Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1732 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1732 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nata in Cina il 19/11/1985 RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 26/06/2024 del GIP TRIBUNALE di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino ha rigettato l’opposizione proposta dai ricorrenti avverso il decreto, emesso il 22 aprile 2024, con il quale il Pubblico ministero aveva, a sua volta, respinto l’istanza di dissequestro avanzata in relazione ai beni sottoposti a vincolo con riguardo alla ipotesi di reato di ricettazione, detenzione per la vendita di prodotti contraffatti in contrasto con la normativa italiana ed europea, nonché di prodotti con caratteristiche diverse da quelle dichiarate (nella specie, sono state
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sequestrate lampade, articoli TV LED e confezioni LED, secondo il più dettagliato elenco contenuto nel verbale di sequestro del 21 marzo 2024 della Guardia di Finanza).
Ricorrono per cassazione gli interessati di cui alla intestazione, RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale indagata, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti, quali società terze interessate, deducendo:
violazione di legge per non avere il Giudice per le indagini preliminari ritenuto inefficace la misura cautelare pur in assenza del decreto di convalida del Pubblico ministero, il quale risultava necessario nella specie tenuto conto che il decreto di perquisizione indicava espressamente l’autorizzazione al sequestro di prodotti (costituiti, come da imputazioni provvisorie, da giocattoli RAGIONE_SOCIALE con marchio RAGIONE_SOCIALE) di tipologia del tutto diversa da quelli poi sottoposti effettivamente a vincolo (lampade da tavolo, strisce LED e articoli similari), lasciando per il resto l’eventuale identificazione di ulteriori articoli sul presupposto che venisse delineato dagli operanti il collegamento di cosa pertinente al reato o di corpo del reato nella eventuale contraffazione di marchi o dell’illegittima apposizione del marchio CE che esulavano dalle imputazioni (fg. 15 del ricorso).
Inoltre, la maggior parte dei beni sequestrati era stata sottoposta a vincolo presso un soggetto diverso da quello indicato nel decreto di perquisizione e non indagato (la RAGIONE_SOCIALE), in un luogo del quale la società RAGIONE_SOCIALE, legalmente rappresentata dall’indagata, non aveva alcuna disponibilità effettiva. Il sequestro era stato operato ritenendosi la contraffazione di altri marchi (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per le lampade), ipotesi priva di fondamento in quanto le lampade erano commercializzate con i marchi COGNOME e COGNOME debitamente registrati e di proprietà della RAGIONE_SOCIALE la cui legale rappresentante, odierna indagata, aveva esibito documentazione attestante la conformità del marchio CE in relazione alle lampade.
Per le strisce LED e gli altri articoli non erano esplicitate le ragioni del vincolo; 2) violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Giudice per le indagini preliminari ritenuto di mantenere il sequestro per effettuare ulteriori approfondimenti investigativi, paventando la necessità di una consulenza tecnica d’ufficio, reputando egli stesso sommari gli accertamenti effettuati dal Pubblico ministero, nonché smentiti dalla consulenza difensiva, senza neanche mantenere il vincolo solo su campioni di prodotti, in spregio del principio di proporzionalità immanente al sistema, anche tenuto conto del numero assai rilevante di prodotti
della stessa natura (oltre 50.000) sottoposti alla misura, non proporzionato rispetto alla paventata esigenza probatoria.
In tal modo, la causale del sequestro sarebbe stata meramente esplorativa e non fondata su elementi acquisiti alle indagini;
violazione di legge in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti, sotto il profilo della contraffazione dei marchi delle lampade, regolarmente registrati dall’indagata e certificati e della apposizione illegittima del marchio CE sugli altri prodotti, secondo quanto evidenziato anche dalla consulenza tecnica difensiva e dalla documentazione prodotta, nonché ribadito ai fgg. 33 e segg. del ricorso, colà evidenziandosi la differenza con prodotti di altro marchio (Poldina) al fine di sostenere l’assenza di idoneità ingannatoria dei marchi di proprietà dell’indagata. Con la conseguenza che non potrebbero ritenersi sussistenti i reati di cui agli artt. 473 e 474 cod.pen., ma, al più, il reato di cui all’art. 517-ter cod.pen. (fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale), non procedibile per mancanza di querela, reato comunque insussistente avuto riguardo alla registrazione dei marchi da parte dell’indagata, da presumersi valido ai sensi dell’art. 85 del regolamento Ce 6 del 2002.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato ed ha carattere assorbente.
