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Sequestro probatorio nullo senza motivazione specifica

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che confermava un sequestro probatorio, stabilendo che il provvedimento è nullo se non viene specificata in modo chiaro la condotta attribuita al singolo indagato e il suo ruolo nel presunto reato, nonché il nesso di pertinenza tra i beni sequestrati e l’ipotesi criminosa. Una motivazione generica sulla vicenda è stata ritenuta meramente apparente e, quindi, insufficiente.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro probatorio nullo: la motivazione deve essere specifica

Il sequestro probatorio rappresenta uno degli strumenti investigativi più incisivi a disposizione dell’autorità giudiziaria, poiché limita il diritto di proprietà del cittadino. Proprio per la sua natura invasiva, la legge impone che il decreto che lo dispone sia sorretto da una motivazione solida e puntuale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13660/2024) ha ribadito questo principio fondamentale, annullando un sequestro proprio a causa di una motivazione carente. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti del Caso: un sequestro per reati tributari

La vicenda trae origine da un’indagine per reati tributari e truffa, legati all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Nel corso delle indagini preliminari, la Procura aveva disposto una perquisizione e un conseguente sequestro probatorio di alcuni beni a carico di un indagato.

L’interessato si era opposto al provvedimento, presentando istanza di riesame al Tribunale competente. Quest’ultimo, tuttavia, aveva rigettato la richiesta, confermando la legittimità del sequestro. Contro tale decisione, l’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio cruciale nel provvedimento originario: la mancanza di un’adeguata motivazione.

La doglianza del ricorrente: motivazione generica e ruolo indefinito

Il nodo centrale del ricorso era la presunta nullità del decreto di sequestro. Secondo la difesa, il provvedimento si limitava a descrivere il meccanismo fraudolento generale (lo scambio reciproco di fatture false tra diverse società), senza però specificare due elementi essenziali:

1. La condotta specifica dell’indagato: non era chiaro quale fosse il suo ruolo concreto nella vicenda, se avesse agito come amministratore, socio o in altra veste all’interno delle compagini societarie coinvolte.
2. La finalità probatoria: non veniva spiegato il nesso di pertinenza tra i beni sequestrati e l’esigenza di provare il reato contestato.

In sostanza, la motivazione era ritenuta generica e non personalizzata, incapace di giustificare l’apprensione dei beni di un soggetto specifico.

Le motivazioni della Cassazione: il sequestro probatorio esige chiarezza

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ricordato che il ricorso in Cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è ammesso solo per violazione di legge. In tale nozione rientrano anche i vizi di motivazione così radicali da renderla meramente apparente, ovvero priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza.

Nel caso di specie, il Tribunale del riesame, pur descrivendo correttamente il contesto illecito, non aveva in alcun modo chiarito quale fosse stato il ruolo specifico svolto dall’indagato. Questa lacuna, secondo la Corte, è determinante. La motivazione di un decreto di sequestro probatorio, per essere valida, deve contenere, a pena di nullità:

* La descrizione della condotta ipotizzata a carico del singolo indagato.
* La riconduzione di tale condotta a una specifica fattispecie di reato.
La natura dei beni da sequestrare e la loro relazione con l’ipotesi criminosa (rapporto di pertinenzialità probatoria*).

Quando manca l’attribuzione di una condotta specifica al soggetto inciso dal provvedimento, o non è precisato il nesso probatorio tra i suoi beni e il reato, la motivazione è solo apparente e l’ordinanza è viziata.

Le conclusioni: annullamento con rinvio per una nuova valutazione

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato gli atti al Tribunale di origine, in diversa composizione, per un nuovo giudizio. Il giudice del rinvio dovrà rivalutare l’istanza di riesame, verificando se il decreto di sequestro originario precisava in modo espresso la condotta ascritta al ricorrente e il rapporto di pertinenza tra i beni sequestrati e i reati contestati.

Questa sentenza riafferma un principio di garanzia fondamentale: le misure investigative che comprimono i diritti dei cittadini devono essere sempre supportate da una motivazione concreta, specifica e non basata su descrizioni generiche del quadro criminale. È un monito a non trascurare l’individualizzazione della responsabilità fin dalle prime fasi del procedimento penale.

Perché un decreto di sequestro probatorio può essere considerato nullo?
Un decreto di sequestro probatorio è nullo se la sua motivazione è mancante o solo apparente. In particolare, deve descrivere in modo specifico la condotta ipotizzata a carico dell’indagato, la sua riconduzione a una fattispecie di reato e il nesso di pertinenza probatoria tra i beni sequestrati e il reato stesso.

È sufficiente descrivere il meccanismo generale di una frode per giustificare un sequestro a carico di una persona?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente descrivere il meccanismo generale del reato. È indispensabile che il provvedimento chiarisca quale sia stato il ruolo specifico svolto dal singolo indagato, tale da determinarne il coinvolgimento concorsuale.

Cosa accade quando la Corte di Cassazione annulla un’ordinanza del Tribunale del riesame?
La Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia il caso al Tribunale competente per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà riesaminare la questione attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, fornendo una nuova e adeguata motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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