Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31274 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31274 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Frosinone il 27/12/1984
avverso l’ordinanza del Tribunale per il riesame di Verbania del 22/04/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata del 22 aprile 2025, il Tribunale di Verbania ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME in relazione al sequestro preventivo della somma di Euro 78.460,00 ritenuta (parte) del profitto del reato di bancarotta patrimoniale per distrazione, quantificato in complessivi Euro 619.649,00, iscritto a carico del predetto, in concorso con altri ed in relazione alle somme al medesimo erogate, a titolo di compenso per prestazioni professionali, reputate fittizie, nell’ambito delle vicende relative a RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE sottoposta a liquidazione giudiziale con sentenza del Tribunale di Verbania del 25 maggio 2023.
1.1. Dal testo dell’ordinanza impugnata risulta come a carico dell’indagato fosse stato già emesso decreto di sequestro probatorio delle medesime somme rinvenute il 20 marzo 2024 occultate nel baule di un’auto nel corso di una perquisizione, disposta dal pubblico ministero, operata presso l’abitazione di NOME COGNOME in Torrice, INDIRIZZO e di altri reperti (timbro, apparecchi e strumenti informatici, documenti), annullato dal Tribunale del riesame esclusivamente sul punto dell’esigenza dimostrativa connessa alla misura reale, laddove, invece, la solidità del costrutto indiziario ed il periculum in mora hanno giustificato il vincolo sulla provvista rinvenuta.
In particolare, nel più ampio contesto delle condotte di spoliazione di RAGIONE_SOCIALE, riferibili a diversi indagati, l’ordinanza impugnata:
focalizza il ruolo svolto dall’avvocato NOME COGNOME beneficiario della complessiva somma di Euro 399.960,00 disposta attraverso bonifici della predetta società, nell’arco temporale dal 7 al 30 novembre 2022, riportanti la causale relativa a “contenziosi civili e penali” et similia, laddove, invece, i successivi accertamenti avevano rivelato l’assenza di qualsivoglia prestazione professionale effettivamente svolta dall’indagato per conto della società, non dispiegando al riguardo efficacia alcuna le produzioni difensive; società, peraltro, già all’epoca in decozione, ben nota all’indagato il cui padre, il coindagato NOME COGNOME aveva patrocinato il 9 novembre 2022 l’atto di rinuncia all’opposizione tributaria, proposta dalla medesima COGNOME, avverso ruoli fiscali ormai esecutivi per oltre dieci milioni di Euro;
evidenzia, altresì, le modalità di rinvenimento della provvista sequestrata a NOME COGNOME, occultata all’interno dell’auto AUDI TARGA_VEICOLO, trasferita in una via limitrofa all’abitazione poco prima della perquisizione e le cui chiavi erano state rinvenute in una scatola di biscotti;
dà atto della produzione di memorie, nelle more della trattazione del riesame, provenienti (anche) dall’indagato, finalizzata alla ricostruzione minuziosa delle 926 “formalità” esperite da NOME COGNOME in favore della società.
1.2. All’esito della valutazione del riesame e delle memorie, il Tribunale ha rigettato l’impugnazione.
Avverso l’ordinanza indicata del Tribunale di Verbania ha proposto ricorso l’indagato, con atto a forma del difensore, Avvocato NOME COGNOME affidando le proprie censure a due motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., ai quali si premette la ricostruzione della vicenda processuale.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio della motivazione in riferimento ai presupposti del sequestro preventivo del profitto del reato di cui agli artt. 322, lett. a), 326 commi 1 e 2 D. Igs. 14/2019.
Contesta, in primis, l’esecuzione della misura cautelare reale sulle somme già oggetto di restituzione in seguito all’annullamento del sequestro probatorio, statuito per l’assenza della dimostrazione di pertinenzialità, in difetto di prova che la predetta provvista costituisca profitto del reato per cui si procede. Evidenzia, al riguardo, la notevole distanza temporale tra i fatti oggetto di provvisoria incolpazione e l’apprensione delle somme, tale da rendere meramente presuntiva la prova della pertinenzialità con il reato per cui si procede, e l’assenza di elementi nuovi rilevanti sul punto.
