Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29960 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29960 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Bangladesh il DATA_NASCITA
avverso la sentenza in data 26/09/2023 della Corte di Appello di Genova; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Genova, in esito a giudizio dibattimentale, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Imperia emessa in data 17/11/2022 che aveva condannato NOME COGNOME per i reati di tentata rapina impropria aggravata dall’uso di arma e di lesioni personali gravissime consistite nello sfregio permanente del viso,commessi il 25/07/2019, con irrogazione della pena di anni quattro di reclusione ed Euro 1500,00 di multa nonché di quella accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque ed anche della misura di sicurezza personale della espulsione dal territorio dello stato a pena espiata.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando quattro motivi.
2.1 Con un primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. E) cod. proc. pen., vizio della motivazione poiché solo apparente, comunque contradditoria, nonché disancorata dalle risultanze probatorie con riferimento alla mancata riqualificazione del reato di lesioni volontarie nella fattispecie di cui all’ar 590 cod. pen. per eccesso colposo in legittima difesa.
Si rileva che le dichiarazioni rese in dibattimento dalla persona offesa NOME sono state ritenute dalla Corte territoriale intrinsecamente credibili, nonostante le numerose discrasie e contraddizioni interne; che il collegio di secondo grado ha escluso in capo all’imputato la scriminante della legittima difesa poiché smentita dal testimone oculare NOME,i1 quale,tuttavia i aveva assistito solo alla parte finale della vicenda, consistita in una accesa discussione tra NOME NOME la persona offesa NOME per ragioni legate alla restituzione di un prestito non onorato da quest’ultima che aveva assunto un atteggiamento aggressivo, di qui la reazione dell’imputato a fini difensivi, seppure nella forma dell’eccesso colposo.
2.2. Con un secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. E) cod. proc. pen., vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei reati di rapina e lesioni personali.
La Corte territoriale si è limitata a riprodurre la decisione di primo grado in termini apodittici trascurando le censure difensive dedotte con il terzo motivo di appello ove si evidenziava: che la persona offesa NOME non è attendibile e, anche se la si volesse ritenere affidabile, in dibattimento aveva affermato che l’imputato aveva
semplicemente messo le mani nella tasca dove custodiva il suo portafoglio chiedendo soldi, così escludendo il compimento da parte dell’imputato di atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi del borsello; che COGNOME aveva inoltre affermato di essere stato colpito al volto con una bottiglia quando ormai erano decorsi alcuni minuti dalla richiesta di denaro e, subito dopo, di essere stato attinto da una minaccia verbale che, tuttavia, il teste oculare COGNOME aveva smentito dichiarando che immediatamente dopo il colpo l’imputato era scappato.
2.3. Con un terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. B) cod. proc. pen., l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla mancata esclusione della aggravante di cui all’art. 583, comma 2 n. 4 cod.pen. relativamente al delitto di lesioni personali.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto lo sfregio permanente del viso ancorchè la persona offesa TARGA_VEICOLO riportato, per effetto del colpo con la bottiglia, una lieve cicatrice, di fatto impercettibile anche in ragione del colore olivastro dell pelle quindi tale da non avere determinato alcuna alterazione sensibile della euritmia delle linee del viso ed eliminabile semplicemente con un intervento laser.
2.4. Con un quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. E) cod. proc. pen., l’omessa motivazione in punto di mancato riconoscimento, con riferimento al reato di tentata rapina, dell’attenuante di speciale tenuità prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen. che era stata invocata nell’atto di appello in considerazione delle esigue somme di denaro di cui l’imputato intendeva impossessarsi, come riferito dalla stessa persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorsi, da valutarsi congiuntamente, sono manifestamente infondati in quanto meramente reiterativi delle doglianze già dedotte in appello e volti a sollecitare in questa sede una rivisitazione di profil attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio, già vagliati ed affrontati con adeguata e logica motivazione dai giudici del merito.
1.1. Come è noto, per giurisprudenza pacifica di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa ripetizione di quelli già proposti nel giudizio di secondo grado e motivatamente disattesi, dovendo gli stessi considerarsi non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di impugnazione (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv. 244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708; Sez. 5, n. 25559 del 15/06/2012, COGNOME; Sez. 3, n. 44882 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260608; Sez. 2 )n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv.
