Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21992 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21992 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
NOME, nato in Egitto DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del Tribunale di Lodi del 2.2.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con ordinanza del 2.2.2024, il Tribunale di Lodi ha respinto l’istanza di riesame proposta, nell’interesse di NOME, contro il decreto con il quale il Pubblico Ministero aveva convalidato il sequestro operato da personale della Polizia Stradale di Lodi con riguardo a banconote per un ammontare complessivo di euro 155.960;
ricorre per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE per il tramite del difensore di fiducia che deduce:
2.1 violazione di legge con riguardo all’art. 253 cod. proc. pen. per l’insussistenza di idonea motivazione in ordine alla rilevanza del bene ai fini dell’accertamento dei fatti: rileva che il Tribunale ha giudicato adeguata la motivazione addotta dal PM per giustificare il trattenimento RAGIONE_SOCIALE banconote ma che si risolve, in realtà, in una clausola di stile, non coerente con i principi detta dalla giurisprudenza di legittimità;
2.2 violazione di legge con riguardo all’art. 253 cod. proc. pen. per la insussistenza del fumus boni juris in ordine ai reati di cui agli artt. 648-bis e 453 cod. pen.:
quanto al delitto di riciclaggio: rileva che il Tribunale finisce per operare una commistione tra il le due ipotesi di reato astrattamente invocabili poiché la asserita e sospetta falsità di 5 banconote trascinerebbe con sé quella di tutte le altre non essendo sostenibile quanto ritenuto dai giudici della cautela che finiscono per far derivare la provenienza illecita di tutte le banconote dalla ipotetica falsità di taluna di esse;
quanto al falso nummario: rileva che sia il PM che il Tribunale hanno errato nel ricondurre la detenzione o il possesso di banconote false nella ipotesi delittuosa disegnata dall’art. 453 cod. pen. che ha, quale elemento costitutivo qualificante, quello del “concerto”, che la distingue da quella, autonoma e distinta, di cui all’art. 455 cod. pen.;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso: richiamati i limiti dello scrutinio consentito in sede d legittimità sui provvedimenti resi in materia di cautela reale, essendo il provvedimento impugnato improntato a corretti principi di diritto: rileva, in primo luogo, come il denaro sia, nel caso di specie, corpo di reato in relazione al delitto di cui all’art. 453 cod. pen. l’esigenza della cui disponibilità, a fini di prova, è immediata evidenza con conseguente idoneità della motivazione che si limiti a rilevare e descrivere la relazione di immediatezza tra il bene attinto ed il reato per cui si procede e la esaustività della indicazione sia dell’espletamento di accertamenti di natura tecnica che di verifica della provenienza comunque illecita
RAGIONE_SOCIALE banconote; con riguardo al “delitto presupposto” rispetto a quello di riciclaggio, osserva che il Tribunale ha correttamente applicato il principio della sua affermazione sulla scorta di elementi di natura logica e tenendo conto della fluidità dell’imputazione che connota questa fase embrionale del procedimento; rileva, ancora, che il fumus del delitto di cui all’art. 453 cod. pen. è stato motivato anche con i dati rilevati sui tre telefoni cellulari che fonda una seria ipotes investigativa in merito al “concerto” con gli autori della falsificazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto articolato su censure manifestamente infondate o non consentite in questa sede.
1. Non è inutile, in primo luogo, ribadire che il ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in siffatta nozione dovendosi peraltro comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione che risultino così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., in tal senso, tra le tant Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, COGNOME Napoli COGNOME ed COGNOME altro, COGNOME Rv. 269656 COGNOME – COGNOME 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893 01; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093 – 01 e, in ogni caso, già Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01).
E’ altrettanto consolidato l’orientamento di questa Corte nel senso che il giudice del riesame, nella valutazione del fumus, deve tener conto, in modo puntuale e coerente, RAGIONE_SOCIALE concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile o meno l’impostazione accusatoria, ma non può sindacare la fondatezza dell’accusa (cfr., ad es., Sez. 1, n. 18941 del 30/01/2018, Armeli, Rv. 269311; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, Polifroni, Rv. 272927; Sez. 6, n. 9991 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, COGNOME, Rv. 265433; Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Armento, Rv. 261677).
