Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19086 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19086 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
POLIDORI NOME nata a Castro dei Volsci il 07/11/1960 GLYPH Luanc avverso l’ordinanza emessa in data 27/09/2024 dal Tribunale di Roma
22 MP6. 2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta la memoria di replica del difensore del ricorrente, avv. COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27/09/2024, il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame proposta da COGNOME NOME al fine di ottenere la restituzione dei beni della RAGIONE_SOCIALE e ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Roma finalizzato – per quanto qui specificamente rileva – alla “confisca diretta delle somme corrispondenti al profitto del reato nei confronti degli autori delle condotte illec di cui ai capi sub e), in contanti, ovvero giacenti su rapporti finanziari atti essi riconducibili ovvero, nel caso in cui non risulti possibile procedere alla apprensione diretta delle somme suddette, il sequestro di beni di valore
equivalente sino alla concorrenza della somma complessiva di Euro 1.804.100,00 (1.457.995,00 + 175.830,00 + 52.635,00 + 117.640,00)”: decreto emesso nell’ambito del procedimento relativo, tra l’altro, al delitto di traffico illec di rifiuti di cui al capo e), ascritto alla COGNOME in concorso con altri indagati.
In relazione all’analoga imputazione di traffico illecito contestata al capo b), e al corrispondente illecito amministrativo ascritto ad alcune società coinvolte, il RAGIONE_SOCIALE aveva altresì accolto la domanda cautelare nei termini meglio specificati nel dispositivo del decreto, qui non riportati trattandosi di incolpazioni non contestate alla odierna ricorrente.
Ricorre per cassazione la COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge con riferimento alla omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale. Si censura l’avvenuta notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. nonostante la ricorrente, che si trovava al mare, avesse comunicato che si sarebbe recata negli uffici nel pomeriggio, per ritirare l’atto. Si deduce quindi l’illegittimità della noti effettuata ai sensi della predetta disposizione, dal momento che si era trattato di un’assenza temporanea dal domicilio eletto, presso il quale gli operànti neppure si erano recati.
2.2. Violazione di legge con riferimento alla estensione del sequestro alla persona fisica della POLIDORI. Si censura tale estensione del sequestro per l’intera somma contestata quale profitto, non avendo la ricorrente rivestito cariche societarie, né fornito alcun decisivo contributo alla perpetrazione del reato, essendosi limitata ad incontrare in tre sporadiche occasioni ANNUNZIATA NOME e COGNOME NOME, ed avendo ricevuto la complessiva somma di Euro 9.500, mentre – come risultava dagli atti relativi all’esecuzione del sequestro – erano stati appresi beni per complessivi Euro 312.801,61 (tra somme giacenti, valore degli immobili posseduti dalla società le cui quote erano state oggetto di sequestro, e valore di due autovetture).
La difesa censura inoltre l’applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite, in ordine alla possibilità di sequestrare presso uno dei concorrenti l’inter profitto, perché nel caso di specie era stato possibile individuare il concreto profitt attribuibile alla POLIDORI nella già citata somma di Euro 9.500 (in applicazione di tale principio, la riduzione del sequestro era già intervenuta per altri indagati pertanto anche a voler ricomprendere nel profitto la somma di Euro 27.750, accreditata sulla postepay della POLIDORI e ritenuta costituire il profitto illecito conseguito da COGNOME NOME, marito della ricorrente, in nessun caso l’importo da sequestrare avrebbe potuto raggiungere la somma di oltre 312.000 Euro.
2.3. Violazione di legge con riferimento all’estensione del sequestro alla persona fisica della POLIDORI, senza aver prima effettuato alcuna indagine sulle società che avevano conseguito la massima parte del profitto, non potendo ritenersi esaustivo quanto osservato a proposito della RAGIONE_SOCIALE (il cui compendio aziendale avrebbe comunque assicurato l’integrale soddisfacimento): in altri termini, si censura l’applicazione della misura nei confronti della POLIDORI senza alcuna considerazione della possibiiltà si sequestrare in via diretta il profitto presso le società (in forza di tale principio, lo stesso Tribunale aveva annullato i decreto relativamente al coindagato COGNOME).
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al periculum in mora. Si osserva che le scarne e generiche considerazioni del G.i.p., costituenti in realtà una motivazione apparente, facevano comunque riferimento ad esigenze cautelari che riguardavano altri coindagati, non essendo la misura personale stata applicata alla POLIDORI. Si trattava dunque di una motivazione non integrabile da parte del Tribunale del riesame.
2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alle valutazioni preliminari della questione di costituzionalità proposta, alla praticabilità di un motivazione costituzionalmente orientata quanto al termine per la trasmissione degli atti nel procedimento di riesame, e alla sussistenza di una irragionevole disparità di disciplina, stando al diritto vivente, rispetto alla perentorietà termine di cinque giorni, per la trasmissione degli atti, prevista per il riesam avverso i provvedimenti cautelari personali.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, per la complessiva infondatezza delle questioni sollevate.
Con memoria ritualmente trasmessa, la difesa replica alle argomentazioni del P.G., insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
La doglianza relativa al prospettato difetto di notifica è infondata.
