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Sequestro probatorio: l’uso di consulenti di parte

A seguito di un imponente sequestro probatorio di profumi sospettati di contraffazione, la Corte di Cassazione interviene per chiarire due punti fondamentali. Da un lato, conferma la legittimità dell’impiego, da parte della polizia giudiziaria, di esperti dipendenti delle case produttrici come consulenti tecnici. Dall’altro, annulla parzialmente il provvedimento del giudice che aveva mantenuto il sequestro su alcuni beni nonostante gli stessi consulenti ne avessero escluso la contraffazione, ravvisando un chiaro difetto di motivazione.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio e Contraffazione: Quando i Consulenti di Parte sono Legittimi?

Un recente intervento della Corte di Cassazione Penale ha offerto importanti chiarimenti sulla gestione del sequestro probatorio in casi di presunta contraffazione. La sentenza analizza la legittimità del coinvolgimento di esperti dipendenti delle stesse case di moda come consulenti della polizia e sottolinea l’obbligo del giudice di motivare adeguatamente le proprie decisioni, soprattutto di fronte a prove che scagionerebbero i beni sequestrati. Il caso nasce da un maxi-sequestro di oltre centomila profumi, ritenuti frutto di contraffazione.

I Fatti: Il Maxi-Sequestro di Profumi e l’Opposizione

La vicenda ha origine da un’operazione della Guardia di Finanza che porta al sequestro di un’ingente quantità di profumi. Il legale rappresentante della società di distribuzione coinvolta si oppone alla misura davanti al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), il quale accoglie solo parzialmente l’istanza. Il GIP, infatti, dispone la restituzione di alcuni beni ma mantiene il vincolo su altri, basando la sua decisione sulle perizie dei consulenti tecnici nominati dalle stesse case produttrici titolari dei marchi, i quali avevano confermato la natura contraffatta della merce.

Il Ricorso in Cassazione: Due Motivi di Doglianza

L’imprenditore decide di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. L’illegittimità della nomina dei consulenti: Secondo la difesa, i dipendenti delle aziende titolari dei marchi non potevano essere nominati come ausiliari di polizia giudiziaria a causa della loro evidente mancanza di terzietà.
2. Il vizio di motivazione: Il GIP aveva mantenuto il sequestro anche su prodotti di un noto marchio di lusso, nonostante gli stessi consulenti di parte avessero escluso per questi specifici articoli ogni possibile profilo di contraffazione.

Il Ruolo degli Esperti nel Sequestro Probatorio

La Cassazione dichiara il primo motivo di ricorso inammissibile, fornendo una spiegazione chiara e consolidata. Gli articoli 55 e 348 del codice di procedura penale sanciscono un principio di atipicità degli atti di indagine. La polizia giudiziaria ha il potere e il dovere di compiere tutte le indagini necessarie, anche avvalendosi dell’ausilio di esperti con competenze tecniche specifiche.
Nel caso della contraffazione di marchi, chi meglio dei tecnici delle stesse case produttrici può fornire informazioni attendibili sulla falsificazione? La loro nomina come ausiliari di P.G. è, pertanto, pienamente legittima. La Corte ribadisce, inoltre, che eventuali contestazioni sulla sussistenza del fumus boni iuris (cioè sulla fondatezza dell’ipotesi di reato) devono essere sollevate tramite l’apposito strumento del riesame, e non con l’opposizione al mantenimento del sequestro.

L’Obbligo di Motivazione e il Parziale Annullamento del Sequestro Probatorio

Il secondo motivo di ricorso viene, invece, accolto. La Corte Suprema rileva una palese lacuna nel provvedimento del GIP. Quest’ultimo, nel decidere di mantenere il vincolo, non ha tenuto in alcun conto il parere espresso proprio dai consulenti della casa produttrice, i quali, con una nota ufficiale, avevano escluso la contraffazione per una specifica linea di prodotti.
Questo ‘mancato richiamo’, secondo la Cassazione, rende fondata la doglianza della difesa per difetto di motivazione. Un giudice non può semplicemente ignorare un elemento di prova così rilevante, specialmente quando proviene dalla stessa parte che ha promosso l’accertamento, senza fornire una spiegazione logica e giuridica del perché lo ritenga irrilevante.

le motivazioni

La Corte di Cassazione traccia una linea netta tra due aspetti procedurali differenti. Da un lato, conferma la prassi investigativa che permette alla polizia giudiziaria di avvalersi di personale specializzato delle aziende danneggiate per accertare la contraffazione, inquadrandoli come ausiliari tecnici. Le contestazioni su questo punto sono ritenute inammissibili se proposte con lo strumento dell’opposizione. Dall’altro lato, la Corte sanziona il comportamento del giudice di merito che omette di valutare e motivare su elementi probatori cruciali emersi durante le indagini. L’assenza di qualsiasi riferimento al parere tecnico favorevole all’indagato su una parte della merce costituisce un vizio motivazionale che impone l’annullamento del provvedimento su quel punto.

le conclusioni

La sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Se da un lato si conferma la difficoltà per la difesa di contestare la scelta dei consulenti tecnici operata dalla polizia giudiziaria, dall’altro si rafforza il diritto dell’indagato a un provvedimento giudiziario completo e logicamente motivato. Un giudice non può formare il proprio convincimento selezionando arbitrariamente le prove e ignorando quelle che contraddicono la tesi accusatoria. Il provvedimento impugnato è stato quindi annullato limitatamente ai prodotti certificati come autentici, con rinvio al Tribunale per un nuovo esame che dovrà necessariamente tenere conto di tale elemento probatorio.

È legittimo per la polizia giudiziaria avvalersi di dipendenti delle aziende titolari dei marchi come consulenti tecnici durante un sequestro probatorio per contraffazione?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che è una prassi legittima. Tali soggetti sono qualificati come ‘ausiliari di polizia giudiziaria’ ai sensi dell’art. 348 cod. proc. pen., in quanto persone con particolari conoscenze specifiche che possono fornire informazioni attendibili per l’accertamento del reato.

Qual è lo strumento processuale corretto per contestare la fondatezza dell’ipotesi di reato (il ‘fumus boni iuris’) che ha dato origine a un sequestro?
Lo strumento corretto per contestare la legittimità del provvedimento genetico del sequestro è la richiesta di riesame. L’opposizione prevista dall’art. 263, comma 5, cod. proc. pen. riguarda invece le censure relative alla necessità di mantenere il vincolo a fini di prova, non l’opportunità o legittimità iniziale del sequestro.

Un giudice può ignorare un parere tecnico che esclude la contraffazione di alcuni beni sequestrati, soprattutto se tale parere proviene da consulenti nominati dall’accusa?
No. La Corte ha stabilito che il mancato richiamo di un parere tecnico che esclude la contraffazione, e che quindi è favorevole all’indagato, costituisce un difetto di motivazione. Il giudice è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi probatori e a spiegare le ragioni della sua decisione, non potendo ignorare quelli che contraddicono la sua conclusione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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