276970; Sez. 2/n. 42046 del 17/07/2019, Doutartour Sami, Rv. 277710). In altri termini, a fronte di una sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata una critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta.
1.2. E’ altrettanto noto che,non rientra nei poteri del giudice di legittimit / quello di effettuare una rilettura degli elementi storico-fattuali posti a fondamento del motivato apprezzamento al riguardo svolto nell’impugnata decisione di merito, essendo il relativo sindacato circoscritto alla verifica dell’esistenza di un logic apparato argomentativo sui vari aspetti o segmenti del percorso motivazionale ivi tracciato (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 e successivamente Sez. 3, n. 35397 del 20/06/2007; Sez.2, n. 21644 del 13/02/2013, COGNOME ed altri, Rv.255542; Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
L’accertamento di fatto è riservato al giudice della cognizione, sicchè le censure di merito agli apprezzamenti singoli e complessi sul materiale probatorio costituiscono motivi diversi da quelli consentiti (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.). Inammissibili sono,pertanto 5 tutte le doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove e che evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti della attendibilità, della credibilità e dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015 COGNOME ed altri, Rv.262575; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965; Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623; Sez. 4 n. 10153 dell’11/02/2020, C., Rv.278609). Allorquando il giudice di merito ha espresso il proprio apprezzamento, la ricostruzione del fatto è definita e le sole censure possibili nel giudizio di legittimità sono quelle dei soli tre tassativi vizi ind dall’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., ciascuno dotato di peculiare oggetto e struttura ed è costante insegnamento di questa Corte che la deduzione alternativa di vizi, invece assolutamente differenti, è di per sé indice di genericità del motivo di ricorso e, in definitiva, “segno” della natura di merito della doglianza che ad essi solo strumentalmente tenta di agganciarsi.
1.3. Tanto premesso, nel caso di specie la motivazione della Corte d’appello non può essere definita “apparente” poiché essa ha dato conto delle censure e Miet deduzioni difensive in punto di giudizio di responsabilità e qualificazione giuridica dei fatti, le ha esaminate analiticamente e le ha disattese con specifiche argomentazioni, previo preciso richiamo a risultanze probatorie aderenti al
compendio processuale e non palesemente incongrue agli assunti che sono stati tratti; con tale apparato argomentativo lil ricorrente non si confronta e propone soltanto una diversa “lettura” degli elementi istruttori, ossia una operazione non consentita in sede di legittimità.
1.4 n giudice di secondo grado ha in primo luogo affrontato e vagliato il profilo della attendibilità della testimonianza resa dalla persona offesa NOME.
Più precisamente, ha dato conto della assenza di costituzione di parte civile, ha analizzato (pag. 5 e 6 della sentenza) i contenuti intrinseci di tale portato dichiarativo (che ha ritenuto chiaro e non contradditorio rispetto al nucleo essenziale del fatto) attribuendo plausibile e logica giustificazione alle aporie evidenziate dal difensore nell’atto di appello (segnatamente, sul perché non aveva riferito in pronto soccorso della patita aggressione, sulla ragione per la quale in dibattimento aveva escluso di avere prospettato ai medici una mera caduta dalla bicicletta e sul motivo per cui aveva parlato della presenza sul luogo del fatto di più persone, senza tuttavia ricordarne il numero).
La Corte territoriale ha, altresì, evidenziato che la testimonianza della persona offesa trovava precise conferme esterne in relazione alla fase della riferita aggressione fisica ad opera dell’imputato, rappresentate dal referto medico redatto dai sanitari del pronto soccorso attestante una ferita al volto con apposizione di punti di sutura e dalla deposizione del testimone oculare NOME che aveva direttamente osservato l’imputato colpire al viso NOME con una bottiglia.
La presenza di riscontri rispetto ad una fase particolarmente significativa della vicenda fattuale, ha osservato ulteriormente il Collegio, consentiva di ritenere attendibile anche quel segmento del racconto della persona offesa – ancorchè non supportato da elementi di conferma esterna – relativo alla condotta con la quale l’imputato, dopo avere chiesto soldi, le aveva infilato la mano nella tasca mettendola sopra il portafoglio, senza tuttavia riuscire ad impadronirsene.
