Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45267 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45267 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME COGNOME nato a Napoli il 07/01/2003
avverso l’ordinanza emessa il 27/03/2024 dal Tribunale di Napoli;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, in sede di giudizio di rinvio, ha confermato il decret sequestro probatorio nei riguardi di COGNOME NOME COGNOME avente ad oggetto “telefoni, schede telefoniche e carte ricaricabili Iban, autovetture provento di furto e/o parti esse, strumenti e arnesi idonei al furto di autovetture e/o smontaggio” in relazione ai reati previsti dagli artt. 416, 615 ter, 615 quater, 624, 625, 640 ter, 748 bis cod. pe
Il Tribunale, in sede di riesame, aveva annullato il decreto in questione per difett assoluto di motivazione quanto al requisito del fumus commissi delicti, non ritenendo idonea “la generica ed onnicomprensiva indicazione dei titoli di reato, con la elencazione delle norma violate senza alcuna specificazione dei reati iscritti agli indagati, alcu descrizione della condotta ipotizzata a carico dell’indagato e della sua riconduzione ad
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una fattispecie incriminatrice, né tanto meno della natura dei beni da vincolare e la loro relazione con ipotesi criminose”
La Seconda Sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. 49762 del 7.11.2023, in accoglimento del ricorso del Pubblico Ministero, ha annullato l’ordinanza del Tribunale ritenendo, invece, che il decreto di sequestro recasse una precisa indicazione dei fatti penalmente illeciti – per i quali erano in corso indagini preliminari – nonché del necessità di acquisire a fini probatori le cose al procedimento.
Secondo la Corte, nella specie, il Pubblico Ministero aveva indicato espressamente le finalità probatorie sottese (“dimostrazione dei fatti per cui si indaga”), “richiamando necessità di svolgere verifiche tecniche”.
Il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, ha confermato il decreto ritenendo, quanto alle esigenze probatorie, che i beni sequestrati siano “collegati con le ipotesi contestazione e quindi bisognevoli di accertamenti tecnici”.
Quanto al requisito del fumus il Tribunale, sulla base di tutte le informative – no richiamate nel decreto di sequestro- ha spiegato che il procedimento avrebbe avuto origine dalla denuncia di tale NOME COGNOME relativa ad una frode informatica, e che la polizia giudiziaria avrebbe acquisito elementi indiziari a carico di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME COGNOME quanto ai reati di cui agli artt. 615 ter e 640 ter cod. pen.
Si sarebbe accertato che, “a seguito della fraudolenta acquisizione dei codici di accesso al conto del Bruno, venivano effettuati bonifici a favore di un Iban relativo ad una certa carta prepagata intestata a COGNOME NOME; risultava inoltre che, in relazione all’iban indicato erano stati riversati, oltre al denaro sottratto al denunciante, anc altri proventi di analoghe attività illecite, commesse ai danni di COGNOME NOME e COGNOME NOME che, a loro volta, avevano denunciato di essere vittime di frode informatica; il denaro era stato poi trasferito sulle carte intestate ai coindagati COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME COGNOME” (così il Tribunale).
A seguito dell’acquisizione “dei Log relativi agli accessi ai vari Iban e dei tabula telefonici relativi alle utenze a cui erano collegati i conti”, era stato inoltre verifica “sull’Iban della Cecero era stato effettuato un Log dall’utenza del fratello NOME NOME proprio nell’orario corrispondente alla esecuzione del bonifico fraudolento disposto dal conto di NOME, così come “dalla utenza di quest’ultimo era stato effettato un Log anche sull’iban di NOMECOGNOME NOME ( su cui era stato trasferito una parte del profitt Lo stesso COGNOME, la sera prima del reato, aveva inviato un sms sull’utenza utilizzata per contattare la vittima della frode ed acquisire abusivamente i codici d’accesso; inoltre i COGNOME aveva avuto la disponibilità del medesimo apparecchio telefonico su cui poi era stata inserita l’utenza di altro coindagato” (così testualmente il Tribunale).
2. Ha proposto ricorso per cassazione NOME NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge; il tema attiene alla mancata indicazione nel decreto di sequestro dei fatti per cui si procede e, diversamente da alcuni degli altri indagati, anche delle condotte attribuibili al ricorrente.
