Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17354 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17354 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME, nata il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/12/2023 del TRIBUNALE di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n.137/2020 e del successivo art. 8 D.L. 198/2022
RITENUTO IN FATTO
NOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari del 18/12/2023 che, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, ha annullato il decreto di convalida di perquisizione e contestuale sequestro probatorio emesso dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Bari, limitatamente all’autovettura Porsche Cayenne, confermando nel resto.
La difesa, articolando due motivi, lamenta i vizi di legittimità di seguito indicati.
Violazione di legge in ordine:
all’assenza di motivazione del decreto di convalida, avendo il Pubblico ministero utilizzato delle clausole di stile, ovvero barrando delle caselle prestabilite, ciò non valendo a specificare la finalità probatoria perseguita per l’accertamento dei fatti ipotizzati nei confronti della ricorrente;
all’integrazione motivazionale operata sul punto dal Tribunale, il quale aveva proceduto di propria iniziativa ad individuare le specifiche finalità del sequestro, trattandosi di prerogativa esclusivamente riservata al pubblico ministero, quale titolare del potere di condurre le indagini e di assumere le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.
Violazione di legge in ordine alla descrizione della fattispecie nei confronti della ricorrente, essendosi operato un mero richiamo alla norma violata (art. 648 cod. pen.), così attribuendosi al mezzo di ricerca della prova una non consentita finalità esplorativa. Si lamenta, altresì, che il provvedimento di sequestro probatorio, al pari dell’ordinanza impugnata, si fondano esclusivamente su elementi astratti ed avulsi dalle caratteristiche del caso concreto e financo riferibil ad una sorta di colpa d’autore riferita alla condizione di cittadina straniera della ricorrente, persona, peraltro, incensurata e priva di precedenti di polizia.
Venendo agli oggetti sequestrati, la difesa rileva come, per un verso, si fosse allegato un principio di prova sulla legittima provenienza degli stessi (si trattava di borse da donna e monili, in gran parte bigiotteria ricollegati all’attività lavorati dell’indagata) e, per altro, lamenta che il vincolo reale sia stato illegittimamente protratto sugli apparecchi telefonici ed informatici, oltre il tempo necessario all’estrazione dei dati, attività che, peraltro, il pubblico ministero non avev disposto.
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME, con requisitoria del 10/03/2024, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
1. Manifestamente infondato è il primo motivo. Quanto alla sussistenza del fumus delicti si è fatto riferimento al verbale di sequestro allegato al verbale di convalida, il cui contenuto è noto alla ricorrente e in cui risulta descritta fattispecie, con particolare riguardo alle circostanze di fatto che hanno determinato l’accertamento di polizia giudiziaria ed il successivo sequestro degli oggetti, in ragione della molteplicità e natura variegata degli stessi, del loro presumibile valore e della loro collocazione spaziale e temporale.
Al riguardo, la Corte di legittimità ha affermato, con orientamento che il Collegio condivide, che in tema di sequestro probatorio, l’onere di motivazione in ordine al reato da accertare, deve essere modulato in ragione della progressione processuale cosicché nella fase iniziale delle indagini è legittimo il decreto di convalida apposto in calce al verbale della polizia giudiziaria che si limiti ad indicare gli articoli di legge per cui si intende procedere, richiamandone “per relationem” il contenuto, sempre che i fatti per cui si procede risultino compiutamente decritti nel verbale di sequestro (Sez. 2, n. 2787 del 03/12/2015, dep. 2016, Zhiding, Rv. 265776 – 01; conforme Sez. 3, n. 50324 del 30/11/2023, COGNOME, in motivazione, pag. 5; nel senso che l’obbligo di motivazione in relazione alla imputazione è sufficientemente ottemperato dalla indicazione delle norme di legge violate, purché dal tenore complessivo del provvedimento sia possibile desumere gli estremi essenziali di tempo, luogo e fatto). Si tratta di un orientamento che fa proprio il principio di diritto affermato