Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33870 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Castellammare di Stabia il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 15/01/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME AVV_NOTAIO COGNOME; udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME NOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore, AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’av AVV_NOTAIO NOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15 gennaio 2024, il Tribunale di Napoli ha confermato il decreto emesso in data 20 dicembre 2023, con il quale il pubblico ministero presso il Tribunale di Torre Annunziata ha disposto, il sequestro probatorio di documenti contabili, registri Iva e fatture costituenti corpo dei reati di cui a artt. 2 e 4, del d.lgs., 10 marzo 2000, n. 74, nei confronti di COGNOME NOMENOME i qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, in vista degl
accertamenti necessari a verificare e ricostruire i rapporti della suddetta società con società “RAGIONE_SOCIALE“.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’indagata, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denuncia la violazione degli artt. 324, commi 3 e 7, in riferimento all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. Lamenta il difensore che il Tribunale ha respinto l’eccezione relativa alla mancata trasmissione degli atti posti a sostegno del sequestro probatorio, avendo ritenuto che tutti gli atti necessari a verificare la sussistenza del fumus commissi delicti fossero presenti sulla piattaforma TIAP e avendo ritenuto, in particolare, che la mancata trasmissione di tali atti fosse irrilevante, avendo aderito ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità in materia di pedopornografia, secondo cui non rileva la mancata trasmissione dei supporti informatici riportanti dati costituenti corpo del reato. Nella prospettazione difensiva, a dire del Tribunale, tale omissione è stata sanata con la trasmissione delle informative del reato, nelle quali si farebbe riferimento ai documenti sequestrati, permettendo di evincere i dati relativi fumus dei reati fiscali. Si denuncia, tuttavia, che la pronuncia di legittimità richiamata dal Tribunale (Sez. 3, n. 169 del 2020) mal si attaglia al caso di specie, perché soltanto nel caso della pedopornografia, e non invece per i reati tributari, la mancata trasmissione degli atti poteva essere “sanata” da quella dell’informativa che descriveva il contenuto dei supporti informatici.
2.2. Con un secondo motivo, si lamenta la “violazione dell’art. 606, lett. b), in relazione alle esigenze probatorie sottese al sequestro dei beni oggetto del provvedimento impugnato”. Sostiene la difesa che dal testo del decreto di sequestro probatorio, richiamato all’interno del motivo di ricorso, non emergono le concrete finalità perseguite con tale atto.
2.3. Con motivi nuovi, il difensore ribadisce quanto già dedotto e precisa che la mancata trasmissione della documentazione contabile, costituente corpo del reato, non può essere sostituita dall’informativa, in quanto quest’ultima si limita a farvi riferimento, con la conseguenza che tale omissione incide negativamente sul diritto di difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Con riguardo al primo motivo di doglianza, occorre richiamare il principio secondo cui il pubblico ministero ha l’obbligo di trasmettere al Tribunale
i soli atti posti a sostegno del decreto impugnato (Sez. 6, n. 13937 del 09/03/2022, non mass.). Si tratta di un principio interpretativo dell’art. 309 comma 10, cod. proc. pen., che trova la propria ragione d’essere nell’esigenza che il decreto di sequestro venga disposto sulla base di dati concreti e controllabili e non sulla base di dati meramente congetturali. Tale regola viene precisata nel senso che la trasmissione al Tribunale della libertà, chiamato a pronunciarsi su un’istanza di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., riguarda gli atti di indagine su cui si fonda la misura cautelare e non il corpo del reato in sé, con la conseguenza che oggetto della trasmissione possono essere le relazioni di servizio descrittive del corpo del reato (ex multis, Sez. 3, n. 169 del 30/10/2019, dep. 07/01/2020, Rv. 278273).
1.1.1. Nel caso in esame, il Tribunale ha rilevato che non è stata trasmessa la documentazione contabile da cui ricostruire rapporti della società dell’indagata con le società “RAGIONE_SOCIALE“, e tuttavia ha correttamente evocato il summenzionato principio di diritto, evidenziando la disponibilità di un atto equipollent l’informativa relativa al reato, da cui era possibile trarre i dati rilevanti a della valutazione del fumus.
1.1.2. La doglianza difensiva che contesta tale valutazione risulta generica, in quanto non indica, neppure in via di mera prospettazione, per quale ragione l’informativa trasmessa, facendo riferimento alla documentazione sequestrata, avrebbe dovuto ritenersi insufficiente al punto da non fornire le informazioni necessarie all’esercizio del diritto di difesa; per converso, non indica neppure per quale ragione l’eventuale conoscenza dei documenti in sequestro avrebbe garantito un esito favorevole all’indagata. Lo stesso motivo risulta, inoltre, generico anche in punto di diritto, nella parte in cui contesta l’applicazione del principio giurisprudenziale richiamato dal Tribunale, in quanto non spiega perché questo mal si attaglierebbe alla vicenda in esame, limitandosi a richiamare una irrilevante differenza di materia, che ne circoscriverebbe l’efficacia alla sola pedopornografia.
1.2. Il secondo motivo, relativo alla mancata motivazione in ordine alle esigenze probatorie, è inammissibile. Anche a prescindere dall’assoluta genericità della prospettazione difensiva sul punto, deve rilevarsi che, dagli stessi stralci motivazionali contenuti nel ricorso, emerge che il decreto è sufficientemente motivato sul punto, nella parte in cui afferma che: «è necessario acquisire la documentazione in questione, senza la quale non sarebbe possibile ricostruire i rapporti commerciali, presumibilmente fittizi, intercorsi t la “RAGIONE_SOCIALE” e le società RAGIONE_SOCIALE».
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31/05/2024