Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23325 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23325 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME nato a ROMA il 25/07/1967 NOME nato a SAN VITO AL TAGLIAMENTO il 30/09/2002 NOME nato a BACAU( ROMANIA) il 22/10/1997 NOME nato a ROMA il 15/11/1995
avverso l’ordinanza del 17/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore presente, avvocato NOME COGNOME del foro di ROMA in difesa dei ricorrenti che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17-19 dicembre 2024 – depositata il 17 gennaio 2025 – il Tribunale di Roma ha respinto l’istanza di riesame proposta, nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa il 6 novembre 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale questi indagati (insieme ad altri la cui posizione non è oggetto del presente ricorso) sono stati sottoposti alla misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (capo 111) e per numerose violazioni dell’art. 73, comma 1, del medesimo d.P.R.
Secondo l’ipotesi accusatoria, l’associazione, costituita da più di dieci persone, avrebbe operato da una data «antecedente al 25 agosto 2021, con condotta perdurante». COGNOME e COGNOME ne sarebbero stati capi, promotori e organizzatori; Grumo e Argenziano ne sarebbero stati partecipi essendosi stabilmente occupati: Grumo, del trasporto dello stupefacente nei luoghi di custodia; Argenziano, del trasporto e della consegna dello stupefacente agli acquirenti. Nell’imputazione sono contestati reati scopo commessi fino alla fine del mese di giugno del 2022.
È utile riferire che a COGNOME e a COGNOME sono state contestate, al capo 60) e al capo 70), violazioni degli artt. 73, comma 1, e 80, comma 2, d.P.R. n. 309/90 che riguardano due importazioni di cocaina dall’Olanda avvenute rispettivamente tra il 4 e il 7 maggio 2022 e tra il 12 e il 15 giugno 2022. Secondo l’ipotesi accusatoria, COGNOME e COGNOME avrebbero operato: nel primo caso, in concorso con NOME COGNOME; nel secondo caso, in concorso con NOME COGNOME. Per questi fatti, COGNOME e COGNOME sono stati tratti in arresto e, pertanto, nei loro confronti si è proceduto separatamente.
In particolare: COGNOME è stato trovato in possesso di 16 kg di cocaina (occultati nell’auto da lui condotta) nel corso di un controllo avvenuto nei pressi del casello autostradale di Rieti il 7 maggio 2022, è stato tratto in arresto ed è stato giudicato nell’ambito del proc. n. 1034/22 R.G.P.M. aperto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rieti; Argenziano è stato controllato il 15 giugno 2022, mentre si trovava nell’area di servizio Flaminia Ovest dell’autostrada Al, è stato trovato in possesso di 8 kg di cocaina (occultati all’interno di un vano ricavato nella ruota di scorta del furgone targato TARGA_VEICOLO), è stato tratto in arresto ed è stato giudicato dal Tribunale di Rieti nell’ambito del procedimento n. 1378/22 R.G.P.M. aperto dalla Procura della Repubblica presso quel Tribunale.
Il Tribunale ha respinto l’eccezione di nullità dell’ordinanza caute formulata dalla difesa ai sensi dell’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc Secondo i giudici del riesame, pur avendo ampiamente attinto nella part espositiva alla richiesta del Pubblico Ministero ed avendone citato ampi stralc Giudice per le indagini preliminari non avrebbe omesso di valutare il materia investigativo, tanto in ordine ai reati fine, quanto in ordine al reato associ alla posizione dei singoli ricorrenti all’interno dell’associazione. Il Tribu sottolineato che, nell’ordinanza applicativa della misura, alla parte espos seguono passaggi argomentativi contenenti valutazioni sul significato indizia dell’esito delle indagini e sulle specifiche esigenze cautelari, e ha sostenu tali passaggi argomentativi (talvolta sintetici in ragione della ritenuta ev indiziaria delle condotte analizzate), poiché coerenti con le risul investigative e calati nella fattispecie concreta, danno conto dell’auto apprezzamento compiuto dal primo giudice.
È stata respinta anche la richiesta avanzata dalla difesa di dichiara nullità o, comunque, l’inutilizzabilità dell’esito delle analisi della copia f un telefono cellulare che fu sequestrato a NOME COGNOME alle 23:55 del giugno 2022 (poco prima dell’arresto, eseguito alle ore 1:30 del 16 giugno 202 nella flagrante detenzione dì 8 kg di cocaina per la quale l’odierno ricorre stato separatamente giudicato). Secondo il Tribunale, la difesa non avreb prodotto gli atti necessari a dimostrare che, nel corso del procedimento aper Rieti, si sia verificata la dedotta violazione di norme processuali. In parti non avrebbe documentato che la corrispondenza presente nel cellulare in uso ad Argenziano sia stata acquisita senza rispettare principi costituzion convenzionali e in violazione di norme processuali previste a pena di nullità queste basi il Tribunale ha ritenuto che gli indizi acquisiti grazie all’anal copia forense del telefono potessero essere utilizzati ai fini cautelari.
Nel merito, i giudici del riesame hanno ritenuto la gravità del qua indiziario sia con riferimento al reato associativo e al ruolo attr nell’associazione ai ricorrenti, sia con riferimento ai reati scopo. sostenuto, inoltre, che nessuno dei ricorrenti avrebbe fornito elementi idon far ritenere superata la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, proc. pen., e hanno sottolineato che, in presenza di un grave quadro indizi per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, tale presunzione è operante.
Avverso l’indicata ordinanza hanno proposto ricorso per Cassazione – per mezzo del comune difensore, avv. NOME COGNOME – NOME COGNOME
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. I motivi di ricorso sono in larga parte sovrapponibili e, nelle parti in cui lo sono, possono essere es congiuntamente. Ai ricorsi sono allegati, ai fini della autosufficienza, g relativi all’arresto di NOME COGNOME, al sequestro dell’apparato cellula si trovava nella sua disponibilità, all’estrazione della copia forense del con di quel cellulare. Vi sono allegati, inoltre, gli atti con i quali, nel proc aperto a seguito dell’arresto di COGNOME, questi ha proceduto alla nomina difensori di fiducia. Come risulta dall’ordinanza impugnata (pag. 7), qu documenti erano allegati anche ai motivi di riesame ed erano stati «in parte trasmessi tramite applicativo TIAP».
Salve alcune precisazioni che saranno di volta in volta indicate, i ri formulati col primo motivo sono gli stessi per tutti i ricorsi. La difesa violazione di legge e vizi di motivazione per essere stati ritenuti ido integrare il grave quadro indiziario (e, dunque, rilevanti a fini cautelari) dell’analisi della copia forense della memoria del cellulare che fu sequestra Argenziano il 15 giugno 2022, quando egli fu arrestato nella flagrante detenzio di 8 kg di cocaina e sottoposto ad indagini dalla Procura della Repubblica pre il Tribunale di Rieti.
4.1. La difesa deduce, in primo luogo, violazione degli artt. 360, 1 comma 1, lett. c), 180 e 185 cod. proc. pen.
Rileva che l’estrazione della copia forense della memoria del cellulare autorizzata dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Rieti «con modali irripetibile». Fu disposto, dunque, un accertamento ex art. 360 cod. proc. pen. che fu delegato agli Ufficiali di PG della Legione carabinieri “Lazio” – Gruppo Ostia – Nucleo Investigativo, i quali notificarono l’avviso del compimento dell’ irripetibile: a NOME COGNOME e al difensore che questi aveva nominato momento dell’arresto (avv. NOME COGNOME COGNOME), ma non anche all’altr difensore che Argenziano aveva nominato il 21 giugno 2022, presso l’Ufficio matricola del carcere di Rieti, in persona dell’avv. NOME COGNOME L’avv. COGNOME documenta (allegati 5 e 7 agli atti di ricorso) di essere nominato difensore di fiducia di Argenziano, unitamente all’avv. COGNOME il giugno 2022. Documenta, inoltre, che l’avviso del compimento di accertamenti ex art. 360 cod. proc. pen. fu emesso il 27 giugno 2022. Sostiene, pertanto, l’atto avrebbe dovuto essere notificato ad entrambi i difensori, ma fu notif solo all’avv. COGNOME e rileva che – come risulta dal processo verbale re dalla PG delegata (cui anche l’ordinanza impugnata fa riferimento) all’estrazione della copia forense (avvenuta il 10 luglio 2022) non era presente
l’avv. COGNOME e non era presente nessun altro difensore. In tesi difensiv comporterebbe la nullità, ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 18 proc. pen., dell’estrazione della copia forense della memoria del cellulare sensi dell’art. 185 cod. proc. pen., la nullità derivata dell’analisi de forense eseguita dalla PG. Secondo la difesa, COGNOME non ha potuto dedurr questa nullità nel procedimento nel quale l’accertamento ex art. 360 cod. proc. pen. è stato disposto perché l’esito delle analisi della copia forense memoria del cellulare non è stato indicato tra le fonti dì prova nel decre giudizio immediato emesso dal G.i.p. di Rieti il 7 ottobre 2022 nel procedimen aperto a seguito dell’arresto.
Come emerge dalla documentazione allegata ai ricorsi: in data 4 ottobr 2022, i Carabinieri delegati ad estrarre la copia forense della memo dell’apparecchio telefonico in sequestro, riferirono al PM procedente c «dall’esame del cellulare» era emerso «il coinvolgimento di Argenziano» in un «associazione investigata nell’ambito del proc. pen. n. 30474/2021» del Procura della Repubblica di Roma; il 5 ottobre 2022, il PM di Rieti, preso att ciò, dispose l’iscrizione di un procedimento per violazione dell’art. 74 d n. 309/90 nel registro mod. 44 e, il 14 ottobre 2022, lo trasmise alla Pro della Repubblica presso il Tribunale di Roma «per competenza ed unione agli att del proc. n. 30474/2021». Secondo la difesa, solo con l’emissione dell’ordinan cautelare, COGNOME ebbe notizia che la copia forense della memoria d cellulare era stata esaminata e, di conseguenza, soltanto in sede di riesa stato possibile dedurre la nullità della notifica dell’avviso relativo alla for di tale copia forense e la nullità derivata (ex art. 185 cod. proc. pen.) dell’estrazione e dell’analisi dei dati in essa contenuti.
In tesi difensiva, la dedotta nullità conseguirebbe anche all’ome notificazione dell’avviso ex art. 360 cod. proc. pen. a NOME COGNOME, a COGNOME NOME e ai loro difensori. Come emerge dall’ordinanza impugnata, infatt l’arresto di Argenziano fu eseguito perché le indagini svolte dalla Procura Repubblica di Roma (in particolare il contenuto di intercettazioni telefonic ambientali) facevano ritenere che un carico di cocaina proveniente dall’Olan fosse stato occultato a bordo di un furgone che sarebbe transi sull’autostrada Al diretto a Fiano Romano e, per questo, era stato organizz un servizio di osservazione pedinamento e controllo lungo quella autostrada. difensore riferisce che le indagini svolte dalla Procura della Repubblica di R vedevano coinvolti nella importazione sia NOME che COGNOME e documenta che, alle 22:40 del 15 giugno 2022, COGNOME fu identificato (insieme a NOME COGNOME indagato nel procedimento quale partecipe dell’associazione) nei pressi
casello autostradale di Fiano Romano, a bordo dell’autovettura targata TARGA_VEICOLO. Tale autovettura era monitorata con servizio di geolocalizzazione e risultava a viaggiato dall’Italia all’Olanda il 13 giugno 2022 per poi fare ritorno nel te nazionale, insieme al furgone condotto da COGNOME, precedendolo lungo l’autostrada con funzioni che gli inquirenti hanno ritenuto di “staffetta”. La desume da questi elementi che, quando COGNOME fu tratto in arresto, COGNOME erano già potenzialmente indiziati di aver concorso nella detenzione importazione della cocaina che è stata contestata loro al capo 70), sicché il P Rieti avrebbe dovuto procedere alla loro iscrizione nel registro notizie di reat propria iniziativa o su indicazione della Procura di Roma). In tesi difensi trattava di persone attinte da indizi di reità, sicché l’avviso dell’accer irripetibile rappresentato dall’estrazione della copia forense del cel sequestrato ad Argenziano avrebbe dovuto essere notificato a Russo, a Sabau e ai loro rispettivi difensori. A sostegno di queste argomentazioni la difesa os che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, «in presenza consistenti sospetti di reato, sia sotto il profilo oggettivo che in ordine attribuibilità», gli avvisi di cui all’art. 360, comma 1, cod. proc. pen., son anche se la persona non è iscritta nel registro degli indagati (cita in ta Sez. 4, n. 20093 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281175; Sez. 2, n. 34745 de 26/04/2018, COGNOME, Rv. 273543) e sostiene che, nel caso di specie, ta situazione era sussistente.
Nel concludere sul punto, il difensore dei ricorrenti si duole che analo deduzioni, formulate con la richiesta di riesame, siano state respinte sull’er assunto che non fosse stato adempiuto l’onere di produzione delle risulta documentali addotte a fondamento della ipotizzata nullità e non fossero st richiesti all’Autorità giudiziaria di Rieti gli atti utili a tal fine. Osserva allegati ai ricorsi erano già stati allegati alle memorie depositate in riesame, fatta eccezione per la relata di notifica dell’avviso ex art. 360 cod. proc. pen. ad Argenziano e all’avv. COGNOME e osserva che è impossibile forni prova di un fatto negativo quale è l’omessa notifica al secondo difens L’ordinanza impugnata è censurata anche perché, dopo aver esaminato il processo verbale di accertamenti irripetibili redatto dalla PG (nel quale si d della mancata comparizione dell’avv. NOME COGNOME), i Giudici del riesame hann sostenuto, contro ogni evidenza, che questa annotazione (palese frutto di erro atteso che l’avv. COGNOME non è mai stato nominato da COGNOME o da al indagati nel presente procedimento) consentirebbe di ipotizzare la ricezi dell’avviso di cui all’art. 360, comma 1, cod. proc. pen. da parte degli inte e hanno ipotizzato, in termini meramente congetturali, che gli odierni ricorr
fossero assistiti all’epoca proprio da questo difensore (pag. 7 dell’ordi impugnata).
4.2. Comune al primo motivo di tutti i ricorsi è anche la tesi second quale, a prescindere dalla irripetibilità della estrazione della copia forens memoria del cellulare sequestrato ad Argenziano, l’acquisizione del corrispondenza memorizzata nell’apparecchio telefonico sarebbe comunque inutilizzabile perché avvenuta in assenza di un decreto motivato di perquisizi e sequestro, doveroso ai sensi degli artt. 247, comma 1 bis, 252 e 254 cod. proc. pen.
La difesa osserva che l’unico provvedimento cautelare reale sul quale fonda l’acquisizione della prova costituita dai contenuti della memoria cellulare è rappresentato dal sequestro dell’apparecchio telefonico del q COGNOME aveva la disponibilità il 15 giugno 2022: sequestro operato dalla P ai sensi dell’art. 252 cod. proc. pen. e convalidato dal PM di Rieti ai dell’art. 355 cod. proc. pen.
La difesa sostiene che nessun decreto di sequestro della corrispondenz informatica contenuta nella memoria del cellulare è mai stato emesso né dal Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rieti, né dalla Procura d Repubblica presso il Tribunale di Roma e sottolinea che l’ordinanza impugnat non ha contestato questo dato limitandosi a richiamare il contenuto de sentenza Sez. 6, n. 22417 del 16/03/2022, COGNOME, Rv. 283319, secondo la quale «i messaggi “whatsapp” e gli sms conservati nella memoria di un telefon cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, n trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella re all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 cod. proc. pen. (Fatt relativa a dati – allegati in copia cartacea o trasfusi nelle informative di giudiziaria – acquisiti in separato procedimento, in cui la Corte ha precisat non è indispensabile, ai fini della loro autonoma valutabilità, l’acquisizion copia forense effettuata nel procedimento di provenienza, né dell’a autorizzativo dell’eventuale perquisizione)».
Questa pronuncia – osserva la difesa – precede la sentenza della Cor costituzionale n. 170 del 22 giugno 2023 (depositata il 27 luglio 2023) seco la quale la posta elettronica e i messaggi inviati tramite sistemi di messagg istantanea «rientrano a pieno titolo nella sfera di protezione dell’art. 1 apparendo del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi» sicché, l’at quale viene acquisito il contenuto della memoria di un apparecchio elettronico a tutti gli effetti, un sequestro di corrispondenza (Corte cost. n. 17
paragrafo 4.2 del “considerato in diritto”). Come la difesa ricorda, inolt stessa Corte costituzionale ha richiamato nella motivazione la giurispruden della Corte europea dei diritti dell’uomo che «non ha avuto incertezze ricondurre sotto il cono di protezione dell’art. 8 CEDU – ove pure si fa riferim alla “corrispondenza” tout court i messaggi di posta elettronica» (così, testualmente, par. 4.2. del “considerato in diritto” e giurisprudenza ivi citat
Riportando ampi stralci della motivazione della sentenza n. 170/2023, difensore osserva che, secondo le indicazioni della Corte costituziona «degradare la comunicazione a mero documento quando non più in itinere, è soluzione che, se confina in ambiti angusti la tutela costituzionale prefig dall’art. 15 Cost. nei casi, sempre più ridotti, di corrispondenza cartacea, addirittura per azzerarla, di fatto, rispetto alle comunicazioni operate t posta elettronica e altri servizi di messaggistica istantanea, in cui all’inv immediatamente – o comunque senza uno iato temporale apprezzabile – la ricezione». Ricorda inoltre che – come anche la Corte costituzionale ha rileva la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ricondotto nell’alveo “corrispondenza” tutelata dall’art. 8 CEDU «anche i messaggi informaticotelematici nella loro dimensione “statica”, ossia già avvenuti», e lo ha fat l’altro, con riferimento «al sequestro dei dati di uno smartphone, comprendevano SMS e messaggi di posta elettronica» (Corte Cost. sentenza n. 170/2023 paragrafo 4.4. che cita Corte EDU, sezione quinta, sentenza 1 dicembre 2020, Saber contro Norvegia paragrafo 48).
