Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25012 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25012 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CATANIA il 13/10/1990 avverso l’ordinanza del 03/03/2025 del TRIB. Riesame di Catania
udita la relazione del consigliere relatore lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza e del decreto di sequestro del Pubblico Ministero e la restituzione del telefono all’avente diritto
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame, ha rigettato il ricorso, promosso ex art. 324 cod. proc. pen., nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto del Pubblico Ministero di sequestro del GLYPH suo dispositivo cellulare.
1.1. La Polizia Giudiziaria, a seguito di un incidente stradale nel quale era stata coinvolta la ricorrente, ai sensi dell’art. 354 cod. proc. pen. aveva proceduto al sequestro del telefono cellulare a lei in uso. Il Pubblico Ministero, richiamato il verbale della Polizia Municipale di Catania dell’i febbraio 2025 di sequestro urgente dell’apparecchio telefonico di Lanza corna “parte integrante del decreto”, non aveva convalidato il sequestro urgente perché trasmesso fuori termine e, dato atto che, quanto al fumus, si procedeva nei confronti dell’indagata in ordine al reato di cui all’art. 589 bis cod. pen., aveva disposto il sequestro del telefono in quanto assolutamente necessario “trattandosi di dispositivo da sottoporre ad accertamento tecnico”.
1.2. Il Tribunale del . riesame ha ritenuto che il decreto di sequestro fosse stato adeguatamente motivato e ha rilevato che, comunque, la motivazione poteva essere integrata, in quanto non radicalmente inesistente. A tale fine ha osservato che, poiché a Lanza era contestato il reato di omicidio stradale conseguente allo scontro frontale fra l’autovettura da lei condotta e quella condotta dalla vittima, il sequestro del dispositivo ed il conseguente accertamento tecnico erano necessari per la ricostruzione della dinamica del sinistro e in particolare per accertare se al momento dell’incidente l’indagata stesse utilizzando il cellulare in violazione delle disposizioni del codice della strada.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagata, a mezzo di proprio difensore, denunciando violazione di legge ed in particolare la nullità del provvedimento genetico in considerazione della natura apparente della motivazione in ordine al fumus commissi delicti e alle finalità probatorie poste a sostegno del sequestro; la nullità dell’ordinanza impugnata per illegittimo uso del potere integrativo della motivazione; GLYPH la violazione del principio di proporzionalità rispetto all’esigenza probatoria individuata dal Tribunale del riesame.
In primo luogo il difensore osserva che il mero richiamo all’articolo del codice penale che si assume essere stato violato è inadeguato e insufficiente a
soddisfare il requisito del fumus. Nel decreto si fa riferimento ad indagini per omicidio stradale a seguito di un incidente, ma non si indica alcun elemento riguardante il sinistro e non si descrive la condotta colposa di Lanza. Il decreto di sequestro – ricorda il difensore – deve contenere la descrizione della condotta ipotizzata a carico dell’indagato, non essendo esaustiva la sola indicazione dell’articolo di legge violato.
Inoltre i il decreto di sequestro non consente di apprezzare quale sia la concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale e quale sia la relazione fra il bene sequestrato e la fattispecie criminosa. Il Tribunale del riesame ha ritenuto che la dicitura “trattandosi di dispositivo da sottoporre ad accertamento tecnico” sia sufficiente al fine di integrare il presupposto della motivazione non apparente e ha ritenuto di poter integrare tale motivazione, in violazione dei principi sanciti dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali n. 36072 del 2018.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza e del decreto di sequestro del Pubblico Ministero con conseguente restituzione del telefono cellulare all’avente diritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Si deve premettere che avverso il provvedimento impugnato, il ricorso per cassazione è esperibile nei ristretti limiti indicati dall’art. 325 cod.proc.pen. a tenore del quale “Contro le ordinanze emesse a norma degli artt. 322 bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge”. In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che nel concetto di violazione di legge non possono essere ricompresi la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste dall’art. 606, lett. e), quali motivi di ricorso distinti e autonomi dalla inosservanza o erronea applicazione di legge (lett. b) o dalla inosservanza di norme processuali (lett. c) . Pertanto, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 co. 1 c.p.p. citato, rientrano sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato
argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692), ma non l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 co. 1, lett. e), c.p.p. (ex multis: Sez. 6 n. 7472 del 21/1/2009, P.M. in proc. COGNOME e altri, Rv. 242916).
