Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23849 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23849 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a MONTE SAN GIOVANNI COGNOME il 08/03/1973 NOME nato a ANAGNI il 19/12/1946 avverso l’ordinanza del 19/02/2025 del TRIB. RIESAME di NUORO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Letta la memoria, pervenuta in data 11 maggio 2025, a firma del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19 febbraio 2025, depositata in data 4 marzo 2025, il Tribunale di Nuoro, sezione del Riesame, confermava il decreto di perquisizione e sequestro probatorio emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nuoro in data 20 gennaio 2025 ed eseguito in data 23 gennaio 2025 avente ad oggetto un telefono cellulare e due personal computer per il reato di cui agli artt. 110, 479 cod. pen. e 12 D.lgs. 286/92 nei confronti degli indagati COGNOME NOME e COGNOME NOME.
L’ipotesi investigativa ha ad oggetto la formazione di falsi documenti per gli stranieri richiedenti il nulla osta per il lavoro subordinato e il favoreggiamento della immigrazione clandestina.
Avverso l’ordinanza indicata hanno proposto ricorso gli indagati con atto sottoscritto dal comune difensore di fiducia articolati nei motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo comune i ricorrenti denunziano violazione di legge con riferimento al rigetto della eccezione di incompetenza territoriale e all’art.355 cod. proc. pen.
In primo luogo, vi sarebbe una erronea indicazione quanto alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 12 d.lgs. 286/92 in luogo del D.lgs.286/98 e la fattispecie di cui all’art. 414 cod. pen., di cui non vi è menzione, né nell’informativa di reato, né nel decreto di perquisizione e sequestro, tanto più negli atti di indagine.
Il procedimento ha avuto origine dalle denunzie di persone offese relative a domande che concernevano la loro posizione giuridica di datore di lavoro e che erano state trasmesse telematicamente attraverso il Portale ALI del Ministero dell’Interno in Roma; secondo la giurisprudenza di questa Corte la competenza per territorio per queste condotte si radica nel luogo della trasmissione della domanda per via telematica, con la conseguenza che la competenza va radicata presso i Tribunali di Roma, Viterbo, Frosinone e Cassino, non rilevando la circostanza che le domande on line fossero inviate alla Prefettura di Nuoro.
Il Tribunale, investito della specifica questione, ha respinto la eccezione in ragione della fase processuale e della fluidità della contestazione che impedirebbe di individuare precisamente il locus commissi delicti , anche in ragione della natura informatica dei reati.
Inoltre, contrariamente a quanto affermato dall’ordinanza impugnata, il decreto di sequestro probatorio richiedeva la indicazione di una precisa notizia di reato e l’altrettanto precisa iscrizione della stessa e della fattispecie incriminatrice nel registro ex art. 335 cod. proc. pen.
Infine, in ragione della sua natura di urgenza, il sequestro necessitava della procedura di convalida di cui all’art. 355 cod. proc. pen., convalida mai avvenuta.
Il sequestro eseguito nei confronti di COGNOME e COGNOME in San Giovanni Campano doveva essere convalidato nelle quarantotto ore successive, dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Frosinone competente.
2.2. Con il secondo motivo comune è stata dedotta la nullità del decreto di sequestro per assenza di motivazione, mancanza del fumus commissi delicti , violazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza.
Dopo avere richiamato le indicazioni di questa Corte in tema di decreto di perquisizione e sequestro, la difesa lamenta che è stata omessa qualsivoglia motivazione in ordine alle fattispecie di reato in contestazione e in ordine al nesso di strumentalità tra il bene sequestrato e la fattispecie di reato contestata. Trattandosi di dispositivi informatici era necessario anche prevedere una durata temporale del provvedimento ablativo.
Dagli atti di indagine non risulta in alcun modo che l’indagata COGNOME sia la effettiva titolare dell’indirizzo IP da cui sono partite le domande.
Lo stesso dicasi per il ricorrente COGNOME tenuto altresì conto che i due indagati hanno sporto denunzia per indebito utilizzo della strumentazione telematica.
Quanto alla proporzionalità e adeguatezza la difesa lamenta che, a seguito dell’intervenuto sequestro, alcuna restituzione è stata operata dei dispositivi potendosi ricorrere alla formazione di copie forensi in considerazione appunto della natura del dispositivo sequestrato contenente dati personali necessari.
Alla data di presentazione del ricorso non erano stati ancora restituiti i dispositivi elettronici sequestrati senza che vi fosse stata alcuna indicazione quanto alla selezione del materiale informatico.
La mancanza di motivazione dei provvedimenti di perquisizione e sequestro ha consentito una indebita estensione della ricerca di materiale utile alle indagini.
In data 11 maggio 2025 è pervenuta memoria difensiva nell’interesse dei ricorrenti con la quale sono stati ulteriormente sviluppati i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati per le ragioni di seguito specificate.
Va premesso che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (S.U. n.25932 del 29/05/2008, COGNOME Rv.239692).
Il primo motivo comune risulta manifestamente infondato.