Deduce, quindi, la mera apparenza della motivazione rassegnata al riguardo nell’ordinanza impugnata, anche tenuto conto dello storno, pari all’importo di Euro 281.000,00, disposto dall’indagato il 29 novembre 2022 in favore della società e della riconducibilità di parte della somma sequestrata alla madre del ricorrente.
Evidenzia, altresì, come il deficit di pertinenzialità precluda l’adozione del sequestro impeditivo.
2.2. Con il secondo motivo, deduce analoga censura in riferimento all’elemento soggettivo del reato.
Deduce l’insussistenza di indici sintomatici del dolo di concorso, tenuto conto dell’attività professionale effettivamente prestata dall’indagato, delle interlocuzioni tenute con la curatela e dello storno di somme in favore della medesima effettuato.
Con istanza tempestivamente depositata, il difensore dell’indagato ha richiesto la trattazione orale del ricorso.
Con nota del 28 agosto 2025, il difensore ha rinunciato alla discussione orale.
Il lsettembre 2025 è pervenuto atto di nomina dell’Avvocato NOME COGNOME con revoca del precedente difensore, non autenticato nella firma.
L’indagato ha confermato personalmente la nomina dell’Avvocato NOME COGNOME
Il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, NOME COGNOME ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Va, preliminarmente, osservato che si è proceduto alla trattazione orale del ricorso, nelle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen., come tempestivamente richiesto dal difensore.
1.1. Come già chiarito da questa Corte (Sez. 2, n. 42410 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282207 – 01), in tema di procedimento innanzi alla Corte di cassazione, nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, la richiesta di trattazione orale deve considerarsi irretrattabile atteso che, in caso contrario, non sarebbe possibile rispettare i termini previsti dall’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, per la forma di trattazione alternativa, caratterizzata dall’instaurazione di un contraddittorio meramente cartolare, con necessità di differire ulteriormente la trattazione, incidendo sulla durata del procedimento in pregiudizio del bene tutelato dall’art. 111, comma secondo, Cost. (V. anche Sez. 6, n. 22248 del 18/05/2021, L., Rv. 281520 – 01).
1.2. Siffatta ratio resta immutata anche in riferimento alla disciplina introdotta dal D. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal D.L. 29 giugno 2024, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 2024, n. 120, atteso che, ove si consentisse il mutamento del rito per effetto della rinuncia unilaterale alla discussione, verrebbero leso il diritto di difesa delle altre parti che hanno riposto
legittimo affidamento sulla possibilità di rassegnare conclusioni orali, non provvedendo al deposito di conclusioni scritte; affidamento nella disposta trattazione orale legittimamente riposto, nel caso in esame, dal Procuratore Generale, che non ha depositato le proprie conclusioni.
2.11 ricorso è fondato limitatamente al primo motivo.
3.11 secondo motivo è proposto fuori dei casi previsti dalla legge.
3.1. Nel contestare il vizio di motivazione sull’elemento soggettivo del reato, il ricorrente trascura di considerare lo standard dimostrativo richiesto in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, secondo cui al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente alla sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie contestata, compreso quello soggettivo – che, nella specie, è integrato dal dolo generico – essendo sufficiente, a tal proposito, dare atto dei dati di fatto che non consentono di escludere “ictu °cuti” la sussistenza di siffatto elemento (V. ex multis Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, COGNOME, Rv. 276015 – 01).
3.2. E, alla stregua del predetto parametro, il provvedimento impugnato non si espone a censure, risultando ampiamente argomentata la sussistenza di specifici indicatori del dolo generico di bancarotta, ravvisato in una sequenza di bonifici, per rilevanti importi, circoscritti entro un arco temporale concentrato (dal 9 al 30 novembre 2022) ed immediatamente coincidente, nell’esordio, all’atto di rinuncia all’opposizione tributaria, formalizzato proprio il 9 novembre 2022 dal coindagato NOME COGNOME padre del ricorrente e a sua volta coinvolto nelle vicende distrattive dell’impresa.
