Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19689 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19689 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Zhejiang, Cina, il 14/02/1981, quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE
Avverso l’ordinanza del 04/09/2024 del Tribunale della Libertà di Macerata; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
lette la memoria e le conclusioni rassegnate dall’avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento del ricorso;
Con ordinanza del 4 settembre 2024 il Tribunale della Libertà di Macerata ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME in qualità di legale rappresentante pro-tempore della società RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di sequestro preventivo -emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Macerata in data 11 luglio 2024 nel procedimento a carico di NOME COGNOME indagata, nella qualità di rappresentante legale della società RAGIONE_SOCIALE, del reato di cui all’art. 5 d.lgs. 7 ,4/2000 per le annualità 2021 e 2022finalizzato alla confisca del profitto del reato per cui si procede, di somme di denaro o di beni con esse acquistati nella dispoffibilità della società RAGIONE_SOCIALE e dell società RAGIONE_SOCIALE per l’importo di euro 4.279.795,48 o, in subordine, per equivalente, di beni mobili/immobili o somme di denaro nella disponibilità di NOME COGNOME sino alla concorrenza di detto importo.
In ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per cassazione per l’annullamento dell’ordinanza impug nata.
2.1. Col primo motivo la difesa !lamenta violazione di legge, processuale, in relazione agli artt. 321, con riferimento all’art. 125, comma 3, 324, comma 7, in relazione all’art. 309, comma 9, cod proc pen, e carenza di motivazione dell’ordinanza emessa dal Tribt male di Macerata.
Il Tribunale non avrebbe motivato in alcun modo in relazione al primo motivo sottoposto alla sua attenzione con l’istanza di riesame, relativo alla censura mossa al c;?creto di sequestro preventivo per mancanza di autonoma valutazione da parte del giudice per le indagini preliminari che -secondo prospettazione difensiva- si era limitato a recepire acriticamente le istanze avanzate dal pubblico ministero in ordine alla commistione nell’attività della RAGIONE_SOCIALE di persone legate alla RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale del riesame avrebbe dovuto annullare il decreto impugnato; in ogni caso non ha motivato in ordine alla espressa censura al proposito sottoposta al suo esame.
2.2. Col secondo motivo la difesa lamenta violazione e erronea applicazione della legge processuale penale, in relazione agli artt. 321 e 125, comma 3, cod proc pen., e correlata carenza e illogicità della motivazione, in quanto resa asseritamenteper relationem alla richiesta del pubblico ministero a sua volta mera riproduzione della comunicazione della notizia di reato. Nel provvedimento si farebbe riferimento a riscontri richiesti a clienti e fornitori, ma agli att fascicolo vi sarebbero i questionari redatti da due soli fornitori; la motivazione circa l’utilizzo dei locali sarebbe apparente, e frutto di errore nella ricostruzione dei fat anche con riferimento alla identificazione di NOME COGNOME; circostanze, tutte, che
dimostrerebbero come il tribunale non si sia confrontato con le emergenze probatorie e la documentazione prodotta dalla difesa.
2.3. Col terzo motivo la difesa lamenta violazione ed erronea applicazione della legge processuale penale, in relazione agli artt. 321 e 125, comma 3, cod. proc. pen., e correlato vizio di motivazione, asseritamente carente ed illogica, in relazione al ritenuto collegamento tra le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Assunto sconfessato -secondo prospettazione difensiva- anche dalla produzione documentale in ordine alla quale il collegio avrebbe omesso di prender posizione (allegati nn. 5, 6, 7 , 8 e 9 alla memoria presentata alla attenzione del Tribunale all’udienza del 4 settembre 2024), produzione che, invece, dimostrerebbe l’assoluta carenza di collegamento tra le due società, e l’oggettiva inesistenza di qualsiasi vantaggio economico/risparmio di spesa derivato alla RAGIONE_SOCIALE dalla condotta illecita contestata.
Ove la motivazione non dovesse intendersi mancante -assume la difesa- la stessa, sarebbe, comunque contraddittoria, poiché fa riferimento, da un lato, alla circostanza per cui si versi in ipotesi di confisca diretta e all’ipotesi per cui al RAGIONE_SOCIALE sarebbe derivato un profitto, dall’altro non motiva in relazione alla concretezza del profitto derivato, ignorando la documentazione difensiva attestante, in tesi, l’assenza dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto si tratta di doglianza del tutto generica che non consente alla Corte di vagliare l’assenza di autonoma motivazione nel provvedimento genetico.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. Un. N. 8825 del 27/10/2016, dep 2017, COGNOME, Rv. 268822-01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile,
come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094).
Ricorrono, nella specie, entrambi i profili di inammissibilità.
1.1. Già generici erano, peraltro, i motivi di riesame, sicché il motivo odierno, nella parte in cui contesta la mancata motivazione in ordine alle censure rappresentate in quella sede, è, anche per tale ulteriore motivo, inammissibile, non risultando, neppure, impugnato il provvedimento relativamente alla sintesi dei motivi di gravame nel merito.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca una violazione di legge verificatasi nel giudizio di primo grado, se non si procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata, che non menzioni la medesima violazione come doglianza già proposta in sede di appello, in quanto, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (v., ex multis, Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627 – 01).
1.2. In realtà, comunque, non è predicabile la denunciata mancata autonoma valutazione delle ragioni per cui è stato eseguito il sequestro a carico dell’ente terzo, in quanto tale motivazione risulta chiara nel provvedimento impugnato, che argomenta, con motivazione esente da vizi logici e non censurabile in questa sede cautelare, che i beni aggrediti siano da riferirsi al medesimo soggetto giuridico.