Secondo la difesa, affermando che l’art. 15 Cost. tutela la corrisponde «anche dopo la ricezione da parte del destinatario, almeno fino a quando, pe decorso del tempo, essa non abbia perso il carattere di attualità» (par. 4.4 motivazione della sentenza n. 170/2023), la Corte costituzionale ha fiss principi di carattere generale, vincolanti nell’interpretazione delle norme di anche se formulati in una decisione avente ad oggetto un conflitto di attribuz tra poteri dello Stato. Il difensore sostiene che tali principi sarebbe ignorati dal Tribunale per il riesame secondo il quale, convalidando il seque del cellulare operato dalla PG, il Pubblico ministero avrebbe apposto un vinco reale ex art. 254 cod. proc. pen. «non solo sul “contenitore”, ma anche sul “corrispondenza” conservata nella sua memoria» (pag. 7 dell’ordinanza impugnata). Secondo il Tribunale distrettuale, infatti, questo escluderebb necessità di un ulteriore provvedimento di sequestro e un tale provvediment non sarebbe imposto dalla citata sentenza della Corte costituzionale che previsto soltanto l’estensione delle garanzie di cui all’art. 68 Cos
corrispondenza che riguardi un parlamentare memorizzata in un dispositivo appartenente a terzi sottoposto a sequestro» (pag. 8 dell’ordinanza impugnata
A questo proposito la difesa osserva:
che la giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza della Co costituzionale n. 170/2023 ha qualificato come corrispondenza le comunicazioni contenute nella memoria di un telefono cellulare richiedendone l’acquisizione c provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria (il ricorrente richiam motivazione di Sez. U, n. 23755 del 29/02/2024, Gjuzi, Rv. 286573);
che, nel caso di specie, a differenza di quanto sostenuto nell’ordina impugnata, nessun sequestro di corrispondenza ex art. 254 cod. proc. pen. è mai stato disposto dall’Autorità giudiziaria (né da quella di Rieti né da que Roma);
che il sequestro del telefono cellulare di Argenziano è stato eseguito d Polizia Giudiziaria d’iniziativa e il PM lo ha convalidato con un timbro in c senza fornire motivazione alcuna delle ragioni per le quali il vincolo reale do essere mantenuto né, tanto meno, della necessità di acquisire i contenuti d memoria del cellulare (il verbale di sequestro e il decreto di convalida allegati ai ricorsi);
che, nel caso di specie, il telefono cellulare non aveva nat intrinsecamente criminosa, ma era stato al più utilizzato per commettere il re sicché non era soggetto a confisca obbligatoria e sullo stesso fu eseguita ispezione informatica senza fornire di ciò alcuna motivazione;
che le prove raccolte con l’estrazione della copia forense della memoria d telefono e l’analisi del suo contenuto sono affette da inutilizzabilità pat perché acquisite in violazione di diritti soggettivi costituzionalmente tutel difesa cita a sostegno la motivazione della sentenza Sez. 6, n. 31180 21/05/2024, COGNOME, Rv. 286773).
Col secondo motivo, anch’esso comune a tutti i ricorsi, la difesa chie questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 25 proc. pen. «nella parte in cui non riserva al solo giudice la competen adottare il sequestro della corrispondenza telematica/informatica» memorizzat in un apparecchio telefonico in uso a persone indagate o imputate; nella part cui non individua i titoli di reato in relazione ai quali tale sequestro è cons nella parte in cui «non disciplina un ricorso preventivo a favore del destina del provvedimento di sequestro».
Secondo la difesa, se il primo motivo dei ricorsi fosse ritenuto infondat questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante perché l’acquisizion
contenuto della corrispondenza digitale sarebbe considerata legittima sulla b di un provvedimento di sequestro adottato dalla PG e convalidato dal PM e questa previsione sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 117 Cost. in rela all’art. 8 CEDU. Sarebbe in contrasto, inoltre, con gli artt. 15 e 117 Cos relazione all’art. 4, paragrafo 1, della direttiva UE 2016/680 del Parlam europeo e del Consiglio del 27 aprile 2017, come interpretato dalla Cor europea di giustizia – Grande Sezione, con la sentenza del 4 ottobre 20 pronunciata nella causa C-548/21.
Sotto il primo profilo, la sentenza osserva che il legislatore itali modificato l’art. 132 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 adeguando la normativ interna ai principi affermati dalla Corte europea di Giustizia (sentenza c/Prokuratuur del 2 marzo 2021 nella causa C-746/18) e ha stabilito: in prim luogo, che i dati relativi al traffico telefonico o telematico possano acquisiti solo «se sussistono sufficienti indizi di reati per i quali la legge s la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre determinata a norma dell’articolo 4 del codice di procedura penale, e di reat minaccia e dì molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi, ove rilevanti per l’accertament fatti»; in secondo luogo, che ciò debba avvenire «previa autorizzazione rilasc dal giudice con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o su ist del difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della per offesa e delle altre parti private». Secondo la difesa, poiché l’acquisizione relativi al traffico telefonico o telematico è possibile soltanto con provvedi motivato del giudice, è del tutto irragionevole (e contrasta dunque con l’a Cost.) che un tale provvedimento non sia necessario per acquisire il conten della corrispondenza informatica. La diminuita garanzia assicurata al contenu della corrispondenza informatica memorizzata in un apparecchio elettronico rispetto a quella assicurata con riferimento ai dati conservati dal gesto servizio (che non hanno ad oggetto il contenuto delle comunicazioni) sarebbe i contrasto, inoltre, con l’art. 8 della Carta EDU e, quindi, con l’art. 117 Cost Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In tesi difensiva a ciò deve aggiungersi che la Corte di Giustizia UE, con recente sentenza (pronunciata dalla Grande Sezione il 4 ottobre 2024 nella cau C-548/21, – C.G. contro RAGIONE_SOCIALE Landeck – avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’arti 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale del Tirolo) ha fornito chia indicazioni sull’interpretazione che deve essere data all’art. 4, parag lettera c), della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consigl del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con rigua
trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fi prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione d sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati alla luce degli ar e 8 nonché dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondame dell’Unione europea, e ha affermato che questa direttiva «non osta a u normativa nazionale che concede alle autorità competenti la possibilità accedere ai dati contenuti in un telefono cellulare, a fini di prevenzione, ri accertamento e perseguimento di reati in generale», ma soltanto se ta normativa:
«definisce in modo sufficientemente preciso la natura o le categorie d reati in questione»;
«garantisce il rispetto del principio di proporzionalità»;
«subordina l’esercizio di tale possibilità, salvo in casi di ur debitamente comprovati, ad un controllo preventivo di un giudice o di un organ amministrativo indipendente».
Nella medesima sentenza, la Corte di Giustizia ha affermato che gli artic 13 e 54 della direttiva 2016/680, devono essere letti alla luce dell’articol dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali interpretati in questa prospettiva, essi «ostano a una normativa nazionale autorizza le autorità competenti a tentare di accedere a dati contenuti telefono cellulare senza informare l’interessato, nell’ambito dei procedim nazionali applicabili, dei motivi sui quali si fonda l’autorizzazione ad acce tali dati, rilasciata da un giudice o da un organo amministrativo indipenden partire dal momento in cui la comunicazione di tale informazione non rischia p di compromettere i compiti spettanti a dette autorità in forza di tale diretti
Muovendo da queste premesse – osserva la difesa – si deve escludere che l Polizia giudiziaria possa essere autorizzata ad accedere al contenuto d apparato cellulare senza un provvedimento autorizzativo dell’autorità giudizi che indichi i motivi per i quali tale autorizzazione è stata concessa e le per le quali vi è proporzione tra le necessità dell’indagine e la lesione de fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati person a tale accesso conseguono. In tesi difensiva, nel caso di specie, q provvedimento non vi è stato perché il Pubblico Ministero si è limitat convalidare la perquisizione eseguita dalla Polizia giudiziaria e il conseg sequestro del cellulare senza disporre, con decreto motivato, l’acquisizione dati contenuti nella memoria di quel telefono e perché la convalida del seques è priva di ogni motivazione, così come lo è il provvedimento col quale la P
stata autorizzata ad eseguire «in forme irripetibili» l’estrazione della forense della memoria dell’apparecchio telefonico.
Secondo la difesa, poiché ha ritenuto che il Pubblico Ministero abb rispettato l’art. 354 cod. proc. pen., il Tribunale avrebbe dovuto aderir richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale di questa norm non lo ha fatto senza spiegare perché la questione sarebbe stata irrilevan manifestamente infondata e limitandosi ad affermare (pag. 8 dell’ordinanz impugnata) che «la stretta cadenza temporale che connota il giudizio riesame» non consente la sospensione del procedimento in attesa della decision della Corte costituzionale né consente di sollevare questione pregiudiziale Corte di giustizia.
Col terzo motivo, anch’esso comune ai ricorrenti, la difesa deduc violazione di legge e vizi di motivazione per essere stata respinta la rich formulata in sede di riesame, di dichiarare la nullità dell’ordinanza c disposto la misura cautelare per mancanza di autonoma valutazione dell specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la mi Secondo la difesa, l’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. impone al gi della cautela un esame autonomo e completo del compendio indiziario. I Tribunale, invece, ha ritenuto sufficienti ad escludere la nullità brevi e sin considerazioni formulate dal G.i.p. con riferimento alle singole imputazioni e posizioni di ciascun indagato.
Col quarto e quinto motivo dei ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME il difensore deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza di un grave qua indiziario con riferimento al reato associativo e con riferimento ai reati ascritti agli indagati. I motivi sono diversamente trattati per ciascu ricorrenti, ma presentano profili comuni a tutti nella parte in cui svilupp primo motivo sottolineando che la gravità del quadro indiziario deve esse valutata senza tenere conto dell’esito delle analisi della copia foren cellulare.