Del pari insindacabile la motivazione rassegnata riguardo la fittizietà delle causali rassegnate a sostegno degli atti dispositivi, dando ampiamente conto il Tribunale del riesame della assoluta inidoneità delle produzioni difensive a giustificare il titolo apparentemente esposto nei bonifici, relativo ad asserite prestazioni professionali, posto che non risulta che l’indagato abbia patrocinato, in qualità di avvocato, gli interessi della società. Né alcun rilievo, sul punto dell’esclusione ictu °culi del dolo concorsuale di bancarotta, dispiega la dedotta restituzione dell’importo di euro 281.000,00, disposto dall’indagato il 29 novembre 2022, trattandosi – al più – di una parziale riparazione della condotta di depauperamento, che lascia impregiudicata la consapevolezza e volontà della natura distrattiva della residua somma, ingiustificatamente percepita.
Siffatto incedere dell’argomentazione s’appalesa del tutto aderente al metodo di verifica dell’elemento soggettivo del reato poiché rende evidente come il Tribunale abbia accertato l’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo ed il dolo generico valorizzando la ricerca di “indici di fraudolenza”, puntualmente rinvenuti nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto all’indagato; nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività, consistente nell’erogazione di ingenti somme fittiziamente giustificate, rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, in tal guisa dando corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, COGNOME, Rv. 270763 – 01).
Nel resto, le censure de ricorrente tendono a riproporre una diversa ricostruzione dei fatti, preclusa in questa sede.
Il secondo motivo è, pertanto, inammissibile.
Il primo motivo è, invece, fondato, nei termini di seguito illustrati.
4.1 Va, preliminarmente, rilevata l’inammissibilità delle censure che, in più punti del primo motivo e senza articolare un’eccezione di preclusione, contestano la sottoposizione a sequestro preventivo dello stesso corpus già oggetto del sequestro probatorio annullato.
La deduzione è, da un punto di vista generale, manifestamente infondata, in quanto l’annullamento del provvedimento di sequestro probatorio di un bene non preclude l’emissione, in relazione al medesimo bene, di un provvedimento di sequestro preventivo, nel caso in cui ricorrano le condizioni per l’adozione di siffatto provvedimento ablativo, diversi essendo le finalità e i presupposti applicativi delle due misure (Sez. 3, n. 11803 del 02/03/2023, Ingrassetto, Rv. 284358 – 01); dall’altro, è aspecifica laddove non evidenzia, con sufficiente chiarezza, le ragioni che hanno determinato l’annullamento del sequestro probatorio sì da potersene ritenere l’inferenza con la delibazione dei diversi presupposti del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato.
Al riguardo, è solo il caso di rilevare come il connotato della pertinenzialità si declini diversamente con riferimento alla funzione probatoria e a quella preventiva.
In particolare, il denaro costituente corpo del reato può essere oggetto di sequestro probatorio a condizione che sia data idonea motivazione non solo della
sussistenza del nesso di derivazione o di pertinenza fra la somma sottoposta a sequestro ed il reato, ma anche delle specifiche esigenze probatorie in relazione alle quali è necessario sottoporre a vincolo il denaro rinvenuto (Sez. 6, n. 21122 del 29/03/2017, COGNOME, Rv. 270785 – 01), nel solco del principio, autorevolmente ribadito, per cui il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548 – 01).
E, nel caso in esame, il ricorrente si limita a postulare una preclusione di cui non denuncia le coordinate, redendo evanescente il profilo di doglianza.
4.2. Coglie, invece, il senso della recente riflessione sulle peculiarità del sequestro di somme la censura che attinge il nesso di derivazione del compendio sequestrato dal reato di bancarotta patrimoniale per cui si procede.
