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Sequestro probatorio: limiti e proporzionalità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un professionista contro un’ordinanza di sequestro probatorio dei suoi dispositivi informatici. Il ricorrente lamentava la natura esplorativa e sproporzionata del provvedimento. La Corte ha stabilito che il decreto era legittimo, in quanto specificava sufficientemente i reati ipotizzati, i beni ricercati (prove di attività extra-lavorativa) e il perimetro temporale delle indagini, rispettando così i principi di adeguatezza e proporzionalità. Eventuali eccessi nella fase esecutiva non invalidano l’ordine originario.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio Informatico: I Limiti della Proporzionalità secondo la Cassazione

Il sequestro probatorio di dispositivi informatici come smartphone e computer è uno strumento investigativo sempre più comune. Tuttavia, la sua applicazione deve bilanciare le esigenze di accertamento della verità con la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, in primis la privacy. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi di proporzionalità e adeguatezza che devono guidare tali provvedimenti, distinguendo nettamente tra la legittimità dell’ordine di sequestro e le modalità della sua esecuzione.

I Fatti del Caso: Un Sequestro Controverso

Il caso nasce dal ricorso di un dirigente medico, indagato per presunte attività illecite, avverso un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato il decreto di perquisizione e sequestro dei suoi dispositivi informatici. Il provvedimento mirava ad acquisire documentazione, anche in formato digitale, relativa a un’ipotetica attività professionale privata svolta in concomitanza con il servizio pubblico, oltre ai prospetti delle turnazioni lavorative per gli anni 2022, 2023 e 2024.

La difesa dell’indagato sosteneva che il decreto fosse illegittimo perché ‘onnicomprensivo’, ovvero talmente generico da trasformarsi in un sequestro meramente ‘esplorativo’. Secondo il ricorrente, il provvedimento non specificava le informazioni da cercare, i criteri di selezione dei dati né una giustificazione per l’ampia perimetrazione temporale, violando così i principi di proporzionalità e adeguatezza.

Il Ricorso in Cassazione e il Sequestro Probatorio

Il difensore ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge. La tesi principale era che il sequestro, essendo indiscriminato, non rispettava il necessario bilanciamento tra le esigenze investigative e il diritto alla riservatezza. Si contestava al Tribunale del riesame di aver erroneamente escluso il principio di proporzionalità, spostando il momento della valutazione dalla fase genetica del provvedimento a quella successiva dell’esecuzione. In pratica, secondo il ricorrente, un sequestro ingiustificatamente ampio non può essere ‘sanato’ dalla successiva facoltà dell’indagato di chiedere la restituzione dei dati non pertinenti.

La Valutazione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, per valutare la legittimità di un sequestro probatorio informatico, è necessario analizzare il contenuto del decreto emesso dal Pubblico Ministero.

Secondo un orientamento consolidato, il decreto deve illustrare le ragioni per cui si rende necessario un sequestro esteso o, in alternativa, deve indicare:
* Le specifiche informazioni oggetto di ricerca;
* I criteri di selezione del materiale informatico archiviato;
* La giustificazione della perimetrazione temporale.

Nel caso di specie, la Corte ha riscontrato che il decreto del PM rispettava pienamente tali requisiti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che il provvedimento impugnato non presentava alcuna violazione di legge. Il decreto di sequestro:
1. Indicava gli elementi indiziari: Esponeva le ragioni alla base delle ipotesi di reato.
2. Specificava i beni ricercati: La documentazione utile ad accertare la presenza dell’indagato presso il suo studio privato durante l’orario di lavoro pubblico.
3. Definiva l’oggetto del sequestro: La documentazione, anche digitale, relativa all’attività extramoenia e i prospetti delle turnazioni per gli anni 2022-2024.
4. Circoscriveva il momento consumativo: L’indagine era temporalmente definita.

Di conseguenza, il provvedimento non era affatto ‘esplorativo’, ma strettamente collegato ai reati per cui si procedeva. La Corte ha inoltre sottolineato una distinzione cruciale: un conto è la legittimità del decreto (il momento ‘genetico’), un altro è l’eventuale eccesso nella sua esecuzione (il momento ‘esecutivo’). Se durante l’acquisizione dei dati il personale delegato ha appreso informazioni eccedenti rispetto allo scopo dell’indagine, questo non inficia la validità dell’ordine iniziale. Spetterà all’interessato, in un secondo momento, lamentare la genericità e l’eccesso nella fase esecutiva, chiedendo la restituzione o cancellazione dei dati non pertinenti dalla copia forense.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un principio fondamentale in materia di sequestri informatici. Un sequestro probatorio non è illegittimo solo perché dispone l’acquisizione di un intero dispositivo e la creazione di una copia forense. La sua legittimità dipende dalla specificità del decreto che lo autorizza. Se il provvedimento del PM è ben motivato, indica chiaramente cosa si cerca e perché, e stabilisce un perimetro logico e temporale, l’atto è valido. Le eventuali contestazioni su dati privati o non pertinenti acquisiti per errore o eccesso di zelo devono essere sollevate in relazione alla fase esecutiva, non per invalidare l’intero impianto probatorio. La difesa, quindi, non può limitarsi a una generica lamentela sulla vastità dei dati appresi, ma deve indicare puntualmente quali informazioni estranee alle indagini dovrebbero essere restituite o cancellate.

Quando un sequestro probatorio di dati informatici è considerato legittimo?
È legittimo quando il decreto del Pubblico Ministero, pur autorizzando un’acquisizione estesa, illustra le ragioni per cui è necessario e specifica le informazioni ricercate, i criteri di selezione, la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati e il nesso con i reati ipotizzati.

Un decreto di sequestro può essere definito ‘esplorativo’ se autorizza l’acquisizione di tutti i dati di un dispositivo?
No, non necessariamente. Se il decreto indica chiaramente gli elementi indiziari, i reati ipotizzati, i beni da ricercare e l’ambito temporale, non è ‘esplorativo’ ma mirato a raccogliere prove pertinenti, anche se ciò comporta l’acquisizione iniziale dell’intero dispositivo tramite copia forense.

Cosa può fare l’indagato se ritiene che durante l’esecuzione del sequestro siano stati presi dati privati non pertinenti?
L’indagato non può usare questo argomento per contestare la validità del decreto originario. Deve invece contestare le modalità esecutive, indicando specificamente quali dati riservati sono stati acquisiti senza necessità e chiedendone la restituzione o la cancellazione dalla ‘copia forense’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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