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Sequestro probatorio: limiti su smartphone e PC

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26372/2025, ha annullato un’ordinanza di sequestro probatorio riguardante il contenuto di uno smartphone e di account email. La Corte ha stabilito che il sequestro di dispositivi informatici non può essere massivo e indiscriminato, ma deve rispettare il principio di proporzionalità. Il decreto del pubblico ministero deve specificare i criteri di selezione dei dati rilevanti, un perimetro temporale e i tempi per la restituzione del materiale non pertinente all’indagine. L’interesse a impugnare il provvedimento sussiste anche dopo la restituzione del dispositivo, se l’autorità giudiziaria ha trattenuto una copia forense dei dati.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro probatorio: la Cassazione mette un freno alle acquisizioni massive di dati

In un’era dominata dalla digitalizzazione, smartphone e computer sono diventati archivi della nostra vita personale e professionale. Questa realtà pone sfide complesse quando tali dispositivi finiscono al centro di un’indagine penale. La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 26372 del 2025 affronta un tema cruciale: i limiti del sequestro probatorio di dati informatici, riaffermando con forza il principio di proporzionalità a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un’indagine per il reato di turbata libertà dell’affidamento in una gara d’appalto. Nel corso delle investigazioni, il Tribunale del riesame confermava un decreto di sequestro probatorio a carico di un imprenditore. Il provvedimento disponeva l’acquisizione del suo smartphone, del contenuto di due caselle di posta elettronica e di una specifica cartella di file presente sul computer aziendale.

L’imprenditore, tramite il suo legale, presentava ricorso in Cassazione, lamentando che il sequestro era stato eseguito in maniera “massiva e indiscriminata”, in palese violazione del principio di proporzionalità. In particolare, si contestava che il pubblico ministero non avesse specificato i criteri di selezione dei dati rilevanti, né i tempi per l’analisi e la restituzione di quelli non pertinenti, trasformando l’atto investigativo in un’ingerenza sproporzionata nella sfera privata del ricorrente.

La decisione della Corte sul sequestro probatorio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata. I giudici hanno ritenuto che la decisione del Tribunale del riesame non avesse tenuto conto della recente e consolidata evoluzione giurisprudenziale in materia di sequestro probatorio di dispositivi informatici.

La Corte ha ribadito che un sequestro non può risolversi in un’acquisizione onnicomprensiva dei dati contenuti in un dispositivo, ma deve essere circoscritto e motivato per bilanciare le esigenze investigative con la tutela dei diritti fondamentali della persona, come il diritto alla riservatezza.

Le motivazioni

La sentenza si sofferma dettagliatamente sulle regole che il pubblico ministero e il giudice devono seguire per garantire la legittimità di un sequestro probatorio digitale. La motivazione del decreto non è un mero adempimento formale, ma un presupposto di validità della misura stessa.

Secondo la Corte, il provvedimento deve obbligatoriamente specificare:

1. Le ragioni della necessità: Il PM deve spiegare perché è necessario un sequestro esteso dell’intero dispositivo (o di una sua copia integrale) anziché una ricerca mirata di informazioni specifiche.
2. I criteri di selezione: Devono essere indicati i parametri che guideranno la selezione dei dati di interesse investigativo (es. parole chiave, arco temporale di riferimento, tipologia di file).
3. I tempi di restituzione: Il decreto deve prevedere un termine ragionevole entro cui le operazioni di selezione dovranno concludersi, con la conseguente restituzione della copia dei dati non rilevanti all’avente diritto.

La Corte chiarisce che questi elementi devono essere presenti nel decreto originario e non possono essere demandati alla fase esecutiva. La loro assenza rende il sequestro illegittimo perché sproporzionato.

Un altro punto fondamentale toccato dalla sentenza riguarda l’interesse a ricorrere. Anche se il dispositivo fisico (lo smartphone) viene restituito dopo la creazione di una “copia forense”, l’indagato mantiene un interesse concreto a contestare il sequestro. Questo perché la detenzione della copia integrale dei suoi dati da parte dell’autorità inquirente continua a rappresentare una compressione dei suoi diritti. Per dispositivi personali come uno smartphone, questo interesse è presunto (in re ipsa) e non necessita di ulteriori prove.

Infine, la Corte opera una distinzione importante: mentre il sequestro indiscriminato del cellulare e delle email è stato ritenuto illegittimo, è stato invece considerato valido il sequestro della specifica cartella di file relativa alla gara d’appalto, in quanto si trattava di un’acquisizione mirata e pertinente all’oggetto delle indagini.

Le conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione rappresenta una pietra miliare nella tutela dei diritti digitali nel processo penale. Stabilisce in modo inequivocabile che le esigenze investigative non possono giustificare “perquisizioni digitali” indiscriminate. Il sequestro probatorio di dati informatici deve essere un’attività chirurgica, non una pesca a strascico. Gli inquirenti sono tenuti a motivare puntualmente la necessità e l’ampiezza delle loro richieste, definendo un perimetro chiaro all’interno del quale muoversi. Per i cittadini, si tratta di una garanzia fondamentale contro intrusioni eccessive nella propria vita privata, anche quando si è sottoposti a un procedimento penale.

È legittimo il sequestro dell’intero contenuto di uno smartphone durante un’indagine?
No, un sequestro “massivo e indiscriminato” non è legittimo. Secondo la Corte, il decreto di sequestro probatorio deve specificare i criteri di selezione dei dati pertinenti, un arco temporale definito e le modalità di restituzione dei dati non rilevanti, nel pieno rispetto del principio di proporzionalità.

Si può contestare il sequestro di una “copia forense” dei propri dati anche se il dispositivo fisico è stato restituito?
Sì. La Corte di Cassazione afferma che l’interesse a ricorrere per contestare il sequestro sussiste di per sé quando si tratta di dispositivi personali come uno smartphone, poiché contengono una grande quantità di informazioni private. Non è necessario dimostrare un interesse ulteriore.

Quali elementi deve contenere un decreto di sequestro probatorio di dispositivi informatici per essere valido?
Il decreto deve indicare: a) le ragioni per cui è necessario un sequestro esteso invece di una ricerca mirata; b) i criteri di selezione del materiale (es. parole chiave, arco temporale); c) i tempi entro cui la selezione verrà completata, con conseguente restituzione dei dati non rilevanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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