Ha indicato infatti il Tribunale della Libertà la convergente mole di elementi indiziari tali da far ritenere che vi sia continuità aziendale tra l’ente gravato d accertamento tributario di imposta evasa per omessa dichiarazione e la società RAGIONE_SOCIALE così da configurare quest’ultima come società ‘schermo’ utilizzata per impedire che fossero aggrediti i beni dell’ente che aveva evaso i tributi e assicurare la continuità aziendale; continuità aziendale espressione di un medesimo soggetto economico, che rende sostanzialmente unitario e senza soluzioni di continuità il centro di interesse sottostante ai due enti, cosicché i beni della nuova realtà giuridica possono essere aggrediti in quanto comunque riferibili all’altra, trattandosi di un unico ente rispetto a cui il secondo rappresenta solo uno schermo attraverso il quale il reo agisce come effettivo titolare dei beni.
Condivide infatti questo Collegio il díctum di Sez. 3, n. 34956 del 01/10/2020 Cc. (dep. 09/12/2020 ) Rv. 280541 – 01 , secondo cui «Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, prevista dall’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, può essere disposto sul patrimonio della persona giuridica che sia priva di
autonomia e costituisca un mero schermo attraverso cui l’indagato agisca come effettivo titolare dei beni anche nel caso in cui il vincolo reale sia riferito al profi di un reato che il titolare sostanziale della società-schermo abbia commesso in una diversa veste, ossia quale amministratore di altra società ovvero indipendentemente dallo svolgimento di funzioni amministrative di enti». Ed ancora di Sez. 3, n. 18311 del 06/03/2014 Cc. (dep. 05/05/2014 ) Rv. 259102 01 secondo cui «In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto può essere disposto sui beni intestati a una persona giuridica, soltanto quando sia dimostrato che l’ente costituisce lo schermo fittizio delle attività e delle disponibilità dell’amministratore resosi autore de reato».
Inammissibili sono, anche, gli ulteriori motivi, che possono essere trattati congiuntamente, e che scontano l’impossibilità di denunciare, con riferimento ai provvedimenti in tema di cautela reale, il vizio di carenza e illogicità della motivazione.
Il Collegio rammenta come, a norma dell’articolo 325 cod proc pen, il ricorso per Cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere -quanto alla motivazione della relativa ordinanza- soltanto l’inesistenza o la mera apparenza (v. ex multis Sez U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710- 0 1; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.nn.; Sez. 3, n. 385 del 06/10/2022, COGNOME, Rv. 283916). In tale categoria rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, ma non l’illogicità manifesta o la contraddittorietà, le quali possono essere denunciate nel giudizio di legittimità soltanto tramite il motivo di ricorso ex articolo 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen. (ex plurimis, Sez. 5, 11 gennaio 2007, n. 8434, Rv. 236255; Sez. 6, 21 gennaio 2009, n. 7472, Rv. 242916; Sez. Un. 28 gennaio 2024, n. 5876, Rv. 226710).
Ciò determina l’automatica inammissibilità del profilo di censura in cui si lamenta vizio di motivazione.
I già indicati i motivi secondo e terzo sono, comunque, palesemente infondati. Correttamente il Tribunale della Libertà ha rilevato che, quanto ai poteri del Tribunale del riesame, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. in particolare Sez Un. Del 29/01/1997, ric. P.M. in proc. B), nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una piena cognitio del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell’esercizio della funzione
processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l’assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell’accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale.
L’accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto, allora «sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono- in una prospettiva di ragionevole probabilità- di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensivi, la sussistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro» (ex multis, Sez. 3, n. 40189 del 2006, n.m.).
Al giudice del riesame spetta, peraltro, anche il dovere di accertare la sussistenza del cosiddetto fumus commissi delicti che, pur se ricondotto nel campo della astrattezza, va sempre riferito ad una ipotesi ascrivibile alla realtà fattuale e non a quella virtuale. Sicché la verifica da parte del giudice del riesame del fumus commissi delicti, ancorché limitata all’astratta configurabilità del reato ipotizzato dal pubblico ministero, importa che lo stesso giudice, lungi dall’essere tenuto ad accettare comunque la prospettazione dell’accusa, abbia il potere dovere di escluderla, quando essa appaia giuridicamente infondata (cfr. Sez. 1, n. 15914 del 16/02/2007- B), tale compito dovendo assolvere senza· esercizio di poteri di istruzione e di valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma conservando il potere di valutare in punto di diritto se sulla base delle prospettazioni dedotte ricorra il reato contestato.
Il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, dunque, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibili l’impostazione accusatoria è plausibile un giudizio prognosi tutto negativo per l’indagato.
3.1. Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi.
Ha spiegato il ruolo dell’attuale ricorrente come amministratore della società attinta dal provvedimento di sequestro, soggetto che non risulterebbe indagato e che non avrebbe rapporti con il soggetto indagato nel procedimento per cui è stato disposto il sequestro, congruamente motivando la ragione per cui ha ritenuto i due enti espressioni di unitario e continuativo centro di interessi.
Così da ritenere che il sequestro che ha attinto i beni della società RAGIONE_SOCIALE ha inciso su un unico soggetto indistinto rispetto alla società RAGIONE_SOCIALE, gravata
da accertamento per evasione di tributi per omessa dichiarazione, non assumendo rilievo che la nuova società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ sia dotata di una sua autonoma operatività.
Immune da violazione di legge, il provvedimento impugnato supera, dunque, le censure, tutte, oltre che genericamente svolte, manifestamente infondate per
quanto è dato conoscere a questa Corte.
4. Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto
conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato
senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro
3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 19 dicembre 2024
sigliera est.
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Il Presente