Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME GiuseppeCOGNOME nato a Noia il giorno 10/12/1981
rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza n. 57/2024 in data 17/7/2024 del Tribunale di Reggio Emilia
in funzione di giudice del riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; letti i motivi aggiunti trasmessi in data 7/11/2024 a firma dell’avv. COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 17 luglio 2024, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Reggio Emilia ha rigettato il ricorso proposto avverso il decreto in data 25 giugno 2024 (eseguito il 5 luglio 2024) con il quale il Pubblico Ministero presso
il medesimo Tribunale ha disposto la perquisizione degli studi professionali del dirigente medico NOME COGNOME, la perquisizione personale e la perquisizione informatica sul posto di tutti i sistemi informatici e telematici con acquisizione de relativo contenuto ritenuto di interesse, finalizzate al sequestro probatorio della documentazione anche in formato digitale afferente l’attività extramoenia svolta dall’indagato in concomitanza con quella pubblica e, in ogni caso, ritenuto utile al fine delle indagini compreso il sequestro dei dispositivi informatici per i quali s ravvisa la necessità di sottoporre al successivo accertamento tecnico informatico ed eventuale ulteriore documentazione origine natura illecita, nonché il sequestro probatorio del prospetto delle turnazioni del reparto di appartenenza relativo agli anni 2022, 2023 e 2024.
Il COGNOME risulta sottoposto ad indagini in relazione ai reati di cui agli ar 640, comma 2, n. 1, cod. pen. e 55-quinquies d.lgs. 165/2001.
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato deducendo con motivo unico la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. per violazione della legge processuale in relazione all’art. 275 cod. proc. pen.
Sulla premessa che gli strumenti elettronici ed in particolare lo smartphone oggetto di sequestro sono già stati restituiti all’indagato previa estrazione della c.d. “copia forense”, rileva la difesa del ricorrente che il decreto di sequestr probatorio emesso dal Pubblico Ministero sarebbe illegittimo essendo onnicomprensivo, senza che in esso siano state indicate le specifiche informazioni di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nei disposit e la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse.
Il Tribunale del riesame avrebbe, poi, escluso nella motivazione dell’ordinanza impugnata il principio della valutazione di proporzionalità del sequestro richiamando arresti giurisprudenziali non pertinenti alla vicenda in esame.
Avrebbe poi errato il Tribunale del riesame allorquando ha affermato che l’odierno ricorrente ha il diritto di richiedere ed ottenere la restituzione del d informatico e la distruzione delle copie immagine che sono state effettuate, perché così facendo avrebbe spostato il momento valutativo del provvedimento genetico a quello successivo all’esecuzione del sequestro.
Ancora, prosegue la difesa del ricorrente, il Tribunale avrebbe errato allorquando ha rilevato che il ricorrente avrebbe ventilato genericamente la presenza nel dispositivo di dati attinenti alla vita privata senza indicare n tantomeno dimostrare la sussistenza di interessi primari perché in tal modo non ha dato risposta alla istanza difensiva che lamentava il profilo indiscriminato del
sequestro operato ed ha sovvertito i principi di adeguatezza e di proporzionalità che devono presiedere il provvedimento genetico.
Con motivi aggiunti trasmessi in data 7 novembre 2024, il difensore del ricorrente ha sostanzialmente ribadito che vi sarebbe una assoluta sproporzione tra il fatto-reato ipotizzato e l’indiscriminata perquisizione di tutti i si informatici e/o telematici nella disponibilità del COGNOME con la conseguenza che rispetto all’imputazione preliminare elevata il decreto di perquisizione emessa dal Pubblico Ministero, esteso ed onnicomprensivo, avrebbe avuto una funzione meramente “esplorativa” e che il Tribunale del riesame non avrebbe preso in considerazione tale situazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è al contempo generico e manifestamente infondato.
Rileva la Corte che nessuna violazione di legge è ravvisabile nell’ordinanza impugnata che risulta caratterizzata da una motivazione tutt’altro che apparente o inesistente e, per quel che più conta in questa sede, trattandosi di ricorso ex art. 325 cod. proc. pen., conforme ai principi di diritto che regolano la materia.
