Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14571 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14571 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 23/03/1998
avverso l’ordinanza del 11/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
È oggetto di ricorso l’ordinanza resa in data 11 novembre 2024, con cui il Tribunale di Roma-Sezione del riesame del provvedimento di sequestro ha, per un verso, confermato il decreto di convalida di sequestro disposto dal pubblico ministero in relazione alla provvisoria imputazione di furto in abitazione a carico di NOME COGNOME e, per altro verso, ha annullato il decreto in riferimento al sequestro del telefono cellulare dell’indagato.
Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione, l’indagato, per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure a due motivi, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con cui si duole di violazione di legge in relazione agli artt.
2.1 Con il primo motivo, si duole di violazione di legge, con riferimento all’art. 355, comma 2, cod. proc. pen. e vizio di motivazione. Il decreto di convalida di sequestro disposto dal pubblico ministero sarebbe carente di motivazione sotto il profilo della condotta delittuosa, avendo il pubblico ministero indicato la sola norma di legge -art. 624 bis cod. pen. – asseritamente violata. Emergerebbero, inoltre, insanabili contraddizioni tra gli atti di indagine, posto che il verbale di perquisizione riferisce di un reato di furto in concorso, il verbale di sequestro descrive un tentato furto in abitazione e il decreto di convalida del p.m. indica, infine, la violazione dell’art. 624 bis cod. pen. Deduce quindi la difesa che il decreto di convalida sarebbe da considerare ai limiti dell’abnormità.
2.2 II secondo motivo ha a oggetto il vizio di motivazione, non avendo il Tribunale replicato in alcun modo alle censure relative alla mancata descrizione, da parte del pubblico ministero, della specifica condotta ascritta all’indagato e alla mancata conformità degli atti di indagine, già illustrate nel motivo precedente. Si rimarca, infine, l’erroneo richiamo agli artt. 324, comma 7, e 240 del codice di rito, posta la natura degli oggetti sottoposti a sequestro.
Sono state trasmesse a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso; b) conclusioni nell’interesse del ricorrente, in replica a quelle formulate dal Sostituto Procuratore generale, con cui si reitera la richiesta di annullamento dell’impugnato provvedimento e la restituzione degli oggetti sottoposti a sequestro.
Considerato in diritto
I due motivi di ricorso -congiuntamente esaminabili perché logicamente connessi- sono infondati, per i motivi di seguito illustrati.
Va preliminarmente ricordato che, in tema di obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio, si sono succedute nel tempo più sentenze delle
Sezioni unite di questa Corte; da ultimo, si è chiarito che il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548 – 01).
E’ stato precisato, inoltre, che la motivazione del decreto deve contenere, a pena di nullità, la descrizione della condotta ipotizzata a carico dell’indagato, la sua riconduzione ad una fattispecie incriminatrice, la natura dei beni da vincolare e la loro relazione con tale ipotesi criminosa, non essendo esaustiva l’indicazione della sola norma violata (Sez.3, n. 3604 del 16/01/2019, Rv.275688 – 01; Sez.6, n. 37639 del 13/03/2019, Rv.277061-01; Sez.5, n. 13594 del 27/02/2015, Rv.262898 – 01).
Sulla falsariga di tale giurisprudenza, questa Corte ha puntualizzato che «in tema di sequestro probatorio di cose pertinenti al reato, la motivazione del provvedimento deve necessariamente dar conto del “fumus commissi delicti” e della necessità della “res” in sequestro ai fini dell’accertamento del fatto illecito» (Sez. 5, n. 54018 del 03/11/2017, COGNOME, Rv. 271643 – 01).
A tanto deve aggiungersi il principio, di cui le dedotte eccezioni non tengono conto, per il quale «in tema di sequestro probatorio, l’onere di motivazione in ordine al reato da accertare, deve essere modulato in ragione della progressione processuale, cosicché, nella fase iniziale delle indagini, è legittimo il decreto di convalida apposto in calce al verbale della polizia giudiziaria che si limiti ad indicare gli articoli di legge per cui si intende procedere, richiamandone “per relationem” il contenuto, sempre che i fatti per cui si procede risultino compiutamente decritti nel verbale di sequestro» (Sez. 2, n. 2787 del 03/12/2015, dep. 2016, COGNOME Hu, Rv. 265776 – 01, enfasi aggiunta).
Tanto premesso sul piano dei principi giurisprudenziali, si osserva quanto segue. Nel ricostruire le risultanze degli atti d’indagine, il Collegio del riesame ha illustrato che l’indagato-ricorrente, “ripreso (nella casa) con volto travisato da una mascherina”, veniva poi fermato dalla polizia; una vicina, svegliata da rumori metallici, aveva notato sostare in strada, un uomo con cappello e mascherina. L’indagato veniva poi fermato e, sulla sua persona, venivano rinvenuti gli oggetti (una mascherina, un cappello, un cellulare, un paio di guanti in lattice), poi sequestrati. Successive verifiche -ha inoltre spiegato il Collegio- consentivano di appurare che il furto era stato consumato (dei gioielli venivano infatti sottratti) e che una serie di oggetti (guanti, zaino, forbici, pinze, taglierini, tra l’altro) era stata lasciata sul luogo del delitto.
Orbene, alla luce dei principi di diritto sopra ricordati e della motivazione dell’impugnata ordinanza, le deduzioni difensive devono disattendersi, avendo
l’impugnata ordinanza chiarito adeguatamente come, proprio in vista della progressione processuale e della fase primordiale delle indagini, il decreto di
convalida del pubblico ministero indicasse in maniera sufficiente l’imputazione provvisoria (art. 624
bis cod. pen.) in relazione al furto accertato in data 23 agosto
2024. D’altra parte, deve ricordarsi il principio, rilevante per il caso in scrutino, secondo cui «in tema di sequestro probatorio d’iniziativa della polizia giudiziaria,
il decreto di convalida motivato “per relationem” postula che la valutazione critica che il pubblico ministero è tenuto ad effettuare in riferimento agli atti richiamati
sia tanto più pregnante quanto più «indiretto» è il collegamento tra il reato e la
“res” e quanto maggiori risultino il livello di progressione investigativa e il grado di compressione dei diritti costituzionali coinvolti» (Sez.3, n. 50324 del
30/11/2023, COGNOME Rv. 285591 – 01). Ora, dalla motivazione dell’impugnato provvedimento è dato comprendere che il collegamento tra l’ipotizzato reato e gli
oggetti sottoposti a sequestro fosse, appunto, immediato e diretto: gli oggetti trovati in possesso dell’indagato (cappello, guanti in lattice e mascherina)
correlavano infatti l’indagato al soggetto travisato ripreso nell’appartamento. In definitiva, la censura di assoluta incertezza circa il delitto contestato deve ritenersi
superata dal ragionevole apprezzamento del Collegio del riesame, che, pur dando atto della stringatezza della motivazione del decreto del pubblico ministero, ne ha evidenziato al contempo, nei modi fin qui illustrati, la sufficienza ai fini della valutazione della sussistenza del “fumus commissi delicti” e della necessità della res in sequestro ai fini dell’accertamento del fatto illecito.
Per le ragioni fin qui evidenziate, il Collegio rigetta il ricorso. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 06/02/2025 Il consigliere estensore
Il presidente