Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8376 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8376 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TAURIANOVA il 10/04/1964
avverso l’ordinanza del 26/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di ANCONA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria scritta e conclude per l’inammissibilità ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento impugnato, il Tribunale del Riesame di Ancona ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di COGNOME NOME, personalmente e nella qualità di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, avverso il decreto d perquisizione e sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Ancona nei confronti, tra l’altro, del COGNOME, indagato per i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e tr ai danni dello Stato.
2.Avverso il suindicato provvedimento, ricorre per cassazione COGNOME NOME, personalmente e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, tramite il difensore di fiducia, munito di procura speciale, deducendo due motivi seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce la nullità del sequestro per mancanza di convalida da parte del giudice in violazione dell’articolo 355, comma 2, del codice di rito. In ordine tale censura, già avanzata in sede di riesame sul presupposto della genericità del decreto di perquisizione e sequestro, il Tribunale ha evidenziato come la stessa sia inammissibile, oltre che destituita di fondamento, in quanto la Procura della Repubblica di Ancona ha pedissequamente descritto l’oggetto del sequestro e ha individuato tempo e ragioni per le quali si rendeva necessaria la temporanea apprensione dei supporti o strumenti informatici per l’estrazione di copia forense dei contenuti. Ciò posto, in ordine all’ammissibilità de predetto motivo, si evidenzia che il P.M., ex art. 247 cod. proc. pen., ha disposto la perquisizione e sequestro dei supporti informatici con un’indicazione generica. L’iscrizione dei beni a determinate categorie, quando genericamente indicate, come ha fatto la Procura di Ancona, implica che l’individuazione dei beni da sequestrare avvenga nella fase esecutiva con conseguente necessità anche in tal caso di un successivo provvedimento di convalida. Il gravame interposto dal ricorrente aveva Yoggetto non la fase esecutiva del decreto emesso dal P.M. ma il decreto medesimo, stante l’evidente indicazione nel corpo dello stesso di estendere a tutti i supporti informatici la perquisizione, posto che lo stesso P.M riteneva ab origine impossibile la loro immediata individuazione. A conferma della necessità della convalida del sequestro anche da parte del Gip, recentemente la Corte di giustizia dell’Unione Europea, nella causa c-548/21, ha affermato che l’accesso ai dati dei telefoni cellulari deve essere subordinata ad un controllo preventivo effettuato da un giudice o da un organo amministrativo indipendente, salvo in casi dì urgenza debitamente comprovati
2.2.Col secondo motivo deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla posizione di NOME COGNOME in relazione ai fatti contestati. Si evidenzia come il Tribunale del riesame abbia in effetti operato un mero rinvio per relationem alle asserzioni utilizzate
dal P.M., tentando in questo modo di giustificare surrettiziamente una narrazione elusiva delle censure provenienti dall’indagato, pur sintetizzate nell’incipit dell’esposizione fondata su dati probatori rarefatti, espressi da indizi scarni, evanescenti e non univoci laddove in sede di riesame di sequestro probatorio il Tribunale deve comunque stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato sia pure alla stregl6) degli elem rappresentati dal Pubblico ministero, ma tenendo in debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie criminosa dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’ar 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – su richiesta, con l’intervento delle parti, che hanno così concluso:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato nella parte in cui lamenta il difetto di motivazione de provvedimento impugnato in relazione alle censure svolte con l’istanza di riesame in punto di sussistenza del fumus dei reati provvisoriamente contestati..
1.1. Preliminare è tuttavia la valutazione di quanto si eccepisce col primo motivo lamentando la mancata convalida del sequestro operato dalla P.G.
Giova, al riguardo, premettere che questa Corte, in tema di sequestro probatorio, sia pure con riferimento ad indagini relative al delitto di diffusione illecita di immagini o vi sessualmente espliciti di cui all’art. 612-ter cod. pen. commesso mediante accesso alla “rete”, ha già avuto modo di osservare che l’attività della polizia giudiziaria non necessit di convalida nel caso in cui, il decreto del pubblico ministero disponga, senza ulterior specificazioni, l’ablazione di dispositivi informatici in uso all’indagato, in quanto, trattan di beni correlati alla tipologia del reato per cui si procede, l’indicazione non lascia spa alla discrezionalità degli operanti (Sez. 5, n. 38219 del 15/09/2022, Rv. 283800 – 01).
