Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6599 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6599 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza in data 22/09/2023 del TRIBUNALE DI VERONA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La società RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore (NOME) impugna l’ordinanza in data 22/09/2023 del Tribunale di Verona, che ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza in data 21/07/2023 del G.i.p. del Tribunale di Verona, che aveva rigettato la richiesta di restituzione di un’autovettura (TARGA_VEICOLO Kuga TARGA_VEICOLO. TARGA_VEICOLO) e del conto corrente intestato alla società (n. 1056308818 acceso presso l’agenzia di Sona delle Poste Italiane con un saldo attivo pari a euro 3.481,95), sottoposti a sequestro preventivo in relazione ai reati di cui agli artt. 416, 640-bis e 640-ter.1 cod. pen., siccome contestati a NOME, socia al 100% della stessa società (nonché I.r.p.t.).
Deduce:
Violazione di legge in relazione all’art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen. e all’art. 20 e all’art. 41 del decreto legislativo n. 159/2011.
Ai fini della intelligibilità della questione occorre premettere che il sequestro
preventivo è stato disposto ai fini della confisca per equivalente del profitto dei reati di associazione per delinquere, truffa aggravata ex art. 640-bis cod. pen. e autoriciclaggio per i quali risulta indagata NOME, titolare del 100% delle quote della società RAGIONE_SOCIALE, odierna ricorrente.
Il sequestro veniva disposto ai fini della confisca in via diretta e per equivalente di beni e valori per un importo pari a euro 859.000,00 e, in fase esecutiva, colpiva le quote sociali di cui NOME era titolare oltre che l’autovettura e il conto corrente entrambi intestati alla società.
Il tribunale ha ritenuto che il sequestro di tali beni aziendali trovasse giustificazione nell’art. 20 del decreto legislativo n. 159 del 2011 e nel fatto che la donna, avendo il 100% delle quote sociali, avesse anche la disponibilità dei beni aziendali, in quanto in presenza di una partecipazione totalitaria la società perde qualsiasi autonomia patrimoniale.
1.1. Il primo motivo d’impugnazione si rivolge all’interpretazione dell’art. 20 del decreto legislativo n. 159 del 2011.
Secondo la ricorrente l’estensione ai beni aziendali del sequestro totalitario delle quote sociali previsto dall’art. 20 del decreto legislativo n. 159 del 2011 è applicabile soltanto in occasione del sequestro di prevenzione, ma non anche in relazione a un sequestro cautelare, come nel caso in esame.
Da qui la denunciata violazione di legge, in ragione dell’opposta interpretazione data dal tribunale che, invece, ha ritenuto che quanto disposto dalla norma in esame fosse applicabile anche all’ipotesi di sequestro cautelare.
Aggiunge che la detenzione delle quote totalitarie di una società non equivale automaticamente alla creazione di uno schermo fittizio dietro al quale l’imprenditore totalitario agisce per i propri fini personali, in quanto tale evenienza deve essere dimostrata per ogni singolo caso e adeguatamente motivata.
Deduce, quindi, la violazione di legge in relazione all’argomentazione del tribunale che, invece, rinviene un’equivalenza tra detenzione totalitaria delle quote e creazione di uno schermo fittizio.
Violazione di legge in relazione agli artt. 240-bis cod. pen. e agli artt. 125, 192 e 321 cod. proc. pen..
In questo caso la società ricorrente sostiene che non è stata adeguatamente dimostrata l’interposizione fittizia e l’effettiva titolarità all’indagata della tit dei beni sottoposti a sequestro, in quanto «il Tribunale non ha enucleato le circostanze idonee a dimostrare l’esclusiva disponibilità dei beni aziendali sottoposti a vincolo in capo all’indagata e il relativo uso per finalità extraimprenditoriali. Non risulta alcuno sforzo per sostenere che i suddetti cespiti siano in valore sproporzionati rispetto alle risorse del suo titolare, né che siano stati acquisiti con risorse provento di reato».
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CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
1.1. Il Tribunale ha ritenuto che il sequestro totalitario delle quote sociali importasse l’automatica estensione del vincolo reale anche ai beni aziendali e ciò in applicazione dell’art. 20 del decreto legislativo n. 159 del 2011, ritenuto applicabile anche in caso di sequestro cautelare e non solo in ipotesi di confisca di prevenzione.
A tale proposito, la ricorrente ha correttamente richiamato il principio di diritto già affermato da questa Corte, secondo il quale «in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, il provvedimento che ha ad oggetto la totalità delle quote o delle azioni societarie non comporta automaticamente l’estensione del vincolo cautelare ai beni che costituiscono il complesso aziendale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art. 104-bis, comma 1-bis, disp. att. cod. proc. pen., in tema di amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo, rinvia alle norme di cui al libro I, titolo III del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, che disciplinano l’amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni oggetto di sequestro di prevenzione, ma non all’art. 20 di tale decreto legislativo, che prevede l’estensione di diritto a tutti i b aziendali del sequestro di prevenzione che riguarda partecipazioni societarie totalitarie)», (Sez. 3 – , Sentenza n. 15755 del 15/11/2018 Cc., dep. il 2019, COGNOME, Rv. 276079 – 01).