Non può invero condividersi l’assunto difensivo secondo cui la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale, effettuato – anziché presso il domicilio eletto – presso il difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., possa considerarsi “omessa” (unica situazione che legittimerebbe la proposizione della nullità nella sede odierna, dato che la corrispondente eccezione non risulta esser stata sollevata dinanzi al Tribunale).
Dallo stesso contenuto del ricorso, infatti, emerge che gli operanti incaricati della notifica, pur non recandosi al domicilio della RAGIONE_SOCIALE, avevano contattato
telefonicamente quest’ultima, informandola “della natura della notifica che doveva sottoscrivere”, ed avvisandola della necessità di doverla raggiungere per effettuare l’incombente. Risulta inoltre che gli operanti si erano sentiti rispondere dalla COGNOME che era al mare e che – non avendo intenzione di rivelare la località in cui si trovava – sarebbe passata nel pomeriggio negli uffici per ritirare l’atto; quel punto, dopo aver vanamente prospettato alla COGNOME le ragioni di urgenza, le avevano anche inviato una mail all’indirizzo da lei indicato, utilizzando l’indirizz pec istituzionale (cfr. i brani dell’annotazione di P.G. riportati a pag. 1 seg. d ricorso).
Deve allora ritenersi applicabile, nella fattispecie in esame, il principio secondo cui «Fa notificazione del decreto di citazione eseguita con modalità diverse da quelle prescritte, risultate idonee a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato, configura una nullità generale di tipo intermedio, assoggettata al regime di deducibilità e sanatorie previsto dagli artt. 182 e ss. cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 48610 del 23/10/2019, Poliku, Rv. 277932 – 01). È infatti evidente che, nel caso di specie, il diritto di difesa della RAGIONE_SOCIALE ha ricevuto con il procedimento di notifica esauritosi ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. – una tutela di ben maggiore consistenza, rispetto al mero accesso degli operanti al domicilio eletto: ella è stata infatti non solo direttamente informat anche in ordine alle ragioni della telefonata e alla tipologia dell’atto da notificar ma è stata anche destinataria – nonostante l’atteggiamento scarsamente collaborativo, comprovato dal rifiuto di specificare la località marittima in cui trovava – di una mail inviata dagli operanti a mezzo pec istituzionale. Né può immaginarsi che gli operanti – onerati di una notifica per sua natura urgente, quale quella relativa alla fissazione di un’udienza camerale di riesame – avrebbero dovuto limitarsi ad attendere, fiduciosi, che la RAGIONE_SOCIALE passasse in ufficio, come da lei prospettato telefonicamente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per ragioni di logica espositiva deve poi darsi conto della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata con riferimento alla diversità – rispetto all’incidente cautelare personale – dell disposizioni previste, in sede di riesame avverso un provvedimento applicativo di una misura reale, per l’ipotesi di tardivo invio al Tribunale degli atti su cui si fon la misura.
Si tratta di una questione più volte affrontata e decisa da questa Suprema Corte, da ultimo con le sentenze Sez. 3, n. 35000 del 29/05/2024, COGNOME e Sez. 4, n. 26296 del 15/05/2024, COGNOME. Tale ultima pronuncia ha tra l’altro diffusamente osservato, con ampi richiami a Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, che «manifestamente infondata è la questione di legittimità costituzionale in relazione alla diversa disciplina del procedimento cautelare
personale e del procedimento cautelare reale. Le Sezioni Unite COGNOME, cit. hanno già evidenziato che la scelta legislativa di lasciare la procedura del riesame reale
non assoggettata, nella sua integralità, al rigidissimo regime proprio delle impugnazioni in materia di coercizione personale si giustifica in maniera
ragionevole in considerazione della assoluta divergenza dei due istituti, e ciò in ragione della diversa graduabilità dei valori che risultano esposti all’esercizio del
potere cautelare, come già riconosciuto dalla Corte costituzionale (v. Corte cost., sentt. n. 268 del 1986, n 260/1986 e n. 48 del 1994; ordinanza n. 153 del 2007)».
4. È invece fondato il secondo motivo di ricorso.
L’applicazione del sequestro finalizzato alla confisca dell’intero profitto del reato nei confronti della POLIDORI (applicazione cioè non limitata a quello a lei
concretamente riferibile, ma estesa a quello riconducibile agli altri concorrenti nel reato) si pone in frontale contrasto – come fondatamente osservato dalla difesa
ricorrente – con la recentissima decisione delle Sezioni Unite di questa Suprema
Corte (Sez. U, n. 13873 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME), in cui si è affermato tra l’altro (cfr. pag. 48) che «in caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni
forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito. Il relativo accertamento è oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti. Solo in ceso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali. I medesimi princi operano in caso di sequestro finalizzato alla confisca, per il quale l’obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti».
Quanto precede assume valenza assorbente di ogni altra doglianza prospettata (anche con riferimento a quella relativa alla necessità di una previa indagine sulla capienza delle società che avevano conseguito la massima parte del profitto), ed impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 1