Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36363 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36363 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Gambia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/06/2025 del Tribunale di Ragusa;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME è indagato per detenzione a fini di cessione a terzi di sostanze stupefacenti di vario tipo (art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990).
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Ragusa ha respinto le richieste di riesame avanzate nel suo interesse avverso:
il decreto di sequestro preventivo della somma di 2.380 euro, emesso dal Giudice per le indagini preliminari di quello stesso Tribunale, a norma degli artt. 240-bis, cod. pen., e 85-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, nonché ai sensi dell’art. 321,
comma 1, cod. proc. pen., al fine d’impedire la commissione di ulteriori reati analoghi;
b) il decreto del AVV_NOTAIO della Repubblica presso il medesimo Tribunale, che ha convalidato il sequestro probatorio di due telefoni portatili rinvenuti in suo possesso.
Avverso tale provvedimento, egli ricorre per cassazione, con atto del proprio difensore, deducendo la manifesta illogicità della relativa motivazione: quanto al sequestro preventivo del danaro, perché le relative somme, di modesto ammontare, deriverebbero dall’attività lavorativa di aiuto cuoco, da lui svolta per sette mesi nel 2024, con una retribuzione di mille euro mensili; riguardo, invece, al sequestro probatorio dei telefoni, perché il Pubblico ministero non avrebbe esplicitato le ragioni del collegamento degli stessi all’ipotizzata attività di spaccio di stupefacenti e non potendo tale lacuna essere integrata dal Tribunale del riesame.
Ha depositato la propria requisitoria scritta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha trasmesso conclusioni scritte in cancelleria per via telematica il 13 ottobre, senza, quindi, il rispetto del termine di tre giorni prima dell’udienza, previsto dall’art. 611, commi 1 e 1-quinquies, cod. proc. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto per motivi non consentiti.
Il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione potendosi comprendere anche i vizi della motivazione, ma soltanto qualora così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (per tutte: Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692). Ciò che indiscutibilmente non ricorre nel caso in esame.
Solo per completezza, dunque, può aggiungersi che le censure riguardanti il sequestro preventivo sono comunque inammissibili, perché puramente assertive, volte ad una rivalutazione del merito della decisione, non consentita al giudice di legittimità, e comunque generiche, in quanto eccentriche rispetto alle ragioni del
provvedimento impugnato: quest’ultimo, infatti, ha confermato la legittimità dell’ablazione di dette somme ai fini dell’eventuale confisca c.d. “per sproporzione” (a norma, cioè, degli artt. 240-bis, cod. pen., ed 85-bis, d.P.R. n. 309 del 1990), rispetto alla quale non è necessario quel collegamento causale o funzionale del relativo possesso con il reato, che la difesa, invece, pretenderebbe.
Correttamente, infine, quanto al decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal Pubblico ministero, il Tribunale ha ritenuto che la relativa motivazione, seppur sintetica, fosse effettiva ed esauriente, in considerazione come richiede la giurisprudenza di legittimità: per tutte, Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, Macis, Rv. 274781 – della tipologia del reato e degli oggetti assoggettati a vincolo, giacché il contenuto dei telefoni cellulari costituisce la fonte informativa primaria per l’accertamento della rete illegale di fornitori e clienti, in cui uno spacciatore necessariamente agisce.
L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2025.