7.1. Con riferimento alla posizione di NOME COGNOME il difenso osserva che gli unici indizi a carico di questo indagato sono costituiti, ol dal contenuto della memoria del cellulare (inutilizzabile per le ragioni ill nel primo motivo), soltanto dall’esito della visione delle riprese esegu telecamere installate dì fronte all’abitazione di NOME COGNOME e di fronte sito in INDIRIZZO. Sottolinea che il G.i.p. ha riportato l’esito
indagini nell’ordinanza cautelare operando una trascrizione integrale de relazione predisposta dagli inquirenti e recependola acriticamente. Rileva che Argenziano sono stati contestati trentacinque reati scopo, asseritame concretizzatisi in prelievi di stupefacente dal box di INDIRIZZO e successiva consegna della sostanza, ma in nessuno di questi casi la PG intervenuta a controllare Argenziano o a perquisire il box, come sarebbe st doveroso se fosse stato davvero possibile sostenere che nello stesso occultata sostanza stupefacente e COGNOME l’aveva prelevata per consegnarl a terzi. In tesi difensiva, da ciò si desume che la detenzione di sos stupefacente è stata solo ipotizzata e gli stessi inquirenti hanno ritenuto il indiziario emergente dai filmati insufficiente a procedere a perquisizi sequestri. Gli indizi raccolti a carico di NOME COGNOME sarebbero dun privi del necessario carattere di gravità, sia con riferimento alla partecipaz reato associativo che con riferimento ai reati scopo. La difesa si duol analoghi argomenti sviluppati nei motivi di riesame non abbiano trovat adeguata risposta nell’ordinanza impugnata.
7.2. Argomentazioni analoghe sono sviluppate nel quarto e quinto motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME Anche in questo caso difensore sottolinea che, espunto dal quadro indiziario il contenuto della memo del cellulare (inutilizzabile per le ragioni illustrate nel primo motivo), g indizi a carico di COGNOME sono costituiti dalle riprese delle videocamere insta in INDIRIZZO. Sostiene che, se queste riprese avessero fornito un qu indiziario idoneo a dimostrare che COGNOME deteneva sostanza stupefacente, allor egli avrebbe dovuto e potuto essere perquisito, ma questo non avvenne e ci rende congetturali le ipotesi ricostruttive formulate dagli inquirenti all l’ordinanza impugnata ha acriticamente aderito (come già aveva fatto l’ordinan genetica). Con specifico riferimento alla posizione di Grumo il difensore aggiun che, secondo la stessa prospettazione accusatoria, questo indagato sareb stato attivo nell’ipotizzato sodalizio solo per pochi giorni: dal 16 apr maggio 2022, quando fu tratto in arresto nella flagrante detenzione di 16 kg cocaina per la quale è stato separatamente giudicato (detenzione che, presente procedimento, è ascritta a Russo e COGNOME al capo 60 della rubric Secondo la difesa, l’ordinanza cautelare non avrebbe spiegato perché contributo di così breve durata possa essere considerato grave indizio d partecipazione all’associazione e il Tribunale non ha colmato tale lacuna per ha sostenuto (pag. 20) che gli elementi raccolti depongono per la «tendenzi stabilità» del ruolo svolto da Grumo, così formulando un giudizio di «”possibi
e, dunque, non “probabile” colpevolezza dell’indagato quanto al rea associativo» (così, testualmente, pag. 81 dell’atto di ricorso).
7.3. Col quarto e quinto motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME il difensore deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto a ritenuta sussistenza di un grave quadro indiziario, con riferimento al r associativo e con riferimento ai reati scopo, sviluppando argomentazio identiche a quelle già esposte con riferimento alla posizione degli altri ricorr sottolineando che, espunto dal quadro indiziario il contenuto della memoria d cellulare (inutilizzabile per le ragioni illustrate nel primo motivo), gli unici carico di NOME sono costituiti dalle riprese delle videocamere installate di alla sua abitazione e di fronte al box di INDIRIZZO Il difensore osserva nessuna delle numerose occasioni nelle quali hanno ritenuto di aver assistito acquisti o cessioni di stupefacente, gli operanti hanno ritenuto di perqu Russo o le persone che si erano incontrate con lui e sottolinea che il box d Ottaviani non è mai stato perquisito. Si duole che questi argomenti, svilup nei motivi di riesame, non abbiano trovato adeguata risposta nell’ordinan impugnata.
Col quarto motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione per la ritenuta sussist di gravi indizi di colpevolezza in relazione a tutti i delitti ascritti al sottolineando che, anche in questo caso, l’ipotesi accusatoria si fonda larghissima misura e, comunque, irrinunciabilmente sui contenuti dell corrispondenza informatica rinvenuti e sequestrati nella memoria dell’I-phone uso all’Argenziano». Secondo la difesa, nel caso di COGNOME l’inutilizzabilità de così acquisiti comporterebbe «il dissolvimento del quadro indiziario». Ma anch se così non fosse – e i contenuti della memoria del telefono fossero rit utilizzabili – resterebbe irrisolto il problema della riferibilità a Sabau dei dei messaggi che gli sono stati attribuiti.
La difesa osserva che a Sabau sono state attribuite conversazioni telefoni in viva voce captate il 31 maggio 2022 all’interno dell’auto targata TARGA_VEICOLO nella quale erano in corso intercettazioni ambientali (RIT 1681/21), e attribuzione è avvenuta sulla base di un riconoscimento vocale eseguito dag ufficiali di PG che identificarono Sabau il 15 giugno 2022, nei pressi del ca autostradale di Fiano Romano. L’ordinanza impugnata e l’ordinanza genetica sostengono che tale riconoscimento vocale sarebbe attendibile perché, occasione del controllo, gli operanti conversarono a lungo con Sabau e potero poi confrontare la sua voce con quella dell’autore delle conversazioni capta
31 maggio 2022 e con quella dell’autore di messaggi vocali inviati ad COGNOME (salvati nella memoria del cellulare sequestrato il 15 giugno 202). In difensiva, tale motivazione sarebbe manifestamente illogica atteso che la voce COGNOME fu ascoltata per la prima volta dal vivo in occasione del controllo de 16 giugno 2022 e nessuno degli ufficiali di PG che aveva preso parte a perquisizione personale e veicolare e alla successiva identificazione attes aver riconosciuto nella voce di COGNOME quella della persona ascoltata in viva v il 31 maggio 2022, né risulta che fossero stati proprio quegli ufficiali di aver ascoltato la conversazione del 31 maggio. L’ordinanza impugnata sarebbe inoltre contraddittoria quando afferma (pag. 15) che, in occasione del contr di Sabau, gli operanti ebbero modo di ascoltare la sua voce e poterono c riconoscerlo «come la persona che utilizzava l’account RAGIONE_SOCIALE» scambiando messaggi vocali con NOME; per poi sostenere (con argomentazione che contrasta quella precedente) che il riconoscimento vocale non avvenne i occasione del controllo, ma «solo quando la PG (nella persona dell’ufficiale di NOME) ha proceduto al riascolto del materiale nel proseguio delle indagini».
In tesi difensiva a ciò deve aggiungersi: che l’ordinanza impugnata non indicato da quale atto a firma dell’ufficiale di PG NOME COGNOME risult questi ha proceduto al riascolto del materiale e riconosciuto la voce di Sa che l’analisi della copia lavoro della memoria del cellulare non risulta essere eseguita da NOME COGNOME ma dal Vice Brig. NOME COGNOME il quale non ha mai potuto ascoltare dal vivo la voce dell’indagato perché non ha partecipato operazioni del 15-16 giugno 2022.
Nell’interesse di NOME COGNOME in data 6 febbraio 2025, il difensore depositato motivi aggiunti integrativi del primo e del quarto motivo. memoria è allegato il verbale delle operazioni di analisi della “copia lavoro dati estrapolati dal telefono I-phone IMEI NUMERO_DOCUMENTO che reca la dat del 19 agosto 2022 ed è sottoscritto dal Vice Brig. NOME COGNOME.
Nel verbale si dà atto che il telefono è stato «posto sotto sequestro i 15.06.2022 nell’ambito del procedimento penale scaturito dall’arres NOME NOME» e che l’analisi della “copia lavoro” è stata eseguita contesto delle indagini di PG condotte dalla D.D.A. di Roma nell’ambito d procedimento penale n. 30474/21 R.G.N.R.». Secondo la difesa, ciò rende evidente che gli atti relativi all’accertamento tecnico irripetibile e nell’ambito del procedimento aperto dalla Procura della Repubblica di Rieti so stati trasmessi alla Procura di Roma subito dopo la formazione della cop forense del telefono (avvenuta il 30 giugno 2022) e ben prima che il PM di Ri
ne ordinasse formalmente la trasmissione (ciò che avvenne soltanto il 14 ottob 2022).
In data 10 febbraio 2025 sono stati depositati motivi aggiu nell’interesse di tutti i ricorrenti. Questi motivi hanno contenuto iden pertanto, possono essere illustrati congiuntamente.
Il difensore deduce violazione di legge per essere stato attribuito va indiziario ai filmati ripresi da videocamere installate di fronte all’abita NOME COGNOME e al box sito in INDIRIZZO sulla base di provvedime autorizzativi del Pubblico Ministero e chiede a questa Corte di valutare se, luce della normativa vigente in materia di tabulati telefonici (che richied l’acquisizione di questi dati, un provvedimento autorizzativo del giudice) ancora possibile sostenere – secondo il consolidato orientamento del giurisprudenza di legittimità (per tutte: Sez. U, n. 26795 del 28/03/2006, Pri Rv. 234270) – che le videoregistrazioni (aventi ad oggetto comportament comunicativi e non comunicativi) disposte nel corso delle indagini preliminari luoghi non riconducibili al concetto di domicilio – se eseguite in luoghi pub aperti o esposti al pubblico per esigenze lavorative e non – sono qualifi come prova atipica disciplinata dall’art. 189 cod. proc. pen. e quindi utili senza alcuna necessità di autorizzazione preventiva del giudice.
Chiede, pertanto, che sia sollevata questione pregiudiziale di fronte Corte UE ai sensi dell’art. 267 del Trattato fondativo. La Corte di gius dovrebbe valutare se sia conforme al diritto dell’Unione – in partic all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europ del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, le luce degli articoli 7, 8, 11 e 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fond dell’Unione europea – che l’esecuzione di videoriprese a fini probatori anch luoghi caratterizzati da una aspettativa di riservatezza maggiore di quell luoghi pubblici possa essere autorizzata dal pubblico ministero.
A sostegno di questa richiesta la difesa osserva che, secondo giurisprudenza della Corte di Giustizia, ogni informazione sulle abitudini di delle persone, sui loro spostamenti, sulle attività esercitate e sulle r sociali intrattenute è un dato inerente alla vita privata e che l’install telecamere davanti alla abitazione di Russo e davanti al box da lui utilizza consentito di acquisire una grande quantità di dati di questo tipo. Secon difesa, non sarebbe conforme all’art. 52 della Carta di Nizza, come interpre dalla Corte di Giustizia (in particolare con la già citata sentenza della
Sezione, del 4 ottobre 2024, pronunciata nella causa C-548/2), che un provvedimento idoneo a consentire l’acquisizione di dati personali di tale rilevanza possa essere adottato dal pubblico ministero senza l’intervento di un giudice.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, datata 5 maggio 2025 con la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
La difesa ha replicato con memoria del 20 maggio 2025.
All’odierna udienza le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ha carattere preliminare, e deve per questo essere esaminato per primo, il terzo motivo, comune a tutti i ricorsi, col quale la difesa deduce violazione legge e vizi di motivazione dolendosi che il Tribunale abbia respinto la richiesta, formulata in sede di riesame, di dichiarare la nullità dell’ordinanza che ha disposto la misura cautelare per mancanza di autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura.
Il motivo, comune a tutti i ricorrenti, non supera il vaglio di ammissibilit Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, quando deduce la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, il ricorrente ha l’onere di indicare aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Cfr. Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, COGNOME, Rv. 277496; Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274760). Nel caso di specie, i ricorsi non si confrontano con le argomentazioni addotte dall’ordinanza impugnata secondo la quale nell’ordinanza genetica, alla parte espositiva che riproduce il contenuto della richiesta del PM, segue sempre, «in ogni singolo capo di incolpazione, un passaggio argomentativo» nel quale il Giudice «ha espresso, anche se talvolta sinteticamente, valutazioni e apprezzamenti in ordine alla valenza dimostrativa degli elementi e delle condotte emergenti dagli atti di indagine, operazione, questa, che implica di per sé un vaglio critico nella selezione e rielaborazione del materiale indiziario» (pag. 3 dell’ordinanza impugnata). Nel contrastare tali argomentazioni, la difesa si limita a sostenere che le autonome valutazioni formulate dal G.i.p. sarebbero troppo brevi e sintetiche per poter essere considerate espressione di un esame
autonomo e completo, quale è quello richiesto dall’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. Non indica, però, quali valutazioni autonome sarebbero stat omesse e neppure precisa quali, tra queste valutazioni, sarebbero sta formulate in termini così brevi e sintetici da poter essere considerate apoditt Non spiega, dunque, per quali ragioni le asserite omissioni avrebbero avut incidenza sulle determinazioni cautelari portando ad un risultato diverso rispe a quello cui si sarebbe giunti all’esito di una valutazione ampia e approfond Per quanto esposto, la doglianza pecca di genericità ed è conseguentemente inammissibile.
Va ricordato in proposito che, qualora la nullità dell’ordinanza cautelare omessa autonoma valutazione, da parte del giudice per le indagini preliminari dei requisiti previsti dall’art. 292 cod. proc. pen. sia solo genericamente ecc – in quanto carente di indicazioni relative ai passi dell’ordinanza che richia o ricalcano la richiesta cautelare o alle ragioni per cui la dedotta omis avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario tali da condurre a conclusioni diverse – il tribunale del riesame non è tenuto a fornire una motivazione articolata e a indicare specificamente le pagine ed i passaggi del provvedimen impugnato in cui rinvenire detta autonoma valutazione (Sez. 2, n. 42333 de 12/09/2019, Devona, Rv. 278001).
2. Ragioni di logica espositiva consigliano di esaminare adesso il motiv «aggiunto» – depositato nell’interesse di ciascun ricorrente il 10 febbraio 20 col quale la difesa ha chiesto di sollevare questione pregiudiziale ai dell’art. 267 del Trattato Fondativo dell’Unione Europea per far sì che la Cort Giustizia si esprima sulla compatibilità col diritto dell’Unione dell’art. 18 proc. pen. «come interpretato dalla giurisprudenza interna». Alla Corte Giustizia dovrebbe essere chiesto di valutare se «l’art. 15, paragrafo 1, direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, alla luce degli articoli 7, 8, 11 e 52, paragrafo 1, della Carta dei fondamentali dell’Unione» osti a una normativa nazionale che consenta al pubblico ministero di autorizzare «l’esecuzione di videoriprese a fini probat anche in luoghi caratterizzati da una aspettativa di riservatezza maggiore quella dei luoghi pubblici».
Nella requisitoria scritta e in sede di discussione orale il PG ha soste l’inammissibilità di questi motivi. Il PG ha sottolineato che, nei m originariamente proposti e di fronte al Tribunale del riesame, la questione d utilizzabilità delle videoriprese non era stata sollevata e ha ricordat secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il principio generale del
impugnazioni, concernente la necessaria connessione tra i motivi originariament proposti e i motivi nuovi, non è derogato nell’ambito del ricorso per cassaz contro provvedimenti “de libertate”. L’unica diversità rispetto all’ordinaria disciplina, infatti, attiene al termine per la proposizione dei motivi nuovi, c è quello di quindici giorni prima dell’udienza, ma è spostato all’inizio discussione (sull’argomento: Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266295; Sez. 2, n. 15693 del 08/01/2016, Campiso, Rv. 266441).
La difesa ha replicato obiettando che le memorie contenenti i «motiv aggiunti» sono state depositate nei termini di cui all’art. 311 cod. proc sicché si tratta di integrazioni al ricorso. Dall’esame degli atti emerge memorie sono state depositate il 10 febbraio 2025 e a quella data non era ancora decorsi dieci giorni dalla notifica dell’avviso di deposito dell’ordinan Tribunale del riesame ai ricorrenti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sicché il motivo deve essere esaminato nel merito.
Si tratta, peraltro, di una richiesta di rinvio pregiudiziale alla C Giustizia UE il cui esame è comunque doveroso. L’art. 267, comma 3, TFUE, infatti, prevede per i giudici di ultima istanza l’obbligo di rinvio alla Giustizia UE in ogni caso in cui si debbano interpretare norme comunitarie.
3. Dall’ordinanza impugnata emerge con chiarezza che tra gli indizi che son stati valutati a fini cautelari vi sono le immagini riprese da telecamere ins davanti al portone dell’abitazione di NOME COGNOME e di fronte all’ingress box sito in INDIRIZZO a lui in uso. Come anche la difesa riferis videoriprese, valutate necessarie per acquisire elementi di prova sulle violaz della legge in materia di stupefacenti per le quali si procede, sono autorizzate dal Pubblico Ministero con i decreti n. 266/22, n. 325/22 e n. 357 Il difensore dà atto che il PM ha determinato la durata delle riprese prorogata, sulla base delle necessità di indagine, con successivi provvedime Non è controverso che le telecamere fossero installate nella pubblica via.
Il difensore osserva che l’installazione di telecamere davanti all’ingres una abitazione e di un box di proprietà privata consente di acquisire informazi sulle abitudini di vita di persone determinate, sui loro spostamenti, sulle a esercitate e sulle relazioni sociali che quelle persone intrattengono (con dunque, l’acquisizione di dati relativi alla vita privata) e sostiene c rispetto della normativa eurounitaria, come interpretata dalla Corte di Gius in plurime decisioni – l’acquisizione di questi dati non dovrebbe poter e affidata a un provvedimento del pubblico ministero, essendo necessario a tal f l’intervento di un giudice terzo, chiamato a valutare se la limitazione del
alla riservatezza (garantito dagli artt. 7 e 8 della Carta UE) sia effettiv necessaria e proporzionata in relazione alla gravità dei reati da accerta sintesi, secondo la difesa, l’autorizzazione all’installazione di telecamere in pubblici, se consente di riprendere i varchi di accesso a luoghi privati abitazione o un garage), dovrebbe essere soggetta a una disciplina non dissimi da quella prevista per l’acquisizione dei dati relativi alla vita priv emergono dai tabulati di un telefono cellulare.
Pertanto, sarebbe doveroso rivedere il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale le videoregistrazioni disposte nel corso d indagini preliminari in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio eseguite in luoghi pubblici, aperti o esposti al pubblico per esigenze lavorat non – sono qualificabili come prova atipica disciplinata dall’art. 189 cod. pen. (per tutte: Sez. U, n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234270) e la Co di Giustizia dovrebbe essere interpellata sulla compatibilità col diritto dell’U della normativa processuale vigente, come costantemente interpretata.
