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Sequestro probatorio: limiti e copia forense

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi contro un’ordinanza di sequestro probatorio di dispositivi informatici, emessa nell’ambito di un’indagine per lottizzazione abusiva e corruzione. La sentenza ribadisce i principi fondamentali che regolano il sequestro di dati digitali: la creazione di una copia forense integrale è legittima solo come misura temporanea (‘copia-mezzo’) per consentire la selezione delle prove pertinenti. La Corte ha sottolineato che il Pubblico Ministero deve specificare i criteri di selezione e restituire i dati non rilevanti nel più breve tempo possibile, garantendo così il rispetto del principio di proporzionalità. Nel caso specifico, il sequestro è stato ritenuto giustificato dalla complessità delle indagini.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio Digitale: La Cassazione Fissa i Paletti

In un’era dominata dalla digitalizzazione, il sequestro probatorio di dispositivi elettronici come PC, smartphone e tablet è diventato uno strumento investigativo cruciale. Tuttavia, la sua applicazione solleva delicate questioni legate alla tutela della privacy e dei diritti fondamentali. Con la sentenza n. 25914/2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti e le modalità di esecuzione del sequestro informatico, offrendo chiarimenti essenziali sul bilanciamento tra esigenze investigative e garanzie difensive.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine per reati di lottizzazione abusiva e corruzione. Il Tribunale del riesame di Pavia aveva confermato un decreto di perquisizione e sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero nei confronti di due indagati. Il provvedimento riguardava vari beni, inclusi dispositivi informatici.

Gli indagati hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando diverse violazioni. In particolare, hanno sostenuto che il sequestro fosse generico e immotivato, non specificando le ragioni della sua estensione a tutto il materiale informatico. Hanno inoltre denunciato la violazione del principio di proporzionalità, dato che il provvedimento non indicava criteri di selezione dei dati né tempistiche per la restituzione di quelli non pertinenti, risultando in un’acquisizione indiscriminata dell’intera vita digitale degli indagati. Infine, hanno contestato la sussistenza stessa del fumus commissi delicti, ovvero del fondato sospetto di reato.

L’analisi della Cassazione sul sequestro probatorio

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, ritenendoli in parte infondati e in parte inammissibili. La sentenza offre una preziosa sintesi della giurisprudenza consolidata in materia di sequestro di dati digitali.

La Corte ha ribadito che l’estrazione di una copia integrale dei dati da un dispositivo (la cosiddetta ‘copia forense’) è una procedura legittima, ma va intesa come una ‘copia-mezzo’. Questo significa che non autorizza il trattenimento a tempo indeterminato di tutte le informazioni. Al contrario, essa serve a consentire la restituzione del dispositivo fisico all’avente diritto, mentre gli inquirenti procedono, sulla copia, a selezionare solo i dati strettamente pertinenti al reato per cui si procede.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha chiarito i doveri del Pubblico Ministero in queste circostanze:

1. Motivazione Rafforzata: Il decreto di sequestro deve illustrare le ragioni per cui è necessario un sequestro esteso e onnicomprensivo, specificando le informazioni ricercate e i criteri di selezione del materiale.
2. Tempestività: La selezione dei dati pertinenti deve avvenire nel tempo più breve possibile. Il Pubblico Ministero non può trattenere la copia integrale oltre il tempo strettamente necessario a completare queste operazioni.
3. Restituzione: Una volta completata la selezione, la copia integrale deve essere restituita agli aventi diritto, per evitare un’elusione delle norme che limitano il sequestro solo alle ‘cose necessarie per l’accertamento dei fatti’.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che questi principi fossero stati rispettati. Il decreto impugnato specificava le esigenze probatorie e la necessità di una copia forense, prevedendo la successiva restituzione dei dispositivi. Secondo la Corte, il livello di intrusione nella riservatezza degli indagati era giustificato dalla complessità delle indagini, che ipotizzavano un’elaborata lottizzazione abusiva collegata a fatti di corruzione, rendendo necessario un controllo particolarmente approfondito.

Per quanto riguarda le censure sul fumus commissi delicti, la Corte le ha dichiarate inammissibili, ricordando che il ricorso per cassazione avverso misure cautelari reali è consentito solo per violazione di legge e non per riesaminare nel merito la sussistenza degli indizi.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale per l’equilibrio tra accertamento della verità e tutela dei diritti individuali nell’era digitale. Il sequestro probatorio di dati informatici non può trasformarsi in una perquisizione indiscriminata nella vita di una persona. La creazione di una ‘copia-mezzo’ è un compromesso accettabile, ma solo a condizione che sia seguita da una rapida e mirata selezione dei dati pertinenti, con una motivazione chiara e il rispetto di tempi certi. Questa decisione riafferma che l’efficienza investigativa non può mai prescindere dal rigoroso rispetto delle garanzie procedurali.

È legittimo sequestrare una copia integrale dei dati di un dispositivo elettronico come un PC o uno smartphone?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che è legittimo creare una copia forense integrale dei dati, ma solo come ‘copia-mezzo’. Questa procedura permette di restituire il dispositivo fisico al proprietario mentre le indagini proseguono sulla copia. Tuttavia, il trattenimento della copia integrale è legittimo solo per il tempo strettamente necessario a selezionare i dati pertinenti al reato.

Quali sono i limiti che il Pubblico Ministero deve rispettare in un sequestro probatorio di dati informatici?
Il sequestro deve rispettare i principi di proporzionalità e adeguatezza. Il decreto che lo dispone deve motivare specificamente perché è necessario un sequestro esteso, indicare i criteri che verranno usati per selezionare i dati rilevanti e definire un limite temporale per queste operazioni, al termine delle quali i dati non pertinenti devono essere restituiti.

Si può contestare la mancanza di prove sufficienti (fumus commissi delicti) in un ricorso per cassazione contro un sequestro?
No, di norma non è possibile. Il ricorso per cassazione contro i provvedimenti di sequestro è limitato alla sola ‘violazione di legge’. La valutazione sulla sufficienza degli indizi è una questione di merito, non di legittimità, e quindi non può essere oggetto del giudizio della Cassazione, a meno che la motivazione del giudice precedente non sia totalmente assente, illogica o contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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