Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 838 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 838 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Montefalco il 04/03/1962
avverso l’ordinanza del 21/05/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di Perugia Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lettala requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21 maggio 2024, il Tribunale del riesame di Perugia dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro probatorio del PM di Spoleto del 15 aprile 2024, relativa ad opere e beni di interesse storico ed archeologico relativamente ai reati di cui lo stesso è indagato ai sensi degli artt. 518-quater, 518-quaterdecies e 518-sexiesdecies, cod. pen.
Avverso l’ordinanza impugnata nel presente procedimento, il predetto ha proposto ricorso per cassazione tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico motivo, di seguito sommariamente indicato.
2.1. Si premette, anzitutto, l’esistenza della legittimazione (e del correlato) interesse all’impugnazione della misura cautelare, trattandosi di beni sequestrati, dapprima acquistati dal ricorrente e da questi ceduti a soggetti terzi.
Si sostiene che l’indagato nutrirebbe un interesse concreto all’impugnazione in quanto esposto ad una diretta responsabilità nei confronti dei cessionari dei beni colpiti dalla misura cautelare, circostanza che assumerebbe rilevanza ai fini dell’individuazione dell’interesse all’impugnazione. La sottoposizione a sequestro di un bene pregiudicherebbe gravemente il diritto del proprietario dello stesso, il quale è privato del possesso materiale e di ogni facoltà connessa con il diritto di proprietà, sicché delle conseguenze dirette della misura cautelare non potrebbe che rispondere colui che vi ha dato causa, cioè chi ha ceduto l’oggetto, nella fattispecie il ricorrente, cui non potrebbe essere precluso il diritto di opporsi alla misura cautelare al fine di ottenere l’annullamento ove la stessa sia illegittima per evitare il predetto grave pregiudizio.
2.2. Tanto premesso, deduce, con l’unico motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’articolo 253 cod. proc. pen., sotto il profilo della motivazione apparente circa la sussistenza delle esigenze cautelari.
In sintesi, con riferimento al merito nel provvedimento impugnato, si censura la motivazione della ordinanza laddove si afferma che la misura cautelare sarebbe necessaria per “sottoporre i predetti beni ad analisi ed eventuali consulenze tecniche indispensabili per accertare il contesto storico di appartenenza”. Si tratterebbe di una motivazione generica che nasconderebbe una finalità meramente esplorativa della misura cautelare. Nella specie, al di là del generico riferi-
mento alla predetta esigenza, il provvedimento sarebbe privo di qualsiasi motivazione circa le concrete ragioni che imponevano il sequestro dei beni e del motivo per il quale la finalità perseguita non avrebbe potuto essere soddisfatta senza ricorrere alla misura cautelare, evitando in tal modo di comprimere i diritti soggettivi costituzionalmente garantiti del soggetto indagato e dei terzi. In definitiva, della concreta necessità del ricorso alla misura adottata non vi sarebbe traccia nel provvedimento impugnato che, pertanto, apparirebbe viziato: il richiamo generico alla “ricerca del contesto storico di riferimento” costituirebbe infatti un’espressione troppo aspecifica e non contestualizzata, inidonea ad assurgere a motivo giustificante l’emissione della misura cautelare.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 30 ottobre 2024, ha chiesto annullarsi con rinvio l’impugnata ordinanza.
