Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26274 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26274 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/05/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da NOME COGNOME NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
Presidente –
Sent. n. sez. 858/2025
CC – 28/05/2025
– Relatore –
R.G.N. 8141/2025
Motivazione Semplificata
sul ricorso proposto da:
Procuratore Della Repubblica Presso Il Tribunale di Aosta
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOMECOGNOME nato a FIRENZE il 28/10/1978
avverso l’ordinanza del 27/11/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Aosta Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria difensiva nellÕinteresse di COGNOME Niccol˜.
Il Pubblico Ministero di Aosta ricorre per lÕannullamento dellÕordinanza, emessa in data 27/11/2024, con la quale il Tribunale del riesame di Aosta ha accolto lÕistanza di riesame, proposta dal legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE ex art. 325 cod.proc.pen., avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio del Pubblico Ministero avente ad oggetto, per quanto qui rileva, del sito della la cava e del deposito sottostante, nellÕambito di indagini svolte in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod.pen., 15 in relazione allÕart. 1 comma 2 legge 257/92, 256 comma 1, d.lvo n. 152 del 2006, 515 cod.pen., ed ha disposto la restituzione allÕavente diritto della cava medesima e del deposito sottostante.
Deduce, con un unico articolato motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione. Secondo il ricorrente la motivazione dell’ordinanza sarebbe oltre che palesemente contraddittoria, e per altro verso apodittica al punto da risultare
apparente, e comunque emessa in violazione degli articoli 247, 253, 354 cod.proc.pen. e art. articolo 125 cod.proc.pen.
Risulterebbe innanzitutto la natura totalmente contraddittoria dell’ordinanza oggetto di impugnazione in quanto il provvedimento di annullamento del sequestro, pur prendendo atto della sussistenza del fumus e delle esigenze istruttorie anche alla luce dell’approfondimento investigativo, avrebbe disposto la restituzione dei beni ancorchŽ la cava e l’area circostante siano ricchi di evidenti indizi di presenza di amianto. Il tribunale del riesame avrebbe poi abnormemente contestato pure la proporzionalitˆ della misura espressa affermando che il mantenere il sequestro dell’intero sito della cava e del deposito e del tutto il materiale estratto, alla luce della presunta presenza di amianto, sarebbe meramente esplorativo ed indiscriminata e, quindi, non consentita dall’ordinamento in quanto tale e perchŽ non strettamente funzionale alle esigenze di accertare i fatti. Tale affermazione sarebbe in contrasto con la disposizione di cui all’art. 1 comma 2, della legge 257 del 1992, norma incriminatrice, secondo cui sono vietate l’estrazione l’importazione e l’esportazione la commercializzazione di prodotti contenenti amianto e che gli interventi di estrazione e/o uso di pietre verdi, nonchŽ gli interventi di bonifica di materiali costituiti da pietre verdi devono essere attuati in base ai criteri riportati all’allegato 4, del decreto ministeriale 14 maggio 1996.
Ricorda, il ricorrente, che l’innegabile presenza di infiorescenze bianche era stata giˆ accertata dal personale Arpav, il che deporrebbe per la presenza certa di fibre mortali di amianto, che poi sono state potenzialmente cedute alla Cava Verde e commercializzate. Ed è proprio per verificare la conformitˆ della gestione della cava stessa che si rende necessario il mantenimento del sequestro della cava stessa trattandosi di cosa pertinente al reato. In ogni caso, l’area di cava e il deposito sottostante soddisferebbero ampiamente il nesso pertinenziale richiesto dal sequestro probatorio per la prova dei reati contestati ai legali e rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE Alpi che aveva poi ceduto i beni risultati contenere fibre di amianto pericolose per la salute.
Chiede lÕannullamento dellÕordinanza.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Il ricorso del Pubblico Ministero è inammissibile.
Va premesso che in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimitˆ soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge nella cui nozione
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rientrano, oltre agli “errores in iudicando” o “in procedendo”, anche i vizi della motivazione cos’ radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093), non è, invece, deducibile il vizio di motivazione, che è proponibile ai sensi dellÕart. 606 comma 1 lett. c) cod.proc.pen., nŽ possono essere devolute censure in fatto, sulla ricostruzione del fatto e, per quanto qui di rilievo, della finalitˆ probatoria.
Va ancora rammentato che lÕobbligo di motivazione che, a pena di nullitˆ, deve sorreggere il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possano considerarsi il corpo del reato ovvero cose a esso pertinenti e, per quel che qui immediatamente interessa, in relazione alla concreta finalitˆ probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo (Sezioni Unite n. 36072 del 2018, Botticelli), deve essere modulato, da parte del pubblico ministero, in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito che viene contestato, alla relazione che le cose sulle quali deve cadere il sequestro devono presentare con il reato, nonchŽ alla natura del bene che si intende sequestrare e alla finalitˆ probatoria concretamente perseguita tramite il sequestro.
5. LÕordinanza impugnata premette, in primo luogo, che lÕipotesi investigativa delineata dal pubblico ministero nel decreto riguarda, da un lato l’esistenza di una relazione commerciale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in virtù della quale la prima vende o cede alla seconda materiale o residuo di materiali estratto dalla stessa Cava Priod e, dall’altro, la probabilitˆ che la RAGIONE_SOCIALE utilizzi immateriali genuini provenienti da RAGIONE_SOCIALE per mascherare mediante mescolamento i prodotti fuorilegge di quest’ultima, e che risultava legittima l’estensione del campo di indagine nei confronti delle RAGIONE_SOCIALE al fine di trovare riscontro all’ipotesi investigativa dell’utilizzo da parte di RAGIONE_SOCIALE del materiale genuino proveniente dalle RAGIONE_SOCIALE allo scopo di occultare quello commercializzato dalla ultima (commercializzato come Òsassolini da allestimento di presepiÓ).
Ci˜ premesso ha argomentato che non sussistevano i presupposti per il mantenimento del sequestro sull’intero sito della cava e sul deposito sottostante, che, diversamente, sarebbe stato giustificato a fini cautelari preventivi laddove la campionatura eseguita e quella sempre eseguibile dall’autoritˆ amministrativa o dagli inquirenti rivelasse la presenza di livelli di amianto superiore ai limiti di rischio, e che non ricorrendo alcuna finalitˆ probatoria del sequestro sull’intero sito
della cava e sul deposito sottostante in relazione ai reati ipotizzati, ne disponeva la restituzione.
Il ricorrente, al netto del dedotto vizio di contraddittorietˆ della motivazione che non è un motivo consentito in questa sede, prospetta una finalitˆ preventiva del sequestro della cava, ed anche esplorativa in vista dellÕaccertamento dei livelli di amianto presenti in situ e il rispetto della normativa di settore, che non si correla con le ragioni della decisione e con il provvedimento impugnato che ha escluso, si ripete, la finalitˆ probatoria rispetto ai reati ipotizzati.
Il ricorso va, pertanto dichiarato inammissibile.
Dichiara inammissibile il ricorso. Cos’ è deciso, 28/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME