Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 222 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 222 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a L’Aquila il 29.09.1966; avverso l’ordinanza del 26 giugno 2023 emessa dal Tribunale dell’Aquila; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata; lette le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale dell’Aquila ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero del Tribunale dell’Aquila in data 31 maggio 2023 ne”
confronti di NOME COGNOME e ha confermato il decreto impugnato con riferimento all’acquisizione dei dati digitali ricompresi tra il mese di novembre 2022 al mese di maggio 2023, annullando nel resto il provvedimento impugnato.
NOME COGNOME in qualità di direttore della U.O.S.D. Neurochirurgia dell’ospedale San Salvatore, è sottoposto ad indagine per il delitto di cui all’art. 353 cod. pen. commesso in concorso con NOME COGNOME, accertato a L’Aquila in data 6 dicembre 2022 e in corso di esecuzione, in quanto avrebbe turbato la procedura ad evidenza pubblica per il reperimento di forniture per circa 30 milioni di euro, stabilendo nel bando requisiti tecnici posseduti unicamente dalla società RAGIONE_SOCIALE, e per il delitto di cui agli artt. e 110, 479 cod. pen., commesso a L’Aquila, in data antecedente e prossima al 2 gennaio 2023, in quanto avrebbe falsamente attestato di aver sottoposto NOME COGNOME a una visita medica per giustificarne l’assenza dal lavoro.
L’avvocato NOME COGNOME nell’interesse del COGNOME, ha presentato ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 325 cod. proc. pen. per difetto del nesso di pertinenzialità e del rispetto del principio di proporzionalit in quanto il decreto del pubblico ministero non avrebbe indicato i soggetti con i quali sarebbero intervenute le chat oggetto dei dati da ricercare.
Tale carenza renderebbe l’apprensione dei dati informatici generalizzata ed esplorativa e, dunque, tale da non consentire alla difesa e al giudice la verifica in ordine alla pertinenzialità e alla proporzionalità del vincolo reale imposto.
Risulterebbero, peraltro, palesemente estranei al nesso di pertinenza con il reato per cui si procede i dati relativi alla «commissione di altri reati relat delitti perpetrati dagli indagati o da terzi e per cui sia obbligatorio l’arrest flagranza», come indicato dal Pubblico Ministero nel conferimento di incarico al consulente tecnico informatico.
Sarebbe, inoltre, generica l’indicazione dell’apprensione delle chat e dei messaggi «prioritariamente con i soggetti indicati dalla p.g. procedente», sia perché l’avverbio «prioritariamente» non esclude altri interlocutori, sia perché l’individuazione non può essere demandata alla polizia giudiziaria con una sorta di delega in bianco. Analogamente, sarebbe del tutto generica l’indicazione relativa all’estrazione di copia di «quant’altro utile ai fini di giustizia».
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 253 cod. proc. pen., in riferimento all’art. 117 Cost., 8 CEDU e agli artt. 7, 8 e 52, par 1 CDFUE, per mancata osservanza del principio di proporzionalità.
Il Tribunale del riesame avrebbe, infatti, operato una limitazione del vincolo reale esclusivamente sotto il profilo temporale, consentendo, in violazione del
diritto di riservatezza del ricorrente, l’acquisizione dell’intera massa dei da contenuti nel dispositivo sequestrato, anche se irrelati rispetto all’ipotesi di accusa.
2.3. Con il terzo motivo censura la mancanza assoluta di motivazione in ordine all’omessa previsione della restituzione della copia-done e della copia mezzo (ossia della copia informatica di tutto il contenuto digitale appreso e memorizzato su supporto) all’esito delle operazioni informatiche.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del proc:edimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020, convertito in legge n. 176 del 18 dicembre 2020, prorogato per effetto dell’art. 16, comma 1, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 25 febbraio 2022, e per le impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2023 dall’art. 94, comma 2, del d.lgs. 10/10/2022, n. 150.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 8 ottobre 2023, il Procuratore generale ha chiesto di annullare l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di L’Aquila per nuovo esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene la Corte che il ricorso debba essere accolto per le ragioni di seguito precisate.
Con i primi due motivi il ricorrente deduce congiuntamente la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. per mancato rispetto del principio di proporzionalità nel decreto di sequestro probatorio adottato dal pubblico ministero.
Rileva il ricorrente che il canone di proporzionalità impone, infatti, al pubblico ministero un’adeguata e specifica motivazione del decreto di sequestro probatorio, tanto più nel caso in cui oggetto del vincolo reale sia un supporto informatico, che può contenere una massa di informazioni variegate, estranee all’ipotesi accusatoria e pur tuttavia rilevanti sotto il profilo della tutela della riservate personale.
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
3.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il principio di proporzionalità, sancito, anche in riferimento alle misure cautelari reali, dell’art. 275 cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 2, n. 2968;7 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276979; Sez. 3., n. 21271 del 07/05/2014, COGNOME, Rv. 261509 -01) e a livello sovranazionale dalle fonti del diritto dell’Unione (art. 5, par. 3 e
TUE, art. 49, par. 3, e art. 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali) e dag artt. 7 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretata dalla Corte Edu, assolve «ad una funzione strumentale per un’adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, e ad una funzione finalistica, come parametro per verificare la giustizia della soluzione presa nel caso concreto» (ex plurimis, Sez. 4, n. 29956 del 14/10/2020, Valentino, Rv. 279716 – 01; Sez. 6, n. 9776 del 12/02/2020, Morfù, non massimata).
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno, inoltre’ statuito che «ogni misura cautelare, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped RAGIONE_SOCIALE). Dunque, solo valorizzando l’onere della motivazione è possibile, come sottolineato dalla più attenta dottrina, tenere “sotto controllo” l’intervento penale quanto al rapporto con le libertà fondamentali ed i beni costituzionalmente protetti quali la proprietà e la libera iniziati economica privata, riconosciuti dall’art. 42 Cost e dall’arti del Primo protocollo addizionale alla Convenzione Edu, come interpretato dalla Corte Edu; in tale ottica, la motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all’accertamento penale diventa, allora, requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga appunto nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità» (così testualmente Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548, in motivazione).
La proporzionalità della misura cautelare costituisce, dunque, oggetto di una ineludibile valutazione preventiva da parte del giudice della cautela reale affinché non comporti un’ingerenza nell’esercizio dei diritti fondamentali più incisiva rispetto a quella strettamente funzionale a tutelare le esigenze cautelari da soddisfare nel caso di specie.
3.2. La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, affermato, con riferimento al decreto di sequestro probatorio di materiale informatico, che l’acquisizione indiscriminata di un’intera categorie di beni, nell’ambito della quale procedere successivamente alla selezione delle singole res strumentali all’accertamento del reato, è consentita a condizione che il sequestro non assuma una valenza meramente esplorativa e che il pubblico ministero adotti una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo, in ragione del tipo di reato per cui si procede, della condotta e del ruolo attribuiti alla persona titolare dei beni, e della difficoltà di individuar ex ante l’oggetto del sequestro (ex plurimis, Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME
Rv. 279949 – 02, fattispecie, in cui la Corte, in relazione al reato di finanziamento illecito ai partiti, ha ritenuto esplorativo e sproporzionato il sequestro indistinto tutte le mai!, personali e della società, riferibile ad un soggetto terzo estraneo al reato, trasmesse e ricevute nei dieci anni precedenti; Sez. 4, n. 29956 del 14/10/2020, Valentino, Rv. 279716 – 01; Sez. 6, n. 9776 del 12/02/2020, Morfù, non massimata).
È, dunque, illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca, in difetto di specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione (Sez. 6, n. 6623 de 09/12/2020 (dep. 2021), COGNOME, Rv. 280838 – 01, fattispecie relativa a sequestro di un telefono cellulare e di un tablet).
In tanto è possibile disporre un sequestro “esteso”, e magari totalizzante, in quanto si spieghi – caso per caso – perché ciò è necessario fare, perché cioè, il nesso di pertinenza tra res, reato per cui si procede e finalità probatoria debba avere – in quella determinata fattispecie – una inevitabile differente modulazione in ragione della fase del procedimento, della fluidità delle indagini e della contestazione provvisoria, del fatto concreto per cui si procede, del tipo di illecito a cui il fatto sembra doversi ricondurre, della difficoltà di individuare nitidamente ex ante l’oggetto del sequestro, della natura del bene che si intende sequestrare (sul tema, ex plurimis: Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949 02; Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 274781; Sez. 5, n. 13594 del 27/02/2015, COGNOME, Rv. 262898).
Nell’adottare il decreto di sequestro probatorio di uno strumento informatiyo, pertanto, il pubblico ministero non solo deve motivare sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato ricorrendo ad altri e meno invasivi strumenti cautelari, ma deve modulare il sequestro – quando ciò sia possibile – in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto al vincolo reale, anche oltre le effettive necessità dettate dalla esigenza che si intende neutralizzare; il vincolo cautelare deve, dunque, essere conformato in modo tale da non arrecare un inutile sacrificio di diritti, il cui esercizio di fatto pregiudicherebbe la finalità probatoria/cautelare perseguita (sul tema, anche Corte Cost., n. 85 del 2013).
3.3. Il Tribunale del riesame nell’ordinanza impugnata, invero, non ha fatto buon governo dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di proporzionalità delle misure cautelari reali e, segnatamente, di sequestro probatorio di materiale informatico.
