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Simulazione di reato: condanna per falso danno auto

La Corte di Cassazione conferma la condanna per simulazione di reato a un automobilista che aveva falsamente denunciato il danneggiamento della propria vettura. Secondo i giudici, per configurare il delitto è sufficiente che la falsa denuncia presenti un fatto astrattamente configurabile come reato e possa generare l’avvio di un’indagine, anche se poi questa non porta a nulla. Il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Simulazione di Reato: Anche un Danno all’Auto Può Costare una Condanna Penale

Denunciare un reato mai avvenuto può avere conseguenze molto serie. La recente sentenza della Corte di Cassazione analizza un caso emblematico di simulazione di reato, sorto da una falsa denuncia per il danneggiamento di un’autovettura, chiarendo quando una condotta simile superi il confine dell’illecito civile per entrare a pieno titolo nel diritto penale.

I Fatti di Causa

Un automobilista presentava una querela orale presso una stazione dei Carabinieri, denunciando che ignoti avevano ammaccato il cofano anteriore della sua auto mentre era parcheggiata sulla pubblica via. A supporto della sua versione, riferiva di aver visionato le immagini di un sistema di videosorveglianza di un esercizio commerciale vicino, dalle quali emergeva che un furgone, in retromarcia, aveva urtato il suo veicolo per poi allontanarsi senza fermarsi.

Le indagini successive, tuttavia, svelavano una realtà diversa: l’automobile era già danneggiata nel momento in cui l’uomo l’aveva parcheggiata. Di conseguenza, l’automobilista veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di cui all’art. 367 del codice penale, ovvero la simulazione di reato.

L’Analisi Giuridica della Simulazione di Reato

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione sostenendo che la sua condotta non integrasse gli estremi del delitto contestato. La tesi difensiva si basava su due punti principali:

1. Natura dell’illecito: La denuncia non riguardava un fatto di reato, ma un semplice illecito civile, ovvero la violazione colposa delle norme sulla circolazione stradale. Una condotta del genere, secondo la difesa, non era idonea a innescare un procedimento penale.
2. Mancanza dell’elemento soggettivo: L’imputato non avrebbe agito con la consapevolezza e la volontà di attivare il meccanismo dell’indagine penale su un fatto falso.

La Corte di Appello, tuttavia, aveva respinto tali argomentazioni, rilevando che i fatti descritti nella querela erano astrattamente riconducibili alla fattispecie penale di danneggiamento su cose esposte per necessità alla pubblica fede (art. 635, comma 2, c.p.).

Le Motivazioni della Cassazione sul Delitto di Simulazione di Reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e fornendo importanti chiarimenti sulla natura del delitto di simulazione di reato. I giudici supremi hanno ribadito che tale fattispecie è un reato di pericolo. Questo significa che per la sua configurabilità non è necessario che un procedimento penale venga effettivamente iniziato; è sufficiente che la falsa denuncia determini l’astratta possibilità che gli organi inquirenti svolgano un’attività di accertamento.

Il reato viene escluso solo in casi eccezionali, ovvero quando la denuncia è talmente inverosimile o palesemente infondata da suscitare l’immediata incredulità di chi la riceve, escludendo a priori qualsiasi potenziale sviluppo investigativo. Nel caso di specie, la denuncia era tutt’altro che inverosimile, tanto che i Carabinieri avevano effettivamente svolto delle indagini per verificare i fatti, giungendo poi a scoprire la falsità della dichiarazione.

La Corte ha sottolineato che il ricorso dell’imputato si limitava a proporre una rilettura dei fatti già correttamente valutati dai giudici di merito, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre una lezione chiara: la giustizia non deve essere sviata da false segnalazioni. Il delitto di simulazione di reato tutela il corretto funzionamento dell’amministrazione giudiziaria, sanzionando chiunque la impegni inutilmente con denunce mendaci. Anche un fatto apparentemente banale come un danno a un’auto, se denunciato falsamente in una maniera che possa configurare un’ipotesi di reato (come il danneggiamento aggravato), può portare a una condanna penale. La decisione della Cassazione ribadisce che la soglia per l’integrazione del reato è la semplice possibilità astratta di avvio delle indagini, un principio che serve a scoraggiare qualsiasi abuso dello strumento della denuncia.

Quando una falsa denuncia di danneggiamento integra la simulazione di reato?
Secondo la sentenza, una falsa denuncia di danneggiamento integra la simulazione di reato quando il fatto descritto è astrattamente configurabile come un reato (in questo caso, danneggiamento di bene esposto alla pubblica fede) e determina la concreta possibilità che le autorità inizino un’indagine per verificarlo.

Per commettere simulazione di reato è necessario che le indagini penali inizino effettivamente?
No. Il delitto di simulazione di reato è un reato di pericolo. Per la sua configurabilità è sufficiente che la falsa denuncia crei l’astratta possibilità di avviare un procedimento penale, indipendentemente dal fatto che questo venga poi effettivamente iniziato o meno.

Se la storia denunciata è poco credibile, si commette comunque il reato?
Il reato è escluso solo se la denuncia appare “prima facie” inverosimile, cioè talmente assurda o implausibile da suscitare l’immediata incredulità delle autorità e da escludere fin da subito qualsiasi attività di indagine. Se invece la storia, pur essendo falsa, è verosimile e richiede accertamenti, il reato sussiste.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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