3.Nel caso in esame, la censura della ricorrente, con cui si evidenzia la apparenza della motivazione del decreto di sequestro del Pubblico Ministero e la illegittima integrazione della motivazione da parte del Tribunale del riesame, coglie nel segno, nei termini di seguito esposti.
4. Si deve muovere dalla premessa, affermata reiteratamente da questa Corte di legittimità a Sezioni Unite, secondo cui, in ragione dei limiti dettati all’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei diritti costituzionalmente garantiti dell’individuo, il decreto di sequestro probatorio così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226711; in conformità, tra le altre, Sez. 6, n. 11817 del 26/01/2017,COGNOME, Rv. 269664; Sez. 2, n. 44416 del 16/09/2016, COGNOME, Rv. 268724; Sez. 3, n. 1145 del 27/04/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268736; Sez. 3, n. 45034 del 24/09/2015, COGNOME, Rv. 265391).
Un rafforzamento dell’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio deriva dall’entrata in vigore della legge 47/2015 e dalle modifiche apportate ai poteri del Tribunale del riesame, applicabili anche al sequestro probatorio, come stabilito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789, che ha stabilito il seguente principio di diritto: «Nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne
costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa».
L’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio deve riguardare il reato di cui l’accusa assume l’esistenza del fumus; le ragioni per le quali la cosa sequestrata sia configurabile come corpo di reato o cosa pertinente al reato; la concreta finalità probatoria perseguita, con l’apposizione del vincolo reale.
Quanto al primo profilo, si è affermato che il decreto di sequestro probatorio di cose costituenti corpo del reato deve essere necessariamente sorretto da idonea motivazione che non si deve limitare ad indicare le disposizioni di legge violate, ma deve comprendere anche l’individuazione della relazione tra la cosa sequestrata ed il delitto ipotizzato, descrivendo gli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto ( Sez. 3, n. 3604 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 275688 – 01). In tal senso si sono richiamate sia la sentenza COGNOME secondo cui il giudice deve verificare la «… compatibilità e congruità degli elementi addotti dalla accusa (e della parte privata ove esistenti) con la fattispecie penale oggetto di contestazione …» (così in motivazione), sia la sentenza COGNOME, secondo cui «esigere che il decreto dia conto del reato per cui si procede, sia pure attraverso estremi essenziali di tempo, luogo e fatto, è evidentemente elemento-presupposto richiesto proprio in funzione della valutazione del collegamento tra bene e accertamento del fatto stesso» (così in motivazione).
Le sentenze delle Sezioni Unite COGNOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE hanno anche affermato, con riferimento al sequestro probatorio, RAGIONE_SOCIALE l’obbligo di necessaria osservanza del principio di proporzionalità, ribadendo l’«ineludibile necessità di un’interpretazione della norma che tenga conto del requisito della proporzionalità della misura adottata rispetto all’esigenza perseguita, in un corretto bilanciamento dei diversi interessi coinvolti. Ogni misura, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi RAGIONE_SOCIALE Bulgaria). Il requisito della proporzionalità della misura, che, nell’ambito dei valori costituzionali, è espressione del principio di ragionevolezza, contiene in sé, inoltre, quello della “residualità” della misura, per cui al sequestro può farsi ricorso solo quando allo stesso risultato (nella specie l’accertamento dei fatti appunto) non possa pervenirsi con modalità meno afflittive.
