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Sequestro Superbonus: legittimo per falsa attestazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un professionista contro un sequestro Superbonus di 464.000 euro. La sentenza stabilisce che attestare falsamente il 30% dei lavori, anche a fronte del solo acquisto di materiali, costituisce ‘fumus boni iuris’ per il reato di truffa aggravata. La Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo, sottolineando che l’effettiva esecuzione delle opere è condizione imprescindibile per la maturazione del credito d’imposta.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Superbonus: La Cassazione Conferma la Linea Dura sulla Falsa Attestazione dei Lavori

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso emblematico di sequestro Superbonus, delineando i confini della responsabilità penale per i professionisti che attestano lo stato di avanzamento dei lavori (SAL). La decisione conferma la legittimità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca quando emerge il sospetto di una truffa aggravata ai danni dello Stato, basata su una certificazione non veritiera. Questo provvedimento offre importanti spunti di riflessione sulle cautele necessarie nella gestione dei bonus edilizi.

I Fatti di Causa: Una Presunta Truffa da 464.000 Euro

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale nei confronti di un architetto e di un altro soggetto. Il sequestro, per un valore di 464.000 euro, era finalizzato alla confisca futura, in quanto il GIP riteneva configurabile il reato di truffa aggravata. Secondo l’accusa, il professionista aveva falsamente attestato il raggiungimento del primo stato di avanzamento lavori (pari al 30% dell’opera) per un intervento di riqualificazione immobiliare. Tale attestazione, secondo gli inquirenti, era finalizzata a ottenere indebitamente i crediti d’imposta previsti dal Superbonus, nonostante i lavori non fossero stati effettivamente eseguiti in quella misura.

Il Tribunale del riesame aveva confermato il provvedimento, respingendo l’istanza del professionista. Contro questa decisione, l’architetto ha proposto ricorso in Cassazione.

Il Ricorso in Cassazione e le Doglianze del Professionista

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomentazioni principali:

1. Insussistenza del fumus boni iuris: Secondo la difesa, il Tribunale aveva valutato gli indizi in modo superficiale e acritico, senza considerare la fase preparatoria ai lavori. Si sosteneva, inoltre, che la normativa avrebbe consentito di emettere fatture e di asseverare il SAL sulla base del solo acquisto dei materiali, anche senza la loro posa in opera.
2. Carenza di motivazione sul periculum in mora: Il professionista lamentava che l’ordinanza impugnata non spiegava le ragioni di urgenza che rendevano necessario anticipare gli effetti della confisca attraverso il sequestro.

Sequestro Superbonus: Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito diversi punti fondamentali. In primo luogo, hanno ricordato che il ricorso in Cassazione in materia di misure cautelari reali, come il sequestro, è consentito solo per violazione di legge e non per vizi di motivazione.

Nel merito, la Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale del riesame era tutt’altro che carente. Dall’analisi della documentazione e delle querele, emergeva chiaramente il fumus boni iuris del reato di truffa aggravata. L’attestazione del 30% dei lavori non era stata seguita dall’effettiva realizzazione, neppure parziale, delle opere. La Corte ha smontato la tesi difensiva, sottolineando che l’esecuzione dei lavori e la corrispondente asseverazione sono condizioni imprescindibili per la maturazione dei crediti d’imposta. La normativa non consente di ottenere i benefici fiscali sulla base del solo acquisto di materiali o in un regime di mera anticipazione finanziaria. L’asseverazione falsa del SAL, pertanto, rappresenta un atto fraudolento finalizzato a ottenere un ingiusto profitto.

Per quanto riguarda la doglianza sul periculum in mora, la Corte ha rilevato una lacuna processuale decisiva: il ricorrente, in sede di riesame, aveva concentrato le sue difese esclusivamente sull’insussistenza del fumus, senza sollevare alcuna censura sulla mancanza di motivazione riguardo al pericolo. Di conseguenza, non poteva lamentare tale omissione per la prima volta in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio cruciale per tutti i professionisti e le imprese che operano nel settore dei bonus edilizi: l’asseverazione dello stato di avanzamento lavori deve corrispondere alla realtà fattuale del cantiere. La certificazione non è una mera formalità, ma un atto che impegna la responsabilità, anche penale, del tecnico. La decisione della Cassazione rafforza la linea dura della giurisprudenza in materia di sequestro Superbonus, confermando che la presenza di un’attestazione falsa è un indizio grave, preciso e concordante sufficiente a giustificare l’adozione di misure cautelari reali per tutelare le casse dello Stato. Per i professionisti, ciò significa la necessità di un rigore assoluto nel certificare solo ed esclusivamente lavori effettivamente eseguiti, per non incorrere in conseguenze penali e patrimoniali gravissime.

È sufficiente acquistare i materiali per poter attestare uno Stato di Avanzamento Lavori (SAL) e ottenere i crediti del Superbonus?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la normativa richiede l’effettiva esecuzione dei lavori. L’asseverazione del SAL sulla base del solo acquisto di materiali, senza la loro posa in opera, è considerata una condotta fraudolenta.

Una falsa attestazione di un professionista può giustificare un sequestro preventivo per truffa aggravata legata al Superbonus?
Sì. Secondo la sentenza, l’asseverazione falsa dell’esecuzione dei lavori costituisce il ‘fumus boni iuris’ (la parvenza di reato) di truffa aggravata, rendendo legittimo il sequestro preventivo dei beni fino al valore del presunto profitto illecito.

Se un punto non viene contestato nel giudizio di riesame, può essere sollevato per la prima volta in Cassazione?
No. La Corte ha stabilito che l’imputato non può lamentare in Cassazione la mancanza di motivazione su un aspetto (in questo caso, il ‘periculum in mora’) se non ha sollevato una specifica obiezione su quel punto durante il precedente grado di giudizio, ovvero l’udienza di riesame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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