Ciò che rileva è che il pubblico ministero adotti una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre il sequestro, in ragione del tipo di reato per cui si procede della condotta e del ruolo attribuiti alla persona titolare dei beni, e della diffico individuare “ex ante”, in maniera più specifica, l’oggetto del sequestro. La motivazione deve, cioè, essere tale da far emergere, sia pure per relationem rispetto alle condotte descritte, l’oggetto del sequestro e la plausibile aspettativa del rinvenimento di ciò che ricerca ai fini di prova proprio attraverso le cose da sequestrare.
In relazione ad un computer o altro dispositivo informatico o elettronico, il cui, ampio contenuto non è conoscibile preventivamente, il criterio di selezione non può che essere quello della pertinenzialità del dato rispetto al reato ipotizzato ed è pertanto sufficiente c emerga l’ambito – circoscritto – entro il quale deve eseguirsi il sequestro.
Non potrebbe giungersi a conclusione diversa rispetto al caso di specie, dal momento che, come si evince dalla mera lettura del provvedimento impugnato, questo ha descritto l’oggetto del sequestro e individuato tempi e ragioni per le quali si rendeva necessaria la temporanea apprensione dei supporti o strumenti informatici per l’estrazione di copia forense dei contenuti, indicando anche í criteri di selezione. Ha, in particolare, precisato finalità della perquisizione e sequestro, evidenziando che si tratta di ricostruire la vicend criminosa che si va delineando, segnatamente le modalità di consumazione delle condotte distrattive e di frode, i rapporti tra tutte le parti coinvolte e, in particolare amministratori della RAGIONE_SOCIALE e i soggetti che risultano formalmente legali rappresentanti delle società affittuarie all’atto della sottoscrizione dei contratti, gli accordi intercorsi tra gl nelle fasi immediatamente precedenti e successive alla stipula dei contratti di affitto, nonché le comunicazioni, anche mediante strumenti di messaggistica, intercorse tra le medesime parti durante lo svolgersi della procedura di concordato preventiva, tuttora in corso anche a seguito delle relazioni dei commissari giudiziali.
E tali specifiche finalità, unitamente ai criteri dettati per la selezione dei contenuti porre in sequestro, strettamente connessi alle prime e alla tipologia delle condotte che si reputano già venute in evidenza, consentono di ritenere che il provvedimento del P.M. non sia affatto generico e non lasci spazio alla discrezionalità degli operanti che devono eseguirlo.
E, quanto, poi, alla necessità della convalida da parte del giudice alla stregua della sentenza della Corte di Giustizia Europea citata in ricorso (Grande Camera, 4 ottobre 2024, Causa C-548/21), è il caso di precisare che tale pronuncia ha concluso che “non osta a una normativa nazionale che concede alle autorità competenti la possibilità di accedere ai dati contenuti in un telefono cellulare, a fini di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati in generale, se tale normativa: definisce in modo sufficientemente preciso la natura o le categorie dei reati in questione, garantisce il rispetto del principio proporzionalità, e subordina l’esercizio di tale possibilità, salvo in casi di urgen debitamente comprovati, ad un controllo preventivo di un giudice o di un organo amministrativo indipendente”. Ente amministrativo autonomo certamente individuabile, quanto all’ordinamento italiano, nella figura del Pubblico Ministero, quale autorità giudiziaria che nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche procede alle indagini secondo le specifiche regole dettate dal legislatore idonee a garantire anche i diritti dell’indagato.
Rimane solo da precisare che, essendo il sequestro delegato alla P.G. nel caso di specie supportato, a monte, dal provvedimento autorizzativo del P.m. – di perquisizione e
sequestro – del cui legittimo contenuto si è sopra detto, si deve escludere che nella fattispecie in esame assuma rilievo quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 170 del 2023 e da questa Corte a seguito di tale sentenza.
