Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 45004 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 45004 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PACHINO il 13/10/1962
avverso l’ordinanza del 03/05/2024 del TRIB. EISERT7vbdi SIRACUSA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 maggio 2024 il Tribunale del riesame di Siracusa confermava il decreto di sequestro probatorio, con il quale il Pubblico ministero aveva disposto, nei confronti di NOME COGNOME, l’apposizione del vincolo reale in ordine a documentazione amministrativa varia, riguardante pratiche di conversione di patenti militari e straniere in patenti civili italiane. Il Tribunal confermava anche altro decreto, di convalida del sequestro probatorio per oltre 29mila euro, nonchè quello avente ad oggetto computer fissi, taccuini inerenti la conversione di patenti, il tutto presso l’autoscuola RAGIONE_SOCIALE in Pachino e il centro Revisione Garofalo, dei quali l’indagato era titolare.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di cinque motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduceva violazione del principio di proporzionalità del decreto del pubblico ministero e censurava la natura esplorativa dello stesso, nonché la carenza di motivazione della ordinanza del Tribunale del riesame riguardo ai profili dedotti.
Lamenta il ricorrente che il decreto non avrebbe tenuto in conto la necessità di una selezione dei dati informatici da acquisire, l’estensione indebita al registro delle iscrizioni degli allievi dal 2020 al 2024 e alle pratiche riguardanti soggetti diversi dagli indagati, quindi non coinvolti nelle indagini quanto all’accusa di conversione illegale delle patenti. Su tali punti di censura la motivazione impugnata risulterebbe apodittica.
Il secondo motivo lamenta l’inutilizzabilità degli esiti della perquisizione e dei sequestri, in quanto eseguiti dopo la scadenza del termine semestrale, a fronte dell’iscrizione del procedimento avvenuta il 10 giugno 2023.
La motivazione del Tribunale del riesame risulterebbe errata, perché il periodo di un anno – richiamato dall’ordinanza impugnata e introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022- non sarebbe da applicarsi al caso in esame, essendo l’iscrizione del primo procedimento antecedente all’entrata in vigore della menzionata innovazione legislativa.
Il terzo motivo lamenta l’inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese dagli indagati, eccezione disattesa erroneamente dal Tribunale del riesame, facendo riferimento a principi relativi al dibattimento e alla acquisizione concordata, e non all’attuale fase delle indagini, nonché trascurando che i dichiaranti indagati si trovavano in stato di soggezione nel momento in cui le resero, perché presso il commissariato e dopo la perquisizione e il sequestro.
Il quarto motivo lamenta che il Tribunale del riesame non avrebbe valutato che nel decreto di perquisizione non fossero indicate le fattispecie di reato, cosicché il delitto di falso emergeva solo successivamente alle operazioni di sequestro.
Il quinto motivo lamenta l’illegittimità della ritenuta carenza di interesse in ordine al denaro sequestrato, ritenuta dal Tribunale del riesame in ragione della conversione del sequestro da probatorio in preventivo. Osserva il ricorrente che la
conversione presuppone la legittimità del sequestro probatorio convertito, cosicché le doglianze di inutilizzabilità per scadenza dei termini di indagine e delle dichiarazioni rese, oltre che il difetto di nesso di pertinenzialità, andavano comunque valutate.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha depositato requisitoria e conclusioni scritte con le quali ha chiesto rigettarsi il ricorso, quanto al primo e quarto motivo rilevando come l’ordinanza impugnata abbia dato conto della natura proporzionata e non esplorativa dei sequestri, trattandosi di decreti del pubblico ministero non caratterizzati da motivazione apparente e correttamente integrati a riguardo dal Tribunale del riesame; quanto al secondo e terzo motivo, sarebbero doglianze infondate in quanto non è documentata l’iscrizione e l’esistenza di una notizia di reato antecedente relativa agli attuali indagati; quanto al quinto motivo, sarebbe inammissibile per difetto di interesse a seguito della conversione del sequestro probatorio in preventivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato.
Va innanzi tutto ricordato che in materia di misure cautelari reali il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge e che pertanto è consentito dedurre censure attinenti la motivazione del provvedimento impugnato solo nei limiti in cui oggetto di doglianza sia l’assoluta mancanza di un apparato giustificativo della decisione o, quanto meno il difetto dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza del medesimo, tanto da evidenziarne l’inidoneità a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. un. n. 25932 del 29 maggio 2008, Ivanov, rv 239692; Sez. Un., n. 5876 del 28 gennaio 2004, P.C. COGNOME in proc.COGNOME, Rv. 226710).
Quanto al primo e al quarto motivo, strettamente connessi, correttamente l’ordinanza impugnata rileva come siano legittimi il decreto di perquisizione e sequestro e anche quello di convalida del sequestro, nonché quello emesso a seguito della non convalida per intempestività.