4.2.1. Come anticipato, nell’ambito di un procedimento per plurimi fatti di bancarotta patrimoniale a carico di diversi soggetti, tra cui l’odierno ricorrente, è stata sottoposta a sequestro la somma di euro 78.460,00, ritenuta (parte) del profitto del reato di bancarotta per distrazione, quantificato in complessivi Euro 619,649,00, iscritto a carico del predetto in relazione alle somme al medesimo erogate, a titolo di onorario per prestazioni professionali, reputate fittizie, nell’ambito delle vicende relative a RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE sottoposta a liquidazione giudiziale con sentenza del Tribunale di Verbania del 25 maggio 2023.
Dal testo dell’ordinanza impugnata risulta come la provvista sia stata rinvenuta all’esito della perquisizione domiciliare del 20 marzo 2024, occultata nel vano portabagagli dell’auto in uso all’indagato, parcheggiata in una strada limitrofa all’abitazione.
4.2.2. Trattandosi di sequestro, finalizzato alla confisca, di somma di denaro reputata profitto del reato la soluzione delle questioni poste con il primo motivo deve essere indirizzata dai principi affermati delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 13783 del 26 settembre 2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. Rv. 287756 – 02), che hanno operato una complessiva rimeditazione circa la natura della confisca del profitto del reato e del sequestro di somme di denaro ad essa funzionale.
La sentenza COGNOME – per quanto qui d’interesse – ha operato una precisa definizione della nozione di “profitto del reato”, indicandone, quale requisito imprescindibile e connotato identitario, la derivazione dall’illecito, cioè il nesso di pertinenzialità del profitto rispetto al reato cui la confisca accede; derivazione che
può essere anche indiretta, nel senso che costituisce profitto anche il frutto del reimpiego immediato di una somma di denaro proveniente da reato.
Ripercorrendo GLYPH l’elaborazione GLYPH nomofilattica GLYPH sul GLYPH tema GLYPH (segnata GLYPH da Sez. U, GLYPH n. 29951 del 24/05/2004, Curatela fallimentare in proc. COGNOME, Rv. 228166-01; Sez. U, n. 10280 del 25/10/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238700 – 01; Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 258647 – 01), le Sezioni Unite hanno, innanzitutto, affrontato il principio secondo cui «qualora il prezzo o il profitto c. d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato» (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264437), evidenziando come, alla stregua di siffatto precedente, condizione della misura ablativa «è che le disponibilità monetarie del percipiente si siano accresciute di quella somma, legittimando, dunque, la confisca in forma diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell’interesse del reo».
Le Sezioni Unite COGNOME hanno dissentito da tale impostazione.
Quanto al richiamato principio, enunciato dalle Sezioni Unite COGNOME, perché l’esonero dalla dimostrazione del nesso di derivazione ha dato luogo a plurime criticità, non superate dalla successiva elaborazione (Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C, Rv. 282037) che, ampliando l’esegesi di Sezioni Unite COGNOME, aveva valorizzato la natura fungibile del denaro, sì da rendere recessiva la sua consistenza fisica, valorizzando l’idoneità di tale sua caratteristica a determinare la confusione automatica nel patrimonio del reo e il suo accrescimento in misura corrispondente, in guisa da rendere indifferenti l’eventuale preesistenza o la sopravvenienza di altre somme di provenienza lecita.
In particolare, la sentenza COGNOME si pone in termini critici rispetto all’affermazione, contenuta nella decisione del 2021, secondo cui la natura fungibile del denaro e la confusione che si determina con altri attivi monetari consentirebbero di prescindere dalla dovuta pertinenzialità, perché, così facendo, si individuerebbe un tertium genus di confisca rispetto a quella di proprietà e di valore, sconosciuto al nostro ordinamento.
La conseguenza che se ne trae è che «la confisca del denaro è per equivalente tutte le volte in cui si smarrisce la rintracciabilità fisica del bene: la circostanza che un bene non possa essere rintracciato perché di per sé non marcablle, porta alla conclusione per cui, per effetto della contaminazione del denaro nel patrimonio del
reo, il bene perde la sua individualità e l’ablazione ha ad oggetto il suo valore corrispondente: una confisca che attiene al tantundem».