in materia dalle Sezioni Unite Primavera sulla legittimità della motivazione per relationem (Sez. U., n. 17 del 21/6/2000, Rv. 216664), ritenendosi soddisfatto l’onere di motivazione anche nell’ipotesi in cui il decreto di sequestro contenga l’indicazione del titolo di reat per cui si procede, richiamando atti della polizia giudiziaria (Sez. 2, n. 27859 del 30/04/2019, Chianese, Rv. 276727; si veda anche Sez. 6, n. 28051 del 27/04/2004 Antinolfi, Rv. 229595 secondo cui in tema di convalida di sequestro probatorio eseguito dalla polizia giudiziaria, l’unico obbligo di motivazione che compete al pubblico ministero è quello attinente ai presupposti del vincolo e quindi della configurabilità del reato con specificazione della relativa ipotesi normativa, potendo a tal fine anche allegare al proprio decreto gli atti redatti dalla polizi giudiziaria, cui il provvedimento faccia riferimento). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso in esame, il decreto di sequestro non si limita ad enunciare la norma di legge violata, ma mediante il richiamo agli atti di p.g., indica poi le ragioni pe cui i beni sequestrati debbano considerarsi corpo di reato o cose a esso pertinenti e le esigenze di carattere probatorio da soddisfare con le successive indagini. Non
si registra, pertanto, alcun vuoto motivazionale in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le c presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare; né si è al cospetto dell’esercizio di un’attività sostitutiva svolta dal Tribunale sede di riesame rispetto alle prerogative ed ai compiti attribuiti al pubblico ministero.
Né, ancora, sembra ipotizzabile, per come denunciato, l’inversione dell’ordine della prova da parte del Tribunale allorché sottolinea il dato che l’indagata non sia stata in grado di fornire indicazioni precise sulle modalità di acquisto dei beni in sequestro, né fornire documentazione a sostegno. Invero, l’assenza di giustificazione della disponibilità di beni di provenienza delittuosa (nel caso in esame da ritenersi configurabile in termini clii fumus alla luce di quanto sinora rilevato) costituisce elemento decisivo ai fini della sussistenza del delitto d ricettazione. Secondo principio consolidato risponde del reato di ricettazione l’imputato, che, trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine del possesso (Sez. 2, n. 52271 del 10/11/2016, Agyemang, Rv. 268643 – 01).
Infine va ribadito – a conferma della correttezza della conclusione a cui è pervenuta l’ordinanza impugnata – che in sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagi per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza l sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria. Il sequestro probatorio, infatti, in quanto mezzo di ricerc della prova dei fatti costituenti reato, non può per ciò stesso essere fondato sulla prova del carattere di pertinenza ovvero di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo patrimoniale, ma solo sul “fumus” di esso, cioè sulla rnera possibilità del rapporto di esse con il reato. Qualora quindi dal complesso delle prime indagini tale “fumus” emerga, il sequestro si appalesa non solo legittimo ma opportuno, in quanto volto a stabilire, di per sé o attraverso le successive indagini che da esso scaturiscono, se esiste il collegamento pertinenziale tra “res” e illecito (Sez. 2, n. 2331 del 09/05/1994, Pastore, Rv. 199086 – 01; conformi: Sez. 3^, n. 13641 del 12/02/2002, Rv. 221275; Sez. 6^, n. 1683 del 27/11/2013, dep. 15/01/2014, Rv. 258416; Sez. 2, n. 32665 del 09/04/2014, non mass.; Sez. “, n. 3511 del 17/12/2021, dep. 2022, COGNOME, non mass.).
Il secondo motivo è inammissibile sia perché involge questioni di fatto, volte a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità sia perché, con particolare riferimento agli apparecchi elettronici, introduce una doglianza dedotta per la prima volta col ricorso per cassazione (non risultando tra le censure svolte dinanzi al Tribunale del riesame con la memoria depositata in udienza) e, comunque, manifestamente infondata a fronte dell’espressa indicazione da parte del pubblico ministero della tipologia delle indagini tecniche al cui espletamento è necessariamente legata la perduranza del vincolo reale.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, in ragione dei profili di colpa ravvisati nella determinazione della causa di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28/03/2024