Richiamati i principi in più occasioni affermati dalla Corte di cassazione sul tema, si chiede l’annullamento della ordinanza impugnata, ovvero, in subordine, la rimessione del ricorso alle Sezioni unite.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla omessa indicazione del nesso di pertinenza tra i beni sequestrati e i reati oggetto di accertamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato quanto al secondo motivo di ricorso.
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ancora una volta chiarito come il decreto di sequestro probatorio, anche se abbia ad oggetto cose costituenti corpo del reato, debba contenere una specifica motivazione della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548).
Si è precisato come “la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità – anche sotto il profilo procedimentale – e di concreta idoneità in ordine all’an e alla sua durata, in particolare per l’aspetto del giusto equili o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l’accertamento del fatto di reato”.
Detti principi valgono anche per il sequestro delle cose pertinenti al reato, atteso che la stessa qualificazione della “cosa” come pertinente al reato, presuppone la indicazione del perimetro investigativo, della ipotesi di reato per cui si procede, della final probatoria perseguita con il sequestro.
Intanto, cioè, una cosa può essere considerata “cosa pertinente al reato” in quanto esista una descrizione concreta del reato per cui si procede e della finalità probatoria perseguita.
E’ noto come la formula “cose pertinenti al reato” abbia un significato scarsamente delimitativo e come il legislatore, a differenza di quanto fatto in relazione alla nozio di “corpo del reato”, non abbia definito quella di “cose pertinenti”, affidando quest compito alla interpretazione giurisprudenziale.
Si è chiarito in giurisprudenza come la nozione di “cosa pertinente al reato” abbia una portata più ampia di quella impiegata nell’ art. 253 cod. proc. pen., comprendendo non solo il corpo del reato ma anche qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, anche quell cose legate indirettamente alla fattispecie criminosa (Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, COGNOME, Rv. 259850; Sez. 2, n. 34986 del 19/06/2013, COGNOME, Rv. 256100; Sez. 2, n. 17372 del 22/01/2009, COGNOME e altri, Rv. 244342).
In tal senso, la strumentalità del bene rispetto alla condotta criminosa ed alla finali probatoria del sequestro è uno dei canoni di valutazione della pertinenza ed assolve ad una funzione selettiva; il tema della strumentalità si pone, innanzitutto, per la indiscuss utilità euristica delle informazioni acquisite, destinata normalmente ad aumentare in modo proporzionale alla entità del “vulnus” che lo strumento probatorio arreca alla “riservatezza”: più l’attività di ricerca della prova si avvicina al nucleo della individuale (costituito da quella intimità che l’individuo ritiene di non condividere alcuno) più il dato acquisito può risultare prezioso per l’accertamento.
La strumentalità, tuttavia, è astrattamente configurabile in un numero pressocchè indefinito di casi e ciò impone di attribuire a detto requisito un significato conforme principi generali di adeguatezza e proporzionalità sottesi al sistema.
Un sequestro sproporzionato deve essere ricondotto a proporzione, nel senso che il suo oggetto deve vertere solo sulle cose davvero pertinenti al reato.
Pur in presenza di indirizzi giurisprudenziali diversi, è condivisibile quanto ritenuto una parte della giurisprudenza di legittimità, secondo cui è necessario un esame particolarmente rigoroso sul rapporto che lega la cosa al reato ed è altresì necessario, quando il legame prospettato sia di natura funzionale, che tale rapporto non sia meramente occasionale (Cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 33045 del 25/01/2018, Mazza; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014 Denaro, cit; nello stesso senso, sostanzialmente, Sez. 6, n. 5845 del 20/01/2017, F., Rv. 269374; Sez. 5, n. 12064 del 16/12/2009, dep. 2010, Marcante, Rv. 246881).
La verifica del nesso di funzionalità non occasionale tra il bene e la condotta deve ovviamente essere maggiormente rigorosa nei casi in cui il bene appartenga ad un soggetto terzo estraneo al reato, cioè un soggetto nei cui confronti nessun coinvolgimento nell’attività criminosa è stato ipotizzato.