Questa Corte, peraltro, ha più volte affermato che, nel caso di sequestro probatorio di dispositivi informatici o telematici, tra cui rientrano certamente anche i telefoni cellulari capaci di conservare un’enorme mole di dati riservati, il
decreto del pubblico ministero, ove intenda accedere al vaglio del suo contenuto e non limitarsi alla mera acquisizione dell’apparecchio telefonico quale strumento di comunicazione, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, indicando i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, la giustificazione della perimetrazione temporale dei dati di interesse e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Corsico, Rv. 286358; Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, Pessotto, Rv. 280838).
4.1. Ciò premesso in ordine all’obbligo di motivazione sul fumus, sulle ragioni per le quali la cosa sequestrata sia configurabile come corpo di reato o cosa pertinente al reato e sula concreta finalità probatoria perseguita, la giurisprudenza ha anche chiarito che al mancato assolvimento di tale onere non può sopperire il Tribunale del Riesame, trattandosi di prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero quale titolare del potere di condurre le indagini preliminari e di assumere le determinazioni sull’esercizio dell’azione penale. Qualora il Pubblico Ministero non abbia indicato, nel decreto di sequestro a fini di prova, le ragioni che, in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura e abbia persistito nell’inerzia pure nel contraddittorio del procedimento di riesame, il giudice di quest’ultimo non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse (Sez. 2, n. 39187 del 17/09/2021, COGNOME, Rv. 282200; Sez. 2, n. 49536 del 22/11/2019, Vallese, Rv. 277989; Sez. 4, n. 54827 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271579; sez. 3 n. 30993 del 05/04/2016, COGNOME, Rv. 267329 nella quale si afferma la possibilità di integrazione da parte del giudice del riesame in sede di conferma del provvedimento con la specificazione delle esigenze probatorie che ne stanno a fondamento, sempre che le stesse siano state indicate, seppure in maniera generica, nel provvedimento impugnato). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il potere di integrazione della motivazione da parte del tribunale, è dunque, consentito solo nel caso in cui il Pubblico Ministero abbia indicato, anche se in maniera generica, il fumus e le ragioni che, in funzione dell’accertamento dei
fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura reale.
5.Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, si rileva che con riferimento al fumus del reato contestato, la motivazione del decreto di
sequestro del Pubblico Ministero appare sufficiente: attraverso il richiamo al verbale della polizia giudiziaria, nel quale si dava atto che COGNOME era indagata in
ordine al reato di cui all’art. 589 bis cod. pen. in relazione ad uno scontro frontale dell’auto da lei condotta con l’auto della vittima, il decreto contiene,
infatti, una descrizione dell’ipotesi di accusa tale da consentire di valutare il collegamento tra bene e accertamento del fatto.
Del tutto inesistente, invece, nel decreto del Pubblico Ministero è la motivazione in ordine alla finalità perseguita attraverso l’apposizione del vincolo
reale: in tal senso la mera indicazione della necessità di sottoporre l’apparecchio ad accertamento tecnico, in assenza di precisazioni sul tipo di accertamento e
sulla finalità perseguita con il vincolo reale nell’ambito di una indagine relativa al reato di omicidio stradale, integra una motivazione solo apparente.
Le ragioni dell’adozione della misura reale sono state indicata dal Tribunale del riesame, in violazione dei principi su indicati che, come detto, non consentono al giudice di integrare il titolo cautelare attraverso un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questo totalmente preternnesse.
6.Ne conseguono GLYPH l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza del Tribunale del Riesame e del decreto di sequestro del Pubblico Ministero del 5 febbraio 2015 e la restituzione all’avente diritto del telefono cellulare IMEI n. 354715689141773.
Gli atti devono essere trasmessi in cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro del 5 febbraio 2015 e dispone la restituzione all’avente diritto del telefono cellulare IMEI n. NUMERO_CARTA Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.
Deciso in Roma il 4 giugno 2024 Il Consiglie GLYPH ensore GLYPH
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