A sostegno di tali conclusioni, il difensore ricorda:
che, ai sensi dell’art. 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fonda dell’Unione Europea, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle riconosciuti dalla Carta medesima (dunque anche il diritto alla protezione dei di carattere personale sancito dall’art. 8), oltre a dover essere «previst legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà», avvenire, «nel rispetto del principio di proporzionalità», solo quando «s necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse gene riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà alt
che l’art. 4 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche riguardo al trattamento dei dati personali, definisce «dato personale»: «quals informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabil considera identificabile «la persona fisica che può essere identifi direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identifica come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale».
La difesa sottolinea che la Corte di Giustizia ha fornito una interpretaz molto rigorosa della possibilità di limitare i diritti sanciti dall’art. 8 de richiama, in particolare, le sentenze pronunciate dalla Grande Sezione: marzo 2021, nella causa C-746/18 (RAGIONE_SOCIALE e il 4 ottobre 2024, nel causa C-548/2 (C.G c/RAGIONE_SOCIALE Landek).
Come noto, nella prima sentenza, i giudici europei hanno affermato:
che soltanto obiettivi di lotta contro forme gravi di criminal prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica possono giustificare u grave ingerenza nei diritti fondamentali sanciti dagli artt. 7 e 8 della Carta
che il diritto UE – in particolare l’art. 15 della direttiva 2002/58/UE, modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009, letto alla luce degli artt. 7, 8, 11 e 52 della Carta ad una normativa nazionale, la quale consenta l’accesso di autorità pubbliche un insieme di dati relativi al traffico o di dati relativi all’ubicazione fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo comunicazione elettronica o sull’ubicazione delle apparecchiature terminali costui utilizzate e a permettere di trarre precise conclusioni sulla sua vita per finalità di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati, s che tale accesso sia circoscritto a procedure aventi per scopo la lotta con forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicure pubblica, e ciò indipendentemente dalla durata del periodo per il quale l’acc ai dati suddetti viene richiesto, nonché dalla quantità o dalla natura d disponibili per tale periodo»;
che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, come modific dalla direttiva 2009/136/CE, letto alla luce degli articoli 7, 8 e 11 dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, «osta normativa nazionale, la quale renda il pubblico ministero, il cui compito dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualm l’azione penale in un successivo procedimento, competente ad autorizzar l’accesso di un’autorità pubblica ai dati relativi al traffico e ai da all’ubicazione ai fini di un’istruttoria penale».
Questi principi sono stati ribaditi, e per certi versi rafforzati, dalla pronunciata il 4 ottobre 2024, nella causa C-548/2, secondo la quale l’ar paragrafo 1, lettera c), della direttiva (UE) 2016/680 del 27 aprile 2016 (re alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, inda accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonc alla libera circolazione di tali dati e abrogativa della decisione 2008/977/GAI del Consiglio), letto alla luce degli articoli 7 e 8 no dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’ europea, «non osta a una normativa nazionale che concede alle autorit competenti la possibilità di accedere ai dati contenuti in un telefono cellu
fini di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dì reati in general ma a condizione che tale normativa:
definisca «in modo sufficientemente preciso la natura o le categorie d reati in questione»;
garantisca «il rispetto del principio di proporzionalità»;
subordini «l’esercizio di tale possibilità, salvo in casi di ur debitamente comprovati, ad un controllo preventivo di un giudice o di un organ amministrativo indipendente».
In tesi difensiva, questi principi dovrebbero trovare applicazione anche riferimento all’installazione di telecamere in luoghi pubblici quando – come caso oggetto del presente ricorso – le riprese siano idonee ad acquisire dati abitudini di vita, sugli spostamenti, sulle attività esercitate e sulle relazio intrattenute da persone fisiche identificate, atteso che, anche in questo ca tratterebbe di dati personali soggetti alla tutela prevista dall’art. 8 della
Muovendo da queste premesse, la difesa chiede che sia sollevata questione pregiudiziale di fronte alla Corte UE ai sensi dell’art. 267 TFUE. Il quesit dovrebbe essere sottoposto alla Corte di giustizia riguarda l’interpreta dell’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europe del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche. Si dov chiedere alla Corte di spiegare se questa norma, letta alla luce degli artico 11 e 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ad una normativa nazionale che consenta al pubblico ministero di autorizzar «l’esecuzione di videoriprese a fini probatori anche in luoghi caratterizzati d aspettativa di riservatezza maggiore di quella dei luoghi pubblici».
4. L’art. 267, comma 3, TFUE prevede per i giudici di ultima istanza l’obbli di rinvio alla Corte di Giustizia UE in ogni caso in cui si debbano interpr norme comunitarie. Tuttavia, secondo la lettura che di questa norma è stata d dalla stessa Corte UE, l’obbligo di rimettere in via pregiudiziale le que relative all’interpretazione delle norme comunitarie non sussiste quando giudice nazionale abbia constatato che la questione non sia pertinente rilevante, che la disposizione comunitaria abbia già costituito ogget interpretazione e che la corretta applicazione del diritto comunitario si imp con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi» (tra le altre, S n. 32899 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 281997; Sez. 3, n. 33101 de 07/06/2022, COGNOME, Rv. 283519; Sez. 6, Sentenza n. 44436 del 04/10/2022
COGNOME, Rv. 284151). Si deve osservare allora che, nei termini nei quali è stata proposta, nel presente ricorso la questione non è rilevante.
Come si è detto, le videoriprese alle quali i giudici di merito hanno attribuit valore indiziario risultano essere state realizzate da telecamere installate nella pubblica via: un luogo nel quale i comportamenti delle persone possono essere liberamente osservati da terzi. La difesa sostiene che i luoghi in cui le ripres sono state eseguite sarebbero «caratterizzati da una aspettativa di riservatezza maggiore di quella dei luoghi pubblici», ma non fornisce argomenti a sostegno di tale affermazione.
A questo proposito è utile ricordare:
che, come evidenziato dal considerando 104, la direttiva 2016/680 consente di apportare limitazioni al diritto alla protezione dei dati persona previsto all’articolo 8 della Carta e, secondo la Corte di Giustizia, tali limitaz devono essere interpretate conformemente ai requisiti di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta stessa, i quali includono il rispetto del principio proporzionalità (in tal senso: Grande Sezione, sentenza del 30 gennaio 2024, nella causa C-118/22, punto 33);
che, in linea di principio, il trattamento di dati personali nell’ambit un’indagine diretta alla repressione di reati (tanto più se si tratta di reati g come quelli per cui si procede) può essere ritenuto rispondente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta e, come la Corte di Giustizia ha più volte affermato, tale limitazione può essere considerata necessaria ogniqualvolta l’obiettivo perseguito dal trattamento di dati non possa essere ragionevolmente conseguito in modo altrettanto efficace avvalendosi di altri mezzi meno lesivi dei diritti delle perso interessate (Quinta Sezione, sentenza del 26 gennaio 2023, nella causa C-205/21, punto 126; Grande Sezione, sentenza del 1 agosto 2022, nella causa C-184/20, punto 85; Grande Sezione, sentenza del 22 giugno 2021, nella causa C-439/10 , punto 110 e giurisprudenza ivi citata);
che, nel valutare se vi sia proporzione tra il trattamento disposto e l conseguente limitazione dei diritti garantiti agli articoli 7 e 8 della Carta, occo tenere conto di tutti gli elementi del caso perché « il principio di proporzionali enunciato all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, implica L.] una ponderazione dell’importanza dell’obiettivo perseguito e della gravità della limitazion apportata all’esercizio dei diritti fondamentali in questione» (Così, testualmente, Grande Sezione sentenza del 30 gennaio 2024, nella causa C-118/22, punto 62, che cita la sentenza del 22 novembre 2022, nelle cause C-37/20 e C-601/20, punto 66).
Non si può ignorare allora che, nel caso di specie, le riprese non risult essersi svolte in un luogo ove dovrebbe essere tutelata la riservatezza, bens un luogo pubblico e – come la stessa difesa riferisce – le telecamere non s state installate dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa, ma sulla ba decreto del Pubblico Ministero, al fine di acquisire elementi di prova in relaz a violazioni della legge in materia di stupefacenti. Il trattamento di dati, personali, dunque, è stato autorizzato dall’autorità giudiziaria per fi «determinate, esplicite e legittime» , in una situazione nella quale – lo si deve ricordare – il qu indiziario aveva indotto il G.i.p. ad autorizzare intercettazioni telefon ambientali.
