Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34785 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34785 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Vibo Valentia ha respinto la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio avente ad oggetto, per quel che qui rileva, il sequestro della somma di euro 2.205,00, rinvenuta sul tavolo della cucina dell’abitazione dell’indagato, NOME COGNOME, e di euro 11.900,00 rinvenuta nella cassettiera della camera da letto.
Si procede ad indagini, a carico di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990.
Le ricorrenti, quali terze interessate, moglie e figlie dell’indagato rivendicano la esclusiva proprietà delle somme in sequestro, frutto di risparmio, avendo dimostrato, attraverso la produzione documentale, di possedere redditi adeguati.
Con i comuni motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., le ricorrenti denunciano violazione di legge (art. 253 e 125 cod. proc. pen.) e carenza di motivazione per omesso esame di punti decisivi e, in particolare, sulle disponibilità economiche delle ricorrenti, idonee a giustificare la disponibilità delle somme, perché frutto di risparmi. Secondo le ricorrenti risultano del tutto apparenti le motivazioni allegate dal Pubblico Ministero, e, quindi dal Tribunale del riesame, ai fini della conferma del decreto di sequestro probatorio poiché è onere del giudice e prima ancora del pubblico ministero quello di individuare il nesso di pertinenzialità tra quanto in sequestro e le esigenze probatorie collegate al reato per cui si procede.
Le ricorrenti osservano che non si comprende come l’ulteriore attività indicata dal pubblico ministero ovvero la redazione dei verbali fotografici di conteggio e descrizione del taglio delle banconote possa essere utile per ricondurre il denaro ad episodi di singole cessioni considerato che la sostanza stupefacente sequestrata non era ancora stata venduta e che il denaro è stato rinvenuto presso l’abitazione familiare dell’indagato insieme al quale abitano le due figlie e le e la moglie, tutte percettori di reddito adeguato e cospicuo: risulta, pertanto, impossibile ricondurre quel determinato denaro sequestrato ai singoli episodi di cessione in quanto il denaro è privo di connotazioni identificative e dimostrative e, seppure fosse certa la cessione di sostanza stupefacente a terzi, in presenza di un adeguato e dimostrato reddito dei familiari conviventi non si può affermare la sussistenza del nesso di pertinenzialità tra quel denaro sequestrato e il reato di cessione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è fondato e, pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio parimenti al decreto di convalida del sequestro probatorio del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Vibo Valentia del 12 aprile 2025.
Va ricordato che il sindacato della Corte di cassazione sulle ragioni del vincolo probatorio può essere condotto negli stretti limiti indicati dall’art. 325 cod. proc. pen. essendo il ricorso avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322bis e 324 cod. proc. pen. ammesso solo per violazione di legge.
Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, «nella nozione di “violazione di legge’ per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice» (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01 e, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611-01, e, in motivazione, Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, COGNOME).
3.Il Tribunale ha respinto la richiesta di riesame delle terze interessate sul rilievo che il Pubblico Ministero procedente ha indicato ulteriori attività e verifiche da effettuarsi nel prosieguo delle indagini sulle banconote in sequestro quali ‘redazione di verbali fotografici di conteggio e descrizione del taglio delle banconote, al fine di ricondurle ad episodi di cessione singole’.
Il Tribunale ha ritenuto che in presenza delle descritte finalità probatorie fosse precluso al giudice del riesame di svolgere una rivalutazione o un sindacato sulle scelte investigative probatorie compiute dal pubblico ministero e da questi, sia pur sinteticamente, esposte.
4. Si è affermato che il perimetro di valutazione assegnato al Tribunale del riesame in materia si sovrappone al provvedimento adottato dal Pubblico Ministero e che, qualora il pubblico ministero non abbia indicato, nel decreto di sequestro a fini di prova, le ragioni che, in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura e abbia persistito nell’inerzia pure nel contraddittorio del procedimento di riesame, il giudice di quest’ultimo non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse (Sez. U, COGNOME, cit.).
Si è quindi precisato che l’obbligo di motivazione che, a pena di nullità, deve sorreggere il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possano considerarsi il corpo del reato ovvero cose a esso pertinenti e alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo, deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare (Sez. 2, n. 46130 del
04/10/2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 285348 – 01; Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 274781 – 01; Sez. 5, n. 13594 del 27/02/2015, COGNOME, Rv. 262898 01).
La questione si coniuga direttamente con l’ampiezza dell’obbligo motivazionale circa il fumus del reato ipotizzato e il rapporto di pertinenzialità del bene con il reato stesso, e con la considerazione che nessuno, nemmeno i giudici del riesame, può arrogarsi il diritto di sindacare le scelte e le strategie investigative del pubblico ministero che costituiscono affare del titolare dell’azione penale, dominus in quanto tale delle indagini preliminari.
Non è revocabile in dubbio, tuttavia, che il provvedimento di sequestro deve essere necessariamente sorretto da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti, allo scopo di garantire, in conformità agli artt. 42 Cost. e 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che la misura sia soggetta ad un permanente controllo di legalità, anche sotto il profilo procedimentale, e di concreta idoneità in ordine all'”an” ed alla durata della stessa, in modo da assicurare un ragionevole rapporto di proporzionalità fra mezzo impiegato (spossessamento del bene) e fine endoprocessuale perseguito (accertamento del fatto reato) (Sez. 3, n. 11935 del 10/11/2016, dep. 2017, Zamfir, Rv. 270698 – 01).
Nel caso in esame la motivazione adottata dal Pubblico Ministero prima e dal Tribunale che ne ha confermato la fondatezza e la ragionevolezza risulta apodittica e del tutto priva di un logico collegamento con i fatti investigati e si risolve in argomentazioni puramente assertive.
Non sono, infatti, accertati episodi di cessione, con fotocopia delle banconote eventualmente corrisposte, che potrebbero fondare il tipo di accertamento prospettato dall’inquirente- e avallato dal Tribunale del Riesame – che deve tenere conto sia della natura della res sottoposta a sequestro sia del reato per cui si procede e delle sue concrete e prospettate modalità di esecuzione.
Nel caso in esame la detenzione di stupefacenti a fini di cessione non ha alcun collegamento con le indagini sulle caratteristiche delle banconote – redazione di verbali fotografici di conteggio e descrizione del taglio delle banconote – e della concreta finalità di ricondurla a specifici episodi di cessione singole anche tenuto conto della natura della res , costituita da denaro contante.
Su tali carenze si innesta, dunque, il mancato esame delle deduzioni difensive delle terze interessate che hanno rivendicato la esclusiva disponibilità di quanto in sequestro, aspetto, questo che si salda alle riscontrate carenze di motivazione sulla ragione del sequestro a fini di prova e in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, carenze che comportano l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e del decreto di sequestro probatorio del 12 aprile 2025
con immediata restituzione del denaro in sequestro. La Cancelleria è delegata agli adempimenti di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro del 12 aprile 2025 e dispone la immediata restituzione del denaro. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 15 ottobre 2025
La Consigliera relatrice NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME