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Sequestro Superbonus: i costi di gestione esclusi

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro preventivo legato al Superbonus 110%. Un consorzio è stato accusato di aver gonfiato le fatture con costi di gestione non ammissibili, ottenendo così crediti d’imposta indebiti. La Corte ha stabilito che il sequestro Superbonus è legittimo poiché il credito fiscale è equiparabile a un’erogazione pubblica e i costi di gestione, privi di un nesso funzionale diretto con i lavori, non sono detraibili.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Superbonus: perché i costi di gestione non sono detraibili

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8389/2025, ha affrontato un caso cruciale in materia di sequestro Superbonus, stabilendo principi importanti sulla natura dei crediti d’imposta e sulle spese ammissibili. La decisione conferma la linea dura contro le operazioni fraudolente, chiarendo che i costi generali di gestione di un consorzio non possono essere inclusi nelle spese che danno diritto al beneficio fiscale del 110%. Approfondiamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Il Meccanismo Contestato

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Pesaro nei confronti del legale rappresentante di un consorzio edile e del consorzio stesso. L’importo sequestrato, pari a oltre 1,4 milioni di euro, era considerato il profitto del reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.).

Secondo l’accusa, il consorzio operava con un modus operandi specifico: stipulava contratti di appalto con committenti privati per lavori di ristrutturazione ammessi al Superbonus, per poi subappaltare l’esecuzione materiale delle opere alle proprie ditte consorziate. Il punto nodale era la differenza tra l’importo fatturato ai committenti privati e quello, inferiore, fatturato al consorzio dalle imprese esecutrici. Questa differenza, che il consorzio giustificava come “costi di gestione e spese di funzionamento dell’organizzazione”, è stata ritenuta dall’accusa un’indebita maggiorazione finalizzata a generare un credito d’imposta superiore al dovuto.

L’Appello alla Corte di Cassazione

L’indagato, tramite i suoi legali, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo diversi punti:
1. Insussistenza del reato: I lavori erano stati effettivamente realizzati, i prezzi erano congrui e le asseverazioni tecniche presenti. I costi aggiuntivi rappresentavano legittime spese di gestione del consorzio, che operava come un vero e proprio appaltatore.
2. Mancanza di dolo: La normativa sul Superbonus era incerta e complessa, e solo interventi successivi dell’Agenzia delle Entrate e del legislatore avevano chiarito quali spese fossero ammissibili.
3. Inesistenza del periculum in mora: Non vi era un reale pericolo di dispersione del patrimonio, dato che l’indagato non aveva compiuto atti volti a nascondere i propri beni.

Le Motivazioni della Decisione sul sequestro Superbonus

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la validità del sequestro Superbonus. Le motivazioni della Corte sono state chiare e articolate su più fronti.

La Natura Giuridica del Superbonus

Innanzitutto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: anche un credito fiscale, come il Superbonus, rientra nella nozione di “erogazione” pubblica prevista dall’art. 316-ter del codice penale. Sebbene non si tratti di un trasferimento diretto di denaro, rappresenta un vantaggio economico per il beneficiario che grava sulla collettività, configurando quindi un’erogazione tutelata dalla norma penale.

L’Esclusione dei Costi di Gestione

Il punto centrale della sentenza riguarda la non ammissibilità dei costi di gestione del consorzio. La Corte ha spiegato che la normativa del Superbonus (art. 119 D.L. 34/2020) richiede un “nesso di stretta funzionalità” tra le spese sostenute e gli interventi realizzati. I costi di gestione e funzionamento dell’organizzazione consortile sono stati ritenuti privi di questo collegamento diretto con le opere edili eseguite dalle società subappaltatrici. In altre parole, non sono costi per “fare i lavori”, ma costi per “far funzionare l’azienda”, e come tali non possono essere inclusi nel calcolo del beneficio fiscale. Inoltre, tali costi non erano nemmeno “documentati” in modo verificabile, essendo determinati liberamente dal consorzio stesso.

La Sussistenza del Dolo

Per quanto riguarda l’elemento psicologico, la Cassazione ha ritenuto che, in fase cautelare, è sufficiente che non vi siano elementi per escludere a priori il dolo. Nel caso di specie, i giudici hanno dato rilevanza alla “finalità fraudolenta” dell’intera operazione, evidenziata dal fatto che nei contratti di subappalto non si faceva menzione dei prezzi, ben più alti, applicati ai clienti finali. L’argomento dell’incertezza normativa è stato respinto, sottolineando che un operatore professionale ha il dovere di informarsi e di agire con la massima diligenza, non potendo invocare a propria discolpa una generica complessità delle regole.

La Valutazione del Periculum in Mora

Infine, la Corte ha confermato la corretta valutazione del pericolo di dispersione dei beni. Tale rischio può essere desunto non solo da atti di spoliazione del patrimonio, ma anche da elementi oggettivi (l’entità del credito) e soggettivi. Nel caso specifico, è stata valorizzata la condotta dell’indagato che, dopo essere venuto a conoscenza del procedimento a suo carico, aveva investito le proprie risorse in beni non compatibili con la sua situazione economica, manifestando una propensione a sottrarre le finanze a un’eventuale confisca.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale molto rigoroso in tema di sequestro Superbonus. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:
1. Definizione rigida delle spese ammissibili: Solo i costi direttamente e strettamente funzionali all’esecuzione dei lavori edili possono essere portati in detrazione. I costi generali di struttura, gestione e amministrazione di un’impresa o di un consorzio sono esclusi, anche se operano come general contractor.
2. Responsabilità dell’operatore professionale: Non è possibile giustificare condotte illecite appellandosi all’incertezza della normativa. Gli operatori del settore hanno un preciso dovere di informazione e diligenza per garantire la corretta applicazione delle norme fiscali.

La decisione rappresenta quindi un monito per tutte le imprese che operano nel settore dei bonus edilizi: la massima trasparenza e il rigoroso rispetto dei requisiti di legge sono indispensabili per evitare di incorrere in gravi conseguenze penali e patrimoniali.

Un credito d’imposta come il Superbonus può essere considerato un’erogazione pubblica ai fini del reato di cui all’art. 316-ter c.p.?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche i vantaggi fiscali come il Superbonus rientrano nella nozione ampia di “erogazioni” dello Stato, in quanto costituiscono un vantaggio economico per il privato posto a carico della collettività e quindi meritevole di tutela penale.

I costi di gestione e funzionamento di un consorzio sono detraibili nell’ambito del Superbonus?
No. La sentenza chiarisce che tali costi non sono detraibili perché mancano di un nesso di stretta funzionalità con gli interventi edili concretamente realizzati. Le spese agevolabili devono essere direttamente collegate all’esecuzione delle opere e non alla gestione generale dell’impresa.

L’incertezza interpretativa di una norma fiscale può escludere il dolo in un operatore professionale?
Di norma, no. La Corte ha specificato che l’errore su una legge extra-penale non è scusabile per un operatore professionale, il quale ha il dovere di informarsi adeguatamente, richiedere chiarimenti alle autorità competenti e ricorrere a esperti per assicurarsi della corretta interpretazione della normativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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