2.1. Sulla eccezione di incompetenza territoriale questa Corte ha espressamente chiarito che la disciplina di cui all’art. 27 cod. proc. pen. in materia di misure cautelari disposte dal giudice incompetente non si estende al sequestro
probatorio, non avendo esso natura di misura cautelare ai fini preventivi o probatori, ma essendo solo un mezzo di ricerca della prova, donde la legittimità del sequestro anche in caso di incompetenza del P.M. (Sez. 3, n. 35806 del 07/07/2010, COGNOME, Rv. 248364); in tema di sequestro probatorio, non rileva l’incompetenza del pubblico ministero in quanto la competenza dell’organo requirente in fase di indagini preliminari costituisce un mero criterio di organizzazione del lavoro investigativo, che assume rilievo giuridico soltanto nei rapporti tra uffici del pubblico ministero e non inficia la validità degli atti compiuti dal P.M. dichiarato “incompetente” (Sez. 6, n. 9989 del 19/01/2018, COGNOME, Rv. 272536)
2.2. Manifestamente infondata è la censura relativa alla violazione dell’art. 355 cod. proc. pen.
Il ricorso sul punto richiama impropriamente la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, quando il decreto di perquisizione e sequestro adottato dal PM si limiti ad ordinare il vincolo delle “cose pertinenti al reato” o di “quanto rinvenuto e ritenuto utile a fini di indagine”, il sequestro operato dalla Polizia Giudiziaria, attesa l’indeterminatezza delle cose da rinvenire e la rimessione alla discrezionalità della PG nella individuazione del vincolo di pertinenza delle cose con il delitto, deve essere convalidato nei termini previsti dall’art. 355 cod. proc. pen., pena l’inefficacia del vincolo probatorio e il sorgere dell’obbligo di restituzione delle cose sequestrate (Sez. 3, n. 9858 del 21/01/2016, Yun, Rv 266465).
Nel caso di specie il decreto di perquisizione e sequestro ha chiarito che la perquisizione informatica riguardava telefoni cellulari e memorie informatiche aggiuntive, nonché personal computer e relative memorie informatiche aggiuntive nella disponibilità degli indagati. Non vi era alcuna incertezza in relazione all’oggetto del sequestro con la conseguenza che alcuna convalida successiva doveva essere adottata.
3. Il secondo motivo risulta infondato.
Non sussiste il lamentato vizio di violazione di legge, in quanto l’ordinanza di rigetto del ricorso per riesame è stata adeguatamente motivata con l’indicazione degli elementi utili a legittimare la configurazione dei reati prospettati nel decreto impugnato e con una valutazione di ragionevolezza dell’ipotesi di pertinenza probatoria dei dispositivi informatici sequestrati (secondo la prospettazione accusatoria, i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e quelli di falso vennero commessi proprio mediante l’utilizzo di strumenti e sistemi informatici).
Non ricorre la dedotta violazione del rapporto di proporzionalità, in quanto il sequestro degli apparecchi telefonici e dell’ulteriore documentazione informatica
nelle disponibilità degli indagati ha sufficientemente illustrato quali fossero le specifiche informazioni oggetto di ricerca (come anche puntualizzato dall’ordinanza impugnata, si trattava di verificare se attraverso detti strumenti informatici fossero stati perpetrati i reati ipotizzati, anche ricercando tracce della formazione e/o presentazione delle domande di permesso di soggiorno e dei relativi allegati), disponendo espressamente che la perquisizione informatica avvenisse con gli opportuni accorgimenti tecnici, ex art. 247 co. 1 bis cod. proc. pen.
3.1. Il Tribunale del Riesame, con motivazione non apparente e immune da vizi logici, ha evidenziato che i decreti di perquisizione e sequestro del Pubblico ministero erano compiutamente motivati quanto alle finalità probatorie e al nesso di pertinenzialità sussistente tra la res e il fatto reato; la ordinanza impugnata chiarisce in maniera del tutto esaustiva le ragioni che giustificano il provvedimento ablativo, dovendosi escludere le finalità esplorative che lamentano i ricorrenti
Quanto alla ragionevole durata delle operazioni collegate alla selezione/sequestro dei dati informatici, alla omessa restituzione e al vincolo temporale sui dispositivi, le deduzioni sul punto risultano generiche.
In tema di sequestro probatorio di documenti informatici e telematici, il titolare di dati sensibili in essi immagazzinati, che impugni siffatto provvedimento anche con riferimento a dati informatici già restituitigli, è tenuto ad allegare l’interesse concreto e attuale alla loro disponibilità esclusiva onde consentire al giudice del riesame di valutare l’effettiva esistenza del rapporto di proporzionalità tra le necessità connesse all’accertamento del reato e il sacrificio imposto alla sfera di riservatezza del soggetto inciso dal provvedimento ablatorio, il cui apprezzamento esige, in base alle indicazioni del diritto convenzionale, che si abbia riguardo al tipo di dati sensibili che vengono in rilievo e al tempo necessario per selezionare, tra i dati acquisiti, quelli effettivamente utili alle investigazioni. (Sez. 5, n. 9797 del 04/03/2025, R., Rv. 287778 – 01)
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma in data 22 maggio 2025