Avendo il Giudice delle Leggi chiarito che «lo scambio di messaggi elettronici – e-mail, SMS, WhatsApp e simili – rappresenta, di per sé, una forma di corrispondenza», e ciò anche nel caso in cui si tratti di messaggi già ricevuti e letti dal destinatario, con l’unica eccez che, in ragione del tempo trascorso, il messaggio non abbia perso ogni carattere di attualità, in rapporto all’interesse alla sua riservatezza, trasformandosi in un mero documento “storico”, questa Corte, facendo tesoro delle chiare indicazioni della Corte costituzionale, ha abbandonato l’orientamento precedente ed ha affermato che i messaggi di posta elettronica, i messaggi WhatsApp e gli SMS conservati nella memoria di un dispositivo elettronico costituiscono corrispondenza anche dopo la ricezione da parte del destinatario, almeno fino a quando, per il decorso del tempo o per altra causa, essi non abbiano perso ogni carattere di attualità, in rapporto all’interesse alla sua riservatezza trasformandosi in un mero documento “storico”, sicché, fino a quel momento, la loro acquisizione deve avvenire secondo le forme previste dall’art. 254 cod. proc. pen. per il sequestro della corrispondenza (Sez. 2, n. 25549 del 15/05/2024, Tundo, Rv. 286467) ovvero, quanto al sequestro in questione, con decreto motivato del pubblico ministero (da ultimo, Sez. 6, n. 39548 del 11/09/2024, Rv. 287039 – 01 che ha affermato che in tema di mezzi di prova, sono affetti da inutilizzabilità patologica, in considerazione della lo natura di corrispondenza, i messaggi “WhatsApp” acquisiti, in violazione dell’art. 254 cod. proc. pen., mediante “screenshots” eseguiti dalla polizia giudiziaria, di propria iniziativa senza ragioni di urgenza, in assenza di decreto di sequestro del pubblico ministero).
Tale conclusione è stata condivisa anche dalle Sezioni Unite, che, risolvendo un contrasto in tema di ordine europeo di indagine non rilevante nel caso in esame, oltre ad abbracciare le indicazioni della Corte costituzionale sulla nozione di corrispondenza, hanno chiarito che la tutela prevista dall’art. 15 Cost. non richiede che per la limitazione del libertà e segretezza della corrispondenza e, dunque, per la sua acquisizione ad un procedimento penale, sia necessario un provvedimento del giudice (Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME, in motivazione, par. 14.2; Sez. U, n. 23755 del 29/02/2024, COGNOME, in motivazione, par. 11.2). Ciò in quanto, come emerge anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. Corte di Giustizia, 08/12/2020, Staatsanwaltschaft Wien, C584/19), il sintagma «autorità giudiziaria» indica una categoria in cui sono compresi sia il giudice che il pubblico ministero.
Sicché, anche sotto tale profilo, alla stregua delle ulteriori considerazioni di recent sviluppate nella giurisprudenza di questa Corte, si deve ritenere “chiuso il cerchio” quanto alla non necessarietà del provvedimento di un giudice ai fini del sequestro di dati informatici assimilabili al concetto di corrispondenza – e alla sufficienza, invece, di un provvedimento
dispositivo del P.M. – che nel caso di specie sussiste e, per le ragioni suesposte, presenta contenuti idonei a supportare ciò che è stato poi acquisito in sede di esecuzione da parte della P.G.(sicché non necessitava alcun provvedimento successivo di convalida né da parte di un giudice né da parte del Pm).
1.2. Il secondo motivo, che lamenta la mancata risposta in ordine agli aspetti censurati con la richiesta di riesame, è fondato.