La difesa non offre indicazioni dalle quali si possa desumere che sulla ba delle video riprese siano stati acquisiti e conservati dati non pertin eccedenti rispetto alle finalità del trattamento. Non ipotizza, dunque, violazione dell’art. 4, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2016/680. S infatti – senza chiarire quale sia il fondamento di questo assunto consentendo al pubblico ministero di autorizzare l’installazione di telecamere un luogo pubblico, il sistema processuale vigente si porrebbe in contrasto c l’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento Europeo e d Consiglio del 12 luglio 2002 che riguarda, però, il «trattamento dei d personali» e la «tutela della vita privata nel settore delle comunicaz elettroniche». Coerentemente con questa impostazione la difesa fa riferimento decisioni con le quali la Corte di Giustizia si è occupata della tutela che essere garantita a dati soggetti a trattamento nel settore delle comunicaz elettroniche o memorizzati all’interno di un apparecchio elettronico. U giurisprudenza specificamente volta a tutelare, oltre alla riservatezza comunicazioni effettuate tramite reti pubbliche dì comunicazione e servizi comunicazione elettronica accessibili al pubblico, anche la riservatezza dei d sottoposti a trattamento «ai fini della trasmissione di una comunicazione su u rete di comunicazione elettronica o della relativa fatturazione» («dati relati traffico», secondo la definizione fornita dalla direttiva 2002/58/CE) e di q trattati «in una rete di comunicazione elettronica che indichi la posiz geografica dell’apparecchiatura terminale dell’utente di un servizi comunicazione elettronica accessibile al pubblico» («dati relativi all’ubicazio secondo la definizione fornita dalla direttiva 2002/58/CE). Non si comprende però, per quali ragioni una normativa nazionale che consente al Pubblic Ministero di autorizzare a fini di indagine l’installazione di telecamere in un pubblico dovrebbe porsi in contrasto con una direttiva volta a tutelar Corte di Cassazione – copia non ufficiale
trattamento dei dati personali e dei dati della vita privata nello specifico delle comunicazioni elettroniche.
Sgombrato il campo da questioni aventi carattere preliminare, si p procedere all’esame del primo motivo, comune a tutti i ricorrenti.
A tal fine è necessaria una sintetica esposizione della vicenda processuale
Dall’ordinanza impugnata e dagli atti allegati ai ricorsi e alle mem depositate in vista dell’odierna udienza emerge che, alle 23:55 del 15 giu 2022, personale in servizio presso la Legione carabinieri “Lazio” – Gruppo Ostia – Nucleo investigativo – eseguì una perquisizione ai sensi dell’art d.P.R. n. 309/90 sulla persona di NOME COGNOME e nel furgone da condotto. La perquisizione condusse al sequestro di otto panetti di coca ciascuno del peso di circa 1 kg, e del telefono cellulare Apple I-Phone 13 avente IMEI n. NUMERO_DOCUMENTO, nel quale era inserita la SIM n. 3348405010. Alle ore 1:30 del 16 giugno 2022 Argenziano fu tratto in arresto per il rea cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90. La comunicazione di notizia di reato fu i alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rieti, nel cui circon l’arresto era avvenuto.
Il 16 giugno 2022, il PM incaricato delle indagini convalidò la perquisizion il conseguente sequestro (che la PG operante aveva qualificato come sequestr probatorio), dapprima con timbro in calce, poi con autonomo decreto. L motivazione del decreto di convalida così testualmente recita: «ritenut necessità di acquisire al procedimento quanto meglio indicato nel verbale sequestro (al quale ci si riporta integralmente), in quanto corpo di re comunque, pertinente al reato, necessario per l’accertamento dei fatti. V l’art. 253 c.p.p. Dispone il sequestro di quanto meglio specificato nel verb sequestro…». Questo provvedimento fu notificato ad Argenziano e al difensore fiducia che egli aveva nominato al momento dell’arresto, in perso dell’avv. NOME COGNOME.
Con nota del 20 giugno 2022, facendo seguito alla comunicazione di notizia di reato contenente il verbale di arresto di Argenziano e il verbale di sequ del cellulare, la PG operante chiese alla Procura della Repubblica di Rie essere autorizzata ad effettuare una copia forense della memoria del telefo Segnalò a tal fine che, nella stessa, potevano «essere registrati dati di i ai fini investigativi». Tale attività fu autorizzata dal PM il giorno apponendo in calce alla richiesta la seguente annotazione: «V. si autorizza, modalità irripetibili». Il PM di Rieti, dunque, autorizzò l’estrazione dell forense della memoria dell’apparecchio telefonico in sequestro qualificando co
“irripetibile” tale accertamento. L’avviso del compimento dell’atto irripetib notificato a NOME COGNOME e al difensore che questi aveva nominato momento dell’arresto (avv. NOME COGNOME, ma non anche al difensore che COGNOME aveva nominato, in aggiunta al primo, il 21 giugno 2022, presso l’Ufficio matricola del carcere di Rieti, in persona dell’avv. NOME COGNOME.
Dall’ordinanza impugnata emerge che la Procura della Repubblica di Roma aveva da tempo avviato operazioni di intercettazione telefonica e ambientale n confronti di COGNOME e di altri indagati e, proprio sulla base del contenuto intercettazioni, i carabinieri predisposero il servizio di osservazione, pedina e controllo conclusosi con l’arresto di Argenziano.
Esaminando la documentazione allegata ai ricorsi si apprende quanto segue: in data 4 ottobre 2022, i Carabinieri delegati ad estrarre la copia forense memoria dell’apparecchio telefonico in sequestro, riferirono al PM procedente c «dall’esame del cellulare» era emerso «il coinvolgimento di Argenziano» in un «associazione investigata nell’ambito del proc. pen. n. 30474/2021» de Procura della Repubblica di Roma; il 5 ottobre 2022 il PM di Rieti dispo l’iscrizione di un procedimento per violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309/9 registro mod. 44 (dunque a carico di ignoti); il 14 ottobre 2022, qu procedimento fu trasmesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Roma «per competenza ed unione agli atti del proc. n. 30474/2021».
Nel verbale delle operazioni di analisi della “copia lavoro” dei dati estrap dal telefono I-phone IMEI NUMERO_DOCUMENTO (che reca la data del 19 agosto 2022) si legge che il telefono è stato «posto sotto sequestro in data 15.06. nell’ambito del procedimento penale scaturito dall’arresto di NOME NOME» e l’analisi della “copia lavoro” è stata eseguita «nel contesto indagini di PG condotte dalla D.D.A. di Roma nell’ambito del procedimento penale n. 30474/21 R.G.N.R.». Dall’ordinanza impugnata non risulta che l Procura della Repubblica di Roma abbia emesso un decreto motivato di sequestro ex art. 254 cod. proc. pen. avente ad oggetto la corrispondenza memorizzata nel cellulare in uso ad Argenziano.
Nella prima parte del primo motivo, comune a tutti i ricorsi, la di sostiene che la copia forense della memoria del cellulare sequestrato a Fil Argenziano fu ottenuta con atto irripetibile affetto da nullità perché gli av ex art. 360 cod. proc. pen. non furono notificati a uno dei difensori di fiduc COGNOME aveva nominato e non furono notificati neppure a NOME COGNOME e NOME COGNOME già attinti da indizi di reità quali concorrenti nel reato
all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 per il quale NOME era stato tratto in arre difesa sottolinea che fu lo stesso PM di Rieti ad autorizzare l’estrazione copia della memoria del telefono «con modalità irripetibili».
A questo proposito si deve osservare che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, «L’estrazione di dati archiviati in un suppo informatico, quale è la memoria di un telefono cellulare, non costitui accertamento tecnico irripetibile, e ciò neppure dopo l’entrata in vigore d legge 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l’obbligo di adottar modalità acquisitive idonee a garantire la conformità dei dati informatici acqui a quelli originali, con la conseguenza che né la mancata adozione di t modalità, né, a monte, la mancata interlocuzione delle parti al rigua comportano l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti, ferma la neces valutare, in concreto, la sussistenza di eventuali alterazioni dei dati origin corrispondenza ad essi di quelli estratti» (Sez. 1, n. 38909 del 10/06/2 Marziano, Rv. 282072; Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266477; Sez. 2, n. 29061 del 01/07/2015, COGNOME, Rv. 264572). A ciò deve aggiungersi che, nel caso di specie, il ricorrente non ha neppure ipotizz che nell’acquisizione vi siano stati difetti tecnici tali da comportare l’inaffi dei dati acquisiti.
Nella seconda parte del primo motivo il difensore dei ricorrenti dedu violazione di legge sottolineando che l’acquisizione della copia forense contenuto del cellulare è avvenuta in assenza di un decreto motivato ex art. 254 cod. proc. pen. e, per questa parte, i ricorsi sono fondati.
Secondo il Tribunale distrettuale, convalidando il sequestro del cellul operato dalla PG, il PM di Rieti appose un vincolo reale ex art. 254 cod. proc. pen. «non solo sul “contenitore”, ma anche sulla “corrispondenza” conservata nella sua memoria» (pag. 7 dell’ordinanza impugnata). Per questo non erano necessari provvedimenti ulteriori. Non rileverebbe in contrario la sentenza de Corte costituzionale n. 170 del 2023. Secondo l’ordinanza impugnata, infat (pag. 8), questa sentenza si sarebbe limitata ad estendere le garanzie d all’art. 68 Cost. «alla corrispondenza che riguardi un parlamentare memorizzat in un dispositivo appartenente a terzi sottoposto a sequestro».
Si obietta in proposito:
che, come risulta dall’esame degli atti (del cui contenuto si è rifer par. 5), il sequestro del telefono in uso a NOME COGNOME non fu dispost sensi dell’art. 254 cod. proc. pen., ma fu eseguito dalla PG di iniziati convalidato dal PM ai sensi dell’art. 355 cod. proc. pen. e non fu qualificato
PG procedente come sequestro di corrispondenza ex art. 353 cod. proc. pen., bensì come sequestro probatorio;
che, nel convalidare il sequestro, il PM si limitò a definire il telefono c corpo del reato o cosa ad esso pertinente senza fornire motivazione alcun riguardo alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vinco
che, in seguito, il PM procedente autorizzò la PG ad estrarre «con modalità irripetibili» la copia forense della memoria del cellulare, ma questo atto non h contenuto di un decreto di sequestro di corrispondenza ex art. 254 cod. proc. pen. e si tratta, comunque, di un provvedimento privo di motivazione.