In sede di riesame del sequestro probatorio, in definitiva, il tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza
dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria (cfr., Sez. 3 – , n. 3465 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 278542 – 01; Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, COGNOME, Rv. 267007 – 01, in cui la Corte ha ribadito che in sede di riesame del sequestro probatorio il Tribunale è chiamato a verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi de//ct/ in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria).
Tanto premesso, rileva il collegio che il provvedimento impugnato non risulta censurabile in questa sede avendo dato conto, in termini sintetici ma esaustivi, RAGIONE_SOCIALE esigenze di natura probatoria che giustificavano la apprensione RAGIONE_SOCIALE banconote e, per altro verso, delineato le ipotesi alla verifica dei cui presupposti tali approfondimenti erano finalizzati.
2.1 Ed in effetti, come puntualmente osservato dal Tribunale, era accaduto che, in data 12.1.2023, personale della Polstrada di Lodi aveva fermato, per un ordinario controllo, la vettura BMW serie 1, TARGA_VEICOLO. TARGA_VEICOLO di proprietà dell’odierno ricorrente che si trovava, al momento, alla guida del mezzo.
Allertati dalla presenza di diversi cellulari notati all’interno dell’abitacolo dallo stesso atteggiamento del giovane, gli operanti avevano perciò proceduto ad un controllo più accurato dal quale era emerso che l’autovettura era oggetto di un provvedimento di fermo amministrativo e che sulla patente di guida del ricorrente erano annotate plurime infrazioni.
Alla richiesta degli agenti, l’NOME aveva svuotato le tasche emergendo che ivi il predetto custodiva denaro contante consistente in banconote di vario taglio per euro 4.185 e 2.525; altre banconote da 5 euro erano sparse sul tappetino della vettura e, altre ancora, confezionate e custodite in due sacchetti ed uno zaino per un totale di 155.960 euro.
Sempre alla stregua della ricostruzione proposta dall’ordinanza impugnata, sui telefoni cellulari erano visibili immagini di banconote suddivise in mazzette e
legate da elastici o pellicola trasparente, appunti scritti a penna e calcoli e screenshot di transazioni bancarie.
Da ulteriori controlli era emerso che il ricorrente era dipendente di una ditta denominata RAGIONE_SOCIALE da cui percepiva un reddito che non giustificava la disponibilità di tali somme; era stato altresì accertato che il fratello del giovane, d nome NOME COGNOME, era stato tratto in arresto, nel luglio del 2023, su mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Lione per riciclaggio, in quanto trovato in possesso di 201.940 Euro (occultati nel vano della ruota di scorta della autovettura) in contanti e presentatosi con le generalità dell’odierno ricorrente.
Gli agenti avevano quindi effettuato un controllo a campione RAGIONE_SOCIALE banconote avvalendosi dell’apparecchiatura in dotazione dell’Area di Servizio Somaglia Est al cui esito 5 banconote da 50 euro erano risultate presumibilmente false ed avevano pertanto proceduto ai sequestro di tutte le banconote e dei telefoni cellulari.
Con provvedimento del 15.1.2024 il PM aveva convalidato il sequestro giudicandolo “… utile ai fini dell’accertamento dei fatti ed in particolare rispetto a tutti gli accertamenti concernenti la possibile contraffazione RAGIONE_SOCIALE banconote e la provenienza illecita …”.
2.2 Avverso il provvedimento di convalida l’odierno ricorrente, tramite il difensore, aveva proposto istanza di riesame giustificando la disponibilità del denaro con il dissequestro di quello sequestrato al fratello a séguito del provvedimento adottato dal Tribunale di Piacenza che aveva ravvisato privo di motivazione il relativo decreto di convalida.
Aveva inoltre contestato la sussistenza del fumus dei reati di cui agli artt. 648-bis e 453 cod. pen..