Ed invero, a fronte della complessità della vicenda – come emergente in maniera tangibile dalle stesse imputazioni provvisoriamente elevate, anche nei confronti del ricorrente quale legale rappresentante dei una delle società resesi affittuarie di impianti biomasse della RAGIONE_SOCIALE, operativa nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sottoposta alla procedura di concordato preventivo dal 2013 – il Tribunale, investito dei rilievi mossi dalla difesa che attingevano il fumus dei reati ipotizzati minandone le fondamenta sul presupposto dell’assunta regolarità della stipulazione – per quanto qui di interesse – del contratto di affitto dell’impianto di Taurianova in favore della RAGIONE_SOCIALE il cui legale rappresentante ed amministratore è il COGNOME, per essere intervenuta nell’ambito della procedura concorsuale “sotto l’ombrello del giudice delegato” (circostanza che dimostrerebbe non solo la buona fede del COGNOME ma anche la liceità dell’operazione), si è limitato ad, assertivamente, ribadire, senza minimamente affrontare le questioni poste, che ” allo stato, alla luce delle compagini delle soci coinvolte e delle cariche sociali, dei dati numerici addotti dalla Procura, riferiti ai canon affitto, con opzioni di acquisto ed agli incentivi percepiti dalle affittuarie, la sussistenza fumus debba essere ravvisata”.
Nulla dice il Tribunale in ordine alla circostanza prospettata dalla difesa, secondo cui i contratto in questione, a differenza di quanto si assume in imputazione e nel provvedimento di sequestro, non sarebbe intervenuto all’insaputa degli organi della procedura fallimentare, avendo peraltro il g.d. disposto la comunicazione dei contratti di affitto di azienda in argomento ai creditori, che nulla avrebbero eccepito in merito alla revoca del concordato.
Trattasi all’evidenza di circostanza che avrebbe meritato quanto meno un esame sul punto alla stregua delle emergenze processuali – non avendo la difesa inteso allegare atti a sostegno di quanto afferma. Ed invece, la valutazione del Tribunale è rimasta ferma a quanto esposto dal Pm nel provvedimento di sequestro, che ha tra l’altro precisato che gli affitti sarebbero intervenuti senza seguire le procedure formali previste dalla normativa e senza informare preventivamente gli organi della procedura. Non è escluso quindi che gli organi della procedura siano stati, ex post, messi al corrente della conclusione dei contratti e di ciò si sarebbe dovuto comunque tener conto nella valutazione della vicenda e del coinvolgimento del ricorrente per verificare fino a che punto una tale evenienza abbia
potuto incidere sulla configurazione dei reati ipotizzati, la cui precisa delineazione comunque ancora in fieri.
Quanto invece agli ulteriori aspetti delle intervenute desistenze, anche da parte del ricorrente, rispetto alle originarie istanze di fallimento in relazioni a crediti vantat confronti della C&T, trattasi di questione involgente la lontana fase prefallimentare, rispett alla quale il ricorso non ha esplicitato la specifica rilevanza ai fini che occupano. Tratta comunque di aspetto che, incidendo, ai più, sulla valutazione della buona fede del ricorrente sarà oggetto di disamina una volta acclarate le altre circostanze suindicate afferenti i rapporti tra i contratti di affitto e la procedura fallimentare, tenendo pres che, a rigore, la conoscenza ex post da parte degli organi della procedura fallimentare della conclusione dei contratti non si risolve automaticamente in una ragione a favore della buona fede dei contraenti che ebbero a stipulare i contratti – se comunque stipulati al di fuori dell’ambito giudiziario e con modalità e contenuti evidentemente favorevoli per gli affittuari – e che una pluralità di desistenze da precedenti istanze di fallimento sembra piuttosto attestare la conoscenza, da parte dei creditori insoddisfatti, quanto meno di una criticità liquidatoria della società debitrice.
D’altra parte, se è vero che è in sede penale che sembrano affiorati determinati aspetti, ciò nondimeno la pendenza della procedura di concordato preventivo impone, alla luce dei rilievi difensivi, di non ignorare quanto accaduto nel suo ambito, per delineare gli esatt contorni della vicenda.
Trattandosi, all’evidenza, di vizi della motivazione radicali, per non avere i provvedimento impugnato minimamente affrontato le questioni poste dalla difesa che pure potrebbero avere riflessi sulla vicenda in argomento, e quindi tali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza (Sez.U. n.25932 del 2008, Ivanov), s’impone l’annullamento dell’ordinanza del riesame impugnata per le ragioni esposte al punto 1.2.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Ancona. Così deciso il 28/1/2025.