Nella sentenza ora richiamata è stato osservato che «L’art. 104-bis, comma 1-bis, disp. att. cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 30, comma 2″, lettera b), della legge 17 ottobre 2017, n. 161, prevede che: “Il giudice che dispone il sequestro nomina un amministratore RAGIONE_SOCIALEo ai fini della gestione. Si applicano le norme di cui al libro I, titolo III, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, 159, e successive modificazioni”. Ebbene, tali norme riguardano l’amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, cosicché il richiamo operato deve ritenersi limitato a questi ambiti. Ne consegue che è erroneo operare un riferimento all’art. 41 del d.lgs. n. 159 del 2011, effettivamente compreso nel richiamato titolo III, per sostenere l’estensione di diritto ai beni aziendali de sequestro preventivo delle quote societarie totalitarie. La disposizione non prevede, infatti, una tale estensione, in quanto, per la parte che qui rileva, si limita a disporre ai fini della gestione delle aziende sequestrate, che: “Nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto aziende di cui agli articoli 2555 e seguenti del codice civile, anche per effetto del sequestro avente a oggetto partecipazioni societarie, l’amministratore RAGIONE_SOCIALEo è scelto nella sezione di esperti in gestione aziendale dell’RAGIONE_SOCIALE“. La norma, in altri termini, non afferma che il sequestro di partecipazioni societarie abbia come automatica conseguenza quello dell’azienda, ma solo prende atto della possibilità che una
siffatta conseguenza si verifichi per effetto di altre disposizioni che siano applicabili nel caso concreto. E tale non è l’art. 20 del citato decreto legislativo, in quanto non richiamato dall’art. 104-bis, comma 1-bis, disp. att. cod. proc. pen., perché ricornpreso nel titolo II del libro I dello stesso decreto legislativo e non nel titolo l’art. 20 effettivamente prevede l’estensione di diritto a tutti i beni costituit azienda del sequestro avente ad oggetto partecipazioni sociali totalitarie, ma il suo ambito di applicazione deve essere limitato al sequestro di prevenzione e non può essere esteso fino a ricomprendere sequestro cautelare. Si tratta di un’interpretazione che trova giustificazione anche in base alle diverse rationes dei due sistemi, essendo il sistema cautelare regolato dal principio della proporzionalità rispetto all’entità dell’illecito profitto conseguito attraverso il reato».
2. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
2.1. Va nuovamente premesso che il sequestro preventivo di che trattasi è stato disposto ai fini della confisca per equivalente del profitto dei reati d associazione per delinquere, truffa aggravata ex art. 640-bis cod. pen. e autoriciclaggio per i quali risulta indagata NOME, titolare del 100% delle quote della società RAGIONE_SOCIALE, odierna ricorrente.
Proprio dal sequestro della totalità delle quote sociali il RAGIONE_SOCIALE e il Tribunale fanno discendere l’estensione “automatica” del sequestro ai beni aziendali, nella specie di un’autovettura e di un conto corrente.
La ricorrente, però, ha correttamente obiettato che il sequestro delle quote sociali -ancorché totalitario- non implica l’automatica estensione del vincolo ai beni aziendali.
In tal senso vanno richiamati i principi più volte affermati da questa Corte con riferimento alla individuazione dei beni serviti per commettere il reato: ai fini della legittimità del sequestro preventivo di una società, per l’appunto, occorre dimostrare il durevole asservimento della stessa e del suo patrimonio alla commissione delle attività illecite, quale società strutturalmente illecita o di comodo (cfr. sez.6, n. 20244 del 8/2/2018, Fedele, Rv. 273268, in cui, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto illegittimo il sequestro preventivo delle quote sociali e del patrimonio di una società di professionisti, disposto in relazione al reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di corruzione, turbativa d’asta e falso in atto pubblico, rilevando che detta società risultava occasionalmente coinvolta nella commissione di un numero ridotto di delitti-scopo, cosicchè ciò non consentiva di connotare in senso esclusivamente illecito l’operatività della persona giuridica; sez. 5, n. 5868 del 11/2/2018, dep. 2019, COGNOME Vincenzo, Rv. 275496, in cui, in tema di bancarotta fraudolenta, si è affermato essere illegittimo il sequestro preventivo totalitario delle quote di una società, indicata come destinataria di beni distratti dalla società fallita, laddove sia
disposto a prescindere dall’accertamento del collegamento strumentale tra il reato fallimentare e la cosa sequestrata e per un valore eccedente quello attribuito ai beni distratti).
Più di recente è stato ulteriormente specificato che «Il sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 648-ter cod. pen., pu riguardare una intera società e il relativo compendio aziendale quando sia riscontrabile un inquinamento dell’intera attività della stessa, così da rendere impossibile distinguere tra la parte lecita dei capitali e quella illecita», (Sez. 2 Sentenza n. 27228 del 15/09/2020, Lolaico, Rv. 279650 – 01).
Sulla base di tali principi, dunque, si può affermare che è necessaria la sussistenza di un nesso di specifica, non occasionale e non mediata strumentalità tra il bene e la condotta criminosa, da valutare anche verificando la rispondenza della misura cautelare adottata ai principi di adeguatezza e proporzionalità rispetto alla finalità della stessa (cfr. sez. 6, n. 17763 del 13/12/2018, dep. 2019, Arrigo Antonino, Rv. 25886).
Tale approfondimento manca nel caso in esame, dove i giudici del merito hanno esteso il sequestro ai beni sociali adagiandosi sull’assunto di un automatismo previsto per le misure di prevenzione ma non anche per le misure cautelari.
Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al tribunale per nuovo giudizio che terrà conto dei rilievi fin qui esposti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Verona competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p..
Così deciso in data 15/01/2024
Il Consigliere est.
GLYPH La Presidente