Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6577 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6577 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 19/01/2023 del TRIB. LIBERTA’ di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza del 19 gennaio 2023 il Tribunale del riesame di Bari ha confermato il decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di B del 5 marzo 2021 di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta profitto, pari ad C 2.203.078,77, dei reati tributari ex artt. 10-ter (cap comma 1 (capo 3), 2, comma 1 (capo 4), 8 (capi da 5 a 7), 5, comma 1 (capo 8), d.lgs. n. 74 del 2000, commessi da COGNOME COGNOME, quale presidente del Consigli di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dalla sua costituzione sino al novembre 2018, nonché di amministratore della RAGIONE_SOCIALE; COGNOME COGNOME, nella sua qualità di consigliere delegato della RAGIONE_SOCIALE relativamente ai periodi di imposta 2016 e 2017, nonché di amministratore dell RAGIONE_SOCIALE; COGNOME NOME, quale liquidatore della RAGIONE_SOCIALE dal 28 novembre 2018 al 12 febbraio 2019, data della dichiarazio di fallimento di tale società.
In subordine, in caso di incapienza, è stato disposto il sequestro preven finalizzato alla confisca per equivalente dei beni mobili e immobili nella disponib COGNOME NOME, sino ad C 1.860.563,32, COGNOME NOME, sino ad C 342.515,21, e COGNOME NOME, sino ad C 264.522,14.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore de curatore fallimentare della RAGIONE_SOCIALE
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 12-bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e la mancanza assoluta di motivazione sulla ritenuta legittimità decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto dei tributari contestati; non sarebbe stato applicato, al denaro acquisito dalla c fallimentare alla massa attiva della procedura concorsuale, il limite di cui a 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 trattandosi di beni che appartengono a una perso estranea al reato.
Il Tribunale del riesame avrebbe erroneamente ritenuto che la curatela d fallimento avrebbe solo l’amministrazione, la gestione e la disponibilità del de in sequestro e non la titolarità formale o la proprietà dei beni nella massa a
Il concetto di appartenenza di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 non coinciderebbe con quello di proprietà: i beni acquisiti alla massa attiva sare della curatela del fallimento ex art. 42 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, come riten anche da Sez. U, n. 45936 del 26 settembre 2019, che avrebbe riconosciuto l legittimazione del curatore fallimentare a richiedere la revoca del seque preventivo, in forza del potere di fatto e della conseguente relazione sostan con i beni fallimentari.
La giurisprudenza di legittimità avrebbe più volte riconosciuto l’applicabi del limite di cui all’art. 12-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000 alle ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni nella massa attiva fallimento.
L’ordinanza impugnata, nell’escludere l’inapplicabilità dell’art. 12-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, sarebbe errata in quanto la ricorrente avr documentato e provato che:
alla data di esecuzione del sequestro, il 22 dicembre 2022, era già s dichiarato il fallimento della RAGIONE_SOCIALE (con sentenza del Tribun di Bari n. 14 del 12 febbraio 2019);
alla data di apertura della procedura concorsuale la società fallita non dispo di alcun attivo patrimoniale;
soltanto dopo sette mesi dalla dichiarazione di fallimento la curatric fallimento avrebbe acceso un conto corrente bancario intestato alla procedura, c saldo iniziale nullo;
su tale conto corrente non sono mai transitate somme di denaro riconducibili al gestione societaria anteriore al fallimento;
la curatela fallimentare non ha mai avuto la disponibilità del profitto dei contestati ai legali rappresentanti della società in bonis, ma soltanto a partire dal 10 ottobre 2019 l’organo della procedura ha iniziato a recuperare i credit spettanza della società fallita, confluiti nella massa attiva del fallimento;
di detti crediti l’importo maggiore, pari a circa un milione di euro, deriva accordo transattivo stipulato dalla curatela con alcuni sindaci e revisori legal COGNOME, in conseguenza dell’azione di responsabilità ex art. 146, comma 2, I. fall., esperibile unicamente dal curatore del fallimento;
l’organo della procedura concorsuale è estraneo ai reati contestati amministratori della società in bonis.
Pertanto, le somme presenti nella massa attiva del fallimento non sarebber suscettibili di sequestro ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen.
Sarebbe inconsistente il rilievo contenuto nell’ordinanza impugnata cir l’irrilevanza dell’origine lecita delle somme cadute in sequestro, in quan questione verterebbe sull’applicabilità del limite ex art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000.
