LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro probatorio: quando è legittimo per bancarotta?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un sequestro probatorio disposto nei confronti dell’amministratore di una società, indagato per concorso in bancarotta fraudolenta. Il caso riguarda complessi contratti di affitto di azienda stipulati con un’altra società in concordato preventivo. La Corte ha ribadito che, ai fini del sequestro probatorio, è sufficiente la sola astratta configurabilità del reato (fumus commissi delicti) per permettere lo svolgimento delle indagini, senza che sia necessaria una prova piena della colpevolezza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio e Bancarotta: Quando il Sospetto Giustifica la Misura Cautelare

Il sequestro probatorio rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’autorità giudiziaria nella fase delle indagini preliminari. Ma quali sono i presupposti per la sua applicazione, specialmente in contesti complessi come i reati fallimentari? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti e la finalità di questa misura, chiarendo che la sua legittimità si fonda sull’astratta configurabilità del reato e non sulla prova certa della colpevolezza.

Il Contesto: Contratti di Affitto e Concordato Preventivo

La vicenda giudiziaria trae origine da un’indagine per concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale e truffa ai danni dello Stato. Al centro del caso vi era una serie di contratti di affitto di rami d’azienda stipulati tra due società. La società concedente si trovava in una procedura di concordato preventivo, un percorso volto a sanare la crisi d’impresa evitando il fallimento. La società affittuaria, il cui legale rappresentante è l’indagato, aveva preso in gestione diversi impianti energetici.

Secondo l’accusa, queste operazioni di affitto non erano previste dal piano concordatario e sarebbero state realizzate in modo anomalo, sottraendo di fatto il controllo dei beni alla procedura e ai creditori. Tra le criticità emerse vi erano la durata eccessiva dei contratti (superiore a quella del piano), la concessione di una lunga dilazione di pagamento dei canoni e la mancata comunicazione preventiva agli organi della procedura (commissari giudiziali e giudice delegato).

La Decisione del Tribunale del Riesame e il sequestro probatorio

In seguito a una precedente pronuncia della Cassazione che aveva annullato una prima ordinanza per vizi di motivazione, il Tribunale del Riesame, in sede di rinvio, ha nuovamente confermato la legittimità del sequestro probatorio. I giudici hanno ritenuto che, nonostante le argomentazioni difensive, sussistessero sufficienti elementi per ipotizzare un’operazione distrattiva.

Il Tribunale ha evidenziato come i contratti, scoperti solo a seguito di una visura camerale, deviassero dalle modalità di esecuzione del piano concordatario. La Corte territoriale ha inoltre considerato irrilevante la circostanza che nessun creditore avesse chiesto la risoluzione del concordato, interpretando tale inerzia come una possibile scelta di convenienza economica piuttosto che come una convalida della regolarità delle operazioni.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un difetto di motivazione e una violazione delle norme fallimentari. Secondo il ricorrente, il Tribunale non si sarebbe conformato alle indicazioni della precedente sentenza di annullamento, non valutando adeguatamente la liceità dell’operazione e la sua buona fede. Si sosteneva che l’operazione fosse economicamente valida e che la discrasia tra canoni e incentivi percepiti non fosse di per sé prova di un’intenzione fraudolenta. Inoltre, la difesa ha contestato l’omessa valutazione di una memoria difensiva che illustrava la coerenza dei contratti con la normativa e la prassi, nonché la loro finalità di tutela dei creditori.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno affermato che il Tribunale del Riesame ha correttamente adempiuto alle indicazioni della sentenza rescindente, fornendo una motivazione puntuale ed esaustiva. La Corte ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: per disporre un sequestro probatorio non è richiesta la prova piena della colpevolezza, ma è sufficiente il cosiddetto fumus commissi delicti.

Ciò significa che il giudice deve verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato sulla base degli elementi a disposizione. Lo scopo del sequestro non è accertare la responsabilità penale, ma è quello di raccogliere prove e impedire che elementi utili alle indagini vengano dispersi. La Corte ha sottolineato che richiedere una prova completa dell’elemento soggettivo (cioè la consapevolezza e volontà del reato) fin dalla fase cautelare vanificherebbe lo scopo stesso dello strumento, che è appunto finalizzato alla ricerca della prova.

Nel caso di specie, le numerose anomalie dei contratti di affitto, la loro stipulazione al di fuori del piano concordatario e senza informare gli organi della procedura, costituivano elementi sufficienti a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini e a giustificare il mantenimento del sequestro.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale in materia di procedura penale. Stabilisce che il sequestro probatorio è una misura funzionale all’attività investigativa, per la cui adozione basta una valutazione di astratta configurabilità del reato. Non è la sede per un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, ma per una valutazione preliminare sulla necessità di acquisire prove. Questa pronuncia offre un’importante chiave di lettura per comprendere l’equilibrio tra le esigenze di indagine e i diritti di difesa, specialmente in contesti di criminalità economica dove la prova della colpevolezza si costruisce spesso attraverso l’analisi di complessi documenti e operazioni societarie.

È necessario avere la prova piena di un reato per disporre un sequestro probatorio?
No, non è necessaria la prova piena. Secondo la Corte di Cassazione, per disporre un sequestro probatorio è sufficiente l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, ovvero la presenza di elementi che rendano utile lo svolgimento di ulteriori indagini (il cosiddetto fumus commissi delicti).

Un contratto di affitto di azienda stipulato da una società in concordato preventivo è sempre legittimo?
Non necessariamente. La sentenza evidenzia che tali contratti possono essere considerati illegittimi e potenzialmente distrattivi se non sono previsti dal piano concordatario, se non vengono comunicati agli organi della procedura (giudice delegato e commissari) e se presentano criticità tali da ledere gli interessi dei creditori, come una durata anomala o condizioni di pagamento svantaggiose per la società concedente.

La mancata richiesta di risoluzione del concordato da parte dei creditori prova la buona fede degli amministratori?
No. La Corte ha stabilito che l’inerzia dei creditori non è una prova decisiva della buona fede o della legittimità delle operazioni. Tale comportamento potrebbe derivare da una mera valutazione di convenienza economica (ritenere il fallimento meno vantaggioso del concordato, pur con le sue irregolarità) e non implica un’approvazione delle azioni degli amministratori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati