Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12295 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12295 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
SENTENZA
avverso l’ordinanza del 18/10/2024 del Tribunale della libertà di Monza; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che si riporta alla requisitoria in atti e conclude per il rigetto del ricorso; sentito l’avvocato NOME COGNOME COGNOME difensore di fiducia di COGNOME Davide e sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME difensore di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che conclude per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigett sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Monza nei confronti di: COGNOME Davide nato a Monza il 21/07/1980 RAGIONE_SOCIALE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Monza ha disposto, in data 27/9/2024, la perquisizione di abitazioni, sedi, uffici e altri luoghi riconducibili NOME COGNOME ai suoi collaboratori, NOME COGNOME e NOME COGNOME e alle
società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rife all’Erba, nonché dello studio dei commercialisti incaricati di tenere le scritture contabili di dette società, nonché, infine, l’ispezione dei sistemi informatici e di telecomunicazione sempre riferibili ai predetti soggetti.
Lo stesso organo inquirente ha ordinato, altresì, il sequestro di quanto utile alle indagini per i reati di bancarotta impropria cagionata da operazioni dolose (in particolare per l’omesso pagamento di tributi) e bancarotta fraudolenta distrattiva.
Il Tribunale del riesame di Monza, con tre distinte ordinanze (nn. 75-7677/2024) riunite in questa sede, ha annullato il sequestro probatorio disposto per insussistenza del fumus commissi delicti, con particolare riferimento alla carenza di elementi attestanti lo stato di dissesto della Editoriale RAGIONE_SOCIALE
Avverso i detti provvedimenti ha proposto ricorso per Cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Monza.
2.1. Col primo motivo lamenta la violazione degli artt. 127 e 130 cod. proc. pen.
Sostiene che il Tribunale, nel disporre, mediante la procedura di correzione dell’errore materiale, la restituzione, oltre che della documentazione sequestrata, anche “di quanto altro oggetto di sequestro”, avrebbe dovuto fissare una camera di consiglio e avvisare le parti. Tale violazione avrebbe determinato una nullità a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. b) e c), cod. proc. pen. (si cita riguardo Cass. Sez. 1, n. 4982 del 18/12/1991, dep. 21/01/1992).
Inoltre, si assume che, nella specie, non si fosse in presenza di mero errore materiale, essendosi disposta una modifica e integrazione postuma del dispositivo.
2.2. Col secondo motivo, il Pubblico Ministero lamenta la violazione dell’art. 100 cod. proc. pen., poiché le istanze di riesame presentate nell’interesse delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano sottoscritte apparentemente da NOME COGNOME senza alcuna autenticazione o procura rilasciata al difensore.
2.3. Col terzo motivo si lamenta la violazione degli artt. 253 e seguenti e 324 cod. proc. pen.
Il Tribunale avrebbe erroneamente preteso la prova dello stato di dissesto della RAGIONE_SOCIALE nonostante si fosse ancora in una fase preliminare delle indagini, volta, per l’appunto, alla ricerca di prove.
Secondo parte ricorrente, la nota della Guardia di Finanza del 13/3/2024 conteneva elementi sufficienti all’iscrizione di Erba Davide nel registro degli indagati per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, essendo da essa emersi:
GLYPH prestiti infruttiferi della Editoriale RAGIONE_SOCIALE a favore dell’Erba;
acquisti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE di opere d’arte, orologi di lusso ed immobili ubicati all’estero;
l’esposizione debitoria della RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’INPGI per omesso versamento dei contributi previdenziali;
GLYPH l’ingente esposizione debitoria verso l’Erario della detta società;
intercettazioni telefoniche, di cui ad altro procedimento, nelle quali COGNOME NOME, padre del precedente direttore del quotidiano “Il cittadino di Monza e della Brianza”, aveva riferito al suo interlocutore che COGNOME NOME lo aveva acquistato con un ingente debito nei confronti dell’Erario, di circa 1.800.000 euro.
Secondo il Pubblico Ministero ricorrente, il Tribunale aveva preteso, in una fase fluida, qual è quella delle indagini preliminari, la prova dello stato di dissesto delle società riconducibili all’Erba, anziché limitarsi a valutare la ricorrenza di una notizia di reato, suscettibile di iscrizione ai sensi dell’art. 335 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. L’adozione “de plano”, senza fissazione della camera di consiglio ed avviso alle parti, del provvedimento di correzione di errore materiale comporta una nullità di ordine generale ex art. 178 cod. proc. pen. che può essere dedotta con il ricorso per cassazione soltanto qualora il ricorrente indichi un concreto interesse a partecipare all’udienza camerale (Sez. 1, n. 20984 del 23/06/2020, Rv. 279219-01; Sez. 4, n. 8612 del 08/02/2022, Rv. 282933-01, in motivazione).
Nella specie, nessuna deduzione è stata effettuata al riguardo, specie in relazione alle motivazioni sottese al provvedimento impugnato, che, evidentemente, erano tali da far venir meno la misura tout court, e non solo limitatamente ai documenti.
Ed è pacifico che l’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. pone, come condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, il concreto interesse ad impugnare, con ciò intendendo che la finalità da perseguire è la rimozione di un effettivo pregiudizio, asseritamente subito con il provvedimento impugnato, persistente sino al momento della decisione (Sez. 6, n. 25852 del 14/05/2024, Rv. 28675301; Sez. 6, n. 44723 del 25/11/2021, Rv. 282397-01).