In particolare, l’attività di indagine a sorpresa scaturiva dal decreto di ispezione disposto dal pubblico ministero nei confronti della Motorizzazione civile al fine di rinvenire le patenti convertite in modo illecito, dal quale emergeva che non vi era alcuna – indispensabile – pratica cartacea relativa alle pratiche di
conversione delle patenti presso il pubblico ufficio; contestualmente con decreto in data 4 aprile 2024, depositato il giorno seguente, il Pubblico ministero disponeva la perquisizione e il sequestro delineando, come osserva il Tribunale del riesame, la sussistenza dei sufficienti indizi di reità in ordine ai reati previsti dagli artt. 11 476 e 479, contestati all’attuale ricorrente e ad altri indagati.
Il Pubblico ministero riassumeva nel decreto l’attività di indagine che aveva accertato il rilascio di patenti falsamente convertite, condotta posta in essere da due funzionarie della Motorizzazione che avevano validato rispettivamente 55 e 41 pratiche di conversione di patenti straniere o militari in assenza dei presupposti di legge, in concorso con i titolari di autoscuola, NOME COGNOME e NOME COGNOME identificati nelle pratiche tramite il codice dell’autoscuola di riferimento.
Chiariva, altresì, il Pubblico ministero la sussistenza del falso ideologico, dando atto della qualità di pubblico ufficiale delle due funzionarie e disponeva la perquisizione e il sequestro alla ricerca delle patenti illecitamente convertite, indicate come corpi del reato o cose pertinenti il reato.
Per parte dei beni sequestrati presso il Centro di Revisione Garofalo e l’autoscuola RAGIONE_SOCIALE, in relazione ai quali viene presentato il riesame, la stessa polizia giudiziaria rilevava la necessità della convalida del sequestro, che in effetti interveniva.
A ben vedere corretta è la valutazione del Tribunale del riesame, che ha ritenuto legittimi i decreti impugnati, in quanto negli stessi si rinveniva con chiarezza l’ipotesi di reato, arricchita anche dal delitto di corruzione successivamente alle dichiarazioni spontanee intervenute sopo il sequestro da parte dei titolari delle patenti, l’elenco numeroso degli indagati – oltre che i funzionari della Motorizzazione Civile, l’attuale ricorrente, anche tutti gli innumerevoli intestatari delle patenti ritenute false, il rinvio al contenuto dei verbali di perquisizione e sequestro, che dava atto dei beni sequestrati quali corpo del reato e cose pertinenti al reato; anche il decreto di convalida del sequestro di oltre 29mila euro e dei timbri nazionali e internazionali rinvenuti in una cassaforte presso i locali nella disponibilità dell’attuale ricorrente, venivano indicati essere prezzo del reato, qualificabile in tal modo in forza delle dichiarazioni degli intestatari della false patenti che riferivano di averle acquistate, rilevando il Tribunale del riesame come il sequestro dei timbri – alcuni dei quali ormai non più attuali e custoditi in cassaforte con il denaro – andavano comunque ritenuti pertinenti rispetto al delitto di falso, anche quanto al coefficiente psicologico delle condotte; il decreto di convalida del sequestro relativo ai taccuini e alla documentazione amministrativa relativa a soggetti diversi da quelli che avevano ricevuto le patenti false, veniva ritenuto dal Tribunale del riesame giustificato dall’elevato numero – 93 – di patenti false rilasciate dal ricorrente, cosicchè
l’esame della documentazione relativa ad altri indagati risultava giustificata dalla necessità delle verifiche ulteriori e del complessivo modus operandi dell’indagato.
A ben vedere, la motivazione qui impugnata non risulta certamente apparente, dovendo anzi evidenziarsi come il decreto di convalida rinvii al verbale di perquisizione e sequestro, facendolo proprio, ove vi sono ben 20 richieste di conversione o duplicazione della patente, che correttamente palesano la pertinenza individuata dal decreto di convalida e la necessità per la prosecuzione dell’indagine, come anche correttamente ritenuta dal Tribunale del riesame.
Quanto ai 93 personal computer sequestrati la stessa difesa rende atto della intervenuta restituzione, come emerge dal provvedimento del pubblico ministero del 12 aprile 2024.
Quanto, poi, alla circostanza che sia stata operata la copia forense del contenuto dei personal computer, e che non vi sia stata una indicazione specifica dei criteri di selezione, deve rilevarsi come nel caso in esame la circostanza che i beni sequestrati fossero tutti nell’ambito dei luoghi – autoscuola e centro di revisione – in cui i delitti venivano commessi e non riguardava smartphone o pc personali, bensì solo beni informatici destinati alla attività professionale, il che esclude la sproporzione nella ricerca del mezzo di prova e del sequestro, per le medesime ragioni già indicate in relazione alla apposizione del vincolo reale sui taccuini e sulle pratiche cartacee, come per altro si legge nel decreto di non convalida e successivo sequestro, chiarendo il pubblico ministero la funzionalità del sequestro.
D’altro canto, è stato affermato che in tema di sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici, il decreto del pubblico ministero, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omniconnprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Corsico, Rv. 286358 – 03; conf.: N. 6623 del 2021 Rv. 280838 – 01).
Parametri che nel caso in esame risultano rispettati, in quanto si è provveduto, come evidenziato, a un sequestro non di device presso il domicilio o di natura personale, né tantomeno all’accertamento in luoghi diversi dalle autoscuole, bensì i sequestri sono stati operati in luoghi strettamente attinenti ai reati, cosicchè sussisteva una selezione intrinseca nella scelta di procedere alla perquisizione e al
sequestro nei luoghi descritti, in quanto deputati alla trattazione delle pratiche funzionali alla falsificazione e quindi pertinenti ai reati.
Ne consegue l’infondatezza del motivo, essendo la motivazione dell’ordinanza impugnata non apparente ma congrua e proporzionata, anche quanto alla acquisizione di pratiche non relative agli indagati ma relative ad altri soggetti, per i quali era necessario procedere ad accertamenti, stante la ripetitività delle condotte di falsificazione che, come evidenziato, integrava la possibile reiterazione della conversazione anche in favore di altri richiedenti.
Pertanto, l’ordinanza ora impugnata congruamente rende conto della sussistenza di una motivazione adeguata a giustificare il vincolo reale e della proporzione fra i beni sottoposti al sequestro rispetto alle plurime ipotesi di reato e ai plurimi indagati.
5. In ordine al secondo motivo, sussiste una adeguata motivazione del Tribunale del riesame, che rileva come per il presente procedimento, recante n. 3429/2023 RGNR, trova applicazione la disciplina dell’art. 405, comma 2, cod. proc. pen., che prevede: «Salvo quanto previsto dagli articoli 406 e 415-bis, il pubblico ministero conclude le indagini preliminari entro il termine di un anno dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di sei mesi, se si procede per una contravvenzione, e di un anno e sei mesi, se si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2».
Nel caso in esame, procedendosi per i delitti di falso contestati, ex artt. 81, 110, 476 e 479 cod. pen. il termine previsto è quello annuale (introdotto dall’art. 22, comma 1, lett. a), n. 2), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 99-bis, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 150/2022, aggiunto dall’art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199).
La deduzione difensiva, per cui il procedimento avrebbe avuto inizio precedentemente, in ragione di una allegata nota informativa del 2022, collide sia con la copertina del fascicolo, in atti, che reca come data di iscrizione quella del 10 giugno 2023 (il che rende applicabile il termine annuale, con scadenza dopo gli atti a sorpresa dell’aprile 2024), sia anche con la circostanza che, come osserva la Procura generale, spetta a chi deduce la inutilizzabilità comprovare la situazione fattuale che la integra, secondo il principio di Sez. U Fruci, che si seguito verrà richiamato. Di fatti l’allegazione della notizia di reato non risulta comprovato inerisca a soggetto o a delitto oggetto di contestazione nel presente procedimento.
Pertanto, corretta è l’ordinanza impugnata sul punto.
Quanto al terzo motivo, il Tribunale ha escluso che le dichiarazioni siano state frutto di una scelta non libera dell’indagato.
Va premesso che per contestare tale affermazione il ricorrente avrebbe dovuto allegare i relativi verbali, in quanto in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. Un., n. 23868 del 23/04/2009 – dep. 10/06/2009, COGNOME, Rv. 243416 in un caso relativo ad atti asseritamente compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari).
Quanto alla valutazione operata dalla ordinanza impugnata, la stessa concreta una motivazione effettiva, oltre che in linea con il principio per cui il carattere di spontaneità di una dichiarazione resa alla polizia giudiziaria da persona nei cui confronti vengono svolte indagini non viene meno per il solo fatto che le dichiarazioni siano state rese a seguito di invito a presentarsi (così Sez. 1, n. 27678 del 17/05/2013, COGNOME, Rv. 256364 – 01, la Corte evidenziando in motivazione che l’invito impone la presentazione ad un ufficio di P.G., ma non a rendere dichiarazioni).
Nel caso in esame, pertanto, la circostanza prospettata dalla difesa, che i dichiaranti si recarono presso gli uffici della polizia giudiziaria per l’identificazione, non determina in sé la prova del difetto di spontaneità della dichiarazione.
In ordine al quinto motivo, corretta è la motivazione impugnata, in quanto, come osserva Sez. 3, n. 12511 del 07/03/2012, COGNOME, Rv. 252239 – 01 è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di rigetto del tribunale del riesame relativa al decreto di sequestro probatorio di un’area (nella specie, adibita alla realizzazione di un impianto fotovoltaico in violazione dell’art. 44, comma primo, lett. a) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) qualora, nelle more, detta misura sia stata convertita in sequestro preventivo ed abbia perciò perso efficacia, dovendo indirizzarsi le doglianze degli aventi diritto al sequestro disposto dal g.i.p. in sede di conversione.
Pertanto, anche l’impugnazione proposta dal ricorrente in sede di riesame, dopo la conversione del sequestro probatorio in preventivo, risulta inammissibile.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali del ricorrente.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 01/10/2024