7.1. L’ordinanza impugnata non ha tenuto conto di questi principi dì diritto ha ingiustificatamente sottovalutato il significato della sentenza n. 170/2 della Corte costituzionale, che è stato valorizzato, invece, da tut giurisprudenza successiva.
Nella sentenza n. 23755 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286573 (pag. 32 della motivazione) e nella sentenza n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME Rv. 286589 (pag. 38 della motivazione) le Sezioni unite di questa Corte hanno affermat
che, «quando la prova documentale ha ad oggetto comunicazioni scambiate in modo riservato tra un numero determinato di persone, indipendentemente dal mezzo tecnico impiegato a tal fine, occorre assicurare la tutela previ dall’art. 15 Cost. in materia di “corrispondenza”».
Richiamata la giurisprudenza costituzionale – secondo la quale «quello di “corrispondenza” è concetto ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero umano (idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) t due o più persone determinate, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza» – le Sezioni Unite hanno sottolineato che, secondo la Consulta, tal concetto prescinde dalle caratteristiche del mezzo tecnico utilizzato e si este anche alla posta elettronica e ai messaggi inviati tramite l’applicativo WhatsAp o SMS o sistemi simili, «del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi» p accessibili solo mediante l’uso di codici di accesso o altri meccanismi identificazione (così Corte cost., sent. n. 170 del 2023; nello stesso senso, C cost., sent. n. 227 del 2023 e Corte cost., sent. n. 2 del 2023) e che l’a Cost. assicura la libertà e segretezza «della corrispondenza e di ogni altra fo di comunicazione», consentendone la limitazione «soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge».
A questi principi si è uniformata la giurisprudenza successiva. Si affermato, infatti, che «la messaggistica archiviata nei telefoni cellulari non più essere considerata alla stregua di un mero documento, liberamente acquisibile senza la garanzia costituzionale prevista dall’art. 15 Cost. richiede l’assoggettamento alla disciplina dell’art. 254 cod. proc. pen. impone L.] un provvedimento dell’autorità giudiziaria, necessariamente motivato al fine di giustificare il sacrificio della segretezza della corrispondenza, se possibilità di accesso diretto da parte della Polizia Giudiziaria, che ha s potere di acquisire materialmente il dispositivo elettronico, analogamente quanto previsto per l’invio della corrispondenza postale dall’art. 254, comma cod. proc. pen., fermo quanto disposto dall’art. 353 cod. proc. pen. sull’aper dei plichi o di corrispondenza con l’autorizzazione del pubblico ministero quando ciò sia necessario per l’assicurazione di elementi di prova che potrebbero anda persi a causa del ritardo» (Sez. 6, n. 1286 del 20/11/2024, dep. 2025, Bozzano Rv. 287421 pag. 4 della motivazione).
Nella medesima prospettiva, sono stati ritenuti «affetti da inutilizzabi patologica i messaggi “WhatsApp” acquisiti dalla polizia giudiziaria mediante “screenshor eseguiti con il consenso dell’indagato, ma in mancanza degli avvisi delle facoltà difensive spettanti per l’apertura della corrispondenza, ivi compr quella di rifiutare tale collaborazione, nonché del diritto di essere assistito
difensore. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’acquisizione di t messaggistica con modalità non garantite non è consentita neppure quale prova atipica)» (Sez. 6, n. 1269 del 20/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287504; Sez. 6 n. 39548 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287039; Sez. 2, n. 25549 del 15/05/2024, Tundo, Rv. 286467).
È stato valutato illegittimo, inoltre, il decreto di sequestro probatorio d telefono cellulare col quale il pubblico ministero abbia acquisito la totalit messaggi, filmati e fotografie contenuti nella memoria dell’apparecchio «senza indicare le ragioni per le quali, ai fini dell’accertamento dei reati ipotizz rende imprescindibile la integrale verifica di tutti i predetti dati e si giustif rispetto del principio di proporzionalità, un così penetrante sacrificio del d alla segretezza della corrispondenza. (In motivazione la Corte ha precisato che in tale ipotesi, la nullità del sequestro si estende, ex art. 185 cod. proc. pen., all’acquisizione della copia forense della intera memoria del dispositivo)» (Sez. n. 1286 del 20/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287421, già citata).
Muovendosi all’interno di queste coordinate ermeneutiche si deve concludere che la corrispondenza conservata nella memoria di un telefono cellulare non è acquisibile senza il rispetto della garanzia prevista dall’art. 15 Cost., almeno a quando la comunicazione conserva carattere di attualità e di interesse per corrispondenti. Un carattere che viene meno solo quando il decorso del tempo o altra causa trasforma la corrispondenza in un documento cui può attribuirs valore retrospettivo, affettivo, collezionistico, artistico, scientifico o probato
Applicando i principi illustrati al caso in esame si deve osservare:
che l’ordinanza impugnata ha ricondotto il provvedimento di sequestro convalidato dal PM di Rieti entro l’ambito operativo dell’art. 354 cod. proc. pe senza spiegare le ragioni di tale affermazione;
che il decreto di convalida, ancorché immotivato, è stato ritenuto idoneo ad apporre un vincolo reale, non solo sul “contenitore” (il telefono cellulare), anche sul suo “contenuto”;
che l’acquisizione del contenuto di un telefono cellulare (o comunque di un apparecchio elettronico) è legittima solo se nel decreto sono indicate le ragi che rendono necessario (e proporzionato alla gravità dei fatti oggetto indagine) il sacrifico del diritto alla segretezza alla corrispondenza.
Ad avviso del Collegio, non essendo stato adempiuto l’obbligo di motivazione che deve sorreggere, a pena di nullità, il decreto di sequestro, qu provvedimento è nullo e tale nullità si estende ex art. 185 cod. proc. pen., all’acquisizione della copia forense della memoria del dispositivo. Come noto
infatti, l’inutilizzabilità patologica dalla quale sono affetti gli atti probato “contra legem” (tale è un sequestro di corrispondenza eseguito in assenza di decreto motivato dell’autorità giudiziaria), comporta un divieto di utilizzaz assoluto, non solo nel dibattimento, ma in tutte le altre fasi del procedime comprese le procedure incidentali cautelari (Sez. U, n. 16 del 21/06/200 COGNOME, Rv. 216246).
Non rileva in contrario che il sequestro del telefono sia stato convalida che il decreto di convalida sia stato notificato ad Argenziano e al suo difensor fiducia (l’unico che, al momento della convalida, egli aveva nominato). Se vero, infatti, che, essendo privo di motivazione, il decreto di conva dell’apparecchio telefonico avrebbe potuto essere impugnato e ciò non risult essere avvenuto; è pur vero che, in sede di riesame e nei motivi di ricorso, indagati non hanno formulato doglianze sul sequestro dell’apparecchio telefonico ma sull’ingiustificata compressione della libertà e segretezza d corrispondenza che consegue all’acquisizione dell’intero contenuto della memoria di un telefono in assenza di un decreto motivato dell’Autorità giudiziaria.
Non si può ignorare, peraltro, che il sequestro dell’apparecchio telefonic stato eseguito nell’ambito di un diverso procedimento, aperto dalla Procura de Repubblica di Rieti a carico del solo COGNOME (tratto in arresto nella flag detenzione di 8 kg di cocaina), e che nel processo conseguente all’arresto (ch è svolto di fronte al Tribunale di Rieti) l’analisi della copia forense del con del telefono non è stata indicata come fonte di prova né utilizzata ai fini decisione.
A ciò deve aggiungersi:
che, come emerge dalla lettura del verbale delle operazioni di analisi d dati estrapolati dal telefono sequestrato ad Argenziano, tale attività è eseguita «nel contesto delle indagini di PG condotte dalla D.D.A. di Roma nell’ambito del procedimento penale n. 30474/21 R.G.N.R.»;
che, informata del possibile «coinvolgimento di Argenziano» in una «associazione investigata» dalla GLYPH Procura della Repubblica di Roma (coinvolgimento che la PG ha riferito essere emerso dall’analisi del contenuto cellulare), la Procura della Repubblica di Rieti si limitò ad iscrive procedimento a carico di ignoti, subito trasmesso alla D.D.A. di Roma «per competenza ed unione agli atti».
Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma che dovrà valutare, per ciascun indagato e p ciascuno dei reati in relazione ai quali la misura è stata dispos
l’inutilizzabilità derivata degli indizi derivanti dall’analisi del co dell’apparecchio telefonico sequestrato a NOME COGNOME sia idonea ad
incidere sulla gravità del quadro indiziario.
Il quarto e il quinto motivo dei ricorsi principali e il motivo aggiunto prop in data 6 febbraio 2025 nell’interesse di NOME COGNOME sono assorbit
L’inutilizzabilità dei dati estrapolati dalla copia forense del cellulare ren rilevante la questione di legittimità costituzionale dell’art. 254 cod. proc
prospettata dalla difesa col secondo motivo.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rìmessione in libertà de ricorrenti, ai sensi dell’art. 94, comma 1
ter, d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, deve
essere disposta la trasmissione di copia della sentenza al direttore dell’is penitenziario in cui gli indagati sono ristretti, perché provveda ai sen
comma 1
bis dello stesso articolo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale del riesame di Roma.
Così deciso il 29 maggio 2025
GLYPH
stensore
Il Pr idente