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Simulazione di reato: la Cassazione fa chiarezza

Un imprenditore viene condannato per simulazione di reato e calunnia dopo aver denunciato un finto furto di scarpe per frodare l’assicurazione e aver poi accusato ingiustamente un collega. La Cassazione chiarisce la distinzione tra i due reati e la validità delle indagini private pre-processuali. Nonostante l’appello sia in parte inammissibile, la Corte annulla la sentenza per intervenuta prescrizione del reato di calunnia.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Simulazione di Reato e Calunnia: la Cassazione traccia i confini

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25749/2025, offre importanti chiarimenti sulla differenza tra simulazione di reato e calunnia, e sulla validità delle indagini svolte da investigatori privati su incarico delle assicurazioni. Il caso riguarda un imprenditore che, per ottenere un indennizzo, aveva denunciato un furto mai avvenuto, arrivando ad accusare ingiustamente un’altra persona. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti: la denuncia di un finto furto

Un imprenditore del settore calzaturiero veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di simulazione di reato e calunnia. L’uomo aveva presentato due denunce contro ignoti per un presunto ingente furto di scarpe subito nei magazzini della sua azienda. L’obiettivo era ottenere il risarcimento dalla propria compagnia di assicurazione.

Successivamente, per avvalorare la sua storia, presentava una terza denuncia, questa volta accusando specificamente il titolare di un altro calzaturificio di ricettazione, sostenendo di aver visto parte della merce rubata esposta presso la sua attività. Questa accusa, rivelatasi infondata, aveva dato origine a un procedimento penale a carico della persona ingiustamente incolpata, poi archiviato.

Contro la condanna della Corte d’Appello, l’imprenditore proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali.

L’indagine privata dell’assicurazione è prova valida?

Il primo motivo di ricorso contestava l’utilizzabilità degli accertamenti svolti da un investigatore privato incaricato dalla compagnia di assicurazione. Secondo la difesa, tale attività, svolta prima dell’iscrizione della notizia di reato, avrebbe violato le norme sulle investigazioni difensive, interferendo con le indagini istituzionali.

La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo un punto fondamentale: l’attività di accertamento svolta da un’assicurazione per verificare la fondatezza di una richiesta di indennizzo non rientra nelle “investigazioni difensive preventive”. Si tratta, invece, di un approfondimento tecnico che si colloca all’interno del rapporto contrattuale tra assicurato e assicuratore. Tali indagini, avvenendo al di fuori e prima del perimetro processuale penale, non richiedono le garanzie tipiche del procedimento e i loro esiti sono pienamente utilizzabili come prova nel processo.

La complessa distinzione tra simulazione di reato e calunnia

Il secondo motivo di ricorso verteva sulla qualificazione giuridica dei fatti. La difesa sosteneva che le prime due denunce di furto contro ignoti (configuranti la simulazione di reato) avrebbero dovuto essere assorbite nel successivo e più grave reato di calunnia, commesso con la terza denuncia contro una persona determinata. Questo avrebbe avuto conseguenze sulla prescrizione.

La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile per carenza di interesse, ma ha comunque precisato la corretta interpretazione. La calunnia si configura solo quando la falsa accusa è diretta verso una persona reale e determinata (o facilmente determinabile). La simulazione di reato, invece, ricorre quando si denuncia falsamente un reato senza accusare nessuno in particolare. Nel caso di specie, le prime due denunce erano correttamente qualificate come simulazione di reato, mentre solo la terza, nominativa, integrava la calunnia. Non vi era quindi un assorbimento, ma due distinti reati.

Le motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha stabilito che gli elementi raccolti dall’investigatore privato dell’assicurazione erano legittimi, in quanto finalizzati a verificare un sinistro nell’ambito di un rapporto contrattuale, e non a svolgere un’indagine penale parallela. La Corte territoriale aveva correttamente utilizzato tali elementi, insieme a molti altri (come la mancanza di segni di effrazione, le incongruenze nelle denunce e la grave situazione debitoria dell’imputato), per fondare il proprio convincimento sulla falsità del furto.

Sul piano giuridico, la Corte ha ribadito la netta distinzione tra la simulazione di reato (art. 367 c.p.), che lede il corretto funzionamento della giustizia sviandola nella ricerca di un reato inesistente, e la calunnia (art. 368 c.p.), che, oltre a ciò, lede l’onore e la libertà personale di un innocente. Le due condotte, nel caso esaminato, erano autonome e non assorbibili.

Nonostante l’inammissibilità del motivo di ricorso, i giudici hanno rilevato d’ufficio che, nelle more del giudizio di legittimità, era maturato il termine di prescrizione per il reato di calunnia. In base a un consolidato principio delle Sezioni Unite, quando la prescrizione matura dopo la sentenza d’appello, questa prevale su una declaratoria di inammissibilità e impone l’annullamento della sentenza.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione. Questa pronuncia, pur concludendosi con un esito favorevole all’imputato per ragioni procedurali, fornisce due importanti insegnamenti. Primo, le indagini commissionate dalle assicurazioni per verificare i sinistri denunciati sono legittime e le loro risultanze possono costituire piena prova in un processo penale. Secondo, viene ribadita la distinzione concettuale e pratica tra la denuncia di un reato immaginario contro ignoti (simulazione) e la falsa accusa contro una persona specifica (calunnia), che costituiscono reati distinti e non sovrapponibili.

Gli accertamenti di un investigatore privato incaricato da un’assicurazione possono essere usati come prova in un processo penale?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che le indagini svolte da una compagnia assicuratrice, prima che inizi un procedimento penale, per verificare la fondatezza di una richiesta di risarcimento, sono legittime. Non sono considerate “investigazioni difensive” e i loro risultati sono pienamente utilizzabili ai fini della decisione giudiziaria.

Qual è la differenza tra il reato di simulazione di reato e quello di calunnia?
La simulazione di reato (art. 367 c.p.) si commette quando si denuncia un reato mai avvenuto, ma senza accusare una persona specifica (es. denuncia di furto contro ignoti). La calunnia (art. 368 c.p.), invece, è un reato più grave che si configura quando si incolpa di un reato una persona determinata, sapendola innocente.

Perché la sentenza è stata annullata nonostante il ricorso fosse in parte inammissibile?
La sentenza è stata annullata perché, nel tempo trascorso tra la decisione della Corte d’Appello e l’udienza in Cassazione, è maturato il termine di prescrizione per il reato di calunnia. Secondo un principio stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione, la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sull’eventuale inammissibilità del ricorso, portando all’annullamento della condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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