Sarebbe errata la motivazione dell’ordinanza nella parte in cui il Tribunale riesame ha ritenuto che la legittimazione del curatore ex art. 324 cod. proc. pen. non importerebbe il riconoscimento della sua titolarità formale dei b fallimentari. Invece, la legittimazione sarebbe, di contro, strettamente coll all’appartenenza dei beni alla curatela ed escluderebbe la possibilità di proced
sequestro ex artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. ex art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000.
Non varrebbe a dimostrare il contrario l’orientamento della giurisprudenz richiamato dal Tribunale del riesame, secondo cui il sequestro preventi finalizzato alla confisca prevarrebbe sulla procedura fallimentare, anche quest’ultima fosse intervenuta precedentemente alla misura cautelare. questione non sarebbe la prevalenza o meno del sequestro, ma l’applicabilità denaro acquisito dalla curatela fallimentare del limite di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, comunque non escluso anche ove si volesse ritenere la prevalenz del sequestro sulla procedura concorsuale.
L’ordinanza impugnata sarebbe viziata da mancanza assoluta di motivazione per non aver risposto ai motivi di riesame, essendosi limitata a invocar prevalenza del sequestro sul fallimento, senza vagliare la questi dell’applicabilità dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 321, comma 2 cod. proc. pen. e 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e la mancanza assoluta di motivazione sul motivo con cui si dedusse l’illegittimità del sequestro in quan somme acquisite nella massa attiva del fallimento non costituirebbero il prof dei reati tributari contestati ai legali rappresentati della RAGIONE_SOCIALE neppure sotto forma di risparmio di spesa.
Dopo i richiami ad alcuni orientamenti della giurisprudenza a sostegno de motivo, si afferma che le poste attive sono confluite nella massa fallimentare in minima parte per l’attività di recupero dei crediti realizzata dalla cura somme derivano soprattutto dall’esperimento dell’azione ex art. 146, comma 2, I. fall., che ha come esclusivo legittimato il curatore del fallimento, e dalle tran poi concluse.
Il denaro acquisito alla massa fallimentare dopo la consumazione dei rea tributari non potrebbe qualificarsi come profitto di detti reati ed essere ogg vincolo di indisponibilità ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen.
All’udienza del 31 maggio 2023, tenuto conto anche della richiesta d AVV_NOTAIO Generale, il processo è stato rinviato a nuovo ruolo in attesa decisione da parte delle Sezioni Unite all’udienza del 22 giugno 2023, de seguente questione: «Se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare l’avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell’apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro
debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta».
All’esito della pronuncia delle Sezioni Unite, con la requisitoria scritta ottobre 2023, il AVV_NOTAIO Generale ha depositato una nuova requisitoria scri chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
1.1. Seppure in termini parzialmente diversi dalla questione di diritto ogge della sentenza di Sez. U, n. 40797 del 22/06/2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 285144 – 01, la ricorrente – deducendo la violazione dell’art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 e la mancanza assoluta di motivazione, per non ave ritenuto il Tribunale del riesame che al denaro acquisito dalla curatela fallime alla massa attiva della procedura concorsuale, dovesse applicarsi il limite d alla disposizione citata per i beni che appartengono a una persona estranea reato – propone una tesi non accolta nella sentenza delle Sezioni Unite.
Le Sezioni Unite hanno affermato il principio per cui «L’avvio della procedur fallimentare non osta all’adozione o alla permanenza, se già disposto, provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa ai r tributari».
In motivazione, le Sezioni Unite hanno affermato, in estrema sintesi, che seguito della dichiarazione di fallimento la titolarità dei beni resto in capo al sino al momento della vendita fallimentare per i beni o del riparto dell’attivo denaro. Di tal che, non si realizza la condizione di «appartenenza ai ter richiesta dall’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 – che inibisce l’adozione del provvedimento ablatorio della confisca (cfr. Sez. U, n. 40797 del 22/06/2023, motivazione, par. 9.1. del Considerato).
I beni del fallito, sebbene acquisiti alla procedura concorsuale, non poss qualificarsi come «beni appartenenti a persona estranea al reato», di modo che curatore diviene mero gestore-detentore dei beni dell’imprenditore (par. 9.2. d motivazione).
