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Sequestro probatorio smartphone: limiti e proporzionalità

Un pubblico ufficiale, indagato per turbativa d’asta e falso, subiva il sequestro del proprio smartphone. La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento, definendo il sequestro probatorio ‘a tappeto’ come sproporzionato e lesivo del diritto alla privacy. La sentenza sottolinea che ogni sequestro di dati digitali deve essere specificamente motivato e limitato per non avere un carattere meramente esplorativo.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio di Smartphone: la Cassazione fissa i paletti sulla proporzionalità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel campo delle indagini penali: il sequestro probatorio di dispositivi informatici, come gli smartphone, non può essere indiscriminato. Questo tipo di provvedimento deve rispettare rigorosamente il principio di proporzionalità, bilanciando le esigenze investigative con il diritto fondamentale alla riservatezza dell’indagato. La decisione in esame annulla un sequestro ‘a tappeto’, ritenuto eccessivamente invasivo e privo di una motivazione adeguata.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda il direttore di un’unità ospedaliera, sottoposto a indagini per due ipotesi di reato. La prima accusa era di turbativa d’asta, per aver presumibilmente influenzato una gara pubblica da 30 milioni di euro per forniture mediche, al fine di favorire una specifica società. La seconda accusa era di falso in atto pubblico, per aver attestato falsamente una visita medica per giustificare l’assenza di un collega dal lavoro.

Nel corso delle indagini, il Pubblico Ministero aveva emesso un decreto di perquisizione e sequestro probatorio dei telefoni cellulari e di altri dispositivi informatici dell’indagato. L’obiettivo dichiarato era ricostruire le comunicazioni e acquisire un certificato medico ritenuto falso.

La decisione del Tribunale e il ricorso in Cassazione

In un primo momento, il Tribunale del riesame aveva parzialmente confermato il sequestro, limitandone solo l’efficacia temporale ad un periodo di alcuni mesi, ritenuto rilevante per le indagini. Tuttavia, aveva respinto le lamentele dell’indagato riguardo al carattere generico e sproporzionato del sequestro, affermando che eventuali dati non pertinenti avrebbero potuto essere restituiti in un secondo momento.

L’indagato ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando tre violazioni principali:

1. Mancanza di pertinenza e proporzionalità: Il decreto del PM era eccessivamente generico, autorizzando la ricerca di prove anche per ‘altri reati’ e demandando di fatto la selezione dei dati alla polizia giudiziaria, con una delega in bianco.
2. Violazione del diritto alla privacy: L’acquisizione dell’intera massa di dati contenuti nel telefono, anche quelli non correlati alle accuse, costituiva una violazione sproporzionata del diritto alla riservatezza, tutelato da norme nazionali ed europee.
3. Mancanza di motivazione: Il provvedimento non prevedeva la restituzione della copia-clone dei dati una volta terminate le operazioni di analisi.

Il sequestro probatorio e il principio di proporzionalità

Il cuore della questione legale risiede nell’applicazione del principio di proporzionalità al sequestro probatorio di materiale informatico. La Corte di Cassazione ha ribadito che qualsiasi misura cautelare, specialmente una così invasiva come l’apprensione di tutti i dati personali contenuti in uno smartphone, deve essere giustificata da una motivazione specifica e stringente. Non è sufficiente indicare genericamente la necessità di ‘ricostruire comunicazioni’, ma occorre spiegare perché sia indispensabile un sequestro così esteso e onnicomprensivo e perché non siano sufficienti misure meno invasive.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio sia l’ordinanza del Tribunale del riesame sia l’originario decreto di sequestro del Pubblico Ministero. I giudici hanno ritenuto che il provvedimento iniziale fosse illegittimo per violazione del principio di proporzionalità. La motivazione del PM era carente, non indicando i dati da ricercare, i criteri di selezione e le ragioni per cui il sequestro dell’intera utenza cellulare fosse necessario.

Secondo la Cassazione, un sequestro di questo tipo assume un carattere meramente esplorativo, trasformandosi in una ricerca generalizzata di ‘notitiae criminis’ ulteriori rispetto a quelle per cui si procede. L’intervento del Tribunale, che si era limitato a imporre un vincolo temporale, non è stato ritenuto sufficiente a sanare l’originaria illegittimità del provvedimento.

La Corte ha inoltre specificato che la mera possibilità per l’indagato di chiedere successivamente la restituzione dei dati non pertinenti non giustifica un’apprensione iniziale sproporzionata. La valutazione di proporzionalità deve essere fatta ‘ex ante’, al momento dell’emissione del decreto.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un importante precedente a tutela dei diritti fondamentali nell’era digitale. L’annullamento del sequestro e l’ordine di restituzione di tutto il materiale acquisito (compresa la copia integrale dei dati) sanciscono che il diritto alla riservatezza e alla segretezza delle comunicazioni non può essere sacrificato da esigenze investigative non adeguatamente motivate. Per procedere al sequestro probatorio di un dispositivo informatico, l’autorità giudiziaria deve fornire una motivazione rafforzata che giustifichi la misura, definisca l’oggetto della ricerca e dimostri l’impossibilità di percorrere vie meno invasive. In assenza di tali garanzie, il sequestro è illegittimo.

È legittimo sequestrare l’intero contenuto di uno smartphone per un’indagine?
No, non è legittimo se il decreto di sequestro è generico e non specifica in modo adeguato le ragioni della sua necessità, i criteri di ricerca e un ambito definito. La Corte di Cassazione ha stabilito che un sequestro probatorio indiscriminato e onnicomprensivo è sproporzionato e lesivo del diritto alla riservatezza.

Cosa deve contenere la motivazione di un decreto di sequestro probatorio di materiale informatico?
La motivazione deve esplicitare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso, indicando perché non sono percorribili vie meno invasive. Deve inoltre definire l’oggetto della ricerca, i criteri di selezione dei dati e, se possibile, un ambito temporale, per evitare che l’atto assuma un carattere meramente esplorativo.

La possibilità per l’indagato di chiedere in un secondo momento la restituzione dei dati irrilevanti sana l’illegittimità di un sequestro sproporzionato?
No. La Corte ha chiarito che la successiva facoltà di chiedere il dissequestro dei dati non pertinenti non sana il vizio originario di un decreto di sequestro emesso in violazione del principio di proporzionalità. La legittimità della misura deve essere valutata al momento della sua adozione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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