In particolare, il PG ricorda che, in materia di sequestro preventivo, costante giurisprudenza di legittimità (di recente, Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, Rv. 281098) afferma che l’indagato non titolare del bene, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto ed attuale all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. È dunque onere di chi impugna, anche se sia l’indagato, dedurre la sussistenza di tale interesse, indicando le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, relazione che consentirebbe la restituzione del bene in suo favore (così Sez. 3, n. 16352 dell’11/1/2021, Rv. 281098). Diverso è il caso del sequestro probatorio, per il quale prevalente giurisprudenza (di recente, Sez. 3, n. 18382 del 10/4/2024, n.m.; Sez. 5, n. 34167 del 13/05/2019, Rv. 277314; Sez. 5, n. 8207 del 22/11/2017, dep. 2018, Rv. 272273; Sez. 4, n. 6279 del 01/12/2005, dep. 2006, Rv. 233402) afferma che l’interesse a proporre richiesta di riesame prescinde dall’interesse alla restituzione della cosa, in quanto l’indagato ha diritto a chiedere la rimozione del provvedimento anche al solo fine di evitare che l’oggetto in sequestro entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile. Non sembra che le argomentazioni a sostegno dell’opposto orientamento (Sez. 3 n. 8533 del 6/11/2018, dep. 2019, non mass., sentenza richiamata nell’ordinanza impugnata) – che fa leva, sostanzialmente, sulla natura incidentale del procedimento di riesame quanto ai temi della prova, la cui sede propria è quella del merito – siano tali da escludere l’interesse al controllo anche in una fase antecedente, con tutte le possibili conseguenze sulla evoluzione stessa del procedimento. E sebbene
non rilevi l’interesse civilistico come dedotto nel ricorso, comunque si denunciano carenze motivazionali in tema di esigenze probatorie che fondano, anche in concreto, l’interesse dell’indagato al riesame. Acclarato detto interesse, non è possibile direttamente in questa sede esaminare il profilo di illegittimità dedotto, dovendovi provvedere il Tribunale in sede di rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente in assenza di richiesta di discussione orale, è complessivamente infondato.
Premessa la legittimazione dell’istante ad impugnare l’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio – posto che la prevalente giurisprudenza di questa Corte (di recente, Sez. 3, n. 18382 del 10/4/2024, non mass.; Sez. 5, n. 34167 del 13/05/2019, Rv. 277314; Sez. 5, n. 8207 del 22/11/2017, dep. 2018, Rv. 272273; Sez. 4, n. 6279 del 01/12/2005, dep. 2006, Rv. 233402) afferma che, in caso del sequestro probatorio, l’interesse a proporre richiesta di riesame prescinde dall’interesse alla restituzione della cosa, in quanto l’indagato ha diritto a chiedere la rimozione del provvedimento anche al solo fine di evitare che l’oggetto in sequestro entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile l’unico motivo di ricorso è infondato.
Ed invero, la ragione per la quale è stato disposto il sequestro probatorio degli oggetti ritenuti corpo di reato o cose ad esso pertinenti, è esplicitata nel provvedimento del PM, ossia “sottoporre i predetti beni ad analisi ed eventuali consulenze tecniche indispensabili per accertare il contesto storico di appartenenza”.
Dunque, il sequestro probatorio degli oggetti si è reso necessario al fine di verificare se si trattasse di materiale di interesse archeologico, ossia per sottoporre in sostanza ad attività tecnica i reperti.
Il decreto appare, pertanto, soddisfare i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha, autorevolmente, affermato come anche il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, PM in proc. COGNOME e altri, Rv. 273548 – 01), finalità nella specie ravvisata dal PM nella necessità di sottoporre ad indagini tecniche i reperti in sequestro, proprio per accertare – si
noti, anche nell’interesse dell’indagato ex art. 358, cod. proc. pen., il quale ha sostenuto che il capo c) della rubrica non sarebbe sussistente in quanto il frammento dell’affresco rappresentante San Sebastian o di Tiberio d’Assisi, ceduto dall’indagato a tale COGNOME, sarebbe in realtà una copia dell’affresco originale – il contesto storico di riferimento.
A ciò va, infine, aggiunto che, in tema di sequestro probatorio, deve escludersi che la misura sia illegittima, perché sorretta da finalità meramente esplorative, tutte le volte in cui si sia in presenza di una notizia di reato sufficientemente delineata e suscettibile di approfondimenti istruttori (Sez. 6, n. 3187 del 07/01/2015, Rv. 262084 – 01): e, nella specie, il sequestro probatorio è stato disposto in presenza di una comunicazione di notizia di reato circostanziata in cui si evidenziavano elementi dotati di gravità indiziaria a carico dell’indagato in relazione a reati in materia di beni culturali.
Il ricorso deve essere, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
sua li. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proces-
Così deciso, il 21 novembre 2024
Il Presidente