La sentenza impugnata, lungi dal riprodurre in termini apodittici la motivazione aspesa dal giudice di primo grado, ha dunque condotto un autonomo accurato vaglio dell’intera testimonianza offerta dalla persona offesa, senza incorrere in alcuna manifesta contraddizione ed anzi applicando correttamente il principio ampiamente consolidato di questa Corte secondo cui, in tema di valutazione della prova testimoniale, le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e della attendibilità intrinseca del suo racconto, non essendo richiesta la presenza di riscontri che si reputano opportuni ma, tuttavia, non necessari solo nel caso in cui la persona si sia costituita parte civile e che, in ogni caso, non debbono assistere
ogni segmento della narrazione in quanto la loro funzione è quella di asseverare la credibilità soggettiva, così come non debbono riguardare ogni aspetto oggettivo e soggettivo della vicenda ma piuttosto apparire idonei a sorreggere la ragionevole convinzione che il dichiarante non abbia mentito (Sez. U,n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE Rv. 253214; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, COGNOME, Rv.265104; Sez. 5,n. 21135 del 26/03/2019, Rv. 275312).
1.5. La Corte territoriale ha affrontato compiutamente anche i temi sollevati dalla difesa nell’atto di appello relativi alla qualificazione dei fatti in tentata rap impropria sotto il profilo della idoneità e inequivocità degli atti e alla invoca derubricazione dell’addebito di lesioni volontarie nell’ipotesi di cui all’art. 590 cod pen. per eccesso colposo di legittima difesa (pagina 6 della motivazione).
Quanto al primo aspetto, ha ritenuto integrato il tentativo in quanto la condotta dell’imputato era consistita nell’infilare la propria mano nella tasca della persona offesa mettendola sopra il portafoglio senza riuscire ad estrarlo, con successiva minaccia di morte in caso di denuncia e grave aggressione fisica (quest’ultima direttamente osservata da un testimone oculare), entrambe compiute in sequenza pochissimi minuti dopo,a cui era seguita una precipitosa fuga.
Il fatto – così come ricostruito dalla Corte territoriale – è stato correttament sussunto nell’alveo del tentativo di rapina impropria, conclusione che si integra con le argomentazioni spese dal giudice di primo grado laddove ha evidenziato che il gesto di riporre le mani nella tasca ove la persona offesa custodiva il proprio portafoglio costituiva atto idoneo ad impossessarsi di tale bene; che l’univoca direzione di tale condotta era ricavabile dalla appena precedente espressa richiesta di denaro alla quale la vittima aveva opposto chiaro rifiuto; che l’uso della violenza e poi della minaccia si atteggiavano in strettissima connessione temporale con l’avere riposto le mani nella tasca (così da realizzare una azione unitaria) ed erano state impiegate per guadagnarsi l’impunità.
L’esame congiunto delle argomentazioni svolte dai giudici di merito consentono, quindi 3 di escludere il lamentato vizio di motivazione in merito alla configurazione della fattispecie di tentata rapina impropria dovendosi al riguardo ricordare che, allorquando ci si trovi di fronte ad una “doppia conforme” affermazione di responsabilità, la giurisprudenza pacifica di questa Corte è nel senso che la sentenza appellata e la pronuncia del giudice di secondo grado, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrino vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. 1, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 197250; Sez. 3, n.4700 del 14/02/1994, COGNOME, Rv. 197497; Sez. 2, n. 5112 del
02/03/1994, COGNOME, Rv. 198487; Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145 1:1251~4 9 4. rinrinr-lenitie> )
Anche con riferimento alla derubricazione dell’addebito di lesioni volontarie nell’ipotesi di cui all’art. 590 cod. pen. per eccesso colposo di legittima difesa, come invocato nell’atto di appello, la Corte territoriale ha autonomamente e compiutamente argomentato osservando che y la tesi dell’avere agito per legittima difesa era mera e” nuda” allegazione del difensore, neppure offerta dall’imputato il quale mai aveva propria versione dei fatti e, addirittura, non si era presentato all’udienza dibattimentale fissata per il suo esame; ad ogni buon conto y essa era smentita dal racconto del testimone oculare NOME che quella sera aveva transitato a piedi sul luogo del fatto ed aveva visto dapprima un litigio tra i due e poi la condotta dell’imputato che colpiva NOME con una bottiglia in faccia, senza quindi apprezzare alcuna preliminare azione aggressiva di NOME.