Corollari di queste riflessioni, indicate in via esemplificativa, sono che: «la confisca del denaro è diretta nei casi in cui: – risulti che la somma confiscata sia proprio “quella” derivata dal reato; – si è in presenza di “metamorfosi” del profitto o del prezzo del reato, cioè si sia in presenza di una utilità economica mediata ed indiretta acquisita successivamente al reato (surrogato, reimpiego), ma, in ogni caso, collegata eziologicamente all’illecito e, soprattutto, all’uso del profitto o del prezzo derivante dal reato: occorre la prova che la somma di denaro o il bene utilizzato per il reimpiego siano derivanti dal reato (Sez. U, COGNOME, cit.; Sez. U, COGNOME, cit.); – sussista la prova, sulla base delle concrete circostanze di tempo e di luogo, che proprio il denaro che costituisce il prezzo o il profitto del reato – versato sul contosia poi stato prelevato e utilizzato per l’impiego e per l’acquisto di un ulteriore bene (es. transito immediato della somma, che è versata e prelevata in circostanze di tempo e di fatto dimostrative del fatto che si tratti della stessa somma). La confisca del denaro non è, invece, diretta se ha ad oggetto somme sopravvenute o preesistenti rispetto al reato ovvero, comunque, a questo certamente non riconducibili; in particolare, la confisca di somme giacenti sul conto corrente non è diretta in tutti i casi in cui, attraverso il “tracciamento” degli incrementi patrimoniali in denaro, non sia provato che si tratti di denaro derivante da reato».
4.3. Siffatto paradigma costituisce, ora, il parametro con il quale vagliare il ricorso proposto dall’indagato, che contesta la derivazione dal delitto per cui si procede consumato all’atto della sentenza di liquidazione giudiziale del 25 maggio 2023, ma con condotte di distrazione puntualmente accertate dal 9 al 30 novembre 2022 della somma in contanti, sottoposta a sequestro presso la sua abitazione nell’anno 2024.
Al riguardo, deve essere immediatamente rilevato come, effettivamente, nell’ordinanza impugnata manchi una motivazione che resista alla rilettura proposta dalle Sezioni Unite COGNOME, sol che si consideri come il sequestro sia caduto su un peculio in contanti, le cui modalità di occultamento si rivelano sì logicamente indizianti di una qualche provenienza non documentabile, ma che necessitano, oggi, dello specifico riscontro che quelle somme, e proprio quelle, se non sono (non possono essere) le stesse bonificate sul conto corrente dello Scaccia nel novembre 2022, ne costituiscano, comunque, la materializzazione mediante prelievo.
Ne discende che il Tribunale di Verbania dovrà riesaminare l’impugnazione proposta dal ricorrente alla luce dei principi richiamati, svolgendo un’adeguat giustificazione delle ragioni del sequestro della somma in contanti rinvenuta nell
disponibilità dell’indagato nei termini sopra precisati; in particolare, il giudice del rinvio dovrà argomentare sul se esista il nesso di derivazione del denaro appreso rispetto ai reati per cui si procede, nesso oggi imprescindibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte nella sua più autorevole composizione.
Resta fermo che, nel caso in cui siffatto postulato restasse indimostrato, il sequestro di somme non può essere ritenuto per equivalente, in assenza di una base legale per la confisca di valore rispetto al reato di bancarotta fraudolenta (Sez. 5, n. 17718 del 30/04/2025, COGNOME, Rv. 288011 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il provvedimento impugnato deve essere annullato e la questione deve essere rimessa al nuovo esame del Tribunale di Verbania, che dovrà giudicare nuovamente sull’impugnazione proposta da NOME COGNOME in piena libertà di giudizio, ma facendo corretta applicazione dei principi di diritto elaborati dalle Sezioni Unite successivamente alla pronuncia dell’ordinanza.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Verbania.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 settembre 2025