Il Pubblico Ministero presso il Tribunale dell’Aquila, con decreto emesso in data 21 maggio 2023, ha emesso nei confronti del ricorrente un decreto di perquisizione personale e locale e di sequestro probatorio dei telefoni cellulari, della documentazione e delle penne UBS nella disponibilità del ricorrente.
In tale decreto il Pubblico Ministero ha precisato che è «necessario assicurare al procedimento gli smartphone per ricostruire il tratto di comunicazione tra privati e cosiddetti clinici, ovvero tra questi ultimi e amministrativi; nonché i dispositi computer di archiviazione di massa utili al fine di comprendere il vario livello di intervento nella concertazione dei bandi di gara oltre che per ac:quisire il certificato medico ideologicamente falso allo stato solo riferito come tale».
Tale decreto ha avuto esecuzione in data 9 giugno 2023 con il sequestro del telefono cellulare in uso al ricorrente.
Il Tribunale del riesame, nell’ordinanza impugnata, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, ha disposto solo una delimitazione temporale dei dati da acquisire, riferito al periodo nel quale sarebbero state realizzate le condotte delittuose contestate.
Al contempo, il Tribunale ha ritenuto ingiustificate le censure formulate dal ricorrente relativamente al carattere ingiustificato dell’apprensione di dati digital relativi alla vita privata dell’indagato e irrelati rispetto all’ipotesi di ac rilevando che, ove ciò avvenisse, il ricorrente potrebbe chiederne il dissequestro, con autonoma istanza rivolta al Pubblico Ministero.
Il Tribunale del riesame dell’Aquila, con queste argomentazioni, ha, tuttavia, obliterato il canone di proporzionalità che deve orientare, sin dall’adozione della misura cautelare reale, l’iniziativa probatoria del Pubblico Ministero e, in violazione del disposto dell’art. 275 cod. proc. pen., non ha dichiarato l’originaria carenza di determinazione del sequestro probatorio oggetto di riesame, volto ad apprendere l’intera massa dei dati contenuti nel telefono cellulare del ricorrente, anche se inconferenti rispetto ai temi di indagine.
La motivazione del decreto di sequestro emesso dal Pubblico Ministero in data 21 maggio 2023 non contiene alcuna indicazione dei dati da ricercare, dei criteri per effettuare la ricerca, dell’ambito temporale della loro selezione, né adduce alcuna ragione per la quale il sequestro dell’utenza cellulare del ricorrente dovesse essere generalizzato e onnicomprensivo.
Una selezione, peraltro estremamente approssimativa, dei dati da apprendere è, invero, stata operata dal Pubblico Ministero solo all’atto dell’incarico conferito al proprio consulente informatico, ma la stessa è solo successiva ed esterna al decreto di sequestro, che costituisce il titolo per giustificare il vinco reale.
La generalizzata acquisizione dei dati telematici rinvenibili nell’utenza cellulare del COGNOME esorbita, pertanto, le limitate verifiche necessarie per accertare eventuali rapporti di natura illecita con soggetti privati e il personal amministrativo in relazione alla gara predetta, tanto da fare assumere al vincolo cautelare reale carattere sproporzionato (sul punto, ex plurímis: Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949 – 02; Sez.. 6, n. 56733 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 274781 – 01) e a risolversi in uno strumento istruttorio a carattere esplorativo, volto a ricercare notítiae críminis diverse e ulteriori rispetto a quelle per le quali si procede.
L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso esonera dal delibare le ulteriori censure proposte dal ricorrente e impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e del decreto di sequestro emesso dal Pubblico Ministero in data 21 maggio 2023.
All’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonché del decreto di sequestro probatorio, consegue la restituzione al ricorrente dei beni acquisiti, ivi compresa la copia integrale del contenuto dei supporti informatici.
Le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di sequestro di materiale informatico, hanno, infatti, affermato che la mera reintegrazione nella disponibilità del titolare del bene fisico oggetto di un sequestro probatorio non elimina il pregiudizio determinato dal vincolo cautelare su diritti fondamentali certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza e al segreto o, comunque, alla «disponibilità esclusiva del “patrimonio informativo”» (Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270497 – 01), tutelati anche dagli art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La restituzione conseguente all’annullamento del sequestro probatorio deve, pertanto, avere ad oggetto non solo i supporti materiali sequestrati, ma anche i dati estrapolati dagli stessi.
P.Q.M..
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro del 21 maggio 2023 e ordina la restituzione all’avente diritto del materiale sequestrato. Manda alla Cancelleria per la comunicazione al Pubblico Ministero presso il GTribunale di L’Aquila.
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Così deciso in Roma, il 25/10/2023.