Trattasi di motivazione congrua con la quale è stata fatta puntuale applicazione del consolidato orientamento di legittimità in tema di cause di giustificazione secondo cui, la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all’applicazione di un’esimente, non accompagnata dall’allegazione di precisi elementi idonei ad orientare l’accertamento del giudice, non può legittimare la pronuncia assolutoria ex art. 530 cpv. cod. proc. pen.; incombe, invero, sull’imputato, che deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di un’esimente, l’onere di fornire le indicazioni e gli element necessari all’accertamento dei fatti che siano in astratto idonei a configurare la causa di giustificazione indicata (cfr. s Sez. 6, n. 15484 del 12/02/2004, COGNOME, Rv. 229446; Sez. 6, n. 28115 del 05/07/2012, COGNOME e altri, Rv. 253036p1; Sez. 6 n. 45065 del 02/07/2014 , COGNOME, Rv. N. 260839; Sez. 1 n. 12619 del 24/01/2019, COGNOME, Rv. 2761173-02; Sez. 5 n. 22040 , L1el 21/02/2020, COGNOME, Rv. 279356; Sez. 2 n. 35024 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280304).
E’ manifestamente infondato anche il terzo motivo di ricorso con cui si deduce l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla mancata esclusione da parte del giudice di appello della aggravante di cui all’art. 583, comma 2 n. 4, cod. pen. relativamente al delitto di lesioni personali.
2.1. Il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte è nel senso che integra lo sfregio permanente del viso qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d’ilarità, anche se non di ripugnanza, secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità (Sez. 5, n. 26155 del 21/04/2010, COGNOME, Rv. 247892; Sez. 5 n. 32984 del 16/06/2014, COGNOME, Rv. 261653; Sez. 5 n. 27564 del 21/09/2020, COGNOME, Rv. 279471). Né, a tal fine, rileva la possibilità di eliminazione
o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale (Sez. 5, n. 26155 del 21/04/2010, COGNOME, Rv. 247892; Sez. 5 n. 23692 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 281319).
2.2. Si tratta di un giudizio non sindacabile in sede di legittimità laddove sia sorretto da motivazione che non manifesti evidente illogicità o contradditorietà; la valutazione circa la sussistenza dell’aggravante dello sfregio permanente compete , infatti al giudice di merito proprio perché non richiede speciali competenze tecniche essendo ancorato al punto di vista di un osservatore comune (Sez. 5, n. 22685 del 02/03/2017, Calcagno, Rv. 270137).
2.3. Tanto premesso, nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto puntuale applicazione della nozione di sfregio permanente come elaborata dalla giurisprudenza sopra richiamata, valorizzando espressamente in motivazione l’apprezzamento visivo diretto ad opera del giudice di primo grado attestato nel verbale di udienza ove veniva dato atto della presenza in capo alla persona offesa di una “vistosa cicatrice, visibile ad una certa distanza al di sotto dell’occhio sinistro e, dunque, in pieno volto”, così da alterare le euritmie del viso, confermato dai due certificati medici in atti attestanti la profondità della ferita che aveva res necessari sette punti di sutura e la possibilità di eliminazione solo con un intervento di chirurgia plastica.
E’ invece fondato il quarto motivo di ricorso.
3.1. La difesa con l’atto di appello (pag. 17) aveva lamentato la mancata concessione della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. da parte del giudice di primo grado che invece avrebbe dovuto riconoscerla in quanto dalla stessa prospettazione della persona offesa emergeva come l’imputato, appena prima della tentata rapina, aveva avanzato la pretesa di solo 50 euro e cioè di una somma obiettivamente esigua.
3.2. Effettivamente la Corte territoriale ha totalmente omesso di pronunciarsi al riguardo, non potendosi neppure evincere dal corpo della motivazione che la doglianza difensiva sia stata implicitamente disattesa.
3.3. La sentenza impugnata va ? dunque, annullata limitatamente alla valutazione della ricorrenza dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen in relazione al reato di tentata rapina aggravata.
Alla inammissibilità degli ulteriori motivi di ricorso consegue la irrevocabilità della affermazione di responsabilità
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione della ricorrenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen. in relazione al reato di tentata
rapina aggravata con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione del Corte di appello di Genova.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso ed irrevocabile l’affermazion responsabilità.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 19.06.2024.