 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34920 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e le conclusioni rassegnate dal difensore con richiesta di liquidazione delle spese in favore dell’imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato;
ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, che ben possono essere trattati congiuntamente attenendo a profili di responsabilità, sono manifestamente infondati ma, prima ancora, articolati in termini non consentiti in questa sede perché sollecitano valutazioni estranee al sindacato di legittimità, dove è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217);
rilevato che con il primo motivo la difesa deduce una serie di considerazioni attinenti la attendibilità della persona offesa e dei testi che, lungi dall’evidenziare dei profili di legittimità, ovvero vizi concernenti il percorso logico della valutazione operata dal giudice di merito, si risolvono invero nel prospettare alla Corte una diversa lettura ed una diversa ponderazione della loro portata, alla luce di criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, operazione all’evidenza estranea al sindacato di legittimità dove non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
ritenuto che, infatti, con il secondo motivo la difesa prospetta il vizio di violazione di legge denunziano la insussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice ma, lungi dal delineare un effettivo vizio di legittimità, contesta il giudizio di responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere al contrario tali elementi riscontrati nella ricostruzione della concreta vicenda processuale; ai fini della corretta deduzione del vizio di violazione di legge, invece, il motivo di ricorso deve essere articolato sotto il profilo della contestazione della riconducibilità del fatto –
come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, è, come accade sovente ed anche nel caso di specie, contestare o mettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale;
ritenuto che il terzo motivo è manifestamente infondato avendo la Corte d’appello correttamente osservato che, al di là del riferimento operato al comma primo dell’art. 628 cod. pen., il capo di imputazione descrive una condotta che certamente riconducibile al paradigma delineato dal secondo comma della predetta disposizione e che pertanto, nessuna lesione del diritto di difesa è nemmeno astrattamente prospettabile;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 9 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente