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Sequestro probatorio smartphone: la Cassazione decide

Un indagato per reati associativi e patrimoniali ricorre in Cassazione contro il sequestro di due smartphone, uno dei quali in uso alla moglie. Il ricorso contesta la legittimità e proporzionalità del sequestro probatorio dello smartphone. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, confermando la legittimità dell’acquisizione integrale dei dati del dispositivo se motivata da esigenze investigative, anche se l’analisi e la selezione dei dati pertinenti debbano avvenire in un secondo momento. La Corte ribadisce inoltre che il ritardo nel deposito dell’ordinanza del riesame non invalida un sequestro probatorio.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro probatorio smartphone: quando e come è legittimo?

Il sequestro probatorio di uno smartphone è diventato uno strumento investigativo cruciale. Ma quali sono i suoi limiti? Fino a che punto può spingersi l’autorità giudiziaria nell’acquisire i dati contenuti nei nostri dispositivi? Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su proporzionalità, tempi e legittimità di questa misura, delineando un quadro preciso per la sua applicazione.

I fatti del caso

Un soggetto, indagato per gravi reati tra cui associazione per delinquere e riciclaggio, si è visto sottoporre a sequestro due telefoni cellulari nel corso di una perquisizione. La difesa ha impugnato l’ordinanza del Tribunale di Napoli, che aveva confermato la misura, sollevando diverse questioni di legittimità dinanzi alla Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso erano principalmente quattro:
1. Mancata convalida: Il sequestro di un telefono, formalmente in uso alla moglie dell’indagato, sarebbe stato illegittimo perché effettuato d’iniziativa dalla polizia giudiziaria senza una successiva convalida del Pubblico Ministero.
2. Mancanza del fumus commissi delicti: Secondo la difesa, l’ordinanza non motivava a sufficienza l’esistenza di indizi di reato che giustificassero il sequestro.
3. Violazione della proporzionalità: Si lamentava un’acquisizione indiscriminata di tutti i dati digitali, configurando un sequestro esplorativo non finalizzato a prove specifiche.
4. Termini per la decisione: La difesa sosteneva che la misura avesse perso efficacia poiché il Tribunale del Riesame aveva depositato la sua decisione oltre il termine di trenta giorni.

Analisi del sequestro probatorio dello smartphone

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della difesa e fornendo principi guida sul sequestro probatorio di uno smartphone.

La disponibilità del dispositivo

Sul primo punto, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale, secondo cui il telefono, seppur utilizzato dalla moglie, era di fatto nella disponibilità dell’indagato. Elementi come il tentativo di sottrarlo alla perquisizione, il possesso dei codici di sblocco e la natura dei messaggi visionati sommariamente hanno fatto concludere che il reale utilizzatore fosse l’indagato stesso. Di conseguenza, il provvedimento di sequestro originario del P.M. era pienamente efficace.

La questione della proporzionalità e del sequestro ‘a strascico’

Riguardo alla presunta natura esplorativa del sequestro, i giudici hanno ribadito un principio consolidato. È legittima l’acquisizione di un’intera copia forense dei dati di un dispositivo, a condizione che ciò sia motivato dalla tipologia di reato, dalla condotta dell’indagato e dalla difficoltà di individuare ex ante le prove pertinenti. La selezione del materiale rilevante è un’operazione successiva all’acquisizione. La Corte sottolinea che non è possibile, in sede ispettiva, enucleare immediatamente i contenuti significativi. Pertanto, l’acquisizione integrale è spesso l’unica via percorribile, senza che ciò si traduca in un sequestro meramente esplorativo.

Il rispetto dei termini procedurali

La Cassazione ha chiarito in modo definitivo che il termine di 30 giorni per il deposito della decisione del Tribunale del Riesame, previsto a pena di inefficacia, si applica esclusivamente alle misure cautelari personali (come la custodia in carcere o gli arresti domiciliari) e non alle misure cautelari reali, come il sequestro probatorio. Questa eccezione è stata ritenuta manifestamente infondata, citando una decisione delle Sezioni Unite.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base di principi consolidati. In tema di misure cautelari reali, il sindacato della Cassazione è limitato alla violazione di legge, escludendo vizi di motivazione come la carenza o la contraddittorietà, a meno che la motivazione non sia meramente apparente o inesistente. I motivi del ricorso lamentavano, in sostanza, una valutazione di merito non consentita in sede di legittimità.

Il fumus commissi delicti, hanno spiegato i giudici, deve essere valutato in termini di astratta configurabilità del reato, non di fondatezza dell’accusa. Il Tribunale del Riesame è chiamato a verificare che esista una notizia di reato idonea a rendere utili ulteriori indagini, e nel caso di specie, il sequestro si fondava su una solida piattaforma investigativa già vagliata da un GIP per l’emissione di altre misure.

Infine, sul tema della selezione dei dati, la Corte ha precisato che la durata di tale operazione deve essere ‘ragionevole’, tenendo conto della mole di dati, delle difficoltà tecniche e dell’eventuale mancata collaborazione dell’indagato (ad esempio, non fornendo le password). Non esistono, quindi, termini tassativi, ma un criterio di ragionevolezza temporale che nel caso specifico non era stato violato.

Le conclusioni

La sentenza rafforza la legittimità del sequestro probatorio di dispositivi elettronici con acquisizione integrale dei dati, ritenendola una prassi necessaria nelle moderne investigazioni, specialmente per reati complessi. Tuttavia, bilancia questo potere con il principio di proporzionalità, che si esplica nella fase successiva: la selezione dei dati pertinenti deve avvenire in un tempo ragionevole, con la conseguente restituzione di tutto ciò che non è rilevante ai fini di prova. La decisione chiarisce inoltre importanti aspetti procedurali, distinguendo nettamente i termini perentori previsti per le misure sulla libertà personale da quelli applicabili ai sequestri di beni, garantendo così maggiore certezza giuridica agli operatori del diritto.

È legittimo sequestrare uno smartphone e copiarne integralmente tutti i dati?
Sì, la Corte di Cassazione ritiene legittima l’acquisizione di un’intera copia dei dati (copia forense) a condizione che il sequestro sia motivato dal tipo di reato, dalla condotta dell’indagato e dalla difficoltà di individuare immediatamente le prove. La selezione dei dati rilevanti è una fase successiva.

Il ritardo nel deposito della decisione del Tribunale del Riesame rende inefficace il sequestro probatorio?
No. La sentenza chiarisce che il termine di trenta giorni per il deposito della motivazione, la cui violazione causa la perdita di efficacia della misura, si applica solo alle misure cautelari personali (es. arresti) e non a quelle reali come il sequestro probatorio.

Cosa accade se il telefono sequestrato è in uso a una persona diversa dall’indagato?
La misura è legittima se l’autorità giudiziaria dimostra, sulla base di elementi concreti (come il possesso dei codici di sblocco o il contenuto delle comunicazioni), che il dispositivo è nella ‘disponibilità’ effettiva dell’indagato, a prescindere da chi ne sia l’utilizzatore formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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