Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37149 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37149 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Ord. n. sez. 12913/2025
CC – 23/09/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Marocco il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 11/11/2024 della Corte d’appello di Venezia dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse diCOGNOME COGNOME;
Rilevato che con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza in data 24 gennaio 2020 del Tribunale di Padova con la quale era stata affermata la penale responsabilità di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli artt. 474, comma 2, cod. pen. (capo A della rubrica delle imputazioni) e 648 cod. pen. (capo B) relativi ad un serie di capi di abbigliamento contraffatti, accertati in data 14 settembre 2015. All’imputato risulta contestata e ritenuta la recidiva reiterata e specifica.
Considerato che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:
Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen.in relazione agli artt. 352, 354 e 191 cod. proc. pen. Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che l’imputato non avrebbe mai fornito l’autorizzazione agli agenti operanti di aprire i sacchetti che contenevano i beni di cui all’imputazione e che si trovavano nel suo garage e che ci si troverebbe in presenza di una perquisizione illegittima in quanto svolta da agenti e non da ufficiali di P.G. ed al di fuori dei casi di necessità ed urgenza previsti dalla legge;
Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen.in relazione agli artt. 221 cod. proc. pen. e67 e 73 disp. att. Cod. proc. pen. Rileva, al riguardo, la difesa dell’imputato che la nomina degli ausiliari di P.G. che dovevano analizzare la merce Ł stata effettuata solo telematicamente e non dal vivo ed utilizzando esclusivamente riproduzioni fotografiche. Inoltre la scelta degli stessi sarebbe avvenuta su soggetti diversi da quelli iscritti nell’albo dei periti e dei consulenti presso il Tribunale il che determinerebbe l’inutilizzabilità di quanto dagli stessi dichiarato;
Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 474, comma 2, cod. pen. non essendovi prova della condotta di vendita e di messa in circolazione dei prodotti contraffatti oltre che del dolo specifico che deve sorreggere la condotta. Inoltre, non vi sarebbe prova della diretta responsabilità
dell’imputato essendo il garage dove Ł stata rinvenuta la merce della disponibilità dell’intera famiglia.
Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) (erroneamente indicato come ‘a’) ed e), cod. proc. pen. per assenza di valutazione delle prove a discarico fornite della difesa riguardanti in particolare il fatto che i beni di cui all’imputazione erano destinati all’uso personale e della propria famiglia in vista di un futuro viaggio in Marocco il che non consentirebbe di ritenere sussistenti gli elementi legati alla cosciente volontà di acquistare cose provenienti da un delitto al fine di procurare a sØ o ad altri un profitto.
Rilevato che tutti i motivi di ricorso sopra riassunti sono manifestamente infondati oltre che meramente reiterativi di questioni alle quali i giudici di merito hanno dato risposte congrue, logiche e rispondenti ai principi di diritto che regolano la materia;
Considerato poi che quanto al primo motivo di ricorso lo stesso prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza (anche richiamata nella sentenza impugnata) di questa Corte di legittimità che, anche in tempi recenti, ha già avuto modo di chiarire che «L’eventuale illegittimità dell’atto di perquisizione compiuto ad opera della polizia giudiziaria non comporta effetti invalidanti sul successivo sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, che costituisce un atto dovuto a norma dell’art. 253, comma 1, cod. proc. pen.» ( ex ceteris : Sez. 2, n. 16065 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 278996 – 01) ee a ciò si aggiunge che «In tema di sequestro, nelle ipotesi di cose soggette a confisca obbligatoria, l’irregolarità del verbale di sequestro operato dalla P.G. non travolge il provvedimento di convalida del P.M., in applicazione del principio ” male captum bene retentum ” (Sez. 2, n. 31225 del 25/06/2014, COGNOME, Rv. 260033 – 01).
Considerato altresì che anche il secondo motivo di ricorso prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza (anche richiamata nella sentenza impugnata) di questa Corte di legittimità che ha chiarito che se anche l’incarico fosse stato conferito in forma orale non vi sarebbe nullità atteso che «Non dà luogo a nullità la mancanza della forma scritta per l’affidamento dell’incarico da parte della polizia giudiziaria a persone qualificate di far luogo ad atti od operazioni che richiedono specifiche competenze, perchØ detti incarichi non presuppongono alcuna formalità» con la conseguenza che, tanto piø, il mero conferimento di incarico per via telematica, non comporta alcun vizio di inutilizzabilità. A ciò si aggiunge che nel caso in esame gli esperti nominati, la competenza tecnica dei quali non Ł neppure contestata dalla difesa del ricorrente, hanno poi reso testimonianza in sede dibattimentale ed hanno anche avuto modo, laddove ritenuto necessario, di visionare direttamente in dibattimento il materiale in sequestro.
Considerato infine che la manifesta infondatezza del terzo e del quarto motivo di ricorso Ł desumibile dal fatto che la sentenza impugnata risulta congruamente motivata proprio sotto i profili dedotti da parte ricorrente. Inoltre, detta motivazione, non Ł certo apparente, nØ ‘manifestamente’ illogica e tantomeno contraddittoria.
I giudici del merito hanno, da un lato, evidenziato come proprio le caratteristiche della merce ancora impacchettata ed etichettata lasciano intendere che la stessa fosse detenuta a fini di vendita e, dall’altro, che le differenti versioni fornite dall’imputato in ordine alla detenzione della merce stessa non appaiono attendibili, situazione questa, che l’odierno Collegio, ritiene all’evidenza incidente anche sotto il profilo della configurabilità degli elementi soggettivi dei reati in contestazione.
Per contro deve osservarsi che parte ricorrente, sotto il profilo del vizio di
motivazione e dell’asseritamente connessa violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio, tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.
Al Giudice di legittimità Ł infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, Ł – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
Rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 23/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME