Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34324 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2   Num. 34324  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal
AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo avverso  l’ordinanza  del  Tribunale  di  Bergamo  in  data  3/4/2025  nei  confronti  di  COGNOME NOME, n. a Lurano il DATA_NASCITA
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del AVV_NOTAIO;
letta  la  requisitoria  del  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  AVV_NOTAIO  generale NOME  AVV_NOTAIO,  che  ha  concluso  per  l’annullamento  con  rinvio  del  provvedimento impugnato;
letta la memoria di replica a firma del difensore di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO
 Con  l’impugnata  ordinanza  il  Tribunale  di  Bergamo  ha  annullato  il  decreto  di perquisizione e sequestro emesso dal Pubblico Ministero in data 24/2/2025, disponendo la restituzione a COGNOME NOME del telefono cellulare sottoposto a vincolo probatorio e della copia forense eventualmente estratta.
Ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, il quale ha dedotto l’unico motivo, di seguito riportato nei termini strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.: violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’affermata mancata specificazione del vincolo di pertinenzialità e alla violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza della misura cautelare.
Il ricorrente sostiene che il decreto di perquisizione e sequestro ha specificato che l’apprensione dell’apparecchio cellulare del COGNOME si rendeva necessario al fine di acquisire le eventuali comunicazioni avvenute tra la persona offesa e i colleghi di lavoro con i quali la stessa aveva avuto screzi o dissapori. Aggiunge, con riguardo alla valutazione circa la proporzionalità della misura, che le informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione e la perimetrazione temporale dei dati di interesse costituiscono attività che possono essere effettuate solo ed esclusivamente nella fase esecutiva, alla presenza delle parti e dei consulenti eventualmente nominati, dovendo la Polizia giudiziaria, al momento del sequestro, limitarsi all’apprensione del dispositivo senza alcun accesso ai contenuti del supporto. Il sequestro, pertanto, risulta strumentale all’identificazione e all’estrazione dei dati rilevanti per le indagini che, tuttavia, secondo la prassi, avvengono mediante estrazione della copia forense del telefono effettuata dal consulente informatico e la conseguente analisi sulla copia dei soli dati indicati nel decreto e precisati in contraddittorio. Aggiunge che, nella specie, la decisione del riesame è intervenuta quando i telefoni cellulari erano già stati restituiti per cui non è configurabile alcuna violazione dei diritti del ricorrente il cui interesse, concreto e attuale all’impugnazione cautelare è stato meramente presunto, in assenza di qualsivoglia verifica. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo, preliminare, profilo relativo all’interesse della parte al riesame è infondato.
Il  Pubblico  Ministero  sostiene  che  la  decisione  del  Tribunale  è  intervenuta  allorché l’apparecchio cellulare era già stato restituito e il COGNOME non ha spiegato le ragioni per cui
aveva interesse alla pronunzia. In presenza di decisioni che, nel contesto della specificità dei singoli casi, delineano approdi non sempre conformi, osserva il Collegio che merita continuità l’orientamento secondo cui in caso di sequestro probatorio di un telefono cellulare contenente dati informatici e pur già restituito all’avente diritto previa estrazione di “copia forense”, sussiste di per sé l’interesse di questi a proporre riesame per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi della misura, senza necessità della dimostrazione relativa alla disponibilità esclusiva di quanto ivi contenuto, essendo lo “smartphone” un dispositivo destinato per sua natura a raccogliere informazioni personali e riservate (Sez. 6, n. 17878 del 03/02/2022, Pmt, Rv. 283302 – 01).
Si è in proposito sottolineato che non è consentito sequestrare indistintamente il bene per realizzare una copia identica all’originale, con funzione meramente esplorativa, impedendo il successivo controllo sulla legittimità del sequestro sul presupposto della mera restituzione del “contenitore” dei dati, in quanto la decisione di estrarre copia dei dati informatici è espressione di un’autonoma e discrezionale valutazione dell’autorità giudiziaria, che richiede l’indicazione della rilevanza probatoria di ciò che è stato acquisito e della pertinenza con gli ipotizzati reati (cfr., Sez. 6, n. 41974 del 14/02/2019, Guastella, Rv. 277372 – 01; in senso conforme, Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, Pessotto, Rv. 280838 – 01).
E’ indubbio che l’interesse all’impugnazione nel caso a giudizio e in altri similari interseca la questione della tutela del diritto alla riservatezza e la necessità di individuazione di un punto di equilibrio nel bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco.
In detta prospettiva, l’orientamento qui condiviso appare coerente con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza sovranazionale. La Grande Camera della Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza resa il 4 ottobre 2024 a definizione della causa C-548/21, avente ad oggetto il rinvio pregiudiziale promosso dal Tribunale Amministrativo regionale del Tirolo (Austria), ha stabilito che l’art. 4 della Direttiva UE 2016/680 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 Aprile 2016 sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione e accertamento di reati, di indagine e di perseguimento degli stessi o di esecuzione di sanzioni penali, letta alla luce degli articoli 7 e 8 nonché dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che non contrasta con le norme nazionali che concedono alle autorità competenti la possibilità di accedere ai dati contenuti in un telefono cellulare, a fini di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati in generale, se tale norma definisce in modo sufficientemente preciso la natura o le categorie dei reati in questione, garantisce il rispetto del principio di
proporzionalità, e sottopone l’esercizio di tale possibilità, salvo casi di emergenza debitamente giustificati, al controllo preventivo di un giudice o di un ente amministrativo indipendente.