1.2. Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
La nullità dedotta non rientra tra le ipotesi di nullità assolute di cui all’ar 179 cod. proc. pen., sicché essa andava rilevata o eccepita nei termini di cui all’art. 180 cod. proc. pen., verificandosi altrimenti la preclusione prevista dalla
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disposizione citata.
I termini di rilevabilità e di deducibilità delle nullità di ordine generale di c agli artt. 178 e 180 cod. proc. pen. sono stabiliti con riferimento alla deliberazione della sentenza di primo grado o, se le nullità sono occorse nel giudizio, con riferimento alla sentenza del grado successivo. L’art. 180 del codice è formulato avendo riguardo alla figura dell’imputato. Tuttavia, è pacifica l’estensione analogica delle norme anche alla fase delle indagini preliminari o, comunque, alla fase cautelare (in tal senso, ad esempio, Sez. 1, n. 333 del 27/01/1993, COGNOME, Rv. 193255-01, in relazione a nullità incorse nel giudizio di convalida del fermo o dell’arresto e nel successivo riesame, nonché, tra le più recenti, Sez. 1, n. 13994 del 27/03/2020, Rv. 278959-01, in materia di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare, e Sez. 4, n. 36553 del 22/6/2021, non massimata, sempre in sede cautelare).
Nella specie, la nullità atterrebbe alla richiesta di riesame, da parte delle dette società. Sicché è evidente che sia tardiva la relativa eccezione sollevata non in quella sede, ovvero prima del relativo provvedimento che decide sulla medesima istanza, bensì, per la prima volta, con il ricorso a questa Corte.
1.3. Analoga sorte merita, infine, il terzo motivo di ricorso.
È pacifico che, in tema di sequestro preventivo o probatorio, il giudizio di legittimità (ammesso solo per violazione di legge dall’art. 325 cod. proc. pen.) sia circoscritto, quanto ai vizi di motivazione, a quelli così radicali da renderla del tutto mancante o apparente, di modo da impedire la comprensione dell’itinerario logico seguito dal giudice, integranti errores in iudicando o in procedendo tali da rendere la motivazione non rispettosa delle norme che la disciplinano (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Rv. 285608-01; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Rv. 245093-01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656-01): insomma, non può censurarsi anche la sua ipotetica illogicità manifesta, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lettera e), cod. proc. pen. (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710-01; confronta, negli stessi termini: Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119-01).
Nulla di tutto ciò, nel caso di specie, emerge dalla lettura del provvedimento impugnato, e anzi risulta neppure lamentato in ricorso, quanto al terzo motivo di doglianza, con cui parte ricorrente chiede, semplicemente, di sovrapporre una diversa valutazione del materiale probatorio a quella (del tutto chiara, ove pure ipoteticamente non condivisibile) sottesa al medesimo provvedimento, di cui in precedenza s’è dato atto.
In particolare, il Tribunale ha evidenziato che:
-le informazioni confidenziali erano inutilizzabili anche in fase di indagine;
-il decreto di perquisizione e sequestro non descriveva i fatti, né la ragione
per cui i beni sequestrati avrebbero dovuto considerarsi corpo del reato o cose ad esso pertinenti, né la finalità probatoria perseguita;
le indicazioni sul dissesto contenute negli esposti (non prodotti) di due dipendenti, circa il mancato versamento dei contributi previdenziali per il 2022, e quelle di cui alla conversazione telefonica intercettata tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, padre di NOME COGNOME, ex direttore del quotidiano “Il cittadino di Monza e della Brianza” (nella quale il secondo aveva affermato che Erba aveva determinato debiti societari ingenti, aveva ammesso di non pagare fornitori e contributi e di continuare a drenare denaro dalla società), erano generiche e imprecise;
i bonifici a favore di NOME COGNOME per 195.000 euro, da parte della RAGIONE_SOCIALE, tra aprile e maggio 2021, con causale “prestito infruttifero”, erano inidonei a integrare le operazioni dolose ipotizzate e a fornire elementi circa il dissesto della società;
a seguito di accertamenti presso l’INPS, era emerso che, pur risultando un debito societario non ancora versato e relativo alle annualità 2021 e 2022, era stato accordato un pagamento rateale tuttora in corso.
In definitiva, secondo il Tribunale del riesame non v’erano elementi per ipotizzare uno stato di impotenza funzionale e non transitoria della Editoriale RAGIONE_SOCIALE a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e, inoltre, mancava qualsiasi collegamento tra le condotte contestate e quanto sequestrato, di modo da far ritenere quest’ultimo cosa pertinente al reato.
Orbene, al di là della “soglia”, evidentemente elevata, che pare utilizzata dal Tribunale per valutare la sussistenza del fumus commissi delicti, è, però, palese che i predetti passaggi non siano tali da rendere la motivazione apparente e impedire la comprensione dell’itinerario logico seguito dal giudice.
P.Q.M.
NOME ONE
Dichiara inammissibile il ricorso Così è deciso, 25/02/2025
Il Co sigliere estensore
CORTE DI CASSAZIONE
V SEZIONE PENALE