Le Sezioni Unite hanno, altresì, affermato che il curatore fallimentare «n può disporre dei beni costituenti l’attivo della massa fallimentare per la sem ragione che detti beni (rectius, il loro valore), costituendo il profitto del reato vanno sottratti alla liquidazione giudiziale ed all’amministratore pro-tempore del patrimonio della società dichiarata fallita, ossia al curatore, per evitare a paradossale conseguenza di rendere disponibile (e commerciabile mediante la vendita fallimentare) un bene costituente profitto di un illecito penale, sottrae
alla conseguenza sanzionatoria obbligatoriamente prevista dalla legge, ossia definitiva confisca, purché ovviamente ne sussistessero ab origine le condizioni legittimanti; e alla sola verifica di tali condizioni è preordinata la legittima impugnare del curatore, non precludendo quindi la stessa sequestrabilità, n importa se antecedente o successiva alla procedura di apertura della liquidazi giudiziale, dei beni» (cfr. par. 9.5. della motivazione).
1.2. In base ai principi affermati dalle Sezioni Unite, deve ritenersi che il di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 non si applichi ai beni acquisiti dal curatela del fallimento della società destinataria del provvedimento di seque preventivo finalizzato alla confisca, non potendosi detti beni consider appartenenti a persona estranea al terzo.
1.3. Però, secondo quanto affermato da Sez. U, n. 40797 del 22/06/2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 285144 – 01, ai fini della confisca, assume rilevanza il criterio della effettiva disponibilità dei beni, ma quel ampio, della non estraneità al reato tributario del fallito, che conserva la ti dei beni attratti alla massa fallimentare sino alla conclusione della procedura par. 9.5. della motivazione).
Ciò, tanto più nel caso in esame, in cui – stando a quanto riportato in a dei capi di imputazione – almeno parte delle condotte delittuose è stata commes a vantaggio dell’ente, il quale, dunque, non può dirsi estraneo al reato.
Il secondo motivo è, invece, fondato.
2.1. Nonostante la prevalenza – nei termini indicati da Sez. U, n. 40797 22/06/2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 28514 – del sequestr preventivo sulla procedura fallimentare, residua in ogni caso, secondo t sentenza (cfr. par. 13 della motivazione) la possibilità per la curatela del fal di dedurre la sussistenza di condizioni ostative alla confiscabilità dei beni, r all’assenza del fumus del reato ipotizzato nell’imputazione cautelare o alla configurabilità del periculum in mora.
2.2. Il ricorrente ha dedotto che le somme sequestrate non posson considerarsi profitto del reato in · quanto tutte le poste attive della fallimentare, come accertato dal Tribunale del riesame, sono confluite su un co corrente intestato e acceso dalla curatela mesi dopo la dichiarazione di fallim e sono frutto soprattutto dell’esperimento dell’azione ex art. 146, comma 2, I. fari., a legittimazione esclusiva del curatore, nei confronti dei sindaci, e della succ transazione.
Il ricorrente ha dedotto una condizione ostativa alla confiscabilità dei ben
2.3. Le deduzioni del ricorrente sono fondate perché le somme percepite dalla curatela per effetto della transazione non possono considerarsi in alcun modo il profitto dei reati tributari.
2.3.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, il profitto nei reati tributari consiste nel risparmio di spesa conseguente all’omesso versamento delle imposte, sicché si è ritenuto (Sez. 3, n. 42616 del 20/09/2022, L’Angolana, Rv. 283714), in applicazione dei principi di Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, che possa procedersi alla confisca diretta, ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, delle somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante.
2.3.2. Tale principio, però, può valere quando le somme di denaro affluite successivamente al reato sui conti correnti della società siano relativi all’attività societaria, perché in tal modo si verifica quella confusione descritta da Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, in relazione all’accrescimento patrimoniale, che giustifica la confisca diretta del denaro a causa della sua fungibilità.
2.3.3. Risulta dai documenti acquisiti che alla data di apertura della procedura concorsuale, la società fallita non disponeva di alcun attivo patrimoniale e che alla data del decreto di sequestro preventivo non vi era nulla da sottoporre a vincolo.
La quasi totalità del denaro sequestrato – pari ad un milione di euro – è costituito dall’adempimento di un contratto transattivo stipulato con alcuni sindaci e revisori legali della società fallita in conseguenza dell’azione di responsabilità ex art. 146, comma 2, I. fall., esperibile unicamente dal curatore del fallimento ed è confluito sul conto corrente intestato alla curatela del fallimento rispetto al quale, allo stato, gli indagati non hanno e non possono avere alcuna disponibilità.
2.3.4. La transazione, poi, oltre ad essere successiva al decreto di sequestro, ha la sua fonte in un’azione ex art. 146 I. fall. esperita dal curatore fallimentare nei riguardi dei sindaci e revisori legali della RAGIONE_SOCIALE.
Secondo la costante giurisprudenza, l’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 I. fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 (nel caso in esame, in combinato disposto con l’art. 2407) cod. civ. – avente natura contrattuale – e 2394 cod. civ. – avente, invece, natura extracontrattuale – a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, in relazione alle qual assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma, quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali (cfr. Sez. 1 civ., n. 23452 del 20/09/2019, Rv. 655305-02, nonché Sez. 1 civ., n. 24715 del 04/12/2015, Rv. 638140-01).
Con specifico riguardo alla responsabilità ex art. 2407 cod. civ., inoltre, la Corte di cassazione civile ritiene che, al fine di affermare la responsabil sindaci di società per il loro illegittimo comportamento omissivo, è necessa accertare il nesso causale tra il comportamento illegittimo degli stessi conseguenze che ne siano derivate, a tal fine occorrendo verificare che un dive e più diligente comportamento dei sindaci nell’esercizio dei loro compiti (tra c mancata tempestiva segnalazione della situazione agli organi di vigilanza ester sarebbe stato idoneo ad evitare le disastrose conseguenze degli illeciti comp dagli amministratori (Sez. 1 civ., n. 24362 del 29/10/2013, Rv. 628207-01 nonché, da ultimo, Sez. 1 civ., n. 18770 del 12/07/2019, Rv. 654662-02).
2.3.5. Sia con riguardo all’azione sociale di cui agli artt. 2393 e 2407 cod. sia all’azione di responsabilità extracontrattuale ex art. 2394 cod. civ., dunque, il curatore del fallimento, agendo in giudizio ex art. 146 I. fall., fa valere e chiede il ristoro del danno subito dalla società fallita per l’attività ille amministratori o degli organi di controllo, che è ontologicamente incompatibile c la nozione di profitto nel reato tributario, costituito dal risparmio d conseguito dall’omesso versamento dei tributi.
La somma di € 1.000.000,00, acquisita dalla curatela in forza del contrat transattivo, successivo alla data di emissione del sequestro, costitui risarcimento di un danno provocato alla società e ai creditori sociali dai sind revisori legali della prima, i quali non hanno impedito, vigilando, il compime degli illeciti compiuti dagli amministratori, fra cui i reati tributari contesta può, pertanto, ritenersi profitto dei reati ascritti agli imputati, come tale di sequestro finalizzato alla confisca.
Le somme di denaro in sequestro non sono il frutto dell’attività sociale e possono costituire il risparmio di spesa derivante dai reati tributari contrario, derivano da un’attività di recupero per effetto dell’esercizio dell di responsabilità contrattuale ed extra contrattuale – poi conclusa c transazione – a cui è legittimato esclusivamente il curatore fallimentare, proprio a sanzionare quelle condotte illecite che di fatto hanno consentit commissione dei reati.
2.4. La situazione di fatto che caratterizza il presente ricorso è diversa sui cui si sono pronunciate le Sez. U, con la sentenza n. 40797 del 2023, n quale il sequestro era fondato sull’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 ed era cad alcune partecipazioni societarie dei soci illimitatamente responsabili della fallita, anch’essi dichiarati falliti, nonché su un immobile di proprietà di predetti soci; il tutto, a seguito di un’azione revocatoria che la curatela fall aveva esperito per far dichiarare l’inefficacia degli atti di conferimento di de in un trust, precedentemente alla dichiarazione di fallimento.
In tale ipotesi, pertanto, i beni sequestrati non solo non erano costituiti da denaro, ma rappresentavano proprio il materiale profitto del reato contestato.
In conclusione, l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro preventivo emesso in data 5 marzo 2021 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari devono essere annullati senza rinvio limitatamente alla somma di euro 1.000.000, rinvenuta sul conto corrente bancario intestato alla curatela fallimentare; di tale somma va disposta la restituzione alla curatela fallimentare.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata e il decreto di sequestro preventivo emesso in data 5.3.2021 dal Gip del Tribunale di Bari limitatamente alla somma di euro 1.000.000, disponendone la restituzione alla curatela fallimentare.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 24/10/2023.