Il principio di proporzione, certamente ancorato alla disciplina delle cautele personali nel procedimento penale ed alla tutela dei diritti inviolabili, ha nel sistema una portat più ampia; esso travalica il perimetro della libertà individuale per divenire termin necessario di raffronto tra la compressione dei diritti quesiti e la giustificazione della l limitazione.
In ambito sovranazionale, il principio in esame è ormai affermato tanto dalle fonti dell’Unione (cfr. par. 3 e 4 dell’art. 5 TUE, art. 49 par. 3 e art. 52 par. 1 della Carta
diritti fondamentali; sul punto, cfr., Sez. 3, n. 42178 del 29/09/2009, COGNOME, R 245172), che dal sistema della CEDU.
La Corte costituzionale ha chiarito in più occasioni, ed anche di recente, come il generale controllo di ragionevolezza, a sua volta effettuato attraverso il bilanciamento tra gli interessi in conflitto, comprenda il canone modale della proporzionalità.
Con la sentenza sul “caso Ilva”, si è affermato che nessun valore costituzionale può divenire “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche, che il bilanciamento de essere condotto dal legislatore e controllato dal Giudice delle leggi secondo criteri d proporzionalità e di ragionevolezza, fermo restando che – si tratta di una affermazione centrale – non è consentito un «sacrificio del nucleo essenziale» di alcuna dell istanze in conflitto (Corte cost., sentenza n. 85 del 2013, ma anche n. 20 del 2017, in cui la Corte, in tema di “riservatezza”, ha ritenuto fondamentale che le disposizioni limitative della libertà di comunicazione rispettino la riserva assoluta di legge e giurisdizione, nonché i principi di ragionevolezza e di proporzionalità alla luce de parametri della idoneità, necessità e proporzionalità in senso stretto).
Non diversamente, è condivisibile quanto ritenuto in dottrina, e cioè che il rango conferito dall’ordinamento interno alle fonti sovranazionali consente di affermare che, qualunque sia la natura con cui sono costruite – sostanziale o processuale – le tutele dei diritti, si deve tenere conto del cd. test di proporzionalità.
Il principio in esame è capace di fungere da guida per lo sviluppo futuro della materia dei diritti fondamentali, oggetto primario delle disposizioni normative processuali penali.
Si può tuttavia affermare che, anche là dove non entri espressamente in gioco il tema dei diritti fondamentali, il principio di proporzionalità rappresenti un utile termin paragone per lo sviluppo di soluzioni ermeneutiche e, ancor prima, di nuovi modelli di ragionamento giuridico; in tal senso, si sostiene acutamente, il principio di proporzionalità assolve ad una funzione strumentale per un’adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, ed ad una funzione finalistica, come parametro per verificare la giustizia della soluzione presa nel caso concreto.
In tale accezione, il canone della proporzione e della adeguatezza si rivolgono certamente al legislatore, nel momento in cui traccia le norme ordinarie, ed alla Corte costituzionale nel vaglio di legittimità delle stesse, ma anche al giudice comune, allorquando è chiamato in concreto a disporre atti limitativi delle istanze fondamentali.
Il principio di proporzionalità trova un formidabile ambito applicativo con riferiment ai mezzi di ricerca della prova, idonei ad incidere su bene giuridici costituzionalmente tutelati: esso segna il limite entro il quale la compressione di un’istanza fondamentale per fini processuali risulta legittima.
Il tema attiene al rapporto tra sicurezza e riservatezza, intesa come «diritto alla non intromissione da parte del potere pubblico e di soggetti privati nella sfera individual della persona”.
Ogni misura, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, richiede che l’interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i diverg interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi RAGIONE_SOCIALE.
Dunque, solo valorizzando l’onere motivazionale è possibile, come sottolineato dalla più attenta dottrina, tenere “sotto controllo” l’intervento penale quanto al rapporto co le libertà fondamentali ed i beni costituzionalmente protetti, quali la proprietà e la lib iniziativa economica privata, riconosciuti dall’art. 42 Cost. e dall’art.1 del Pr protocollo addizionale alla Convenzione Edu, come interpretato dalla Corte Edu.
La motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all’accertamento penale diventa, allora, requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro, per su vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità (così testualmente Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, in motivazione) ed al principio di proporzione.
Il giudice non solo deve motivare sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato ricorrendo ad altri e meno invasivi strumenti cautelari, ma deve modulare il sequestro – quando ciò sia possibile- in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto al vincolo reale, anche oltre le effettive necessit dettate dalla esigenza che si intende neutralizzare; il giudice cioè deve conformare il vincolo in modo tale da non arrecare un inutile sacrificio di diritti, il cui esercizio di non pregiudicherebbe la finalità probatoria/cautelare perseguita (sul tema, anche Corte Cost., n. 85 del 2013).
Ciò che è richiesto è una delicata operazione di bilanciamento in cui la valutazione attiene alla peculiarità del caso concreto, alla ragionevolezza della soluzione, della proporzione, al bilanciamento tra valori, all’equità.
3. Questa Corte ha avuto modo di affermare, in tema di acquisizione della prova, che l’autorità giudiziaria, al fine di esaminare un’ampia massa di dati i cui contenuti sono i astratto – potenzialmente – rilevanti per le indagini, può disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, provvedendo, tuttavia, nel rispetto del principio d proporzionalità ed adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti e, in caso di mancata tempestiva restituzione, l’interessato può presentare la relativa istanza e far valere le proprie ragioni, se necessario, anche mediante i rimedi impugnatori offerti dal sistema (così, Sez. 5, n. 16622 del 14/03/2017, COGNOME; Sez. 6, n. 53168 del 11/11/2016 – dep. 15/12/2016, Annores, Rv. 268489; ma anche Sez. 2, n. 16544 del 23/01/2013 – dep. 12/04/2013, COGNOME; conf. Sez. 3, n. 27508 del 05/06/2008 – dep. 07/07/2008, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 240254).
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Si tratta di un indirizzo che tuttavia deve essere esplicitato.
Intanto è possibile disporre un sequestro “esteso”, e magari totalizzante, in quanto si spieghi -caso per caso – perché ciò è necessario fare, perché cioè, il nesso di pertinenza tra res, reato per cui si procede e finalità probatoria debba avere – in quell determinata fattispecie – una inevitabile differente modulazione in ragione della fase del procedimento, della fluidità delle indagini e della contestazione provvisoria, de fatto concreto per cui si procede, del tipo di illecito a cui il fatto sembra dov ricondurre, della difficoltà di individuare nitidamente “ex ante” l’oggetto del sequestro della natura del bene che si intende sequestrare (sul tema, Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 274781; Sez. 5, n. 13594 del 27/02/2015, COGNOME, Rv. 262898).
Sotto altro profilo, l’esigenza investigativa che in qualche modo – in alcuni casi – può depotenziare, quasi vanificandola, la possibilità di verificare nella immediatezza la legittimità del mezzo di ricerca quanto alla sussistenza del nesso di strumentalità tra res (di cui non si ha nemmeno consapevolezza), reato per cui si procede e finalità probatoria, richiede ed impone strumenti “compensativi” di garanzia per il soggetto che subisce la limitazione dei propri diritti.
Strumenti di garanzia, cioè, che si collocano già al momento della adozione della mezzo di ricerca della prova e che attengono, come detto, alla portata del vincolo, alle ragioni, che devono essere puntualmente illustrate, per cui si decide di aggredire, ad esempio, la spera giuridica di soggetti terzi estranei al reato, al motivo per cui il vinc venga “modulato” in modo onnicomprensivo (cioè decidendo, ad esempio, di sequestrare tutta la corrispondenza o tutti i documenti – anche quelli più personali e riservati-), alla necessità di ancorare la durata del sequestro a criteri oggettivi ragionevolezza temporale, alla esigenza insopprimibile di selezionare le cose davvero necessarie ai fini della prova.
In tal senso, il tempo necessario alla selezione di ciò che è necessario ai fini probator da ciò che deve essere restituito non può essere un fattore neutro destinato a pregiudicare chi ha già subito la limitazione del diritto di sindacare sin da subito, c rigore, la esistenza del nesso di strumentalità tra res e reato.
Strumenti di garanzia che non possono essere svuotati e che attengono ad inevitabili profili giustificativi e motivazionali di ordine quantitativo, qualitativo e temporale sequestro (così efficacemente, Sez. 6, n. 13156 del 04/03/2020, COGNOME, in motivazione) ed alla necessità di evitare che il sequestro probatorio assuma una valenza meramente esplorativa di notizie di reato diverse ed ulteriori rispetto a quella per cui s procede.
Si tratta di profili su cui è necessario specificamente motivare da parte del Pubblico Ministero e del Tribunale del riesame, atteso che, diversamente, il mezzo di ricerca si trasforma in uno strumento di illegittima compressione di diritti, con conseguente
ingiustificata “rincorsa” del soggetto a cui le cose sono sequestrate al fine di ottenere l restituzione di ciò che sin dall’inizio non avrebbe dovuto essere sequestrato.
Si tratta di profili su cui è necessario specificamente motivare da parte del Pubblico Ministero e del Tribunale del riesame, atteso che, diversamente, il mezzo di ricerca si trasforma in uno strumento di illegittima compressione di diritti, con conseguente ingiustificata “rincorsa” del soggetto a cui le cose sono sequestrate al fine di ottenere l restituzione di ciò che sin dall’inizio non avrebbe dovuto essere sequestrato (cfr., Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949).
4. Il Tribunale e il Pubblico Ministero non hanno fatto corretta applicazione dei princip di diritto indicati.
In particolare, il Tribunale, in ossequio al principio di diritto affermato dalla Cort cassazione, sulla base degli atti trasmessi – in realtà nemmeno richiamati nel decreto di sequestro – ha provato a ricostruire – in funzione predittiva e, soprattutt surrogatoria rispetto al Pubblico Ministero – i fatti nel senso in precedenza indicato e h spiegato in cosa consisterebbe il coinvolgimento del ricorrente nell’indagine (un log dalla sua utenza sul Iban di una coindagata in corrispondenza dell’orario del bonifico fraudolento dal conto del soggetto danneggiato; un snns la sera prima sulla utenza utilizzata per contattare da altri la vittima; la disponibilità del medesimo apparecchi telefonico su cui era stata inserita l’utenza di un altro coindagato).
È utile segnalare come in realtà, nonostante lo sforzo del Tribunale, non vi sia nessuna certezza che la ricostruzione compiuta ~ sia davvero quella ipotizzata dal Pubblico Ministero.
Nel decreto di sequestro infatti non vi è nessuna indicazione delle condotte penalmente rilevanti attribuite al ricorrente, ovvero della notizia di reato per cui procede nei suoi riguardi; nessuna descrizione, neppure astratta, sommaria, di compartecipazione criminosa; nessuna indicazione, soprattutto, del nesso di pertinenzialità delle cose sequestrate rispetto al reato da provare, cioè delle ragioni pe cui le cose sequestrate assolverebbero ad una funzione probatoria rispetto ai reati per cui si procede; nessuna indicazione, ancora, del se e in che limiti nella specie sia osservato il principio di proporzionalità.
In tale quadro di riferimento, il Tribunale, che, per effetto dell’annullamento da part della Corte di cassazione, si è assunto, come detto, un onere ricostruttivo dei fatti che non gli era proprio, si è limitato ad affermare, quanto al tema del rapporto di pertinenza, che “i beni appaiono collegati con le ipotesi in contestazione e quindi bisognevoli di accertamenti”.
Si tratta di una motivazione obiettivamente viziata e una non corretta applicazione della legge che si innesta, in funzione recuperatoria, in un procedimento in cui è stato emesso un provvedimento di sequestro gravemente viziato.
Ne consegue che, in ragione della radicalità del vizio genetico del sequestro, l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro emesso il 10 maggio 2023 dal Pubblico Ministero devono essere annullati senza rinvio con conseguente restituzione di quanto in sequestro in favore dell’avente diritto.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro emesso il 10 maggio 2023 dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Napoli, disponendo la restituzione di quanto in sequestro in favore dell’avente diritto.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in Sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024