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Sequestro probatorio: limiti e motivazione del PM

Una società consortile, indagata per reati tributari, ha impugnato un decreto di sequestro probatorio che si estendeva a tutta la sua documentazione contabile, anche quella non pertinente alle accuse. La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato il provvedimento, stabilendo che il sequestro probatorio di documenti ulteriori rispetto a quelli oggetto d’indagine deve essere sorretto da una motivazione specifica sulla loro effettiva pertinenza, non potendo il Tribunale del Riesame integrare le lacune del Pubblico Ministero.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio: la Cassazione Fissa i Paletti sulla Motivazione

Il sequestro probatorio è uno strumento investigativo fondamentale, ma il suo utilizzo deve rispettare rigorosi principi di legalità, tra cui la pertinenza e la proporzionalità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce questi concetti, annullando un provvedimento che estendeva indiscriminatamente l’apprensione di documenti oltre l’oggetto specifico dell’indagine. Questo caso offre spunti cruciali sull’obbligo di motivazione che grava sul Pubblico Ministero e sui limiti del potere di intervento del Tribunale del Riesame.

I Fatti di Causa

Una società consortile, insieme ai legali rappresentanti delle sue consorziate, era indagata per una serie di reati tributari commessi tra il 2019 e il 2022. Le accuse principali riguardavano l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e l’indebita compensazione di crediti. Sulla base delle indagini, il Pubblico Ministero aveva disposto un sequestro probatorio per acquisire gli originali di tutte le fatture annotate ed emesse dalla società consortile in quegli anni.

Il problema nasceva dal fatto che il sequestro non si limitava alle fatture sospette intercorse tra la società e le sue consorziate, ma si estendeva a tutta la documentazione contabile, comprese le fatture emesse verso i clienti finali, estranei al presunto schema fraudolento. La difesa della società ha impugnato l’ordinanza, lamentando una violazione dei principi di proporzionalità e pertinenzialità, dato che il perimetro del sequestro era andato ben oltre quanto strettamente necessario all’indagine.

La Decisione della Corte sul Sequestro Probatorio

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso. Ha ritenuto legittimo il sequestro delle fatture direttamente collegate ai capi di imputazione, ovvero quelle emesse dalle società consorziate e utilizzate dalla ricorrente. Per queste, la motivazione del P.M. – finalizzata ad “accertare le prestazioni ivi indicate e la corrispondenza con quelle annotate” – è stata giudicata sufficiente.

Tuttavia, la Corte ha annullato l’ordinanza per quanto riguarda l’acquisizione di tutta la restante documentazione, come le fatture emesse verso i clienti. La ragione è netta: il decreto del P.M. mancava di una motivazione effettiva. La semplice frase “ritenuto che sia fondamentale acquisire l’originale” è stata definita una “mera apparenza” di motivazione, priva di contenuto concreto e incapace di giustificare un’apprensione così ampia di documenti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati della giurisprudenza. In primo luogo, ha riaffermato che il decreto di sequestro probatorio deve contenere, a pena di nullità, una descrizione chiara della condotta ipotizzata, della sua riconducibilità a una norma penale e, soprattutto, della relazione tra i beni da sequestrare e il reato. Un semplice richiamo alla legge non basta; è necessario spiegare perché quei beni sono considerati corpo di reato o cose pertinenti al reato.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Cassazione ha sottolineato che il Tribunale del Riesame non può sanare una totale carenza di motivazione da parte del Pubblico Ministero. Se il P.M. non spiega le ragioni probatorie del sequestro, il Tribunale non può “inventarle” di propria iniziativa, poiché il potere di condurre le indagini e di determinare le finalità del sequestro è una prerogativa esclusiva dell’accusa. Nel caso di specie, il Tribunale aveva tentato di giustificare il sequestro allargato ipotizzando la necessità di “ricostruire l’intero flusso delle prestazioni”, ma così facendo ha sostituito la propria motivazione a quella, inesistente, del P.M., compiendo un atto non consentito.

Conclusioni: L’Importanza della Pertinenzialità e Proporzionalità

Questa sentenza è un monito importante sull’uso corretto degli strumenti investigativi. Conferma che il sequestro probatorio non può trasformarsi in una “pesca a strascico” indiscriminata, volta a raccogliere materiale nella speranza di trovare qualcosa di utile. Ogni atto che incide sui diritti dei cittadini deve essere sorretto da una motivazione specifica, puntuale e concreta, che ne dimostri la pertinenza all’oggetto dell’indagine e la proporzionalità rispetto alle esigenze probatorie.

La decisione rafforza la garanzia difensiva, impedendo che l’assenza di motivazione del P.M. possa essere colmata a posteriori dal Tribunale. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’impugnazione di un sequestro immotivato ha solide basi giuridiche, a tutela della corretta amministrazione della giustizia.

Può il Pubblico Ministero sequestrare documenti non direttamente collegati ai capi d’accusa?
Sì, ma solo a condizione che il decreto di sequestro fornisca una motivazione specifica, concreta ed effettiva che spieghi la ragione della loro pertinenza con l’indagine in corso. Una motivazione generica o apparente non è sufficiente.

Cosa succede se il decreto di sequestro probatorio manca di motivazione per alcuni beni?
Il decreto è nullo in quella parte. La Corte di Cassazione ha chiarito che il Tribunale del Riesame, di fronte a una motivazione mancante o meramente apparente da parte del Pubblico Ministero, non può integrarla o sostituirla di propria iniziativa per giustificare il sequestro.

È sufficiente che il P.M. affermi che l’acquisizione di un documento è ‘fondamentale’ per giustificare un sequestro?
No. Secondo la Corte, una simile affermazione è una ‘mera apparenza’ di motivazione, del tutto priva di contenuto effettivo. Non spiega il nesso logico tra il documento e le esigenze probatorie, rendendo illegittimo il sequestro basato su di essa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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