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Sequestro probatorio: motivazione e limiti del Riesame

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla validità di un decreto di sequestro probatorio con motivazione sintetica. Nel caso di una truffa online, la difesa sosteneva la nullità del sequestro per assenza di motivazione specifica. La Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che se le esigenze investigative sono chiaramente desumibili dal contesto dell’atto, come la denuncia-querela riportata, la motivazione è da considerarsi sufficiente. Il Tribunale del Riesame, in tal caso, non integra una motivazione mancante, ma esplicita ciò che è già implicitamente presente.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio: Quando la Motivazione Sintetica è Valida? Il Caso della Truffa Online

Il sequestro probatorio è uno strumento investigativo fondamentale nel procedimento penale, ma la sua legittimità è strettamente legata a un obbligo di motivazione da parte del Pubblico Ministero. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 47725/2024) offre un importante chiarimento sui limiti di questo obbligo, distinguendo tra una motivazione radicalmente assente e una motivazione sintetica ma desumibile dal contesto dell’atto. Analizziamo insieme il caso per capire i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Una Truffa sul Web

Tutto ha origine da una denuncia per truffa. Una persona, interessata all’acquisto di un motociclo in vendita su un noto sito di annunci online, contatta il venditore. Dopo aver visionato il mezzo, la vittima versa un acconto di 1.000 euro su un IBAN fornito dal venditore. Tuttavia, il giorno fissato per formalizzare il passaggio di proprietà, il venditore non si presenta, accampa scuse e infine diventa irreperibile.

Le indagini preliminari, avviate a seguito della denuncia, portano all’identificazione di un sospettato. Il Pubblico Ministero dispone quindi una perquisizione e il conseguente sequestro probatorio di diversi beni: un telefono cellulare, una scheda SIM, una carta di debito e la relativa documentazione contrattuale.

Il Ricorso in Cassazione: La Presunta Nullità del Sequestro Probatorio

L’indagato, tramite il suo difensore, impugna il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, che però conferma il sequestro. Viene quindi proposto ricorso per Cassazione, basato su un unico, ma cruciale, motivo: la violazione di legge per mancanza assoluta di motivazione.

Secondo la difesa, il decreto del PM si era limitato a una formula generica, affermando che i beni da sequestrare erano “corpo del reato o cose ad esso pertinenti”, senza specificare le concrete esigenze investigative che giustificavano l’apprensione. Si sosteneva che il Tribunale del Riesame, nel confermare la misura, avesse indebitamente “integrato” una motivazione inesistente, una pratica vietata dalla giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite (la nota sentenza “Botticelli”).

Le Motivazioni della Suprema Corte: Motivazione Desumibile e non Inesistente

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, respingendolo. Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra una motivazione radicalmente inesistente e una motivazione sintetica ma chiaramente ricavabile dal contesto complessivo del provvedimento.

I giudici hanno osservato che il decreto del Pubblico Ministero, sebbene utilizzasse una formula conclusiva sintetica, era tutt’altro che immotivato. Nelle premesse, infatti, l’atto ricostruiva in modo dettagliato la denuncia-querela della persona offesa, riportando tutti gli elementi della presunta truffa: la piattaforma online, il numero di telefono utilizzato per i contatti, l’IBAN per il pagamento e il riconoscimento fotografico dell’indagato.

Di conseguenza, il nesso funzionale tra i beni da sequestrare (telefono, SIM, conto corrente) e la necessità di provare la riferibilità della condotta all’indagato era palese e direttamente desumibile dal testo del decreto. L’esigenza investigativa non era astratta, ma concreta: verificare chi fosse l’effettivo utilizzatore di quegli strumenti, che si presumeva fossero stati usati per commettere il reato.

In quest’ottica, il Tribunale del Riesame non ha “supplito” a una carenza motivazionale, ma si è limitato a rendere esplicito ciò che era già chiaramente implicito e desumibile dal provvedimento del PM. La Corte ha richiamato il principio secondo cui la motivazione può essere più sintetica nei casi, come questo, in cui la funzione probatoria del sequestro è di immediata evidenza.

Conclusioni: L’Importanza del Contesto nel Decreto di Sequestro

La sentenza in commento ribadisce un principio di pragmatismo giuridico: la validità della motivazione di un sequestro probatorio non va valutata solo sulla base delle formule sacramentali utilizzate, ma analizzando l’atto nel suo complesso. Se dal contesto, incluse le premesse che descrivono i fatti, emergono in modo inequivocabile le ragioni investigative che giustificano il vincolo, il provvedimento è legittimo. Per gli operatori del diritto, questa decisione sottolinea l’importanza di analizzare il decreto di sequestro nella sua interezza, poiché una motivazione apparentemente scarna può trovare solido fondamento nella descrizione dei fatti da cui scaturisce l’indagine.

Può il Tribunale del Riesame integrare la motivazione di un decreto di sequestro probatorio che ne sia totalmente privo?
No, la giurisprudenza costante, confermata anche in questa sentenza, stabilisce che il Tribunale del Riesame non può sanare una carenza motivazionale radicale e originaria, individuando di propria iniziativa le finalità del sequestro.

Un decreto di sequestro probatorio con una motivazione sintetica è sempre nullo?
No. Secondo la Corte, non è nullo se, dalla lettura complessiva del provvedimento (incluse le premesse, come la denuncia-querela riportata), emerge chiaramente il nesso tra i beni sequestrati e le esigenze investigative, rendendo desumibile la finalità probatoria del vincolo.

In questo caso specifico, perché la Corte ha ritenuto valida la motivazione del sequestro?
Perché il decreto del Pubblico Ministero, pur usando una formula conclusiva generica, era ampiamente argomentato nelle premesse, riportando in dettaglio i fatti della truffa denunciata. Questo rendeva chiaramente desumibile la necessità di sequestrare il telefono, la SIM e i documenti bancari per comprovare la riferibilità della condotta all’indagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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