2.3 II Tribunale, in termini che non evidenziano alcun profilo di violazione di legge, ha argomentato nel senso che il PM aveva adeguatamente motivato con l’esigenza di eseguire gli opportuni accertamenti sulla genuinità RAGIONE_SOCIALE banconote in sequestro da ritenersi, per questa ragione, corpo del reato.
Rilevato che il denaro proveniente dal dissequestro disposto a favore del fratello dell’indagato era stato accreditato su un conto corrente, ha ritenuto sussistere inoltre il fumus di entrambi i delitti ipotizzati.
Tali considerazioni non si prestano a censure coltivabili in questa sede.
La giurisprudenza ha più volte affermato che, ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, non si richiedono l’esatta individuazione e l’accertamento
giudiziale del delitto presupposto, essendo sufficiente che lo stesso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo logici, almeno astrattamente configurabile (cfr., tra le tante, in tal senso, Sez. 2, n. 6584 del 5 15/12/2021, Rv. 282629).
Si è invero anche precisato che la possibilità di risalire al delitto presupposto in via logica, non esonera tuttavia il giudice dalla necessità di individuare la tipologia dell’illecito che sia all’origine del bene oggetto dell’attività di riciclag in quanto appunto di provenienza delittuosa, non risultando all’uopo sufficiente il richiamo ad indici sintomatici privi di specificità in ordine alla derivazione dell disponibilità, oggetto di espropriazione, e suscettibili esclusivamente di provare un ingiustificato possesso (cfr., in questi termini, Sez., 2, n. 39006 dei 13/7/2018, NOME, non massimata; Sez. 2, n. 29074 del 22/5/2018, COGNOME, non massimata; Sez. 2, n. 26301 del 2415/2016, NOME, non massimata).
Il sequestro con finalità probatorie, d’altra parte, rappresenta un mezzo di ricerca della prova, ovvero uno strumento idoneo ad accertare la fondatezza della “notitia criminis” attraverso l’acquisizione del corpo del reato e RAGIONE_SOCIALE cose ad esso attinenti; il vincolo cautelare può pertanto rendersi necessario anche al fine di stabilire gli esatti termini della condotta denunciata o ipotizzata, al fine non solo di verificare la configurabilità o meno di un reato, ma anche l’inquadramento di tale condotta in una o in un’altra figura criminosa, in una fase del procedimento caratterizzata dalla fluidità dell’imputazione sia sotto il profilo fattuale che sotto profilo giuridico (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 4306 del 17/10/1995, Rv. 203119; Sez. 6, n.14411 del 5/3/2009,Rv.243267; Sez. 3, n.24846 del 28/4/2016, Rv,267195; conf., tra le non massimate, Sez. 2, n. 16070 del 19.3.2024, Lin Xinxian; Sez. 2, n. 46652 del 25.10.2023, COGNOME; Sez. 2, n. 30006 del 24.6.2022, COGNOME).
Rileva il collegio che, nel caso che ci occupa, gli elementi disponibili al momento della apprensione RAGIONE_SOCIALE banconote e della apposizione del vincolo cautelare erano sufficienti a corroborare, in una fase necessariamente prodromica e coincidente, in effetti, con l’inizio dell’indagine che proprio dal rinvenimento della “res” è stata occasionata, non soltanto la formulazione RAGIONE_SOCIALE due (alternative) ipotesi investigative ma, per altro verso, l’esigenza di garantire la disponibilità materiale di quanto rinvenuto ed appreso nell’occasione al fine di verificarne, materialmente, non soltanto la provenienza ma, nel contempo, la eventuale contraffazione.
Va opportunamente ribadito che le stesse SS.UU., nell’affermare il principio per cui il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità
perseguita per l’accertamento dei fatti (cfr., Sez, U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548 – 01), hanno tuttavia chiarito che l’onere di motivare sulle esigenze probatorie è legata al “momento procedimentale” in cui intervenga il sequestro e che, in effetti, anche per le sentenze è previsto che la motivazione sia “concisa”.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, 1’11.4.2024