In punto di diritto occorre prendere le mosse dal più recente degli interventi di questa Corte che nel confermare una giurisprudenza oramai da ritenersi consolidata ha chiarito che «In tema di sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici, il decreto del pubblico ministero, al fine consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatic archiviato nel dispositivo, la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti» (Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Corsico, Rv. 286358 – 03).
Orbene dalla lettura dell’ordinanza impugnata e prima ancora del decreto di perquisizione e sequestro emesso dal Pubblico Ministero ed allegato al ricorso non risultano violazioni di tali principi.
Il Tribunale del riesame, dopo aver dato conto dei noti principi enunciati da questa Corte di legittimità secondo i quali il sequestro probatorio deve essere caratterizzato anche per quanto concerne il materiale informatico da proporzionalità ed adeguatezza per evitare una indiscriminata apprensione di tutte
le informazioni contenute in detto materiale, risulta, infatti, avere analizzato specifiche caratteristiche del relativo decreto emesso dal Pubblico Ministero evidenziando che nell’atto risultano essere indicati gli elementi indiziari dell sussistenza delle astratte ipotesi di reato configurate, i beni ricercand (“documentazione utile ad accertare la presenza dell’indagato presso lo studio privato in Marigliano (NA) in concomitanza all’orario di lavoro presso il locale nosocomio”), l’oggetto del sequestro (“documentazione anche in formato digitale afferente l’attività extramoenia svolta dall’indagato in concomitanza a quella pubblica”).
A ciò si aggiunge che il Pubblico Ministero attraverso l’indicazione dei reati e del momento consumativo degli stessi come emergente dal decreto (“in epoca anteriore e prossima al 11.4.2024”) e con la dicitura (“sequestro … corpo di reato, cose pertinenti al reato ed in ogni caso ritenuto utile ai fini delle indagini, compres il sequestro die dispositivi informatici per i quali si ravvisi l’eventuale necessità sottoporre a successivo accertamento tecnico informatico per rinvenimento degli atti/documenti di cui sopra ed eventuale ulteriore documentazione di origine e natura illecita: nonché del prospetto delle turnazioni del reparti di appartenenza relativo agli anni 2022, 2023 e 2024 necessari per il riscontro con i relativi prospetti delle presenze”) ha conchiuso ulteriormente l’ambito del sequestro.
Il provvedimento del Pubblico Ministero appare quindi rispettoso dei principi di proporzionalità ed adeguatezza in quanto centrato espressamente nel rapporto tra beni ricercandi aventi finalità probatorie e reati per i quali sono in corso indagini, non ci si trova di certo in presenza di un mero sequestro “esplorativo” e, del resto, non si vede quali ulteriori indicazioni o limitazioni avrebbero dovuto essere indicate nel decreto.
Il fatto, poi, che il personale della Guardia di Finanza delegato all’esecuzione del decreto possa avere ecceduto nell’apprensione (che risulta avvenuta sul posto) dei dati informatici contenuti negli apparati riguarda il successivo momento esecutivo dell’attività di perquisizione e sequestro che non ha nulla a che vedere con la evidenziata correttezza del provvedimento genetico.
Del resto – anche se così non sembra – se attraverso l’incidente cautelare la difesa dell’odierno ricorrente intende attaccare non la validità del provvedimento dispositivo ma le modalità esecutive dello stesso, non si può che concordare con il Tribunale del riesame laddove ha sostanzialmente rilevato la genericità della doglianza – che ha finito per ripercuotersi anche in questa sede di legittimità cosi determinandone l’inammissibilità – dell’atto di gravame perché è indubbio che parte ricorrente non può genericamente lamentarsi del fatto che nella “copia forense” dei dati informatici sono contenuti anche dati riservati ed estranei alle necessità di accertamento giudiziario ma deve indicare dettagliatamente di quali 7
dati si tratta, eventualmente chiedendone la restituzione o la estrapolazione e la cancellazione da detta “copia forense”.
A ciò si aggiunge che la genericità del ricorso è altresì ravvisabile nel fatto nella parte in cui parte ricorrente di fatto non contesta i presupposti circa la configurabilità dei fatti-reato ipotizzati, ritenuti di fatto sussistenti dal Trib del riesame, per l’esecuzione del provvedimento di perquisizione e la contestuale adozione del provvedimento cautelare di natura reale.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilit emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27 novembre 2024 .
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