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Sequestro probatorio smartphone: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37222/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un’ordinanza di riesame che confermava il sequestro probatorio smartphone. La Corte ha stabilito che l’accesso ai dati è legittimo se il sequestro, operato d’iniziativa dalla polizia giudiziaria, viene convalidato dal Pubblico Ministero. Inoltre, ha ritenuto che la presenza di foto di stupefacenti, messaggi, ingente denaro contante e precedenti specifici costituisse un sufficiente ‘fumus commissi delicti’, rendendo il sequestro giustificato.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro probatorio smartphone: la Cassazione fissa i paletti

In un’era digitale, il telefono cellulare è diventato una miniera di informazioni. Ma quali sono i limiti per le forze dell’ordine? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 37222 del 2025, affronta un tema cruciale: la legittimità del sequestro probatorio smartphone e l’accesso ai dati in esso contenuti. La decisione offre chiarimenti fondamentali sulla procedura da seguire e sulla valutazione degli indizi necessari per giustificare tale misura.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine per reati legati agli stupefacenti e alla ricettazione. La polizia giudiziaria, agendo di propria iniziativa, aveva proceduto al sequestro di due smartphone appartenenti a un indagato. Successivamente, il Pubblico Ministero aveva convalidato il sequestro. L’indagato, tramite il suo difensore, presentava un’istanza di riesame al Tribunale, che però respingeva la richiesta, confermando la legittimità del provvedimento. Contro questa decisione, l’indagato proponeva ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso

La difesa basava il ricorso su due argomenti principali:

1. Inutilizzabilità dei dati: Secondo il ricorrente, messaggi e fotografie trovati nei telefoni non potevano essere utilizzati come prova, in quanto la polizia giudiziaria vi aveva avuto accesso senza la necessaria autorizzazione preventiva del Pubblico Ministero. Si sosteneva che tali dati costituissero ‘corrispondenza’ e, come tali, godessero di tutele particolari.
2. Assenza di ‘fumus commissi delicti’: Escludendo i dati del telefono, secondo la difesa, non vi erano sufficienti indizi per giustificare il sequestro. Gli altri elementi, come il fiuto dei cani anti-droga e il denaro trovato in una cassaforte (poi dissequestrato), erano ritenuti insufficienti a configurare la parvenza di un reato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, respingendo entrambe le censure difensive con argomentazioni precise.

La legittimità del sequestro probatorio smartphone

Sul primo punto, la Corte ha chiarito un aspetto procedurale fondamentale. Il sequestro era stato compiuto d’iniziativa dalla polizia giudiziaria in una situazione di urgenza ed era stato successivamente convalidato dal Pubblico Ministero, come previsto dall’art. 355 del codice di procedura penale. Questo passaggio, secondo i giudici, sana la mancanza di un decreto preventivo e rende l’acquisizione del contenuto dei dispositivi rituale e legittima. La Corte distingue questo caso da altri precedenti in cui l’accesso era avvenuto senza alcun controllo successivo da parte dell’autorità giudiziaria.

Inoltre, la sentenza introduce una distinzione interessante: mentre la messaggistica telefonica rientra senza dubbio nel concetto di ‘corrispondenza’, non si può dire lo stesso per le immagini fotografiche salvate nella ‘galleria’ del telefono che non sono state oggetto di comunicazione. La difesa, peraltro, non aveva specificato perché l’esclusione di queste foto sarebbe stata decisiva.

La sussistenza del ‘Fumus Commissi Delicti’

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha ricordato che il ricorso in Cassazione contro le misure cautelari reali, come il sequestro, è limitato alla sola violazione di legge e non permette un riesame del merito o della logica della motivazione, a meno che questa non sia totalmente assente o manifestamente illogica. Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale era tutt’altro che illogica, basandosi su un quadro indiziario solido e coerente, composto da:

* Numerose foto di stupefacenti e messaggi relativi a consegne di denaro trovati nei telefoni.
* Il rinvenimento di oltre 35.000 euro in contanti nella cassaforte dell’indagato.
* Il comportamento dei cani anti-droga, che segnalavano la presenza, seppur non attuale, di sostanze stupefacenti nell’abitazione.
* I precedenti penali specifici dell’indagato.

La Corte ha anche respinto l’argomento della presunta contraddizione derivante dal fatto che lo stesso Tribunale avesse revocato il sequestro del denaro. Tale revoca, spiegano i giudici, era stata disposta per la mancanza di esigenze probatorie (il denaro era già stato contato e fotografato), non per un’assenza di valore indiziario.

Le Conclusioni

La sentenza n. 37222/2025 consolida un principio importante: il sequestro probatorio smartphone operato d’urgenza dalla polizia giudiziaria è legittimo se seguito dalla convalida del Pubblico Ministero. L’accesso ai dati, in questo quadro procedurale, è consentito. Per giustificare la misura, è sufficiente un quadro indiziario basato su una pluralità di elementi certi e congruenti, la cui valutazione logica da parte del giudice del merito non è sindacabile in sede di legittimità. La decisione sottolinea come la combinazione di elementi digitali, ritrovamenti materiali e precedenti penali possa costruire un ‘fumus commissi delicti’ più che sufficiente a sostenere le esigenze investigative.

La polizia giudiziaria può accedere ai dati di uno smartphone sequestrato senza un’autorizzazione preventiva del Pubblico Ministero?
Sì, può farlo se agisce in una situazione di urgenza e il sequestro viene successivamente convalidato dal Pubblico Ministero. Secondo la sentenza, questa convalida rende l’acquisizione dei dati rituale e legittima.

Quali elementi sono stati ritenuti sufficienti per configurare il ‘fumus commissi delicti’ in questo caso?
La Corte ha considerato sufficiente la combinazione di più elementi: foto di stupefacenti e messaggi su scambi di denaro trovati nel telefono, il rinvenimento di oltre 35.000 euro in contanti, il comportamento dei cani anti-droga che segnalavano tracce di sostanze illecite e i precedenti penali specifici dell’indagato.

La revoca del sequestro di una somma di denaro ne esclude la rilevanza come indizio di reato?
No. La sentenza chiarisce che la revoca del sequestro del denaro è avvenuta per il venir meno delle esigenze probatorie (la prova era stata già acquisita), ma non ha intaccato il valore indiziario della somma stessa ai fini della valutazione complessiva del ‘fumus commissi delicti’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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