Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27173 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27173 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nata a BARI il 09/12/1957
COGNOME nato a GROSSETO il 02/08/1998
avverso l’ordinanza del 22/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di GROSSETO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Grosseto, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari reali, ha confermato il decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico ministero presso il medesimo Tribunale in data 30 dicembre 2024, avente ad oggetto 21 oggetti preziosi; sequestro operato nei confronti dei ricorrenti in quanto indagati per il reato di riciclaggio 2. Ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo del loro comune difensore e con unico atto, attraverso il quale deducono:
violazione di legge e nullità del decreto di sequestro mancando agli atti il verbale di esecuzione del sequestro;
violazione di legge per avere il decreto di sequestro utilizzato, per ritenere sussistente il fumus commissi delicti, le dichiarazioni rese dall’indagata COGNOME e risultanti dalla CNR del 21 dicembre 2024; costei non aveva saputo fornire indicazioni in ordine alla esatta provenienza dei preziosi in sequestro, la cui acquisizione non era documentata sul registro del negozio di compro-oro da lei gestito con il coindagato Morlungo.
Peraltro, tali indicazioni sarebbero state smentite dalla produzione effettuata all’udienza di riesame, come indicata nei motivi aggiunti;
omessa motivazione in relazione alla finalità probatoria del sequestro.
Il Tribunale ha giustificato il mantenimento del vincolo reale in forza della necessità di disporre accertamenti di polizia giudiziaria relativi alle giustificazioni ed ai documenti prodotti dalla difesa in sede di riesame.
Tale motivazione è incongrua rispetto alla valutazione inerente alla legittimità originaria del decreto di sequestro, che presupponeva la indicazione del nesso di strumentalità tra i beni in sequestro e le esigenze probatorie, non ricavabile dal provvedimento impugnato che, per questo, non era integrabile sul piano motivazionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi in parte generici, in parte non consentiti e, comunque, manifestamente infondati.
In ordine al primo motivo, risulta dagli atti che nei confronti dei ricorrenti era stato eseguito un primo decreto di sequestro preventivo – alla cui esecuzione aveva partecipato il difensore di fiducia degli indagati, come risulta dalla comunicazione di notizia di reato in atti – che non era stato convalidato e, tuttavia, non si era proceduto ad alcuna restituzione dei beni in quanto contestualmente era stato emesso il decreto di sequestro probatorio oggi impugnato, il quale, per tali ragioni, non era bisognevole di essere assistito da alcun nuovo verbale di esecuzione, la misura essendo ancora in corso con il trattenimento dei beni dei ricorrenti oggetto di essa.
Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che le dichiarazioni della ricorrente COGNOME non esaurivano le risultanze investigative che avevano condotto alla emissione del sequestro, avendo la polizia giudiziaria rilevato e precisato che i preziosi ritrovati non erano stati inseriti nell’apposito registro tenuto da commercianti di tale categoria di beni, mancavano della indicazione del cliente che li aveva consegnati ai ricorrenti e delle modalità di pagamento.
Ne consegue che, anche a voler fare a meno delle dichiarazioni della ricorrente, vi erano elementi tali per ritenere sussistente il fumus commissi delicti del reato contestato.
In tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso p genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416). Inoltre, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identic convincimento (Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014 – dep. 23/01/2015, COGNOME, Rv. 262011).
Il terzo motivo non è consentito in quanto il Tribunale ha espressamente chiarito l’esigenza probatoria sottesa al sequestro e consistente, alla luce di quanto prima rilevato con riguardo al secondo motivo, nella necessità di disporre adeguati accertamenti sui beni, attraverso la predisposizione di un fascicolo fotografico, di schede descrittive e di verifiche sulla banca dati.
La motivazione non è apparente ed il lamentato vizio – anche in relazione alla mancata considerazione delle giustificazioni difensive – non è deducibile in questa sede.
Secondo l’art. 325, comma 1, cod.proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, è ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, non per i vizi logici della motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen. (tra le tante, sez.5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, conforme a Sez.U, n. 5876 del 2004, Bevilacqua).
La più autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi sia gli errores in iudicando che gli errores in procedendo, ovvero quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez.U. n.25932 del 2008, COGNOME.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorre al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa
delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorren nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 15/05/2025.