Deve preliminarmente precisarsi che al decreto di sequestro probatorio effettuato dalla Guardia di Finanza di Torino il 21 marzo 2024 non è seguito alcun provvedimento di convalida da parte del Pubblico ministero ai sensi dell’art. 355 cod. proc. pen.
Alla ricorrente e indagata NOME Lin sono stati addebitati, nelle imputazioni provvisorie così come descritte nel decreto di perquisizione del 20 marzo 2024, i reati di ricettazione, detenzione per la vendita di prodotti con marchio contraffatto e frode nell’esercizio del commercio (artt. 648, 474, secondo comma e 515 cod.pen.).
Come è chiaramente specificato nelle imputazioni, le condotte contestate avevano ad oggetto solo ed esclusivamente prodotti “RAGIONE_SOCIALE il cui marchio RAGIONE_SOCIALE è risultato contraffatto”.
Si sarebbe trattato, sostanzialmente, di giocattoli.
I prodotti oggetto di sequestro sono di tutt’altra natura, secondo quanto già sopra evidenziato e risultante dal relativo verbale della Guardia di Finanza.
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Ne consegue che se il sequestro operato avesse riguardato i prodotti descritti nelle imputazioni, non sarebbe stata necessaria alcuna convalida da parte del Pubblico ministero, in quanto si sarebbe trattato di un caso in cui l’attività della polizia giudiziaria si era estrinsecata su beni già descritti dall’autorità giudiziaria nel decreto di perquisizione, senza alcuna discrezionalità.
Al contrario, il sequestro su beni di tutt’altro genere – del tutto estranei all contestazione accusatoria e non indicati nel decreto di perquisizione – poteva anche essere effettuato, ma necessitava del provvedimento di convalida, avente lo scopo di valutare se i beni sequestrati ad iniziativa discrezionale della polizia giudiziaria fossero o meno pertinenti ai reati contestati.
3. Ne consegue che, risulta, in primo luogo, corretta la procedura seguita nel caso in esame, non avendo il Pubblico ministero proceduto alla restituzione delle cose sequestrate; in secondo luogo, l’assenza del provvedimento di convalida nei termini di legge determina l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato a causa della illegittimità del provvedimento di sequestro dei beni descritti nel verbale del 21 marzo 2024 della Guardia di Finanza.
Devono valere, infatti, i seguenti principi di diritto: non è soggetto ad impugnazione il decreto di perquisizione del P.M. che rimetta alla discrezionalità degli organi di polizia la individuazione di cose da sottoporre a sequestro, dovendo, in tale ultimo caso, intervenire il decreto di eventuale convalida del sequestro che è il solo provvedimento soggetto a riesame (Sez. 2, Sentenza n. 51867 del 20/11/2013, Gaeta, Rv. 258074 – 01; Sez. 6, n. 39040 del 02/05/2013, Massa, Rv. 256327-01).
In tema di sequestro probatorio, il decreto con il quale il pubblico ministero disponga il sequestro di beni senza indicare specificamente le cose da sottoporre a vincolo, rimettendo alla discrezionalità della polizia giudiziaria delegata l’esatta individuazione delle stesse, che non sia seguito da convalida, non è impugnabile mediante riesame, con la conseguenza che, qualora il pubblico ministero non disponga la restituzione ai sensi dell’art. 355, comma 2, cod. proc. pen., l’interessato può avanzare al medesimo la relativa istanza, con facoltà di proporre opposizione al giudice per le indagini preliminari nell’ipotesi di diniego. (Sez. 2, n. 42517 del 15/10/2021, Soave, Rv. 282208-01).
L’esecuzione ad opera della polizia giudiziaria di un decreto con cui il Pubblico Ministero abbia ordinato la perquisizione e il sequestro delle cose pertinenti al reato, senza alcun’altra specificazione, comporta la necessità che il P.M. provveda alla convalida del sequestro, ai sensi dell’art. 355 cod. proc. pen., in quanto la
predetta GLYPH indeterminatezza rimette alla discrezionalità degli operanti l’individuazione del presupposto fondamentale del sequestro e cioè della qualifica dei beni come corpo del reato (o cose ad esso pertinenti), la quale richiede un controllo dell’autorità giudiziaria (Sez. 2, n. 5494 del 28/01/2016, COGNOME, Rv. 266306-01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio in provvedimento impugnato e dispone la restituzione del materiale sequestrato il 21.3.2024 all’avente diritto. Si provveda ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.. Così deciso, il 07/11/2024.