Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14850 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14850 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani nel procedimento nei confronti di COGNOME nato a Barletta il 2/10/1983
avverso l’ordinanza del 30/10/2024 del Tribunale di Trani visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Trani ha parzialmente riformato il decreto emesso in data 30 agosto 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, ordinando il dissequestro parziale delle somme depositate sul conto Poste pay intestato a COGNOME nella misura eccedente il quinto del saldo oggetto del sequestro.
In particolare, con il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari è stato disposto il sequestro preventivo nei confronti di COGNOME per il reato di
cui all’art. 316-ter cod. pen., finalizzato alla confisca per equivalente, fino al concorrenza del maggiore importo di euro 52.498.149,00.
Al COGNOME è stato contestato il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen., per avere con falsa documentazione conseguito dei crediti di imposta di importo corrispondente, poi ceduti a terzi in applicazione delle normative dei cc.dd. bonus edilizi relativi a lavori che si assume non essere stati mai eseguiti.
In sede di esecuzione il sequestro è stato operato sul saldo contabile del conto Poste Pay pari ad euro 1.423,20 intestato al Penza sul quale sono confluiti i suoi redditi da lavoro.
Il Tribunale in sede di riesame ha accolto la richiesta di NOME COGNOME di limitare il sequestro preventivo entro il limite previsto dall’art. 545 cod. proc. ci in tema di pignoramento dei crediti relativi ai redditi da lavoro dipendente, ordinando il dissequestro dell’importo superiore al limite del quinto pignorabile secondo le disposizioni del codice di procedura civile applicabili anche al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso il Pubblico Ministero denunciando violazione di legge in relazione all’art. 321 cod. proc. pen. e 545 cod.proc.civ. per avere il Tribunale equiparato il sequestro del credito da lavoro non ancora riscosso al sequestro delle somme confluite su un conto corrente bancario.
In particolare, adduce il ricorrente che l’art. 545 cod. proc. civ., al sest comma, aggiunto dal d.l. 27 giugno 2015 n. 83, conv. dalla I. 6 agosto 2015, n.132, stabilisce che per i crediti da lavoro dipendente già riscossi prima del pignoramento si applica il limite che fa riferimento alla pignorabilità per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, mentre per i redditi accreditati sul conto alla data del pignoramento o successivamente le somme possono essere pignorate nei limiti previsti dalle altre disposizioni di cui al terzo, quarto e quinto e sett comma dell’art. 545 cod.proc.civ. e, quindi, per quello che qui interessa, nel limite del quinto previsto dal quarto comma.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per genericità della richiesta rispetto alla violazione di legge dedotta, non essendo stati specificati gli effetti che il ricorrente intende conseguire attraverso l’applicazione del comma sesto dell’art. 545 cod. proc. civ. ed in particolare del diverso parametro invocato che fa riferimento all’importo eccedente il triplo della pensione sociale.
Innanzitutto, va rilevato che il profilo che viene qui in discussione attiene non alla legittimità del provvedimento di sequestro ma alla sua esecuzione che come è noto non rientra tra i temi deducibili attraverso il riesame cautelare atteso
che i provvedimenti riguardanti le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono né appellabili né ricorribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 8283 del 24/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280604).
È anche pacifico che i limiti di impignorabilità delle somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 cod. proc. civ., si applicano anche alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato (Sez. U, n. 26252 del 24/02/2022, Cinaglia, Rv. 283245).
4. Nel caso di specie il provvedimento emesso in sede di riesame ha determinato una limitazione del sequestro operato sul conto corrente postale intestato al ricorrente secondo un parametro che risulta in concreto meno restrittivo di quello invocato dal Pubblico Ministero, che, ove applicabile, determinerebbe il dissequestro anche dell’importo limitato ad un quinto del saldo attivo (pari a circa 1400,00 euro), atteso che tale importo risulta comunque inferiore al triplo della pensione sociale, calcolato per l’anno 2024 rispetto all’importo di euro 534,41 dell’assegno sociale rivalutato secondo gli indici Istat.
Infatti, in base alla richiamata disposizione del comma sesto dell’art. 545 cod. proc. civ. – applicabile anche al sequestro in sede penale (cfr. Sez. 3 n. 14606 del 14/03/2019 , COGNOME, Rv. 275386) – nel caso in cui il pignoramento investa non il credito dello stipendio ma le somme già confluite su conto bancario o postale intestato al debitore, occorre effettivamente fare riferimento non più al limite di un quinto, ma se l’accredito sul conto corrente è avvenuto in data precedente al pignoramento, questo può essere eseguito soltanto per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, che per l’anno 2024 è di 1.603,23 euro.
Invero, l’art. 545, sesto comma, cod. proc. civ. – introdotto dall’art. 13, comma 1, lett. I), di. 27 giugno 2015, n. 83, conv., con modif., dalla I. 6 agosto 2015, n. 132 – stabilisce che «le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti
dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge».
5. Tuttavia, il ricorso si limita ad invocare un diverso criterio di esecuzione del sequestro del conto postale sul quale sono confluiti i redditi da lavoro
dipendente dell’indagato, senza distinguere tra somme accreditate prima della data del sequestro rispetto a quelle che potrebbero essere accreditate
successivamente sul medesimo conto, considerato che solo per le somme già
versate, pur non applicandosi il limite del quinto, essendo il loro importo inferiore al triplo della pensione sociale le stesse non sarebbero suscettibili di alcun
sequestro.
Correlativamente deve rilevarsi che il limite di un quinto del reddito mensile sarebbe in astratto valido per le entrate che dovessero confluire sul conto
successivamente all’esecuzione del sequestro, con conseguente validità del provvedimento impugnato rispetto agli accrediti stipendiali che seguiranno
all’esecuzione del sequestro.
Con riferimento, invece, al sequestro degli accrediti anteriori alla data di notificazione del vincolo giudiziario, il Pubblico Ministero ricorrente non ha neppure specificato se abbia inteso richiederne l’integrale dissequestro in favore dell’indagato o al contrario reclamarne il sequestro per un importo eccedente quello pari ad 1/5 di 1.292,44.
Poichè, a norma dell’art. 581, lett. c), cod. proc. pen., i motivi d impugnazione debbono contenere l’indicazione specifica delle richieste in rapporto alle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che le sorreggono, l’omessa specificazione delle richieste non consente di vagliare la fondatezza del ricorso rispetto al dissequestro per l’importo non eccedente il triplo della pensione sociale, atteso che non risulta che questo sia stato l’oggetto della richiesta, ferma restando la sicura riconducibilità al reddito da lavoro della intera somma accreditata sul conto il giorno prima del sequestro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 31 gennaio 2025
Il Prèsi ente