Nei paragrafi 85 e seguenti della decisione, la Corte ha in particolare rimarcato che il diritto alla riservatezza della vita privata e familiare non è assoluto ma deve essere bilanciato con gli altri diritti fondamentali e ogni limitazione all’esercizio di tali diritti, conformemente all’art. 52 della Carta, deve essere prevista dalla legge e rispettare il contenuto essenziale degli stessi nonché il principio di proporzionalità, in virtù del quale sono ammissibili esclusivamente le limitazioni necessarie e rispondenti effettivamente ad obiettivi d’interesse generale riconosciuti dall’Unione o al bisogno di protezione dei diritti e delle libertà altrui, purché previste da regole chiare e precise che ne disciplinino la portata e l’applicazione. Ha aggiunto che, alla stregua della direttiva 2016/680, sebbene l’accesso ai dati contenuti in un telefono cellulare nell’ambito di un’indagine tesa alla repressione di un reato debba considerarsi rispondente ad un obiettivo d’interesse generale, rilevante ai sensi dell’art. 52, par. 1, della Carta dell’Unione, non può ravvisarsi il carattere della necessarietà quando lo stesso obiettivo può essere ragionevolmente attinto in maniera altrettanto efficace attraverso altri mezzi meno invasivi rispetto ai diritti fondamentali delle persone interessate e con riguardo al principio di proporzionalità, che deve governare le limitazioni poste all’esercizio dei diritti fondamentali, ha richiamato l’imprescindibilità di una valutazione d’insieme degli elementi che caratterizzano il singolo caso, con particolare riguardo al legame esistente tra il proprietario del telefono e il reato ipotizzato ovvero alla pertinenza dei dati rispetto all’accertamento dell’illecito.
La Corte ha, infine, segnalato che un accesso incontrollato ai dati dell’apparato cellulare può fornire informazioni non solo sul traffico telefonico e sulla localizzazione del dispositivo ma anche sulle fotografie e sulla navigazione effettuate oltre che sui messaggi che vi sono conservati ovvero su una mole di dati che riguardano la vita privata del soggetto, le sue abitudini, i luoghi frequentati, gli spostamenti, le attività esercitate, le relazioni e gli ambienti sociali frequentati, senza escludere la possibilità che il telefono contenga dati particolarmente sensibili sull’origine etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose, profili oggetto di specifica considerazione ai sensi dell’art. 10 della direttiva 2016/680.
 Ritenuto,  pertanto,  l’interesse  all’impugnazione  dinanzi  al  Tribunale  del  riesame  in capo al RAGIONE_SOCIALE, il ricorso del Pubblico Ministero deve comunque essere rigettato in quanto infondato.
Il  ricorrente  assume  l’avvenuta  indicazione  nel  decreto  della  necessità  di  acquisire  i cellulari  della  persona  offesa  e  dei  terzi  non  indagati,  colleghi  di  lavoro,  con  i  quali  la denunziante aveva avuto screzi, per verificare i contenuti di eventuali comunicazioni tra gli
stessi utili per le indagini, prospettazione che ha indotto il Tribunale del riesame a qualificare il sequestro come meramente esplorativo in difetto dell’ostensione di elementi specifici idonei a giustificare l’adozione della misura (Sez. 5, n. 9797 del 04/03/2025, R., Rv. 287778 – 02; Sez. 6, n. 1286 del 20/11/2024, dep. 2025, Bozzano, Rv. 287421 – 01).
Infatti, non convince l’assunto del Pubblico Ministero secondo cui l’oggetto delle informazioni da ricercare e la loro perimetrazione temporale sarebbe demandata alla fase di estrazione della copia forense nel contraddittorio tra le parti, dovendo l’ambito dell’esigenza investigativa di ricerca della prova essere già delineato e puntualmente motivato nella fase genetica al fine di apprezzare sia il vincolo di pertinenzialità che la finalità probatoria perseguita oltre che il rispetto del requisito della proporzionalità.
Questa Corte ha condivisibilmente affermato che il sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici postula che il decreto del pubblico ministero, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, debba illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, COGNOME, Rv. 286358 – 03; Sez. 6, n. 17677 del 29/1/2025, COGNOME, Rv. 288139 – 01; Sez. 6, n. 1286 / 2024, cit.).
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato.
La  qualità  di  parte  ricorrente  la  esonera  dalla  condanna  al  pagamento  delle  spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 25 settembre 2025
Il Consigliere estensore                                        Il Presidente
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